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CAPITOLO 10

IL MARCHIO SBAGLIATO

Conca, 1427

Martha saltò al collo dell'uomo anziano con tale impeto che per un attimo Ambra vide entrambi sul punto di cadere.

- Martha... questo sarebbe tuo padre? - le chiese stupita ma con un sorriso.

La ragazza annuì convinta.

- Potrebbe essere anche mio nonno!- disse scoppiando a ridere e ricevendo un bonario scappellotto.
- Non sono così vecchio come sembra- protestò l'uomo e si raddrizzò un po'.

- Ho solo dovuto affrontare troppe brutte avventure- disse tranquillamente, probabilmente per l'ennesima volta, come se quelle battute facessero ormai parte del loro saluto.

Ambra sorrise e annuì.

- È un piacere conoscervi - disse non sapendo bene come riferirsi a lui.

Martha saltellò intorno a loro.

- Papà, questa è Ambra, una nuova recluta, una ragazza dell'Oltre- disse.

L'uomo sorrise e la studiò per qualche istante.

- Il piacere è mio Ambra, il mio nome è Sisto- disse.

Lei gli sorrise studiandolo a sua volta.

Sisto era anziano, questo era evidente, eppure manteneva nell'atteggiamento qualcosa di nobile.

Non era piccolo, al contrario, sebbene al buio potesse sembrarlo.
La sua faccia era grande, pallida, rugosa. Il suo naso era imponente e sovrastava un paio di baffoni brizzolati altrettanto grandi. La sua bocca era sottile, seminascosta, contornata da una barba ben curata, brizzolata come i baffi.

I suoi occhi erano ciò che colpiva del suo viso, erano vivaci, astuti, bruni.

I capelli, se c'erano, non erano visibili. Portava infatti un cappello di cuoio di foggia medievale.

Non era spaventoso, ma incuteva rispetto.

Martha sorrise ad entrambi e continuò a saltellare in giro felice.
Sisto sorrise e sospirò, scosse la testa.

- Cosa posso fare per voi? - chiese da bravo negoziante.

Ambra cercò il consiglio della sua amica.

- Io e Ambra abbiamo la giornata libera, volevamo fare una passeggiata. Non abbiamo una lista precisa di ciò che ci serve.

Facciamo solo un giro per vedere- disse e suo padre annuì.
- Cercate di non rompere nulla- disse loro.

Martha annuì e la trascinò di nuovo, questa volta verso gli scaffali.

Alla fine del pomeriggio si ritrovarono con un bel mucchio di oggetti che avrebbero voluto portare con loro.

Ambra non aveva di che pagare e Martha aveva finito i crediti di cui disponeva, ma per fortuna Sisto era un uomo generoso e non fece troppe storie. Permise loro di ripagarlo più avanti.

Risolto il problema delle monete però, un altro era sorto: come trasportare tutti quegli oggetti?

Martha si girò verso il genitore e sporse il labbro inferiore in una muta preghiera, l'uomo sembrò resistere alla richiesta per un po', poi cedette.

- Va bene- disse con la sua voce roca, - Ma è l'ultima volta- aggiunse minaccioso.

Martha gli baciò una guancia, entusiasta.

- Grazie! Te la riporterò domani sera- assicurò.

Ambra continuò a non capire.

Sisto sorrise, - Per trasportare tutti questi oggetti, non c'è niente di meglio di una buona giumenta- disse sorridendo.

- Vado a prepararvi il carretto- disse poi allontanandosi.

Martha sorrise felice, - Ogni volta che vengo qui mi sento rinascere, mi sento di nuovo bambina. Purtroppo però non capita spesso- disse dispiaciuta.

Ambra annuì, - È un uomo molto gentile- disse.

L'amica annuì, - Sì, lo è- confermò orgogliosa.

Uscirono poco dopo e trovarono Sisto con la sua giumenta nera pronta a partire.

Il carretto aspettava solo di essere caricato e non ci misero molto.
Una volta sistemato tutto, anche loro si apprestarono a tornare indietro.
Sisto era serio negli occhi ma sorrideva, abbracciò la figlia con molta tenerezza.

- Dovresti venire a trovarmi più spesso- le disse e lei annuì.

- Lo farò, promesso-.

Si avviarono che il sole stava ormai sparendo dietro le cime dei monti e il buio stava velocemente avanzando.

Ma a loro non diede fastidio camminare con l'oscurità.

Ebbero modo di chiacchierare a lungo ma anche di stare in silenzio e pensare.
- Quindi tu sei cresciuta con Sisto? - chiese Ambra.

Martha annuì.

- Avevo quattro anni quando sono arrivata qui, sulla sua giumenta, dopo che la mia casa, la mia famiglia e il mio villaggio furono bruciati dalle fiamme dei inglesi. Non ricordo che il rosso del fuoco, gli incubi che mi devastano dipingono le immagini che ricordo di quella notte...- disse amaramente, ma poi sorrise.

- Non amo parlare del mio passato- ammise.

Ambra abbassò gli occhi colpevole.

- Non devi farlo per forza, ho fatto una domanda inappropriata- disse dispiaciuta.

Martha però la contraddisse.

- Non ti preoccupare. In realtà ogni tanto parlarne con qualcuno non mi fa male- disse.

- Comunque... Sisto era un cavaliere, fu lui a salvarmi. Mi portò con sè- le raccontò.

Lei cercò di immaginarsi una vita del genere e scosse la testa, incapace.
- Quanti anni hai? - le chiese ad un tratto.

Martha rise.

- Quattordici- rispose tranquilla.

Ambra spalancò gli occhi sorpresa.

- Davvero? Sei più piccola di me!- esclamò.
La ragazza dai capelli rossi si strinse nelle spalle la guardò con la coda dell'occhio e un sorriso malizioso.

- Sarò anche più piccola, ma scommetto che se ti sfidassi con la spada, per me sarebbe facile batterti- disse.

- Sono messa meglio di te- le fece notare ancora e Ambra dovette ammettere che aveva ragione, rise e scosse la testa.
- Vedremo- sussurrò.

Ambra aiutò Martha con il carico del calesse, ma non si perse in chiacchiere. Era distratta, come sempre, la sua mente di era persa nei suoi pensieri.

Lavorare l'aiutava a rilassarsi, era un modo per dedicare del tempo a se stessa, per riflettere e ricordare.

Con tutti gli avvenimenti che si erano succeduti negli ultimi giorni non aveva avuto tempo di elaborare nulla.

Non aveva pensato a casa, alla sua famiglia e a Catherine.

Non aveva pensato di cercare Stephen, se non in alcuni buchi brevi di tempo.

Ma aveva pensato a Rowan. Lui aveva occupato gran parte dei suoi pensieri.

Non aveva potuto evitare di vederlo, né di notare il suo distacco.
La sua era una presenza prepotente ed ingombrante e la infastidiva e la rattristava.

Doveva ammetterlo, le mancava.

Le mancava la sua silenziosa compagnia, la sua inquietante abitudine di fissarla e di scriverle interi fogli di cose stupide come faceva a scuola.

Le mancava la sua guida e il suo consiglio.

Ma ora tutte quelle cose non importavano nulla.

Avrebbe voluto rivederlo, fargli domande ma sbuffando ci rinunciò.
- Hey! Ambra, tutto a posto?- le chiese Martha sventolandole una mano davanti agli occhi.

- Ti sei incantata- le fece notare.

Si riscosse e sorrise.

- Sì lo so... a volte mi capita, scusa- le rispose imbarazzata finendo di scaricare i diversi oggetti recuperati all'emporio.

- Con questo dovremmo aver finito- disse Martha sbuffando su una ciocca rossa.

Lei annuì.

- Ho una fame da lupi però- disse ascoltando il suo stomaco brontolare.

L'altra ragazza rise divertita.

- Tranquilla è quasi ora di mangiare- la rassicurò.

- Dovremmo andare verso la Torre, ci daranno la nostra razione e potremmo rilassarci un po' prima di iniziare gli allenamenti- disse guidandola attraverso i sentieri che ancora le erano sconosciuti.

La radura di fronte alla Torre era affollata.

I soldati in file ordinate aspettavano il loro turno per ricevere dai cuochi la loro ciotola.

Ricavarono due mestoli di minestra e un tozzo di pane a testa, trovarono un posto riparato dal freddo dove sedersi e si prepararono a mangiare.

Ambra fissò stranita la brodaglia che le avevano dato e si chiese che razza di pasto fosse quello.

Con un cucchiaio di legno che le avevano dato cercò di raccogliere un po' di quella sostanza scura e ne assaggiò un sorso.
Sorprendentemente non aveva un cattivo sapore e le risultò facile e quasi piacevole consumare quella minestra calda.

Martha aveva spazzolato tutto in un attimo.

- Non è la migliore pietanza che abbia mai mangiato, ma sicuramente è meglio di molte altre brodaglie che ho dovuto ingerire- disse divertita.

- Si mangia sempre così?- chiese lei sperando in un no.

La ragazza scosse le spalle e sorrise.

- Dipende dal cuoco- rispose e sorrise.

Rimasero in silenzio per un paio di minuti poi Martha si alzò in piedi.

- Dobbiamo portare indietro il calesse e la giumenta prima del tramonto- disse stirando le gambe e lei annuì.

- Quando vuoi tu- le disse con un sorriso.

- Finisci la tua minestra e poi andiamo- le concesse.

Ambra la ringraziò con un sorriso complice.

Non impiegarono molto ad andare e una volta arrivate Sisto regalò loro uno dei vecchi ferri della cavalla.

- Vi porterà fortuna- le disse.

Ringraziarono e tornarono alla tenda.

- Cosa ci aspetta?- chiese sedendosi di fronte alla tenda.

Martha si strinse nelle spalle.

- Tanta fatica-.

Tre giorni erano passati.

Tre giorni da quando era arrivata al campo.

Ancora non era riuscita a prendere il ritmo, si sentiva debole e svuotata.
Martha era l'unica che riusciva a farla sorridere, con le sue chiacchiere eccitate e i suoi modi buffi ed esagerati.

Quella mattina si era svegliata con il mal di testa, il sole stava ancora sorgendo e davanti a loro si prospettava una giornata di intenso allenamento.

Sebbene fosse inverno la temperatura era abbastanza tiepida e nella tenda si sentiva morire di caldo.

Il suo corpo aveva qualcosa di strano, ma probabilmente era dovuto ai residui di stanchezza del viaggio.

Uscì dalla tenda senza svegliare la compagna e finalmente al fresco, prese una buona boccata d'aria.

Si allontanò attraverso gli alberi zigzagando tra le tende degli altri giovani guerrieri e si ritrovò sul sentiero per il lago.

I passi si susseguivano lenti, ritmici, quasi meccanici, come il suo corpo aveva imparato a fare nei boschi di quelle montagne.
La sua mente era spenta, stanca, sebbene quella notte avesse dormito bene.

Arrivata lungo la riva, si guardò intorno.

L'emporio ere ben visibile alla sua destra; verso sinistra si apriva un pratone fangoso e, in lontananza, si vedeva il recinto dei cavalli.

Si fermò e strinse gli occhi, per un attimo presa da un capogiro.
- Ma che...? - sussurrò.

Il fiato le si spezzò in gola quando una fitta lancinante la trafisse all'altezza dello sterno.

La testa le girava veloce come se fosse stata una trottola, vorticosamente.
Cercò di prendere fiato ma non ci riuscì, sentì il dolore e l'ansia salire.

Percepì la neve sotto di lei sciogliersi appena prima di sentire il suo sangue diventare bollente.

Si sentì avvampare; tutto il suo corpo bruciò, ma non vide fiamme.
Il dolore era insopportabile e saliva, saliva dai piedi alle mani e dalle mani alla testa.

Si sentì esplodere e urlò, liberando tutto il fiato che aveva trattenuto.

L'eco rese quel suono ancora più disumano e le riempì le orecchie ipersensibili.

Cadde sulle ginocchia, cercando di mantenersi cosciente.

Tenendosi la testa tra le mani non potè che continuare ad urlare.
Perché? Perché a lei tutto quel dolore?

La vista le si offuscò.

Costretta a gattonare nella neve cercò di raggiungere il lago, per spegnere il bruciore che la dilaniava.

Lo specchio d'acqua riflesse la sua immagine disperata e deformata.
Quando fu sul punto di sfiorarne la superficie una seconda fitta la colpì in mezzo al petto.

Tutto si annullò.

Non c'era più nulla intorno a lei, prima di lei o dopo di lei.
Per un momento rimase una coscienza spoglia di sé stessa.
Chi era?

Cosa era successo?

La risposta arrivò con il buio.

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