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Prologo

«Din Don.»

12 aprile; 3:40pm

Il liceo veniva considerato dai molti come una "tappa fondamentale" nella vita di qualcuno. Un particolare, a tratti affascinante, luogo in cui le persone trascorrevano gli anni più importanti della loro adolescenza, si costruivano il loro futuro e vivevano la maggior parte delle loro prime volte: le prime soddisfazioni, i primi veri traguardi, i primi balli, le prime cotte e relazioni, dove scoprivano che oltre all'amore platonico di cui leggevano spesso nei romanzi ne esistesse uno carnale, passionale e avvolgente tanto quanto il primo. Dove si instauravano quelle relazioni così dette "per la vita", in cui la cerchia di amici si compattava e i volti rimanevano sempre gli stessi per le varie occasioni. 

In cui le emozioni e gli avvenimenti della vita di uno diventavano di tutti e si condivideva molto di più rispetto alle barrette e gli snack presi alle macchinette nei corridoi scolastici. Sebbene molti adulti, ricordando con rammarico quei tempi spensierati, avessero non poca nostalgia di tornarvi, buona parte degli adolescenti identificava quegli istituti con una serie di appellativi poco carini, dato ciò che rappresentava e l'impegno che esigeva nella vita di ognuno.

Nonostante tutto, a Benedict piaceva la scuola: amava imparare cose nuove e incredibilmente affascinanti, le ore scolastiche erano un ottimo modo per stare insieme ai suoi amici, specie dati i frequenti impegni spesso causa di uscite rimandate all'infinito fino al loro decesso nei meandri delle memorie. Adorava fare esperimenti chimici e osservare le stravaganti reazioni degli elementi alla loro collisione. Di certo, pastrocchiare nell'aula d'arte gli sarebbe piaciuto se solo non fosse stato completamente negato, sul serio, come era possibile riuscire a risolvere quesiti astrofisici con sorprendente velocità e non mantenere una linea dritta o disegnare un cerchio, e non una patata o un uovo, ma un benedettissimo cerchio, senza impiegare ore e un'infinità di tentativi? Almeno riuscisse, alla fine, ma la discreta quantità di tentativi continuavano a ricordare solo misere patate. 

Arte esclusa, amava la maggior parte delle materie, era perennemente curioso sulla storia e la cultura di popoli tanto diversi dal suo, apprezzava la sensazione di crescente soddisfazione personale quando otteneva ottimi voti e trovava particolarmente rilassante passeggiare nel giardino della scuola, che spesso gli alunni stessi curavano con tanta passione da abbattersi o piangere quando una pianta appassiva o una catastrofe esterna (come un pallone di qualsiasi tipo) si abbatteva malefica sulle piante, uccidendole. Ogni volta che passava accanto alla miriade di colori ordinati e il profumo di fiori lo inebriava si appuntava mentalmente di fotografare quell'incredibile bellezza. Soprattutto, una stanza in particolare era la sua preferita in assoluto nell'intero edificio, quella adibita al club di giornalismo.

Coltivava la passione per il giornalismo da quando ne aveva memoria, quando era un bambino era solito raccogliere quante più riviste trovava in giro e sfogliarle in cerca di articoli, qualunque ne fosse il genere, spesso rubacchiava al padre il quotidiano del giornale "Edinbugh Evening News", leggendolo tutto d'un fiato, rapito. Era un'abitudine che aveva mantenuto, crescendo. 

Ogni mattina trovava la copia del giorno perfettamente stampata e rilegata all'interno della cassetta della posta, la prendeva usando la massima cautela, quasi fosse di cristallo, la apriva e si dedicava alla lettura dei vari articoli per tutto il tempo della sua colazione. I suoi fratelli minori erano soliti punzecchiarlo quando lo trovavano tutto solo nella cucina semibuia –la mattina non accendeva mai le luci, non importava se il cielo fosse sereno o meno–, poggiato sul bancone in modo da dare le spalle alla grande finestra e al paesaggio sulla stradina che essa offriva, sempre troppo immerso nella stampa in bianco e nero in una mano e una tazza di caffellatte nell'altra, intento ad imparare più che poteva sul mondo circostante e sul giornalismo per prestare attenzione alla pioggia di battute alla quale i suoi fratelli non lo salvavano mai. Si staccava solo dopo aver finito di leggere, oppure quando la concezione del tempo tornava a bussare impaziente nella sua mente, ricordandogli di dover preparare la colazione e il pranzo per cinque persone e uscire in tempo per essere puntuale a lezione.

Ogni giornata era piena di impegni, ed erano rare le occasioni in cui si concedeva un pomeriggio solo per se stesso, dimentico dei compiti, dei progetti scolastici, dei quattro fratelli più piccoli a cui spesso badava nell'assenza dei genitori, delle uscite in sospeso con gli amici o anche solo delle chiamate di gruppo alle quali amava prendere parte, ritagliando due orette alla pura e gioviale conversazione con persone sulla sua stessa lunghezza d'onda. Quel giorno era esattamente uno di quelli in cui non esisteva per nessuno, se non lui medesimo.

Aveva finalmente convinto un suo amico ad accompagnarlo alla Sanderson House, il luogo che più lo affascinava in quel periodo, in assoluto: si trattava di una vecchia villa in stile baronale appena fuori Abercorn, rasa quasi al suolo da fiamme la cui appartenenza era rimasta sconosciuta nel corso dei secoli. I locali del posto decantavano di presenze inquietanti e vecchie leggende che si mescolavano tra loro, rendendole a tratti ilari a tratti spaventose, spesso sorte per terrorizzare bambini e turisti, erano poche le storie che non avevano subito cambiamenti drammatici nel corso del tempo, probabilmente perché nella loro cruda disumana realtà bastavano a sortire l'effetto sperato.

Una di queste, la più comune, nonché l'unica davvero di suo interesse, era legata proprio a quella villa, raccontava di un'amorevole bimba e del suo patto con un demone che, presentandosi come un compagno di giochi e proponendole una partita a nascondino, l'aveva successivamente ingannata e usata per compiere un genocidio, con lo scopo finale di mangiarle l'anima, resa logora dalle uccisioni dei suoi parenti e domestici. Ovviamente, Benedict non credeva ad una parola, preferiva di gran lunga incentrare il suo interesse in ragionamenti logici o dimostrazioni scientifiche, eppure, nonostante andasse contro ogni proposito razionale, desiderava ardentemente scrivere un articolo su quel luogo così disabitato e in rovina, era genuinamente curioso sulla veridicità del racconto che era abituato a sentire nonostante i chilometri che si frapponevano tra il possibile pericolo e la sua cameretta. Ricordava bene come fin da piccolo dimostrasse una spiccata curiosità, maggiore rispetto al resto delle cose, per quel luogo, dopo il primo ascolto non riusciva a smettere di porsi delle domande e, inutilmente, di azzardare delle risposte. 

Se si soffermava a pensarci, poteva vedere chiaramente la sua versione di otto anni affacciarsi al mondo delle ricerche su internet, scavando a fondo tra i siti, nei libri della biblioteca del quartiere e persino in quella scolastica, eppure, i risultati erano sempre stati poco chiari e non soddisfacevano affatto le sue curiosità; fu lì che nacque il desiderio di scoprire cosa fosse realmente successo, far luce sull'intera vicenda in maniera obbiettiva, logica e tirar fuori la realtà, non gli importava quanto brutta e sconvolgente potesse rivelarsi, convinto che se la versione base fosse così tremenda, la realtà non poteva essere tanto peggio. Col tempo iniziò a mischiare quella curiosità con l'amore per il giornalismo e un'idea per un articolo prese a frullargli in mente, costringendola a lavorare a mille e convergendo tutti i suoi sogni in un unico punto aveva tutte le carte in regola per dimostrarsi l'articolo che gli avrebbe spianato la strada per una carriera da giornalista.

Per ridestarsi dai propri pensieri e tornare nel mondo reale, con i piedi per terra, si sfilò la borsa, la poggiò delicatamente ai suoi piedi e alzò lo sguardo sull'enorme distesa sopra di lui, con l'aria di studiarla, con una certa compiacenza notò che in quel mercoledì primaverile il cielo era in suo favore. Solitamente il tempo ad Edimburgo era imprevedibile, un cielo azzurrino poteva trasformarsi in un temporale in poche ore e ciò che più temeva era proprio che un acquazzone rischiasse di mandare all'aria i suoi piani, dopo tutta quella fatica per programmarli. Eppure, quasi come la risposta di un cielo fin troppo caritatevole, il sole pomeridiano giaceva imperturbabile al suo posto, rispecchiando la sua quiete con raggi che illuminavano placidamente tutto intorno.

Era la sua luce preferita, così limpida, colorata di sfumature d'arancio, come se per riflesso tutto ciò che toccava doveva rilassarsi e assecondare il tepore che gli offriva. Si chiese qual era l'origine della regola non scritta di mantenere l'assoluto silenzio in quei momenti, incoraggiando un meritato riposo, come un muto blackout di qualche ora che prometteva una pausa prima che tutto riprendesse a muoversi caotico nelle vite degli altri, si chiese pure se effettivamente venisse colta la richiesta, ma quando adocchiò un gatto steso comodamente su un muretto, intento a dormire, decise che era così.

Fu felice di constatare che l'aria era fresca, piacevole e, come aveva sperato, gli permetteva l'esclusione del giubbotto imbottito, regalando una maggiore mobilità che era certo gli sarebbe servita in una villa a tre piani abbandonata da un secolo e mezzo. Nonostante le premesse iniziali, ai suoi piedi giaceva uno zaino decisamente più ampio, ingombrante e pesante del modello scolastico per eccellenza. La causa era molto semplice: per prepararsi a quella gita aveva avuto a malapena il tempo di tornare a casa, cucinare qualcosa ai suoi fratelli e alle sue sorelle minori (grazie al cielo esistevano gli scuolabus), raccogliere la borsa dal suo armadio adepta a contenitore per il suo materiale d'eccellenza: una Canon EOS 70D, ottenuta dopo mesi di richieste ai suoi genitori e lavoro part-time in due luoghi differenti per ottenere una cifra adeguata, un cavalletto, qualche led economico ma ottimo per regalare un po' di luce e una purtroppo ancora ristretta scelta di obiettivi, aveva cercato di ridurre al minimo lo spreco di soldi contendendosi ogni qualvolta che incappava in offerte a dir poco appetibili, conosceva esattamente cosa gli servisse e come utilizzarlo, il problema rimaneva il come permetterselo.

Benedict difficilmente provava gelosia per oggetti, dopotutto in una famiglia di sette persone il concetto di unica proprietà veniva spesso visibilmente affievolito, ma dopo la fatica per guadagnarsi il suo piccolo tesoro non riusciva a pensare che quello fosse unicamente suo, talmente prezioso e fragile che non lasciava neanche al suo migliore amico l'onore di toccare uno solo degli oggetti, temeva persino le impronte sulle lenti. In compenso, di comune accordo, avevano acquistato una vecchia polaroid vintage, di quelle grandi e antiche davvero, poiché entrambi preferivano rispetto ai nuovi modelli, dava loro l'impressione di una cosa vera, con una sua storia alle spalle e la promessa di regalare scatti altrettanto meravigliosi, a discapito degli anni passati dalla sua "nascita". Conservava con molta cura la sua parte della notevole serie di scatti, testimonianze vivide degli anni passati insieme, quando era particolarmente nostalgico, triste, o anche solo pensieroso, era solito sfogliare l'album fotografico contenente quegli scatti.

«Ehi!»

Istintivamente si voltò seguendo la voce e trovò due familiari occhi grigio-azzurri ad una decina di centimetri dal suo viso, era talmente vicino che riusciva a scorgere nelle pupille dell'altro la propria figura distorta, in cui riconobbe chiaramente le occhiaie violacee sotto gli occhi scuri, dovute al periodo stressante che stava vivendo, e i capelli all'aria scompigliati dai leggeri, ma costanti, soffi del vento. Non perse tempo e li sistemò con una mano, non amava sembrare trasandato.

«Sei in ritardo» notò, con calma.

«Mi dispiace, mi hanno trattenuto, vogliamo andare?»

Benedict si rese subito conto della fretta più che evidente dell'amico: la zazzera castana era completamente in aria, respirava affannosamente e perlacee gocce scivolavano sul suo viso, mentre lo guardava gli inviava un muto messaggio molto chiaro: fammi riprendere fiato un secondo e partiamo.

Il moro non si allarmò e gli concesse quel minuto, dopotutto ipotizzava già il motivo della sua agitazione; gli aveva chiesto un passaggio perché era certo che non gliel'avrebbe negato, condividevano l'amore per quei luoghi abbandonati fuori Edimburgo, in mezzo al nulla e pieni di leggende, inoltre aveva l'insolita abitudine di farsi in quattro pur di aiutare gli altri, spesso mettendosi nei casini da solo. D'altronde il loro piano era piuttosto semplice: sarebbero stati solo loro due, partendo alle quattro di quel pomeriggio avrebbero avuto più di tre ore per raggiungere la villa, girarla tutta per visitarla, fotografarla e costruire l'articolo e tornare a casa prima del crepuscolo. Non fosse stato che, il castano era riuscito ad incastrarsi in un impegno dell'ultimo minuto con il ragazzo con cui si frequentava, stringendo sensibilmente i tempi tanto da decidere di mollarlo lì, correre a Portobello per l'appuntamento e tornare da lui prima delle ore più buie. Il tutto era stato spiegato al moro quella stessa mattina.

Gli stava facendo un favore, avrebbe potuto rimandare quella gita e non fare il taxi gratis, quindi gli era troppo riconoscente per avercela con lui, ma era rimasto parecchio sorpreso da quella sua incapacità di dire di no e cercare di incastrare sempre tutto, quasi come se la sua agenda avesse dovuto prendere le sembianze di una partita a Tetris.

«Tutto a posto?» gli chiese quando capì che aveva ripreso a respirare normalmente.

«Non preoccuparti, ci sono. Recupera le tue cose che partiamo, sarai entusiasta all'idea di vederla con i tuoi occhi.»

Sorrise, annuendo in risposta. Visitare la Sanderson House era il suo pensiero fisso da quando l'aveva scoperta, mesi prima, quando con la scusa di un progetto in tema Halloween si era imbattuto in una leggenda che i cittadini del posto continuavano a raccontare ai bambini per farsi ascoltare. Recuperò la sua attrezzatura dal terreno e se l'abbracciò, incamminandosi dietro il castano per vie più nascoste e vicoletti che avevano tutta l'aria essere piuttosto loschi se percorsi nelle ore sbagliate. Nonostante l'enorme macigno di preoccupazioni che minacciava di appesantirsi ogni secondo di più, recuperarono facilmente la oramai iconica macchina bianca e vecchia e salirono, Benedict piuttosto frettolosamente, mentre stringeva lo zaino al petto.

«Non mi è mai piaciuto questo quartiere» borbottò, l'altro rise.

«Scusa, ho trovato parcheggio solo qui, vicino la vostra scuola è sempre pieno e avremmo impiegato di più» si scusò divertito. Girò la chiave, accendendo l'auto, e partirono, addentrandosi velocemente in stradine, percorrendo tutto il loro sobborgo e un tratto di Edimburgo stessa, lasciando il moro senza fiato, sorpreso dalla vitalità della città persino durante quelle ore. Passarono anche davanti il palazzo dedito alla redazione del suo giornale preferito, sognava lavorare per l'Edinburgh Evening News da quando ne leggeva le copie con suo padre.

«Uffa, voglio lavorare lì» si lagnò, poggiando la testa al finestrino, il castano gettò un'occhiata all'amico e sorrise.

«Cosa ti frena?» chiese dolcemente.

«Non prendono gente a caso.»

«Non saresti "gente a caso", ti occupi di questo da anni ormai, anche a livello professionale, perché non fai la domanda una volta finita la scuola?»

«Sono sicuro prendano solo laureati.»

«E tu vuoi iscriverti all'università?»

Benedict tacque, certo che voleva iscriversi, ma non era sicuro di poterselo permettere. Anche calcolando una borsa di studio, e non era scontato la ottenesse, doveva tenere in conto che i suoi genitori erano solo due e si facevano già il mazzo per mantenere lui e i suoi fratelli, e la cifra che avrebbe dovuto chiedere non era delle più basse.

«Non lo so, Evan... costa parecchio, e non sono figlio unico.»

«Ma esistono diverse agevolazioni...»

«Non è detto che riuscirei comunque –lo interruppe il moro, volendo liquidare quel tasto dolente e non pensarci–. In ogni caso, ho ancora un po' di tempo per pensarci, oggi voglio solo lavorare sull'articolo.»

«Va bene» annuì lui, comprensivo, chiudendo il discorso e concentrandosi sulla guida, uscendo da Edimburgo e inoltrandosi nell'autostrada. I paesaggi di vita cittadina vennero presto sostituiti da distese verdastre dall'aria incontaminata, abbassò il finestrino e si godé l'aria fresca. Man mano che percorrevano chilometri, Benedict rifletteva sui motivi che rendessero la Scozia una meta tanto ambita dai turisti e più passava il tempo più trovava motivi per rispondersi solo: il panorama era davvero splendido, persino guidare in autostrada risultava piacevole immersi in quel verde tra pianure, campi, foreste e casette in pietra abbandonate di passaggio, l'atmosfera sembrava impregnata di quella magia che strabordava nelle varie leggende.

«Ehi, ti va di mettere un po' di musica?» lo richiamò Evan.

«The Strokers?»

«Ciò che vuoi.»

E così il moro sorrise, già sicuro non solo di trovare il CD del suo gruppo musicale preferito nella macchina dell'amico, ma anche dove poterlo prendere. Da quando aveva monopolizzato la vecchia auto dei suoi genitori tutto il suo gruppo di amici avevano preso l'abitudine di riempirla di CD musicali dei più disparati artisti e generi musicali, non lasciavano che li comprasse tutti Evan, semplicemente lo usavano un po' come deposito, ognuno lasciava un disco di qualche cantante o gruppo e questo poi veniva riprodotto a seconda del momento. Era sicuro di trovare proprio l'album che cercava perché ognuno si divertiva a comprare, oltre ai dischi di proprio interesse, quelli che sapevano piacere a qualcuno in particolare, così da trovare le ultime uscite a portata di mano, nel cruscotto o sotto i sedili, registrate in un comodo dischetto da poter inserire in radio e cantare sui brani. Bastava poi una selezione mensile per mantenere tutto in ordine, e funzionava benissimo.

Benedict quindi non impiegò più di due minuti per trovare l'ultimo album del gruppo: "The New Abnormal". Sorprendentemente, piaceva ad entrambi e passarono il resto del tragitto godendosi la musica, canticchiando sui testi, fermandosi solo quando ormai si intravedeva la casa ed Evan rallentava ai pressi dell'ingresso.

«Siamo già arrivati?»

«Sì, non ci vuole poi così tanto se non c'è traffico, –spiegò tranquillo, riprendendo subito dopo a parlare e non lasciandogli il tempo di ribattere– allora: io torno tra qualche ora, hai il telefono con te, se succede qualcosa mi chiami e volo qui, chiaro?»

Evan è una villa in rovina, vicino una città, in pieno pomeriggio, quali pericoli dovrei affrontare, esattamente?» ridacchiò, ma l'altro reagì con un sospiro.

«Vorrei avere il tempo per vederla anch'io.»

«Non preoccuparti, quando torni ti faccio fare il giro veloce» promise, rassicurando visibilmente l'altro, che infatti parve rilassarsi e aspettò di farlo scendere prima di mettere in moto, fare partire un qualche cd che Benedict collegò ai Queen, partire definitivamente e allontanarsi velocemente da lui.

Il moro si sfregò le mani, una volta solo, montando un obbiettivo standard nel corpo della macchina fotografica, preparando le impostazioni mentre si avviava verso la porta malandata del grande edificio, pronto a scattare quante più foto possibili. Si sarebbe preso il suo tempo, anche se questo avesse richiesto diverse ore, voleva dedicarsi anima e corpo a quell'articolo ed era molto ottimista a riguardo. Fu con un sorrisetto involontario e quello stato d'animo che entrò in casa, sparendo nel semibuio dell'interno.

***

12 aprile; 10:50pm

Edinburgh Evening News: "UN FATTO TERRIBILE SCUOTE LA CAPITALE"

Benedict Brewster, 17, era questo il nome del giovane che questa sera è stato ritrovato senza vita all'interno della famosa villa abbandonata conosciuta come "Sanderson House". Si ipotizza si sia imbattuto con un criminale di passaggio e che questo l'abbia aggredito, mutilandolo in più punti e lasciandolo solo a dissanguarsi, così come è stato trovato, nella sala d'ingresso, ore dopo. Abbiamo intervistato familiari e amici ma tutti hanno escluso l'opzione di una fuga di casa del ragazzo, spiegandoci invece che era lì perché intenzionato a scrivere un articolo per il giornalino della scuola.

"Era il classico ragazzo d'oro, si occupava dei suoi fratelli e sorelle più piccoli e badava alla casa, aveva ottimi voti e aiutava sempre il prossimo, sapeva come badare a se stesso e il suo atteggiamento rendeva impossibile odiarlo, Ben è -era- veramente eccezionale. Se è stato qualcuno, non lo conosceva, nessuno avrebbe potuto stroncare una vita, e una personalità, come la sua" queste sono le parole di Alfred Peterson, un compagno di classe che si è dichiarato alla stampa come stretto amico della vittima.

"Benedict era veramente fantastico, un ottimo amico su cui contare. Metteva sempre gli altri prima di se stesso e non discuteva mai con nessuno, neanche quando sapeva di aver ragione. Il suo sarà un vuoto tremendamente grande e difficile da colmare, ma siamo tutti vicini alla famiglia nel lutto" continua Aileen Taylor, un'altra compagna di classe e amica della vittima.

La polizia continua ad indagare sugli eventi, sul perché il ragazzo si sia spinto così lontano e su cosa possa essere realmente successo, i nostri reporter sono riusciti a estrapolare qualche informazione:

"Si tratta ovviamente di un omicidio, anche uno dei più violenti che abbia mai visto in anni di carriera. Mi risulta difficile credere che la vittima e l'aggressore non si conoscessero, data la brutalità dell'atto; di solito un omicidio del genere delinea un profilo specifico nell'aggressore. Non abbiamo ancora trovato nessun indizio utile per risolvere il caso, ma non smetteremo di cercare. Posso solo immaginare il dolore provato dai familiari e faccio le mie più sincere condoglianze alla famiglia Brewster, faremo il possibile per arrestare il colpevole, dovunque esso sia" dichiara infine il commissario di polizia. C'è davvero da stare tranquilli? -in aggiornamento.


Angolo Autrice

Salve!

Beh, come posso cominciare? Lavoro a questa storia da ormai quattro anni, vederla alla luce della pubblicazione mi fa quasi commuovere xD

So che non succede nulla di entusiasmante, ma questo è solo un prologo, appunto, prima della movida avrò bisogno di introdurre bene gli altri personaggi e il contesto in cui si muovono. A proposito: vi stavate legando a Ben? Io sì 💔

Piccola premessa, sebbene luoghi come Abercorn, Portobello eccetera esistano davvero, tutto quello che viene raccontato è frutto della mia fantasia, dai personaggi alla villa dei Sanderson, così piena di misteri. Dai prossimi capitoli sarà parte integrante della storia, e chissà perché la gente ci entra e muore AHAHAH

Per ora chiudo qui, a presto!

-Ymirjeannie.

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