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Capitolo 5 (parte 1)

LA STELLA

Chateau de la Lune

Francia, anno del Signore 1427

Il generale De Krhonnes ricevette i suoi consiglieri e i ministri del Delfino la mattina successiva.

Sospirò mentre aspettava che i suoi ospiti lo raggiungessero nella sala del consiglio. Si appoggiò al tavolo fissando le cartine e le pedine di quella guerra secolare meditando. Aveva da discutere molte cose, ma prime fra tutte erano le questioni di Orleans e del Varco. Da quando gli inglesi avevano scoperto la sua esistenza, quasi non era riuscito a dormire la notte. Era preoccupante anche solo pensare che qualcuno, oltre ai Viaggiatori dell'Ordine, avrebbe potuto attraversarlo.

Un giovane paggio lo raggiunse con passo affrettato e si fermò a rispettosa distanza.

- Mio signore, sono arrivati- annunciò il ragazzo. Il Generale annuì e gli ordinò di farli entrare. Si sedette pronto a ricevere i suoi ospiti, cercando di calmare i nervi già tesi. Tutti gli uomini più importanti di Francia si presentarono con i volti severi adatti per quell'occasione. Li accolse con un cenno del capo e andò loro incontro.

- Miei signori, siate i benvenuti in questo castello- disse, poi salutò il ministro del Delfino e il rappresentante dei Viaggiatori.

- Travis, hai notizie di mio figlio?- chiese a quest'ultimo. L'uomo scosse la testa.

- Non ho ancora contattato la Prima Viaggiatrice. So solamente che hanno iniziato a raccogliere reclute, non saprei prevedere per quando sarà il loro ritorno. Tuttavia ho altre notizie per il consiglio, e non sono buone...- disse.

Il generale annuì e invitò tutti a raggiungere i loro posti. Quattro seggi erano rimasti vuoti e la cosa non gli piacque. Mancavano i rappresentati delle razze mezzosangue: la rappresentante del Popolo dei Boschi, gli Erikton, la Maga Artenai e ovviamente Bromir dei Baham. Le creature magiche non si erano presentate, e non fu l'unico ad accorgersene. Tuttavia nessuno lo fece notare ad alta voce. Proseguirono lo stesso.

Il Generale diede la parola al messaggero d'Orleans e concentrò tutta la sua attenzione su di lui. Prima dovevano affrontare le questioni più urgenti. Poi il resto.

~~~

Il paesino di Domremi non era molto conosciuto, ma era poco lontano dalla roccaforte di Vacouleur. Quel gruppetto di case semplici e sperdute nella campagna offrivano rifugio ad una piccola comunità di Erikton che aveva imparato da tempo a convivere con gli umani, mantenendo il riserbo della sua natura sovrannaturale.

Da diciotto anni, in quel villaggio viveva una ragazza, ancora più straordinaria: Joanne.

Figlia di contadini, era cresciuta con gli altri bambini frequentando la chiesa e aiutando la madre in casa e il padre nei campi. Era sempre stata caritatevole e rispettosa.

Oltre al suo carattere mansueto il suo aspetto aggraziato e soprattutto i suoi capelli color dell'oro erano oggetto di ammirazione delle signore del villaggio e facevano invidia alle altre ragazze. Joanne però, se avesse potuto, avrebbe volentieri rinunciato a tutto ciò. Il suo aspetto era simbolo della sua vera natura e del suo sangue impuro.

Aveva scoperto di essere un Erikton a dodici anni, ma non l'aveva mai accettato. Credeva di essere una creatura del demonio e per questo pregava ogni giorno che Dio la salvasse da quella condizione, ma non si era mai lamentata apertamente e nel tempo aveva imparato a convivere con la consapevolezza di essere un mostro.

Si era sempre prodigata in opere buone e aveva pregato perché la guerra finisse poiché da tempo ormai avvertiva una sensazione alla bocca dello stomaco, come una sorta di insofferenza, di fronte alle scene dei poveri e dei profughi che ogni tanto approdavano al villaggio.

Andava nei campi, sentendo crescere dentro di lei la voglia di allontanarsi da quel luogo, di andare a cercare i responsabili di quella miseria e cambiare il mondo.

Aveva sentito nel vento delle parole una volta, aveva sentito una voce calda invitarla a partire. Aveva pregato a lungo dopo quell'episodio; aveva pregato perché credeva che quella voce fosse venuta dal Tentatore, da colui che l'aveva in potere per via della sua natura. Come Erikton, non credeva di poter sentire che la sua voce. Eppure, anche in chiesa, la stessa voce le era giunta all'orecchio, più e più volte. E aveva pregato più forte. Alla fine però, aveva capito. Aveva sentito la voce di un Santo, ne era stata convinta dopo una veglia in preghiera. Il Santo l'aveva esortata a partire, a portare la pace, a salvare la Francia dalla forza inglese.

Joanne aspettò paziente il momento giusto per iniziare la sua missione. Fu nel giorno del suo sedicesimo compleanno che ritenne di poter compiere il viaggio verso la roccaforte di Vacouleur. Dio le aveva affidato una missione, nonostante la sua natura disumana, e lei avrebbe servito la Sua volontà fino in fondo, con decisione e fede.

In una quieta giornata di sole, mentre inglesi e francesi si scontravano sul confine, la giovane Erikton lasciò casa sua e tutto ciò che conosceva. Partì convinta del sostegno di Dio, che la sua missione fosse Sacra e vitale per il destino della Francia. Quando, dopo alcuni giorni di viaggio, Vacouleur la accolse grigia all'orizzonte, guardia imponente di quella regione, la fanciulla non poté fare a meno di sorridere. Eccola! Quella era la prima tappa della sua avventura, del suo destino. Le porte di quella guardia erano il primo ostacolo da superare per poter andare ad incontrare il Delfino, per portare il suo sostegno alla sua patria.

Si presentò a quei battenti da sola e chiese di vedere il Capitano della fortezza. Un uomo d'armi, esperto conoscitore di quei luoghi e dei suoi abitanti, che tuttavia non volle ascoltare la giovane missionaria, e anzi, la ricacciò a casa.

Non c'era posto per una ragazzina in quella guerra.

Quel rifiuto ferì Joanne profondamente e fece vacillare le sue convinzioni. Fu in quell'occasione, sulla strada che conduce da Vacouleur a Domremi, che la giovane Erikton, per la prima volta, trasmutò.

~~~

Pigneridel

Confederazione Europea, anno 2027

Ambra camminava lentamente sotto i portici di Pigneridel. Non aveva fretta di buttarsi nel chiasso e nella confusione che puntualmente si creava ogni volta che la sua classe riusciva a combinare un'uscita di gruppo. Inoltre, troppe persone non erano per lei. Il suo spirito introverso si esauriva molto velocemente, e nemmeno la curiosità di quella particolare occasione le avrebbe risparmiato la fatica esistenziale a cui stava per sottoporsi. Le sarebbe sicuramente andato più a genio rimanere a leggere in biblioteca o uscire con Stephen e Catherine, come al solito. Tuttavia ormai aveva accettato di andare.

Con aria distratta, rallentò il passo fino a fermarsi di fronte ad una particolare vetrina. In quella della pasticceria preferita di Catherine notò un paio di biscotti a forma di orsetto che sarebbero piaciuti tantissimo a Tommy, il suo fratellino.

Sorrise accovacciandosi per osservarli da vicino ed ebbe la tentazione di entrare e comprarli. Poi notò il prezzo e si ricordò che era al verde e che quindi non avrebbe potuto acquistare proprio un bel niente. Fece una smorfia contrariata e sbuffò nella sciarpa. Peccato, pensò. Si raddrizzò in piedi e si avviò, il luogo del ritrovo non era lontano. Ben presto raggiunse gli alberi che delimitavano il parco della stazione, ormai quasi senza foglie, solo i tronchi spiccavano sul verde ancora vivo del prato e impedivano la vista poco più in là. Questo non le impedì però di sentire le voci familiari dei suoi compagni. Era arrivata a destinazione. Svoltò in un vialetto di ciottoli e ai suoi occhi si presentò un ammasso di zaini e persone che chiacchieravano e ridevano vicino ad una panchina.

-Hey! Ambra! -. Giada spuntò al suo fianco entusiasta.

- Come va? Meno male, sei venuta! Lui è già qui. - esclamò e fu interrotta da Catherine e Alyssa che arrivarono a braccetto. Sul viso di Catherine un velo di disagio le lasciò la sensazione che il pranzo amichevole non era andato del tutto liscio come l'olio. Ma non avrebbero potuto parlarne in quel momento. Ripromettendosi di affrontare la questione più tardi, non poté fare a meno di fissare le due ragazze. Per lei erano una visione davvero inconcepibile. Come il sole e la luna, il cielo e la terra, il bianco e il nero. Due poli che uno di fianco all'altro non avevano nulla in comune se non la chioma bionda e il cognome influente. Si limitò a salutarle con un sorriso.

- Ambra, non è da te partecipare agli incontri di classe - esclamò Alyssa con uno sguardo solo in parte sorpreso. I suoi occhi felini la squadrarono da capo a piedi con diffidenza, come se fosse un animale esotico fuori dal suo habitat. Non che in quel momento si sentisse in modo molto diverso... Alyssa arricciò il naso e per suo sollievo smise quasi subito di dedicarle attenzione, lasciando finalmente Catherine per dirigersi verso un altro drappello di ragazze.

Giada e Catherine affiancarono Ambra, che per un momento si sentì circondata, e la trascinarono verso il gruppo più grande e chiassoso. Stranamente, lo notò solo in quel momento, il solito baccano non era un'unica continua cacofonia. Stranamente, a momenti alterni, tutti si zittivano come sotto l'effetto di un'incantesimo. Silenzi e voci si susseguivano da quando era arrivata ma solo ora se n'era resa conto.

- Vieni, ti dobbiamo presentare - le disse Catherine facendole l'occhiolino mentre le altre ragazze alle loro spalle emisero risolini estasiati. Ambra seguì la sua migliore amica e corrugò la fronte  confusa.

Catherine trascinandola con il suo solito entusiasmo si fece strada fra i compagni sicura. Erano quasi tutti lì. I pochi ragazzi della classe erano arrampicati sulla panchina e cercavano di conversare tra loro, mentre le ragazze erano divise in due piccoli gruppi e tendevano tutte il collo verso un'unica persona. Il centro vero dell'attenzione.

Catherine le strinse il braccio e la trascinò a forza davanti alla panchina, con il risultato di attirare su di loro quasi tutti gli sguardi. Stephen fu il primo a salutare con un cenno amichevole e un gran sorriso. Dietro alla panchina, con un telefono in mano, c'era il ragazzo nuovo.

Catherine fece balzare lo sguardo acceso da Ambra a lui con fare ammiccante poi si fece avanti.

- Hey, Rowan! - chiamò. Il ragazzo smise di digitare sulla tastiera e lentamente sollevò gli occhi, rivelando il suo volto.

- Lei è Ambra!- la presentò con orgoglio Catherine, senza che avesse potuto fare in tempo a dire una parola. Tuttavia, se anche avesse voluto, probabilmente non ci sarebbe riuscita. Il giovane che le stava di fronte era semplicemente straordinario. Fu felice di aver messo la sciarpa così che la sua bocca agape non si sarebbe vista. Possibile che fosse capitato a lei? Colpo di fulmine? Si sentì terribilmente infantile e in imbarazzo con se stessa. Rimase imbambolata a fissare il nuovo compagno di classe.

Rowan. Il suo nome era sicuramente particolare, ma gli calzava a pennello. Ora che non era più appoggiato alla panchina si rivelava molto più alto di quello che le era sembrato a prima vista. Sembrava più grande della maggior parte di loro. Sicuramente, se paragonato a lei. Aveva una maglietta a maniche corte, nonostante la temperatura autunnale, che lasciava in mostra le braccia muscolose. Aveva le spalle larghe e in generale un fisico invidiabile dalla maggioranza della popolazione maschile della scuola. Ma era il viso ciò che l'aveva colpita di più, incorniciato da capelli ondulati, folti e disordinati, di un neri lucido come inchiostro. Alcuni ciuffi di frangia gli cadevano sugli occhi, che erano di un blu scurissimo e avevano una forma leggermente a mandorla, il naso era un triangolo perfetto e la bocca sembrava esser stata disegnata da Leonardo o Michelangelo o qualche grande artista, che sicuramente se ne intendeva. Non l'avrebbe stupita di trovare un volto come quello di Rowan su una delle riviste di moda della Capitale, o scolpito in una statua al centro di una grande piazza. L'aveva semplicemente incantata. Non le era mai successo. 

- Piacere... - riuscì a sillabare. Tese una mano meccanicamente, senza rendersi conto di quanto ridicolo quel gesto potesse sembrare nel contesto. Rowan però non disse una parola e si sporse per ricambiare il gesto.

La mano grande e calda del ragazzo avvolse la sua in una stretta decisa e misurata. Per qualche motivo la sorprese e inconsciamente ritrasse la sua, con la stessa velocità con cui si reagisce a una tazza di tè bollente che scotta. Catherine ridacchiò al suo fianco, accompagnata dagli altri ragazzi del gruppo. Rowan fissò per un momento il suo braccio ancora teso ma non parve particolarmente turbato. Si ricompose e tornò a scrivere sul telefono. Ogni tanto mostrava lo schermo a chi gli era più vicino e da lì scaturivano tutte le conversazioni.

Ambra, tirata da parte da Catherine, osservava ancora con attenzione quello scenario quasi surreale. Rowan non aveva ancora detto una parola, ma tutti aspettavano in silenzio rispettoso ogni volta che scriveva sul telefono la sua opinione riguardo ai temi più disparati che gli presentavano. I suoi movimenti calcolati e precisi, in un certo senso freddi, stridettero con l'immagine del suo aspetto.

- Ambra? Tutto ok? - chiese Catherine, sventolandole una mano davanti agli occhi.

- Cupido ha finalmente deciso di colpire il tuo cuore di pietra?- le chiese divertita e Ambra si sentì avvampare. Non ebbe la forza di rispondere. Il cuore le batteva forte come se avesse appena finito di correre i cento metri. Pensò ad un paragone per la sua faccia rossa, ma non lo trovò. Non sapeva che pensare, era la prima volta che le capitava una cosa del genere. Sospirò e scosse la testa cercando di riprendere un po' di controllo. 

- Catherine... sono nei guai...- esalò infine, la voce venata da un leggero senso di disperazione.

Catherine calò una sonora pacca di conforto sulla sua spalla e sorrise incoraggiante. 

- Non temere, ci sono qui io- disse, poi scoppiò a ridere.

∽∽∽

Rowan riuscì a stento a trattenere la sorpresa. Constatò divertito che il fagotto accovacciato davanti alla pasticceria era in realtà una sua compagna di classe.

Una delle sue nuove compagne di classe, Catherine se non ricordava male il nome, gli era comparsa di fronte affiancata dalla ragazza con la sciarpa. Non si sarebbe mai aspettato di rivederla lì. In pochi istanti la percorse dalla testa ai piedi. Non riuscì a trovare nulla di particolarmente significativo tuttavia notò l'espressione imbarazzata. 

Aveva il viso affondato nella sciarpa, nascosto per metà, ma i suoi occhi erano spalancati e fissi su di lui, a studiarlo con grande attenzione. Non seppe leggere il motivo di quell'interesse ma ricambiò quello sguardo azzurro ghiaccio con il suo e la costrinse a distogliere gli occhi per prima.

- Lei è Ambra- esclamò Catherine. Come risvegliata dal suo nome, la ragazza allungò una mano, meccanicamente, come se avesse reagito di riflesso, senza pensare. Sorpreso da quel gesto, si sporse comunque per ricambiare, nonostante le risate divertite di contorno. Per quanto fuori luogo tra ragazzi della loro età, una solida stretta di mano non avrebbe certo rovinato la sua reputazione.

- Piacere- disse Ambra. La sciarpa attutì il suono, ma non abbastanza da sfuggire al suo udito fine. La sua voce era incredibilmente bassa e rotonda. Calda e avvolgente. Non ne aveva sentite molte del genere in una ragazza. Per lui, che non parlava ormai da molto tempo, la voce era grande oggetto di interesse ed era abituato a classificare le persone anche in base a quella caratteristica. Non sopportava le voci acute e strillanti della maggior parte delle ragazze e ammirava coloro che avevano un tono controllato.

Ambra sfuggì alla sua stretta di mano tanto in fretta che quasi non gli diede il tempo di rendersene conto. Si ritrasse come se il contatto l'avesse scottata, ma prima che potesse dire qualcosa, Catherine  trascinò via.

Rowan tornò ad occuparsi degli altri compagni che avevano colto l'occasione per tornare a riempirlo di domande. Si immerse nella scrittura delle risposte, concentrandosi sul telefono. Scriveva e ascoltava pazientemente tutte le voci che, accavallandosi, cercavano di attirare la sua attenzione per continuare la conversazione. Apprezzava la compagnia, tentavano di coinvolgerlo nei discorsi più diversi, ma era molto difficile per lui sostenere il loro ritmo. Da quando aveva fatto voto di silenzio, l'unico modo che aveva per comunicare erano i gesti e la scrittura, metodi troppo limitati. Senza contare che molti degli argomenti erano per lui sconosciuti e molte delle domande che gli rivolgevano non potevano essere risposte.

~~~

Ambra ringraziò Catherine e la maledisse allo stesso tempo. Se fosse stata ancora di fronte a Rowan si sarebbe sciolta, ma la sola vista del gruppetto di ragazze verso il quale erano dirette la fece innervosire. Nessuna di loro era particolarmente simpatica e parlottavano tra loro di pettegolezzi che a lei non interessavano. Tuttavia i suoi pensieri erano ancora rivolti alla figura imbarazzante di poco prima. Se Rowan non la conosceva ancora, tutti i suoi compagni invece sapevano benissimo che la sua reazione non era stata normale. Davvero, non era sociale, ma non era nemmeno il tipo timido e imbarazzato. Si chiese in quanti avessero notato il suo turbamento. Scosse la testa cercando di non indugiare troppo su quei pensieri. 

-Rowan è un ragazzo così carino, non trovate anche voi? - cinguettavano intanto le ragazze.

-... non vedo l'ora di conoscerlo meglio. La professoressa mi ha affidato il ruolo di sua tutor! - si vantò Alyssa ad un tratto con gli occhi pieni di malizia e tutti gli sguardi si fecero ammirati e invidiosi.

- Ma come farai? Con il fatto che non parla? - chiese una delle sue amiche. Ambra a quelle parole  sollevò la testa e si fece più attenta per capire a cosa si riferissero.

- Un modo lo troverò... - disse Alyssa sicura di sé e a quel punto anche Ambra non poté fare a meno di introdursi nella conversazione e di chiedere altre notizie sul nuovo ragazzo. Le altre la accolsero senza fare troppe obbiezioni, troppo occupate a parlare, e ogni tanto, mentre discuteva e apprendeva parte della storia  gli scoccava un'occhiata.

- Ehi, ragazza! - esclamò Stephen sorridendo e comparendole di fianco, tra le altre ragazze.

- Oh, salve! - gli rispose sorridendo a sua volta. Stephen le passò con noncuranza un braccio intorno alle spalle e seguendo il suo sguardo si voltò verso il suo gruppo di amici dove Rowan svettava tra gli altri: una presenza ingombrante seppur silenziosa. Sospirò e la fissò incuriosito.

- Allora, come ti sembra? – le chiese.

Ambra sbuffò dubbiosa, non sapeva bene cosa rispondergli. Ora che il batticuore le era finalmente passato ed era tornata lucida non sapeva proprio che pensare. Non aveva ancora avuto molto tempo per farsi un'idea vera e propria del nuovo compagno.

- Non saprei... Mi sembra tremendamente serio. Poi il fatto che non parli certamente non lo aiuta ad apparire il più estroverso... e non aiuterà di certo a conoscerlo – rispose parlando più a se stessa che all'amico.

Stephen annuì.

- Già. E poi si comporta anche in modo strano, sai? Usa il telefono solo per scrivere quello che vuole dire, ma per il resto, nulla. Prima eravamo solo alcuni e nei discorsi, due volte su tre, aveva bisogno di chiedere cose che anche Tommy saprebbe. Capisco che si sia trasferito qui da lontano. Ma viviamo pur sempre nello stesso mondo- disse ridendo.

-  O è sbadato e distratto o ha proprio qualche problema. Cioè, avresti dovuto vedere la sua faccia quando abbiamo passato il camion dell'immondizia: troppo bella! Come se non ne avesse mai visto uno! Ma sono quasi sicuro che non sia del tutto scemo... - aggiunse convinto, a mo' di battuta, dopo aver scoccato un'altra occhiata nella sua direzione. Ambra annuì senza però lasciarsi smuovere troppo da quelle parole.

- In ogni caso, avremo tempo per conoscerlo... dopotutto, la scuola è appena iniziata e l'anno è ancora lungo - gli fece notare e Stephen si sgonfiò di tutto il suo entusiasmo, come un palloncino bucato.

- Non farmi deprimere - esclamò melodrammatico. Sbuffò un po' e pasticciò la ghiaia con i piedi, si strinse nelle spalle e poi si raddrizzò di scatto con risolutezza. Ambra sorrise facendogli pat-pat sulla spalla.

- Siamo sulla stessa barca, amico mio- gli fece notare e Stephen annuì scoraggiato, poi sospirando si raddrizzò.

- Mi sto annoiando- esordì. A quelle parole Ambra si ritrasse, conscia di cosa preannunciassero.

- Vediamo se riusciamo a tirar fuori qualcosa da questo pomeriggio- aggiunse Stephen. Si allontanò allegro a cercare accoliti che sostenessero le idee strampalate che cominciavano a formarsi sulla sua testa come una nuvoletta innocua che preannuncia però un temporale. Perfettamente visibile ad Ambra che decise saggiamente di allontanarsi da quel pericolo. Le idee del suo entusiastico amico non erano mai delle buone idee.

Ambra osservò i suoi compagni discutere sul da farsi, sospirando sull'iniziativa di Stephen. 

Venne deciso di fare un giro al centro commerciale, stranamente normale. Non una delle migliori ambizioni.

Ambra si incamminò, più lentamente, dietro gli altri, adeguandosi alla decisione del gruppo. Osservò Rowan che incedeva come un grande felino in un gregge di pecore. Aggraziato e guardingo, affiancato dagli altri ragazzi, studiando tutto con un'attenzione predatrice. Tuttavia, a guardarlo bene, non era per niente rilassato. Aveva la schiena rigida e spostava gli occhi da un lato all'altro quasi temesse di essere attaccato da qualcuno, lo vide quasi sobbalzare quando Alyssa gli sbucò di lato per abbracciarlo all'altezza della vita.

Dovrai abituarti ... lo avvisò mentalmente sapendo che Alyssa era una di quelle che otteneva sempre quello che voleva, che si trattasse dell'ultimo modello di un telefono o del ragazzo più carino della scuola.

Rowan però rifiutò con decisione l'abbraccio della ragazza e la invitò con fermezza a lasciarlo stare, cogliendo tutti di sorpresa. Appariva visibilmente turbato come se quell'improvvisa rottura dei confini dello spazio fino ad allora esistenti intorno a lui lo avesse lasciato disarmato. Sebbene da una parte si fosse appena trasformato da nuovo compagno a potenziale idolo della classe per aver rifiutato una come Alyssa, dall'altra aveva perso la sua aura di intoccabilità e di mistero.

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