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Varcammo la soglia del ristorante e nel giro di pochi minuti ci sedemmo su un tavolo per due persone in mezzo alla stanza.

Eravamo uno di fronte all'altro e ordinammo entrambi una pizza margherita. Non era la mia preferita ma scelsi di non stravagare, dopotutto mi ero portata con me solo otto dollari.

Stavo torturando le mani sotto al tavolo in preda all'ansia. Non mi capitava spesso di ritrovarmi in un ristorante con un ragazzo, per di più da soli.

《Io e Caleb eravamo amici》interruppe il silenzio che si stava creando portandomi ad alzare lo sguardo verso di lui.

《Ci eravamo conosciuti nel corso del primo anno delle medie. Eravamo entrambi amanti del basket e un giorno ci ritrovammo a giocare insieme fuori scuola.》si fermò. Lo vedevo come guardava tutto fuorché me.

Per me era fondamentale avere un quadro completo degli eventi: solo così sarei riuscita a capirne qualcosa. Fui però presa da un senso di colpa. Era crudele da parte mia costringerlo a rivivere il passato. Forse papà aveva ragione quando sosteneva che certi ricordi andavano lasciati seppelliti e mai portati alla luce.

《Appena cominciammo il liceo lui iniziò a frequentare delle persone che lo portarono in una brutta strada e in qualche modo ci finii pure io.》lasciò andare una risata amara.

《Mi dispiace》, dissi dolcemente. 《Tu soffri ancora, lo vedo bene. Se preferisci lasciar perdere...》ma lui non mi diede ascolto.

《Lui pur di uscire da quel mondo buttò merda su di me e così la scuola mi espulse.》strinse i pugni sul tavolo e io inghiottii la saliva che si era bloccata in gola.

Si schiarì la voce《Ad una festa aveva rinchiuso a chiave...》si bloccò e notai una vena sul suo collo pulsare sempre di più intuendo che il dolore che provava era ancora vivo in lui.

《Ok, Josh. Non c'è bisogno che tu aggiunga altro, adesso tranquillizzati e guardami. Il passato è il passato e non vedo quale vantaggio possa derivarci dal continuare a scavarci per riportare alla luce una vicenda drammatica ormai lontana. Non pensarci più, va bene?》

Allentò la presa dei pugni che tornarono di un colore normale e spostò i capelli all'indietro. Mi guardò e mi fece un cenno d'assenso per poi ritrovarci due pizze calde e succulenti davanti a noi.

Lo spronai a mangiare ma continuava ad avere sul viso quell'aria pensierosa allora presi una fetta della sua pizza e gliela avvicinai alla bocca.

《Ti devo pure imboccare adesso?》chiesi con un sopracciglio alzato e un mezzo sorriso. Lo sguardo teso cambiò e si trasformò in uno diverito, mostrando un sorriso compiaciuto.

《Beh se proprio ti fa piacere》ne prese un morso prendendo una fetta della mia pizza e avvicinandola alla mia bocca.

《Ora è il tuo turno》disse mentre finiva di masticare. Stetti al suo gioco e ne diedi un morso fin troppo grande sporcandomi i lati delle labbra con il sugo di pomodoro.

Cercai alla svelta un tovagliolo e sentivo di aver preso un colorito rosso sul viso dall'imbarazzo. Ma Josh mi precedette e mi prese con una mano il mento.

《Ti sei giusta sporcata un po'》prese il tovagliolo e mi pulì con delicatezza senza strofinare troppo aggressivamente il pezzo di stoffia sul mio viso. Gesto piuttosto... carino.

Mormai un grazie e terminammo di mangiare.

《Volete ordinare qualcos'altro oppure vi porto il conto?》il cameriere si era avvicinato e in mano aveva un taccuino pronto a prendere gli ordini.

《Io sarei apposto così. Made, te vuoi qualcos'altro? 》scossi la testa e così arrivò il conto.

Presi la borsa e la aprii porgendo in avanti i soldi. Josh mi guardò con un sopracciglio alzato mentre si stava alzando.

《Ho già pagato io, non preoccuparti.》

Rimasi imbambolata per qualche secondo e poi mi alzai e seguii il ragazzo.

《Non.. dovevi, ma grazie.》mormorai con la testa china sulle mie scarpe.

Josh accennò un sorriso 《allora, dato che si sta facendo buio adesso ti porterò a casa, però prima prendiamo la mia moto. Casa mia si trova qui vicino》terminò aspettando una mia risposta.

《Siamo sicuri che tu sia un guidatore affidabile?》scherzai portandomi le mani sui fianchi.

《Certo che sì, te lo dimostrerò appena salirai con me》mi fece l'occhiolino prima di girarsi e incamminarsi per casa sua.

Scossi la testa divertita e lo seguii. Mi ritrovai a fissare la schiena di Josh mentre avanzava davanti a me. Era proprio un bel ragazzo, lo ammettevo, ma c'era qualcosa in lui che sentivo di dover scoprire. Forse era la mia empatia che riusciva a vedere negli occhi di lui quel passato che lo aveva turbato, quei segreti sommersi nei ricordi. Aveva quel qualcosa in cui mi riuscivo a rispecchiare, a sentirmi compresa, capita.

Ritornai a concentrarmi sul presente e mi accorsi che avevo davanti una bella e sfarziosa villa, con attorno un prato attentamente tagliuzzato.

Josh mi fece cenno di seguirlo e vidi, all'interno del garage, una moto spettacolare.

《Sali o te ne resti là?》mi domandò con un ghigno sul viso mente mi porgeva il casco.

《Hai fretta per caso?》replicai con fermezza mentre avanzavo verso di lui.

Misi il casco e mi sistemai dietro le spalle allenate di Josh e mi beai del suo profumo, che andava dalla freschezza grezza del bergamotto alle note pepate di un legno ambrato.

Non mi resi conto che era già partito e che non mancava molto a raggiungere la destinazione. Mi lasciai trasportare e sentii gli occhi farsi sempre più pesanti finchè non mi ritrovai persa tra i miei pensieri. Ma non per molto. Fui svegliata da Josh che frenò bruscamente davanti alla staccionata di casa mia.

Scesi e gli porsi il casco e neanche il tempo di salutarlo che sfrecciò via, lasciandosi dietro una scia di fumo nero.

Con le nuovi chiavi, spalancai la porta d'ingresso e intravidi mio papà accasciato sul divano. Non gli diedi troppo peso, lo salutai e feci per andare su in camera.

《Madeleine, devo parlarti》disse lui, portandomi a voltare la testa a sinistra.

《Si?》mi avvicinai a papà.

《Hanno riaperto il caso di Richard》il tono si era fatto più serio del solito.

Per un secondo sentii il mondo fermarsi, il respiro farsi sempre più debole e la voce più debole. Ma fu solo per un momento. Questo significava che c'era ancora una speranza, una possibilità di trovare il colpevole?

《Dove, come e quando te lo hanno riferito? La mamma lo sa? Lei dov'è?》

《Ne riparleremo domani》tagliò corto mio papà 《È troppo tardi per affrontare un argomento complesso come questo, e sono un po' stanco. In ogni caso non ne so molto e tua madre ritornerà in serata. 》Appariva calmo, rassicurante. Sorrideva persino. Tutto era come prima, eppure niente era più come prima.

Tacqui, agghiacciata davanti a un'altra terribile e preoccupante rivelazione. Piccole gocce di sudore mi spuntarono sul labbro e le mie mani cominciarono a tremare, tanto che dovetti stringermele in grembo. Non ero in grado di sopportare altre emozioni, altre rivelazioni.

Mi diressi di corsa verso il seminterrato e mi misi le protezioni in un battito di ciglia. Sferrai il primo di una serie di pugni sulla sacca da boxe e mi sfogai. Riuscivo a percepire l'adrenalina nel sangue e mano a mano che passava il tempo mi sentivo sempre più accaldata.

Mi tolsi la felpa e continuai, sempre più veloce. Un pugno dopo l'altro, una rivelazione dopo l'altra.

Persi la percezione del tempo e con il fiato corto e il sudore che colava dalla fronte, presi la felpa e le scarpe che mi ero slacciata frettolosamente decidendo di farmi un bel bagno per rilassare i muscoli tesi.

Mi svestii lentamente, fermandomi un attimo per guardami allo specchio. Gli occhi erano infossati, la bocca serrata, le mascelle contratte.

Nella vasca, l'acqua tipieda e profumata mulinava intorno a me, non portandomi alcun sollievo. Mi sfregai rabbiosamente la pelle, procurandomi una serie di antiestetiche chiazze rosse sulle braccia.

Uscii dalla vasca e allungai una mano per prendere l'asciugamano. Il mio corpo era snello e ben modellato, con vita e fianchi stretti e un seno rigoglioso. Mi ero sempre compiaciuta della mia pelle olivastra che si abbronzava tanto facilmente, ed ero contenta che fossi soda e setosa. Avevo una folta capigliatura di un intenso castano scuro, molto diversa dalla chioma rossiccia e lucente di mia madre.

E avevo sempre ritenuto di aver ereditato gli occhi scuri e il naso dritto da mio padre, esattamente come mio fratello.

Al pensiero di quest'ultimo, le lacrime presero a scorrermi lungo le guance. La gola mi doleva e mi sentivo triste, scoraggiata, in collera. Mi asciugai gli occhi e mi diedi un po' di trucco, più che altro per tirarmi su di morale.

Scesi le scale e aprii l'anta del frigorifero  prendendo il cartone del latte. Presi il bicchiere e mi diressi al divano in pelle.

Papà non era a casa.

Il latte caldo mi scendeva in gola, colmandomi di una sensazione familiare e confortevole. Sentivo che stavo riprendendo il controllo, che stavo uscendo dal tunnel della tristezza.

Tornai in camera mia e ripensai alle parole di mio padre, mentre osservavo i luminosi grattacieli fuori dalla finestra. Perchè avevano deciso di riaprire il caso dopo tutti questi anni? Avevano trovato dei nuovi indizi?

《Forse hanno trovato una prova, ma perché proprio adesso?》mi domandai, cercando di trattenere quelle stupide lacrime.

Mi alzai e tirai la tenda con tale violenza che un lembo si staccò dal bastone di sostegno. Lasciandola penzolare sulla finestra, me ne andai a letto, voltando le spalle alla luce.

Mi agitai nervosamente nel sonno. Le immagini fluttuanti dietro i miei occhi chiusi in un minaccioso miscuglio di incubi e ricordi. Sentivo voci soffocate in lontananza, e l'ombra di Richard vagava in una dimensione inaccessibile.

Avevo urgente bisogno di parlargli. C'era qualcosa che dovevo spiegare. Percepivo un rimprovero da parte di quell'immagine indistinta. Emisi un fievole grido di disperazione, che echeggiò tutt'intorno a me, sommergendomi di rumori dissonanti.

Cercai di portarmi le mani alle orecchie, ma quelle non volevano ubbidire. Mi sentii invadere da un'ondata di panico.

Poi la voce di mio fratello uscì da quel turbinio, sovrapponendosi a tutti gli altri suoni, e sentii la mano di lui che si chiudeva intorno alla mia. Fu come se tutti quegli anni venissero spazzati via dalla suadente cadenza delle parole di mio fratello.

Il dolore del presente venne cancellato dalla visione dei cieli infiniti della mia infanzia a Seattle, quando Richard era il centro del mio mondo. Con un lungo sospiro tremante rimasi distesa immobile, nel letto, lasciandomi cullare dal passato.

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