CAPITOLO 3
LA GROTTA NELLA FORESTA
Boschi orientali
Anno del Signore 1427
Camminarono per due giorni senza intoppi. Rowan non abbassò mai la guardia, sempre all'erta ad ogni minimo rumore. La guidò attraverso il bosco mantenendosi di taglio sul fianco della montagna, sempre più ripido: da un lato la parete di roccia, dall'altro il bosco. Ambra aveva perso completamente il senso dell'orientamento ma aveva fiducia in quello del ragazzo e non esitò nemmeno un istante nel seguirlo.
Il sentiero finì in una macchia di alberi, tuttavia, poco lontano, si scorgeva il nastro beige di una strada più larga e più comoda.
Rowan, per grande gioia di Ambra, la condusse in quella direzione ma, man mano che si avvicinavano, si fece sempre più serio, più silenzioso, più lento fino a bloccarsi. Lasciò che lo raggiungesse per poi prenderle delicatamente, ma con decisione, il braccio sano, avvisandola con lo sguardo di stare pronta. Per un momento il terrore puro e lo shock ancora fresco nella sua mente le impedirono di proseguire, poi Rowan con pazienza la costrinse a procedere.
Il giovane stava serrando sempre di più la stretta sul suo braccio, aveva le vene del collo che pulsavano evidenti per la tensione, gli occhi saettanti da un punto all'altro del bosco che li circondava. Ambra era tesa come una molla.
In un attimo Rowan scattò. Si lanciò in avanti ad una velocità incredibile, trascinandola con sé. Ambra non ebbe neppure il tempo di reagire, di pensare; le sue gambe si misero in moto da sole, per necessità.
I due giovani correvano. Velocissimi. Troppo veloci.
Il bosco si stava pian piano tingendo dei colori della sera e sarebbe stato uno spettacolo meraviglioso. Ma dovevano correre. Inspirare ed espirare: correre.
Le gambe di Ambra facevano il meglio che potevano, ma si stavano stancando. Incespicava, prendeva storte e sopportava a malapena il bruciore ai muscoli ma doveva resistere. Mentre correva finalmente sentì anche lei ciò che aveva allarmato Rowan: il rombo di cavalli al galoppo. Tanti cavalli, veloci, sempre più vicini, probabilmente correvano sulla strada, ma stavano cercando loro. Inciampò e rischiò di cadere per l'ennesima volta ma Rowan l'afferrò con più forza trascinandola con sé. Era chiaro che fossero troppo lenti. Per loro fortuna la luce si stava facendo sempre più fioca e gli alberi sempre più fitti e se fossero stati fortunati se la sarebbero cavata. Però lei era sempre più stanca: le gambe e i polmoni erano in fiamme e non avrebbero retto ancora per molto. Sentì le prime urla degli inseguitori e le venne la pelle d'oca. Li sentiva sempre più vicini e il buio ancora non era abbastanza fitto per nasconderli. Guardò Rowan che continuava a correre. Che cosa avrebbero fatto? I sibili delle frecce la risvegliarono; si immaginò Jhon in testa ai cavalieri che con il suo sguardo crudele mirava alle loro schiene. Urlò terrorizzata, rivedendo, momento per momento, la sua fuga con Harvey. Si spostarono dal sentiero ma non abbastanza in fretta. Rowan si accasciò a terra appena dopo un paio di alberi. Ambra lo guardò allibita e nel panico più completo. Era stato ferito. Ma era vivo. Con una forza incredibile si ritirò su e riprese la loro corsa.
- Rowan...- Ambra guardava il sangue che ad ogni falcata zampillava dal cuore della ferita. La freccia l'aveva colpito alla gamba ed era ancora lì. Il sangue era ovunque. Rowan ormai non correva più, cerca di camminare, stordito, stanco e indebolito, però non demordeva. Aggrappandosi a lei senza più badare al suo braccio ferito, si trascinava in avanti guidandola con piccoli cenni del capo mentre gli inseguitori si facevano sempre più vicini. La foresta ora era talmente fitta che camminare era diventata un'impresa, e se da un lato era uno svantaggio, dall'altro costrinse i soldati inglesi ad abbandonare i cavalli e a procedere più lentamente.
Fu quasi un sollievo, nonostante fossero consapevoli di essere ancora in pericolo. Rowan sibilò per il dolore e dovettero fermarsi per riprendere fiato entrambi. Ambra aveva smesso di pensare alla paura, ora aspettava solo di ricevere indicazioni, era l'adrenalina che la muoveva. Voleva sopravvivere, rendersi utile, ma soprattutto, non voleva essere un peso per Rowan.
- Ce la fai?- gli chiese con il fiatone e lui annuì. Ricominciarono la loro fuga. Le voci, nonostante i loro sforzi, sempre più vicine. Poi, d'un tratto, Rowan la trascinò giù per una piccola conca scavata da un ruscello. Lì, dietro un tronco, nascosto tra due massi, c'era l'imboccatura di quella che sembrava una piccola grotta. Sarebbe stata impossibile da trovare per chi non fosse stato a conoscenza della sua esistenza. Loro erano diretti lì. Si gettarono all'interno della cavità coperti dalle ombre sempre più fitte e finalmente, per un secondo, riuscirono a riprendere fiato.
- Credi che ci troveranno?- sussurrò lei nel buio e vide a malapena Rowan scuotere la testa. Sentì il suo fiato spezzato, sentì l'odore ferroso del sangue. Avrebbero dovuto fare qualcosa per la ferita.
- Cosa posso fare? - chiese tremante per la fatica e la tensione che ancora la dominavano. Rowan recuperò con gesti affaticati la sua lavagnetta e scrisse una sola parola, -Aspettiamo-.
~~~
Rowan strinse i denti e chiuse la mano intorno alla coscia. Il marchio sul suo polso non serviva a placare il dolore. La ferita faceva molto male, sanguinava ancora e ogni volta che si muoveva si strappava di nuovo. Per fortuna sapeva per certo che la freccia non aveva colpito punti importanti, ma il muscolo comunque era stato martoriato dai bordi seghettati dell'arma. Avrebbe dovuto estrarla, anche se non era la migliore delle opzioni, non potendo aspettare il giorno per avere anche il fuoco.
Avrebbe fatto in fretta e avrebbe usato le ultime garze e fasce che gli rimanevano per fermare il sangue, ma se non altro non avrebbe rischiato di danneggiare oltre i tessuti. Sapeva che farlo da solo sarebbe stato molto doloroso e che non avrebbe dovuto urlare, ma non poteva chiedere ad Ambra. Maledisse mentalmente gli invasori inglesi e per l'ennesima volta maledisse anche Harvey che, se avesse portato a termine la missione, gli avrebbe causato molti meno problemi. Se non avesse messo Ambra in pericolo, non sarebbe dovuto uscire allo scoperto, John non l'avrebbe riconosciuto. Invece era successo il contrario, ora tutti sapevano che il Figlio del Tempo era da solo, con una ragazzina, diretto alla Conca. E in più ora era anche ferito. Era arrabbiato, frustrato, non sopportava quella situazione.
Strinse i denti e intimò al suo marchio di concedergli la forza di occuparsi della ferita. Approfittando dell'ultima luce, cercò nella bisaccia ciò che gli serviva e poi senza indugi, sotto lo sguardo allibito di Ambra si liberò della freccia. Alcune lacrime amare per il dolore che si fece gli sfuggirono, ma riuscì a non emettere un suono. Ripulì la ferita alla bell'e meglio, da entrambi i lati, la ricoprì di unguento e la bendò saldamente, con più strati di garza. Il marchio si era illuminato e stava facendo il suo dovere. Finalmente si accasciò esausto, felice di essersi tolto la preoccupazione.
Ora era quasi al sicuro. Sospirò contento di essersi ricordato di quel posto. Il rifugio li avrebbe protetti per i giorni successivi. Avrebbero dovuto attendere prima di rimettersi in marcia; si sarebbe concesso un altro po' di tempo per curarsi. Sospirò e si sistemò meglio contro la parete fredda della grotta, consapevole di Ambra a poche spanne da lui, spaventata, sconvolta, per la seconda volta. Non poteva fare a meno di sentirsi in colpa. La ragazza non era abituata a quel mondo. La sentiva tremare, batteva i denti. Avrebbe voluto chiederle se avesse freddo, ma ormai il buio impediva loro di vedere anche solo la propria sagoma. Sarebbe stata una lunga notte per entrambi.
- Posso fare qualcosa per la tua ferita? - gli chiese Ambra in un sussurro, con la voce venata di preoccupazione. Ma si rispose da sola, al buio avrebbe potuto fare ben poco e lui aveva già fatto tutto il possibile. Apprezzò comunque il gesto e sorrise nel buio.
Quella ragazza era davvero diversa dalle altre che aveva incontrato. Diversa da tutte. Scosse la testa e una fitta di dolore lo travolse, decise di concentrarsi su quello. Libeth era stata chiara: niente distrazioni, soprattutto se riguardavano la ragazza dell'Oltre. Ma non poté evitare di tornare con la mente più e più volte a immaginare come sarebbe stato vivere con lei, come un ragazzo normale, lontano dalla guerra, dalla violenza del Medioevo. Sarebbe stato bello. Fu uno dei pensieri che lo attraversarono mentre era ancora nel dormiveglia. Quando fu sul punto di addormentarsi però sentì Ambra che si muoveva, trafficava con lo zaino. La sentì aprire molto lentamente il suo sacco a pelo. La sentì mentre si spostava dal suo lato e gli si sedeva accanto.
- Posso dormire di fianco a te? - sussurrò e lui la raggiunse con una mano avvicinandola a sè. Sarebbe stata una buona idea per non morire di ipotermia.
- Le voci degli inglesi sono ancora vicine...- sussurrò ancora lei vicino al suo orecchio, rannicchiata come una bambina che ha paura del temporale. Per un attimo lo fece sorridere, poi però tornò serio; finché le voci fossero state udibili, non avrebbe riposato tranquillo. Ambra condivise il suo sacco a pelo con lui senza badare al fatto che si sarebbe sporcato di sangue e gli si appoggiò contro, dal lato destro, sospirando quando il braccio ferito la fece sollevare di scatto.
- Scusami... lato sbagliato...- disse con il suo tono imbarazzato e si sistemò meglio. Infine, finalmente, sentì il suo respiro farsi più regolare, il suo corpo meno teso, la credette addormentata.
- Rowan... - sussurrò invece la ragazza cogliendolo di sorpresa.
- Grazie...- disse tremendamente seria. Non poté risponderle. L'unica cosa che fece fu avvolgerla con un braccio, per regalarle un po' di calore. Quel gesto gli sarebbe costato caro ma Libeth non era lì e non avrebbe potuto impedirgli di esporsi così tanto. Non si mosse nemmeno quando Ambra crollò sulla sua spalla, finalmente cullata dal sonno. Sospirò appena e cercò di dimenticare la fatica di quella giornata, poi anche lui si addormentò.
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