Capitolo 7 (parte 1)
HALLOWEEN SI AVVICINA
Pigneridel
Confederazione europea, anno 2027
-Buongiorno- disse Ambra a Rowan che le sorrise in risposta, come ogni mattina, sotto lo sguardo di Alyssa di fianco a lui, che invece la fulminò. Camminò fino al banco dove Stephen la osservò mentre si sedeva.
- Ciao - gli disse, senza guardarlo, con la testa tuffata nella cartella alla ricerca del portapenne. Non si erano più scambiati molte parole dalla loro uscita fallita di qualche settimana prima. Era un bel po' che il ragazzo la ignorava, non era riuscita a fargli dire perché si comportasse in quel modo e le cose tra loro andavano di male in peggio. Non si aspettava che le avrebbe risposto.
- Ultimamente hai legato molto con Rowan ... - commentò con voce atona il suo migliore amico sorprendendola. Annuì.
- Più di quanto mi sarei aspettata – rispose senza particolare emozione sebbene il suo cuore avesse fatto un balzo. Era ormai un mese che si conoscevano e ora potevano quasi considerarsi amici. Tra lei e il giovane c'era sempre una certa distanza, un vetro che li teneva separati, eppure Rowan era migliorato. Non aveva più atteggiamenti strani e, almeno per quel momento, sembrava avere con gli altri dei rapporti quantomeno civili.
Stephen si stiracchiò sulla sedia.
- Hai sentito che Alice organizza una festa di Halloween? - disse cogliendola di sorpresa per quell'improvvisa voglia di fare conversazione. Si tirò su dalla cartella con il portapenne in mano e colse l'occasione che le era stata offerta.
- Sì ... lo so da un mese, me ne aveva parlato Catherine. È dopodomani giusto? - gli rispose.
- Tu vai? - aggiunse curiosa. Lui la guardò in dubbio.
- Potrei fare un salto... ma solo se vieni con me- decretò il ragazzo. Lei si sentì leggermente imbarazzata nel rispondergli.
- Mmm ... pensavo di andare con Cathe in realtà, ma possiamo mettere su un bel trio mostruoso, non avremo nemmeno bisogno del costume! - aggiunse sorridendo.
- Io almeno, posso passare per una strega già così - disse e Stephen sorrise.
- Ma va'! – le disse, assunse un'aria molto seria e aggiunse: - Tu sei molto peggio! -. Gli tirò una gomitata facendo la finta offesa e lui alzò le mani in segno di resa.
- Ok, scusa. Stavo scherzando. Non lo dirò più. Cavolo ... mi hai fatto male! - si lamentò massaggiandosi la spalla.
- Signorini?! -. Il professore di storia era comparso dal nulla davanti ai loro banchi e li fissava a pochi centimetri dal viso.
- Avete intenzione di finire le vostre conversazioni? - disse l'uomo fissando entrambi. Stephen si sistemò sulla sedia riassumendo l'espressione spenta di pochi minuti prima.
- Si signore. È stata colpa mia. Non accadrà più - disse veloce.
- Bene! - rispose l'uomo voltandosi verso la classe. Ambra si sporse verso l'amico, - Grazie-, sussurrò con un sorriso di gratitudine.
- Oh no, non ringraziare. Io sono un cavaliere: sono disposto a prendermi tutte le colpe - le disse, ma non le diede modo di continuare a parlare, si trincerò in un silenzio pesante e si concentrò sulla lezione, tagliandola completamente fuori.
- Va bene...- sussurrò lei fissando il foglio davanti a sè per un momento. Scoccò un'occhiata a Rowan che stava fissando nella loro direzione. Il suo sguardo era fisso su Stephen e tradiva un'espressione dubbiosa e sorpresa. Si chiese a che cosa stesse pensando.
~~~
- Ho bisogno di sapere qualcosa di più sul tuo amico - scrisse Rowan sul suo banco raggiungendola nell'intervallo. Lei si stupì.
- Perche? Cioè sì, ok, ma ... oggi a lezione ti ho visto che lo osservavi e, scusa se te lo dico, ma eri davvero inquietante- disse guardandolo di traverso. Il giovane scosse le spalle.
- Sì, ho visto che mi guardavi – le scrisse, e lei arrossì, ma cercò di non darlo a vedere.
- In ogni caso... -, continuò a scriverle Rowan, - Ho bisogno di conoscerlo per motivi che sono legati al lavoro di mia madre-.
Ambra lo guardò un po' confusa, e questo che cavolo centra con Steph? Pensò, poi si ricordò che la mamma di Rowan lavorava per la Confederazione.
- È qualcosa che centra con la politica? - chiese titubante, sperando di non dire una cavolata, ma Rowan le sorrise.
- Sì, politica - le rispose. Si sentì pervasa da un cattivo presentimento.
- Non mi piace ... - gli sussurrò fissando a terra. Lui ebbe un attimo di esitazione.
- Lo so, ma tranquilla, in realtà non è nulla di importante, è un sondaggio. Te lo chiedo per favore. Sei l'unica con cui mi trovo bene a scrivere - il suo sguardo era freddo e distaccato, strano, diverso dal solito. Per la prima volta la colpì il fatto che dopo quattro settimane non avesse ancora davvero legato con nessun altro. Anche lei, che era un'asociale convinta, due anni prima, dopo appena una decina di giorni, aveva imparato a conoscere i suoi compagni. Invece Rowan non sembrava intenzionato ad aprirsi in fretta e, se gli serviva sapere qualcosa con urgenza, forse per davvero lei era l'unica a cui avrebbe potuto chiedere. Sospirò.
- Che cosa vorresti sapere? – gli chiese e lui fece spallucce.
- Tutto- rispose con noncuranza. La fissò serio, cercando di interpretare la sua risposta. Alla fine lei si convinse che non sarebbe stato nulla di grave aiutarlo.
- Ok- disse un po' incerta e al suono di quella parola Rowan sorrise come se fosse stato sicuro già da prima che avrebbe accettato.
- Ma ... non sarebbe meglio chiedergli le informazioni di persona? Che so io, con un questionario? - gli chiese ancora, ma lui scosse la testa.
- Non lo so. Posso proporlo a mia madre. In realtà non ci avevo pensato. È una buona idea. Ciò non toglie che io possa e debba sforzarmi di parlare con gli altri. So che dovrei cercare di conoscerlo meglio anche di persona, il problema è che ho poco tempo...- le scrisse, - Comunque, ho sentito di Halloween. Da dove vengo io questa festa non esiste, ma vorrei pertecipare. Non è che mi concederesti l'onore di accompagnarmi? Potremmo parlarne già alla festa di Alice, del questionario, lì ci sarà sicuramente molta gente e probabilmente riusciremo a trovare un posto dove discutere- propose Rowan sulla carta. Ambra si sentì un po' pizzicata. Per quella festa tutti la volevano come compagna. Tuttavia, nonostante gli impegni già presi con i suoi due migliori amici, accettò anche il suo invito.
- Mi sembra una buona idea... - gli rispose, lui le fece l'occhiolino.
- Perfetto- scrisse, e poi tornò ai suoi appunti e quaderni, tranquillo e allegro, mancava solo che iniziasse a fischiettare. Sospirò e guardò Catherine che le era comparsa di fianco.
- Allora, visto che il prof non arriva, perché non ci organizziamo per la festa? – le chiese la ragazza. Ambra sprofondò sulla sedia prendendosi la testa tra le mani.
- Abbiamo due problemi, prima, da affrontare- dichiarò all'amica, - Steph e Rowan vogliono entrambi venire con me- disse sconsolata, - Come facciamo? -. Catherine dopo un secondo di riflessione sorrise a trentadue denti.
- Nessun problema, ci faranno da cavalieri, è una cosa positiva. Dovrò fare in modo che non si presentino con un lenzuolo in testa o della carta igienica arrotolata addosso e poi dovremmo essere a posto- disse convinta.
Ambra sorrise, - Mi affido a te... pensi di farcela? – domandò e Catherine scoppiò a ridere.
- Tu mi sottovaluti! Io ho già pensato anche a come ci travestiremo io e te. Devo solo avere la tua approvazione! Ho trovato un modo per renderti assolutamente stubenda! – esclamò. A quelle parole le si rizzarono i peli sulla nuca.
- Eeemm ... come dire ... preferirei di no, non è che potrei fare un fantasma? L'idea del lenzuolo non era male... È così facile, te lo metti in testa et voilà! Il gioco è fatto. Io non faccio niente di esagerato, sia ben chiaro - protestò sinceramente preoccupata. Ma Catherine non sembrò nemmeno un po' delusa e il suo entusiasmo non vacillò.
- Devo comunque trasformarti- le disse convinta.
- Alla festa tutti saranno tirati a lucido e perfetti, e noi non saremo da meno! – le disse. Poi sorrise e rincarò la dose.
- Oggi dopo la scuola ti rapirò per un'oretta e ti porterò a spasso per la cittadella; ci sono un sacco di negozietti carini che vendono dei travestimenti fantastici! Ah, poi, ho avuto un'idea geniale! Ci compriamo delle lenti a contatto! Qualcosa di stra-bello! Non credi anche tu? - cinguettò. Ambra fissò l'amica sempre più disarmata.
- Sì... credo siano una buona idea... ma, io oggi non credo di potere ... -. Catherine la fermò.
- Niente paura! Chiamo io tua madre! - disse. Ambra lasciò cadere la testa sul banco, falsamente esasperata, anzi, quasi divertita.
~~~
Alla fine passarono insieme un bel pomeriggio. Catherine comprò una quantità industriale di trucchi e si ritenne soddisfatta. Dopo aver salutato Ambra, si fece venire a prendere dall'autista della nonna e solo in macchina si permise un sospiro rilassato. Era stata una giornata piacevole ma faticosa e ancora non era finita; quella sera avrebbe avuto pallavolo e poi una cena con i suoi genitori a Tayrus, non ne aveva nessuna voglia, non aveva mai avuto un buon rapporto con loro. Non per niente era cresciuta dalla nonna.
La donna l'accolse sulla soglia con un'aria preoccupata in volto che non presagiva niente di buono, lei la salutò facendo finta di niente e le schioccò un bacio sulla guancia.
-Catherine, tesoro, com'è andata oggi a scuola? Hai fatto le commissioni che dovevi fare con quella tua amica? - le chiese gentile e Catherine accennò un segno del capo per assentire.
- A scuola tutto a posto come al solito, oggi con Ambra mi sono divertita molto, vedessi quanto è imbranata per i negozi! - le disse sorridendo e posò lo zaino a terra togliendosi contemporaneamente le scarpe e la giacca.
- Sono contenta che abbia accettato di venire con te alla festa, lo sai che non mi piace che tu vada da sola- le disse sua nonna.
- Sì lo so, non devi preoccuparti ... - la rassicurò. Entrando in salotto si bloccò e fissò i suoi genitori con uno sguardo scioccato.
- Mamma ... papà ... che ci fate qui? - chiese stupita. La donna in tailleur, composta, la squadrò per un lungo istante, l'uomo in giacca e cravatta la fissò da dietro un paio di occhiali nuovi di zecca.
- Catherine, bambina mia, sei sempre bellissima- le disse dall'angolo della stanza in cui si era rifugiato. Catherine era scioccata. Si chiese con che faccia avesse il coraggio di dirle una cosa del genere dopo che erano quasi due mesi che non si facevano né vedere né sentire. La loro vita nella capitale era troppo importante perché potessero pensare anche solo un briciolo alla loro figlia adolescente, che non avevano visto crescere. Strinse i pugni e le ci volle davvero un grande sforzo per mantenere il suo umore tranquillo, e si appellò alle decine di pagine di galateo che aveva studiato.
- Ciao- disse a mezza voce. Fece per uscire dalla stanza ma si trovò la strada sbarrata dalla nonna, sempre con la faccia preoccupata e forse anche un po' triste.
- Nonna tu sai cos'è questa storia? Non dovevamo andare noi da loro? Non mi sembra che fosse in programma che venissero qui - disse cercando di capire. L'anziana donna non la guardò negli occhi. Sua madre rispose per lei.
- Tesoro, pensavamo di farti una sorpresa – le disse e per la prima volta le sembrò che sul suo volto di porcellana apparisse un'ombra di tensione, guardò i tre adulti dubbiosa.
- Quindi? - chiese per rompere il silenzio.
- Abbiamo preso una decisione - disse suo padre in tono autoritario.
- Tornerai a vivere con noi, ora sei abbastanza grande per stare a casa da sola e il nostro appartamento in centro alla metropoli è già pronto per accoglierti. Abbiamo riflettuto a lungo anche con tua nonna e ora che lei sta invecchiando abbiamo pensato fosse la decisione più saggia. Inoltre tu avrai a portata di mano ambienti scolastici e lavorativi dove potrai costruirti un futuro sicuro. La crisi purtroppo c'è ancora, ma tu hai la possibilità di emergere. Qui in questa cittadina non avresti molte chance - disse l'uomo con enfasi.
Catherine rise, credendo e sperando al tempo stesso in uno scherzo.
- State dicendo che devo trasferirmi? - chiese sarcasticamente.
- Alla fine del trimestre, sì. Sei già iscritta in una facoltosa scuola privata - le spiegò sua madre colpendola con quelle parole come se le avesse dato uno schiaffo.
- State scherzando spero... - disse loro con un nodo alla gola, sempre più scioccata.
-Non ho nessuna intenzione di venire con voi in città, dovrei lasciare tutto ciò che conosco, la mia scuola, i miei amici, la mia squadra di pallavolo... – disse scossa da un tremito.
I suoi genitori la guardarono compassionevoli.
- Siamo sicuri che con il tuo carattere fantastico ti ambienterai subito - le dissero, e per la prima volta nella sua vita rimase senza parole, a bocca aperta di fronte a quella decisione così improvvisa e devastante. Si guardò intorno in cerca di soccorso.
- Nonna? Tu eri d'accordo? - le chiese sentendosi tradita. Come aveva potuto decidere di restituirla così ai suoi genitori senza nemmeno parlarle? Sentì gli occhi pungere e le lacrime pronte ad uscire, ma le ricacciò indietro con stizza.
- Va bene. Non posso oppormi alla vostra decisione- si arrese con rabbia dopo aver preso numerose boccate d'aria. I tre adulti le parvero visibilmente più rilassati e lasciò immobile che la abbracciassero. Vide che sua madre era quasi commossa.
- Vedrai Catherine, saremo una famiglia vera, questa volta non ti deluderemo- le sussurrò in un orecchio e quelle parole le risultarono allo stesso tempo offensive e rassicuranti, non seppe come rispondere e si lasciò semplicemente cullare da quell'abbraccio.
-Tesoro... - suo padre ruppe quel bel momento senza troppe cerimonie.
- Non potrai venire qui a salutare i tuoi amici, non avrai più rapporti con la gente di montagna. Hai ancora un mese per congedarti dai tuoi compagni, a Natale sarai già da noi e festeggeremo là tutti insieme- le comunicò come se stesse parlando alla sua segretaria, ma quello fu il meno. Il peggio fu quando realizzò il significato di quelle poche frasi.
Non avrebbe più avuto contatti con nessuno lì, non avrebbe più potuto vedere Ambra. Che cosa le avrebbe detto? Come le avrebbe spiegato tutto? Si sentì morire per la tristezza e un peso opprimente le calò sul petto. Non ebbe nemmeno la voglia di opporsi, aveva già dato il suo consenso e sapeva già che in qualunque caso non avrebbe avuto molta scelta. Non disse niente, si limitò a scansare la madre e la nonna e a correre in camera sua. Si tuffò sul letto e abbracciò i cuscini. Altro che bella giornata, altro che divertimento, era finita in un disastro, anzi, quel che era peggio era che non era ancora finita. Chiuse gli occhi cercando di accettare tutto ciò che i suoi genitori le avevano detto. Non le era per niente facile. Si voltò a pancia in su e guardò il soffitto, le vennero in mente tutte le volte che si era divertita a trovare disegni nelle travi insieme ad Ambra e le venne un groppo alla gola. Cercò di ributtarlo giù ma quel dolce ricordo aveva aperto la porta per un'altra serie di immagini e di emozioni, si sentì sopraffare.
-Catherine? - si sentì chiamare dalla porta chiusa a chiave.
- Sarebbe quasi ora di andare a pallavolo- le ricordò con voce gentile sua nonna, ma non volle sentire, non le rispose nemmeno e sentì i passi della donna allontanarsi per il corridoio. Si appoggiò il cuscino sulla faccia e la disperazione e la nostalgia la colsero nuovamente, sentì di nuovo il pianto avvicinarsi e questa volta non si trattenne, lasciò che le lacrime le scendessero lungo le guance e bagnassero di gocce salate la morbida stoffa.
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