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Capitolo 10 (parte 1)

COME DIMENTICARE?

Casa di Rowan

Pigneridel, anno 2027

Aprire gli occhi gli costò immensa fatica e subito la luce della lampada abat-jour gli ferì le pupille, che ci misero più tempo del solito a mettere a fuoco ciò che lo circondava. Rowan non si era mai sentito così intontito come in quel momento, come se fosse stato investito da un cavallo. Lentamente riuscì a richiamare alla memoria gli eventi che l'avevano portato lì: la festa di Halloween, Ambra, il mercenario, la ferita... con fredda razionalità si rese conto di aver rischiato molto. Se solo non fosse stato per Ambra, in quel momento si sarebbe ritrovato in qualche cella buia e fredda a marcire come ostaggio degli inglesi. I mercenari erano riusciti ad arrivare fin lì, il che significava che erano riusciti in qualche modo ad attraversare il Varco. Sospirò a fatica e provò a muoversi per riacquistare padronanza delle proprie membra. I suoi movimenti attirarono la figura che fino a quel momento era rimasta immobile sulla sua poltrona.

- Come stai? - gli chiese Libeth sollevando gli occhi dal libro che stava leggendo.

Per risponderle si limitò a sorridere, cercò di tirarsi su e dopo un paio di tentativi ci riuscì. I suoi occhi sondarono il resto della stanza e incrociarono l'informe ammasso di coperte sul pavimento che conteneva Ambra e Catherine addormentate. Fece una faccia interrogativa verso Libeth che gli spiegò brevemente la situazione. Annuì e si alzò per provare a muovere qualche passo. Le gambe ressero bene, ma preferì tornare a sedersi, non era ancora sicuro di stare bene.

- Rowan - Libeth lo richiamò con uno sguardo severo, - gli eventi di ieri sera non dovranno ripetersi, ho bisogno che tu sia al meglio della forma. Ho avuto la notizia da uno dei Guardiani: a breve potremo passare il Varco. Non dovrebbe volerci molto, circa una settimana - lo informò, - E credo che prima riusciremo ad andarcene meglio sarà- aggiunse, più tra sé e sé che realmente rivolta a Rowan.

Libeth chiuse il libro e si alzò, - Vado a dormire un paio di ore. Presumo che domani sarà un'altra intensa giornata...- dichiarò la Viaggiatrice avviandosi, - Buonanotte ragazzo- gli augurò con aria stanca. Rowan le sorrise di nuovo e poi rimase solo, a fissare la stanza, più affollata del solito.

Ambra dormiva rannicchiata in un angolo, abbracciata a uno dei peluches di Libeth, mentre Catherine occupava il resto del materasso. Sorrise nel vederle finalmente rilassate. Più le osservava più si convinceva che fosse necessario proteggerle a tutti i costi da uomini come il mercenario con cui si era scontrato. Non avrebbe mai voluto vederle costrette a combattere per le loro vite, a difendersi da un mondo di cui non conoscevano nulla. Sospirò ricordandosi che non avrebbe dovuto distrarsi dalla sua missione, che sarebbe dovuto partire nel giro di pochi giorni e che a breve non avrebbe dovuto pensare a nessuno di loro. Per ragioni che preferì non approfondire, seppe in fondo al cuore che una parte di lui non era pronta a lasciarsi l'Oltre alle spalle. Tornò a fissare il soffitto perso nei suoi pensieri. Si chiese per l'ennesima volta come stessero i suoi amici e commilitoni, nella sua terra, nel suo tempo; si chiese come stesse suo padre, ma non indugiò troppo sulla sua figura gravida di cattivi ricordi; alla fine decise di spegnere la luce e si riaddormentò.

~~~

Stephen entrò nella camera di Rowan solo grazie a un grande sforzo di volontà e alla stanchezza che gli impedì di bloccarsi sulla soglia. Non aveva nessuna intenzione di avere contatti con la roba di quel ragazzo, né tanto meno dormire nel suo letto. Quella sera aveva causato loro un sacco di problemi, si era messo nei guai con qualcuno, ma quel che era peggio, aveva fatto correre ad Ambra un rischio non indifferente e non era stato in grado di proteggerla, svenendo miseramente.

Più ripensava a ciò che era successo e più sentiva la rabbia salire. Avrebbe tanto voluto potersi sfogare, dare un bel pugno a qualcuno. Si sedette sul materasso senza pensarci e si portò le mani al volto, cercando di cancellare la vista dei visi sconvolti e pallidi delle sue migliori amiche. Cercò di dimenticare il momento del racconto di Ambra e lo sguardo di Libeth che dalla ragazza si era spostato a lui. Nessuno aveva letto in quell'occhiata ciò che solo lui o Rowan avrebbero potuto capire.

La Viaggiatrice l'aveva fissato così intensamente che si era sentito quasi trafitto. Quello sguardo poteva significare solo una cosa: " Vedi? Vedi quanto tutto è reale e vicino? Se non lo fermi tu, chi lo fermerà?". Nella sua mente stava lentamente prendendo forma una verità incredibile e inaccettabile. Tirò fuori dalla tasca la busta che Rowan gli aveva consegnato due sere prima, dopo allenamento: la "convocazione".

Quel misero foglio di carta l'aveva mandato in crisi più di un test di matematica a sorpresa. Non aveva dormito e le occhiaie che aveva guadagnato erano state buone solo a migliorare il suo travestimento per la festa. Fissò la carta bianca senza avere il coraggio di riaprirla. Ma alla fine la riprese in mano e rilesse per l'ennesima volta il suo contenuto.

Colui che è in possesso di questa missiva è libero di non leggerla, ma se deciderà di farlo, non potrà rifiutarsi di credere a ciò che contiene.

Se le prime righe lo inquietavano, le ultime gli facevano venire la pelle d'oca. Ciò che c'era scritto era semplicemente impossibile. Il pianeta terra era lo stesso di sempre, l'unico. La storia era storia e non era possibile che esistesse una dimensione parallela in cui tutto era fermo al medioevo, o che ci fosse un Varco che portasse indietro nel tempo. Non poteva essere possibile che questi due mondi fossero collegati, né che rischiassero il conflitto. Non era concepibile l'idea che giovani come lui si "arruolassero" per combattere una guerra che non esisteva, con gente sconosciuta e probabilmente poco sana di mente. Nessuno l'avrebbe mai fatto. Tuttavia la lettera che aveva in mano era chiara, approfondita, convincente. In più, l'attacco di quella sera l'aveva fatto riflettere seriamente sulla possibilità che, almeno in parte, ciò che Rowan e Libeth sostenevano, fosse vero.

Sospirò esausto. Lui che cosa avrebbe fatto? Non aveva nessuna intenzione di partire, nessuna intenzione di abbandonare la sua casa, la sua famiglia e i suoi amici. Si lasciò cadere sul materasso e gettò la lettera nel cestino poco lontano, già stracolmo.

- Che casino...- sussurrò tentando inutilmente di prendere sonno.

~~~

Ambra non si svegliò nel suo letto e per un secondo credette di essere ancora addormentata. Guardandosi intorno poco dopo però, si rese conto di essere ancora a casa di Rowan. Si stiracchiò e sbadigliò guardando con astio la finestra spalancata che oltre a un'aria gelida lasciava entrare molta luce che l'aveva svegliata. Di fianco a lei, Catherine dormiva ancora profondamente. Sorrise e le sistemò le coperte dopo essere sgusciata fuori dal letto. Fece attenzione alla cura con cui si mosse tentando di non fare troppo rumore. Sbadigliò di nuovo e sobbalzò quando incrociò un paio di occhi blu spalancati, che la fissavano.

- Buongiorno Rowan...- sussurrò guardando da un'altra parte. Si era dimenticata che lui aveva dormito tutta la notte a pochi centimetri da loro. Si chiese da quanto tempo si fosse svegliato e da quanto la stesse osservando. Sospirando non poté fare a meno di sentire il cuore accelerare.

- Come ti senti? - gli chiese. La sera prima non era riuscita a stare tranquilla nemmeno un momento. Il ricordo dell'aggressione era troppo vivido e la preoccupazione per lui troppo forte. Alla fine era crollata per la stanchezza, ma a fatica, quando ormai era molto tardi.

Rowan recuperò penna e foglio e cominciò a scrivere la risposta.

- Bene- lesse Ambra ad alta voce. Era un po' scontata come risposta, lei voleva che almeno accennasse all'uomo che voleva rapirlo, che le scrivesse qualcosa di più su quella storia, ma non lo fece.

- Tu come stai?- le scrisse invece.

Si strinse nelle spalle, - Mi verrebbe da dire di avere un gran mal di testa per tutto ciò che è successo, ma in realtà... sto meglio di quanto avrei pensato- disse rigidamente.

- Ho non poche domande su ciò che è successo in questi giorni, ma suppongo che sia più facile sperare in una risposta sul caso della palestra piuttosto che sul tizio che ha minacciato di rapirti e tentato di ucciderci- disse alzando un sopracciglio e guardandolo male, offesa per principio. Rowan le sorrise, quasi dispiaciuto. La guardò come un genitore guarda la bambina curiosa, mentre pronuncia le fatidiche parole: "Quando sarai più grande, capirai". La irritò abbastanza da farla sbuffare indispettita. Lui scosse la testa divertito e cominciò a scrivere.

- Per quel che riguarda la palestra, avevo sperato che la professoressa ti avvisasse. Io per lasciarti libera di andare da Catherine avevo già messo a posto tutto. Per quello probabilmente non hai trovato nessuno... mi spiace che ci sia stato questo malinteso...- scrisse.

Ambra si lasciò sfuggire un sorriso imbarazzato.
- Oh...-.
Ripensò a come aveva giurato di usare contro il ragazzo ogni tecnica dolorosa, appresa nelle lezioni di arti marziali, senza sensi di colpa. Sentì il bisogno di scusarsi per il comportamento che aveva tenuto nei suoi confronti anche la sera precedente e poi scosse le spalle.

- Acqua passata dunque, pace. Ora che abbiamo chiarito siamo a posto- disse convinta e approvata dal cenno di assenso di Rowan.

- La questione di ieri sera... non posso spiegartela. Non sono cose che tu devi sapere. È meglio per te- le scrisse subito dopo, precedendo la sua domanda.

- Lo sai che questa risposta non mi basterà, vero? Ho rischiato anche io, ci sono finita in mezzo. Quell'uomo ha visto la mia faccia, ha visto che ti conosco. È un malintenzionato, pericoloso non solo per te ormai. Vorrei sapere con chi ho a che fare- protestò.

Rowan annuì come se già ci avesse pensato. Era evidente che fosse preoccupato, ma c'era una sorta di distacco che si faceva sempre più marcato in lui. Di fronte al suo silenzio si arrese e sospirando tornò sotto le coperte. Svegliò Catherine con un soffio e la invitò a prepararsi per tornare a casa. Non poteva arrabbiarsi con Rowan perché non voleva risponderle, ma certamente poteva lasciare quella casa e tornare alla sua. Era stanca nonostante avesse dormito, e voleva vedere la sua famiglia. Cancellare per quanto possibile gli avvenimenti della sera precedente. Se non avesse potuto saperne di più, almeno non avrebbe dovuto pensarci. Voleva tornare alla sua routine normale, in cui i problemi più grossi erano le prese in giro di Alyssa.

~~~

Catherine salutò Ambra alla fermata del pullman. Si era svegliata spossata, un po' come tutti quella mattina. Libeth non era scesa nemmeno a salutarle, ma poiché aveva vegliato su di loro per buona parte della nottata non l'avevano biasimata.
Tuttavia restava il fatto che, avendo trascorso tutta la serata precedente distratta dalla festa, dalla musica, dalle persone e dall'incidente di Rowan, si era dimenticata di prendersi alcuni minuti di tempo per annunciare ad Ambra il suo imminente trasferimento. Da una parte era stato un bene essersene dimenticata perché non ci aveva pensato, ma dall'altra ora non aveva idea di quando avrebbe potuto parlarne.

Mentre si avviava verso l'auto di sua nonna la tristezza e la rabbia sostituivano la preoccupazione e la sonnolenza. Poche settimane e tutto ciò che fino a quel momento aveva conosciuto sarebbe svanito, almeno per lei. Tutto, compresa Ambra, sarebbe rimasto trincerato fuori dai confini della metropoli.

- Ciao tesoro, com'è andata la festa? - le chiese sua nonna, premurosa come sempre.

Sorrise appena e finse un po' di entusiasmo.
- Molto bene nonna. La musica era ovviamente delle migliori, la compagnia non mancava e avresti dovuto assaggiare i salatini della cuoca di Alice! Deliziosi!- disse accendendosi man mano che descriveva i dettagli delle decorazioni e dei costumi degli altri invitati. Per i minuti del viaggio in auto si dimenticò di quello che a casa la stava aspettando. Non appena l'auto deviò per il vialetto, la vista della villetta le fece ripiombare addosso tutti i discorsi e le scenate dei suoi genitori fatte nei giorni precedenti.

Sul patio di ingresso una pila di scatoloni era già pronta da portare in città. Non appena scesa dell'auto i suoi comparvero sulla soglia di casa con un nuovo carico.

- Tesoro! Ciao! Bentornata! Abbiamo pensato di aiutarti con le cose più ingombranti, le portiamo già a Tayrus, così il prossimo weekend potrai già cominciare a sistemare le tue cose- disse sua mamma con un gran sorriso aperto.

L'aveva vista raramente impegnarsi così per sembrare una madre dolce e attenta ai bisogni della figlia. In realtà, quello che temeva e di cui era quasi certa, i suoi genitori si stavano facendo in quattro per portarla via di lì appena possibile per poi riabbandonarla, da sola, alla sua nuova vita, come già in passato avevano fatto.

Sorrise amaramente fissando le scatole di libri e vestiti estivi che dal patio passavano alla macchina.

- Madre, padre, buongiorno- disse formalmente, superandoli per entrare in casa.

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