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-2(nelle stanze)-

Ivan e Yao(Si comincia bene)
Il bambino tiró la lunga manica della camicia di forza del ragazzo per trascinarlo in una camera completamente casuale. Appena aprì la porta lasció la presa sulla manica e corse fino al centro della stanza, guardando perplesso i due letti. Ivan intanto, non prestando particolare attenzione al bambino, si tolse la camicia, rimanendo con una leggera maglia a maniche corte. Subito dopo si avvió con passo pesante verso un letto ma Yao gli si paró davanti con le braccia aperte.
«Aspetta! Non mi sembra resistente questo coso, potresti cadere»
Ivan inclinó la testa e, con un'espressione divertita, prese il bambino e lo buttó sul letto come se fosse un sacco di patate. Strinse le mani sui fianchi e cercó di trattenere la risata che stava per uscire fuori a causa della faccia terrorizzata dell'orientale. Si aggrappava alle lenzuola come se fosse un gatto che non voleva farsi il bagno ma, appena si rese conto che il letto non era crollato, testó la sua morbidezza e cominció a saltare.
«Lo volevo io quel letto!»
Ivan lo prese per la sottile maglia verde e lo riportó sul pavimento, stendendosi di conseguenza sul letto dalle lenzuola disordinate ad occhi chiusi. Yao lo guardò sospirando e si avvicinò al suo viso, toccandogli il naso particolarmente grande. Ridacchió ma il suo braccio fu bloccato in una morsa dalla mano di Ivan mentre spalancó inquietantemente un occhio. Il più grande strinse la morsa finché non sentì un gemito di dolore da parte di un piangente Yao. Allora scosse la testa e molló subito la presa, sedendosi di scatto con un'espressione spaventata.
«Non volevo...»
Yao si asciugó le ultime lacrime e si massaggiò il polso, con il labbro inferiore ancora tremante. Ivan non seppe che fare allora si ristese, dandogli le spalle, e sperando che quel bambino lo odiasse. Faceva sempre così con le persone alle quali faceva del male, voleva farsi odiare affinché di allontanassero. L'essere buono non aveva funzionato e doveva farsene una ragione. Le sue speranze crollarono quando sentì una pressione. Alzó lievemente la testa e fu notevolmente sorpreso quando notò che Yao si era addormentato sul suo fianco.

Gilbert e Antonio
«Vuoi una mano?» Il bruno scosse la testa sorridente alla domanda del compagno di stanza.
«Puoi darmi una gamba, se vuoi. Comunque faccio da solo» Disse Antonio ridacchiando mentre cercava di spostarsi dalla sedia al letto.
«Mi spiace ma non darei a nessuno una delle mie magnifiche gambe»
Solo pochi tentativi dopo da parte del bruno, Gilbert ignoró bellamente le sue negazioni e lo prese su una spalla per poi poggiarlo delicatamente sul letto.
«Non mi piace essere preso così, mi sento un peso»
«Non dire così! In guerra ho trasportato tantissimi pesi morti che non sapevano combattere bene come me» Gilbert battè la mano contro il petto mentre ricordava.
«Davvero sei un soldato? Per chi combatti?»
«La grande Prussia. Un essere come me può provenire solo da una fantastica terra»
Prima che Gilbert potesse continuare ad elogiare se stesso gli arrivó una forte cuscinata in faccia che lo fece assumere un'espressione a dir poco scioccata.
«Nessuno mi aveva mai colpito...» parló lento massaggiandosi la parte colpita mentre le risate di Antonio aumentavano sempre di più.
«Come hai osato!» Gilbert saltó letteralmente sul povero malcapitato facendo finta di affogarlo mentre l'altro gli reggeva benissimo il gioco. L'albino d'un tratto di fermó, soffermando lo sguardo sulle gambe immobili dell'altro ragazzo.
«Hey Magnifico, perché sei diventato così serio?»
«Perché non puoi muoverle?» Gilbert mandó a quel paese la poca delicatezza che aveva e continuó a fissare il bruno che intanto aveva un sorriso molto più triste.
«Una maledetta malattia. I medici dicono che non posso guarire quindi addio danza»
«Sai ballare?»
«Non so se ne sono ancora capace...» Il sorriso di Antonio si spense completamente e Gilbert lo guardó ad occhi spalancati. Muovendosi in fretta, prese il ragazzo fra le braccia, lasciandogli le gambe libere e cominció a vorticare, cercando di ballare decentemente.
«Eri più bravo di così, vero?»
«Sinceramente non so ma... Grazie Gil»
L'albino sorrise a quelle ultime parole e continuó a volteggiare nella stanza, fregandosene delle forza che lo abbandonavano e del sonno che si presentava.

Francis e Matthew
Francis poggió con cautela il piccolo Matthew già addormentato sul letto. Si girava continuamente e le poche volte che rimaneva fermo cominciava a tremare. Il più grande lo guardó perplesso prima di sedersi sul suo letto per scuotergli una spalla. Quel singolo tocco fece smettere il bambino che sembró quasi rilassarsi, anche se sembrava sul punto di piangere. Francis lo guardó impetosito.
«Che ti hanno fatto per regalarti un sonno così agitato?» passó la mano fino alla sua testa, massaggiandola e giocando con i morbidi capelli biondi del bambino, simili ai suoi. Ad un certo punto Matthew aprì gli occhi e guardó il ragazzo davanti a sè, assonnato.
«Non era un sogno... C'è davvero qualcuno vicino a me» un sorriso si aprì sul suo volto.
«Certo, per ora ci sono io con te»
«Non dormi?» la sua domanda spiazzó per un attimo il ragazzo che smise anche di accarezzare la testa al secondo. Abbassó lo sguardo, fissando il pavimento quasi spaventato.
«No, non sono più abituato» Le gambe di Francis cominciarono a tremare lievemente ma si fermarono quando la sua testa fu avvolta da due magre braccine, mentre una mano gli accarezzava i capelli, per rasserenarlo.
«Non so perché sei spaventato ma io posso proteggerti. Se dormirai con me non ti succederà nulla, ci proteggeremo a vicenda, no?» gli rivolse un dolce sorriso che fu lievemente ricambiato.
«Oui Matthew...»

Ludwig e Feliciano
Il rosso corse letteralmente in tutte le stanze libere ma non per trovarne una che lo aggradasse, essendo tutte uguali. Rovistava in ogni cassetto ed visto che erano tutti vuoti passava da una stanza all'altra ogni minuto. Quando notava che i cassetti non contenevano nulla, il suo viso diventava sempre più preoccupato.
Ludwig seguiva i suoi movimenti con molta curiosità. Voleva tanto sapere cosa gli passasse per la testa e decise che, appena il rosso si sarebbe placato, gli avrebbe chiesto quello che voleva. Fortunatamente per lui, dopo dieci minuti di ricerche, Feliciano sembró stanco quindi si buttó sul letto della stanza in cui era. Il biondo, che intanto lo aveva perso di vista, ci mise un'altra manciata di minuti per trovarlo. Quando lo vide accucciato sulla parte superiore del letto tiró un sospiro di sollievo. Allora chiuse la porta e andó verso il proprio letto, nella parte opposta della stanza. Appena si sedette sentì dei singhiozzi e il suo sguardo cadde preoccupato sul ragazzo dell'altro letto che intanto stringeva sempre di più le gambe al letto, come se avesse paura. Ludwig si rialzó, riluttante nel lasciare il suo comodo letto, e gli andó vicino, sedendosi vicino alle sue gambe. Gli poggió una mano sulla spalla e notó tutto il suo cuscino pieno di lacrime.
«Perché piangi?»
«N-non le trovo» alzó il braccio che copriva gli occhi e lo usó per asciugare le lacrime che ancora scendevano dai suoi occhi, mettendosi seduto con le gambe incrociate.
«Cosa cercavi? Potrei aiutarti»
«Delle... Delle medicine. Mi aiutano così tanto...» affondó il volto nelle ginocchia premute contro il petto. Il biondo gli mise una mano sulla testa e cercó di dargli conforto accarezzandolo poiché un vago ricordo gli diceva che quel metodo funzionava sempre. Feliciano alzó leggermente lo sguardo e fu quasi confortato da quella grande mano che gli scompigliava i capelli, una cosa che nessuno aveva mai fatto.
«Beh da quel che posso dedurre è impossibile che ci siano. Non voglio affatto essere cattivo, ma se ci hanno buttati qui dentro senza neanche avvisarci non è possibile che abbiano portato le nostre cose» alla fine del discorso, Ludwig si sorprese delle sue stesse parole. Trovava strano il fatto di aver ricordato varie cose, facendo un ragionamento sensato.
«Allora domani ci informeremo meglio. Sempre se non mi dimentico tutto»
Feliciano inclinó la testa, guardando il suo volto diventato improvvisamente più cupo.
«Hai la testa sempre fra le nuvole?»
«Nein, secondo questo foglietto» estrasse un foglio bianco dalla tasca dei pantaloni, «Mi chiamo Ludwig e soffro di perdite di memoria. Infine c'è la parola mamma. Suppongo che l'abbia scritto lei anche se non ricordo neanche il suo volto...»
Il rosso gli prese il foglietto di mano, guardandolo perplesso.
«Potresti scrivere tutto su un foglio» fece un sorriso che fu quasi subito ricambiato dal biondo.
«Ci penseró Feliciano. Ades-»
«Feli, chiamami anche così»
«D'accordo. Visto che ti sei calmato cerca di dormire» disse alzandosi e avviandosi verso il suo letto. «Notte, Feli»
Feliciano lo salutò con la mano, sapendo che non lo avrebbe mai visto. Dopodiché si ripoggió di nuovo al cuscino bagnato.
«Notte Ludwig»

Alfred e Arthur(e si finisce in bellezza)
Alfred, dopo aver staccato svariate volte il sopracciglione dalle porte alle quali si attaccava, riuscì a portarlo in camera. Si sentì stupido ad aver preso seriamente le parole di quel pazzo ma non voleva che qualcuno facesse del male ad altri.
Tenendolo per le braccia, il ragazzo più alto riuscì a trasportare l'altro sul letto ma, appena gli diede le spalle, rotoló a terra ridendo. Alfred lo guardó grattandosi la nuca perplesso, non sapendo cosa fare. Gli andó davanti e cercó di usare il tono più serio che sapesse fare.
«Senti, non voglio rogne. Vai a dormire e lascia fare altrettanto a me!»
Arthur come risposta, si alzó velocemente e guardó spaesato il
povero Alfred.
«Sei aaalto» cominció a tastargli la pancia con un dito. «E così magro»
«Yes, ma non me ne vado in giro come un drog-... A proposito, fai uso di droghe vero?»
«Ma nooo, cosa te lo fa pensare?»
Arthur barcolló e cadde con la testa sul suo petto visto che gli arrivava appena alla spalla. Alfred allora ne approfittó per tastargli le tasche e notó subito la presenza di piccole bustine di plastica. Se le passó fra le mani e subito tolse la mano dalla tasca. Non aveva bisogno di vedere il contenuto per capire cosa fosse.
«La mia solita sfortuna» Il ragazzo buttó nuovamente Arthur sul letto ma questa volta lo arrotoló nelle coperte dopo aver preso la sua droga, rinchiudendola in un cassetto.
«Good night, gigante magrolino»
Alfred mise il broncio a quelle parole ma quando sentì il suo russare si rasserenó e potè buttarsi finalmente sul proprio letto.

Okay mi sono fatta scappare qualche parola in stranierese ma si sa: LO STRANIERESE RENDE TUTTO PIÙ BELLO. Detto questo... Spero che vi sia piaciuto*si inchina* Alla prossima.

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