La scelta
Fu in quel momento, che accadde.
Un incredibile fracasso rimbombò tra le pareti della caverna, mentre facevano irruzione almeno una trentina di ufficiali, con le spade sguainate e imbracciando moschetti.
Molly e John trasalirono, mentre
Moran, colto di sorpresa, si voltava, dando le spalle a Sherlock, sul cui volto, per la prima volta, si dipinse un leggero sorriso compiaciuto.
Grave errore...
Velocemente, il capitano lasciò cadere a terra la pistola, e afferró con un movimento rapido il polso di Moran, torcendoglielo all'indietro e facendolo gridare per la rabbia e per il dolore.
Poi, con unico e rapido movimento si impadronì della letale fiala: infine, con un calcio buttò a terra il criminale, facendogli perdere anche la presa sulla pistola. Subito, tre ufficiali accorsero e lo afferrarono per le braccia, tenendolo fermo a terra, mentre lui si dimenava furiosamente, ringhiando.
Il tutto avvenne in pochissimi secondi, al punto che John, che aveva osservato attonito tutta la scena, in principio non riuscì a realizzare.
Solo quando due ufficiali si avvicinarono a lui e Molly per liberarli dalle manette, si ritrovò ad emettere un leggerissimo respiro di sollievo, seppur ancora incredulo.
È possibile??
È davvero accaduto??
L'incubo è finito??
Furono due voci a lui note a spazzare via quell'ultimo dubbio.
-Papà!!
-John!!
Mary e Rosie corsero da lui, finalmente libero da quella dannata parete, aiutato ad alzarsi dagli stessi ufficiali. Si ritrovò poi subito tra le braccia di sua moglie e di sua figlia, mentre un sollievo immenso lo pervadeva. Molly, invece, era corsa dal capitano, che la stava in quel momento stringendo dolcemente a sè, mentre lei singhiozzava per la paura provata sino a quel momento, ma anche per la gioia, il volto premuto sulla sua spalla.
John, dopo essersi sciolto dalla stretta della figlia, lo raggiunse.
-Sei un maledetto imbecille. E un bastardo!- sbottò, in un tono che oscillava tra il sollievo, la rabbia e l'esasperazione. Il capitano abbassò gli occhi per un attimo, con aria colpevole, anche se un angolo della bocca era sollevato.-Tu sapevi. Sapevi che sarebbero arrivati. Stavi solo guadagnando tempo!
-Complimenti, dottor Watson. Le sue capacità deduttive hanno fatto passi da gigante, negli ultimi anni...
Non era stato il capitano a pronunciare quelle parole sarcastiche, come potreste pensare, ma qualcun altro.
John si voltò, e spalancò la bocca, incredulo per l'ennesima volta: tra gli ufficiali si era fatto largo Mycroft Holmes in persona, impeccabile nel suo completo cucito a mano e accompagnato dal suo fedele e onnipresente bastone da passeggio.
A volte si era trovato a chiedersi perchè se lo portasse sempre dietro: di certo non per camminare...
Anche Sherlock si voltò verso il fratello maggiore, le labbra curvate in un sorriso sardonico.
-Era ora che arrivaste, fratello. Stavi forse finendo la tua seconda colazione, per averci messo così tanto? Sebbene, lo ammetto, io sia molto stupito che tu sia venuto addirittura di persona.
Il volto di Mycroft si arricciò in una leggera smorfia.
-Volevo assicurarmi di persona che andasse tutto liscio, fratellino-replicò, con ironia.-E ho dovuto formare una squadra con i miei uomini migliori.
-Già. Quelli da me forniti non erano sufficienti... o all'altezza...-protestò una voce in tono leggermente polemico, che si rivelò essere quella dell'ufficiale Lestrade, a capo della seconda squadra armata.
Mycroft fece un gesto vago con la mano, ignorando le parole dell'ufficiale.
Molly, intanto, si era avvicinata alla famiglia Watson, dove Rosie la stava abbracciando, colma di sollievo e di gioia: lo zio, prima di recarsi in quella galleria, le aveva affidato il compito di avvertire Mycroft Holmes, che aveva subito organizzato l'operazione con incredibile efficienza e rapidità.
Mentre si stringeva a Molly e alla sua famiglia, si trovò a rabbrividire, al pensiero di cosa sarebbe potuto accadere, se non fossero arrivati in tempo...
Il capitano, nel frattempo, si era avvicinato a Sebastian Moran, e lo fronteggiava, gli occhi glaciali.
-Come vede, ha perso. Le sue attività criminali sono finite. Non ha più nulla.
Moran lo fissò con un tale odio da portare gli ufficiali che lo trattenevano ad aumentare la presa.
-Ha torto marcio, Sherlock Holmes. Qualcosa mi resta. La vendetta.
Il tempo parve congelarsi, mentre Sebastian Moran, con uno strattone, si liberava dalla presa degli ufficiali, buttandoli a terra, per poi recuperare la pistola del capitano, ancora a terra poco distante, con un unico fluido movimento.
-Con gli omaggi di James Moriarty-disse, in tono carico di sarcasmo, un attimo prima di sparare: non verso Sherlock... ma verso la famiglia Watson, Mycroft e Molly, vicini, che non ebbero nemmeno il tempo di realizzare quello che stava accadendo.
Sentirono solo il rombo cupo dello sparo, e si voltarono. I loro occhi si riempirono prima di sorpresa, poi di panico. Non ebbero nemmeno il tempo di scansarsi o urlare.
Ma, d'improvviso, una sagoma scura e indistinta si pose davanti a tutti loro con inaudita rapidità, intercettando il proiettile.
Rosie si ritrovò ad urlare, mentre Sherlock Holmes cadeva a terra, all'indietro, e una macchia cremisi si allargava sulla sua immacolata camicia bianca.
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-SHERLOCK!!!!
Per quanto assurdo possa sembrare, non era stato John, il suo primo ufficiale, il suo migliore amico, ad emettere quel grido carico di paura e di dolore.
Era stato Mycroft Holmes.
Mentre gli ufficiali si gettavano addosso a Moran, ammanettandolo e togliendogli la pistola-ormai comunque del tutto priva di colpi-Sherlock, infatti, riconobbe senza alcun dubbio la voce di suo fratello, e poi le sue mani che lo sorreggevano; confusamente, come se vedesse tutto attraverso un velo di nebbia, sentì che lo stendeva a terra, per poi accucciarsi vicino a lui, gli occhi colmi di un terrore profondo, che non ricordava di avergli mai visto prima d'allora.
-Fratello, ti sgualcirai tutto il vestito...-gli sussurrò, incapace di resistere, seppur fosse in preda di un dolore atroce.-Già te li fai cucire tutti a mano, visto che ingrassi a ripetizione....
-Sherlock, per l'amor del cielo, taci!-replicò quest'ultimo, esasperato, la voce rotta, premendo con disperazione le mani sulla sua ferita, che già sanguinava copiosamente.
Anche John si precipitò al suo fianco, gli occhi pieni di panico.
-SHERLOCK!! Oh, mio Dio... Sta' tranquillo, andrà tutto bene!-gli mormorò, però, nel vano tentativo di sembrare rassicurante, premendo anche lui le mani sulla sua ferita, che si tinsero subito di rosso.
Mycroft si spostò, sollevando appena il capo di suo fratello e posandolo sul suo grembo. Un gemito sottile sfuggì dalle labbra di quest'ultimo.
-CHE COSA STATE ASPETTANDO!!?? Andate a chiamare aiuto, santo cielo!! Un dottore! CHIUNQUE!!-urlò il biondo, rivolto agli ufficiali rimasti impietriti.
-... John... tu sei un dottore...-mormorò il corvino, la voce ridotta a un sussurro flebile, il volto sempre più esangue.
-Sta' zitto, capitano!! E risparmia il fiato! Accidenti a te!!-ribattè il primo ufficiale, sempre urlando, ma con la voce spezzata.-Ti sei messo in mezzo!! IDIOTA!!
Rosie, che l'aveva raggiunto insieme a sua madre e a Molly, stringeva la mano dello zio, gli occhi già pieni di lacrime.
-... La scelta...-sussurrò Sherlock, rantolando.-La scelta, John...
-COSA DIAMINE C'ENTRA ADESSO?!?-urlò di nuovo lui, premendo imperterrito insieme a Mycroft.
-La scelta non è mai stata tra... te... o Molly...-spiegò il capitano, tra un rantolo e l'altro.-Ma tra la mia vita... e quella delle persone che amo...
Rosie singhiozzò, continuando a stringergli la mano, mentre Molly gli teneva l'altra, preda di un dolore talmente forte da non riuscire nemmeno a piangere.
-Voi siete la mia famiglia, John. Persino tu, Mycroft -mormorò Sherlock, con nella voce una traccia della sua perenne ironia, anche se debole, e tinta di profondo amore.-C'è forse qualcosa che non faresti, per la tua famiglia?
Lui emise un singhiozzo colmo di dolore, mentre anche sul suo volto avevano cominciato a scendere le lacrime.
-Non arrenderti, Sherlock-lo pregò, con voce roca.-Andrà tutto bene. Guarirai.
Lui, nonostante, sollevò appena le labbra in un piccolo sorriso.
-Andiamo, dottore. Puoi fare meglio, di così.-Sbuffò, e non riuscì a trattenere un gemito, mentre sentiva le forze abbandonarlo sempre di più, insieme alla sua linfa vitale.-Sei sempre stato un pessimo bugiardo...
John emise, nonostante tutto, una leggera risata, seppur carica di amarezza.
-Anche tu, Sherlock. "Non sono un eroe... Gli eroi non esistono.". Sei un vero idiota...-ripetè, anche se l'ultimo epiteto fu inghiottito da un singhiozzo che non era riuscito a trattenere.
Le labbra del capitano si curvarono di nuovo in un sorriso lieve, ma pieno di una sorta di dolcezza.
-... Grazie-sussurrò infatti, la voce flebile, e cercando di fissare i suoi occhi chiari e lucidi su coloro che lo attorniavano. Su coloro che amava. Una lacrima scivolò lentamente sulla sua guancia. E poi un'altra.-Avete reso la mia vita degna di essere vissuta. Tutti voi...
E dopo queste parole, capitan Sherlock Holmes chiuse gli occhi per l'ultima volta.
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-NO!! NO NO NO!! TI PREGO, NO!!-urlò Rosie, la voce carica di dolore, piangendo.-Non puoi essere morto. NO!!
Sentì come da una grande distanza suo padre che singhiozzava al suo fianco.
E non era l'unico.
Anche sua madre piangeva, accarezzando la spalla del marito, in un vano gesto di conforto. Molly aveva posato il capo sulla spalla di Mary, scossa anche lei dai singhiozzi.
E Mycroft, che teneva ancora Sherlock tra le braccia, aveva in viso un'espressione di puro dolore, mentre le prime lacrime della sua vita scorrevano liberamente sul suo volto, la testa bassa, il cuore colmo di un dolore inimmaginabile.
Tutte le vite finiscono.
I cuori vengono spezzati.
Soffrire non è un vantaggio.
Quante volte aveva ripetuto quelle frasi a suo fratello?
In quel momento, gli apparvero per quello che davvero erano: null'altro che parole vuote, false. Solo un modo per proteggersi dall'inevitabile dolore di una perdita.
Con una mano gli sfiorò dolcemente i ricci corvini, senza emettere un solo fiato: e in quel silenzio poteva sentiva perfettamente il suo cuore che si spezzava.
Il medesimo silenzio vigeva dietro di loro: nessuno degli ufficiali parlava.
Lestrade stesso aveva lo sguardo basso, e il cuore carico di dolore.
Conosceva capitan Holmes da anni: per l'esattezza, da quando aveva cominciato con l'oppio. Era stato allora che Mycroft Holmes gli aveva ordinato, per quanto possibile, di tenerlo d'occhio. E non era stato certo facile, lo doveva ammettere. Ma aveva sempre ammirato e stimato quel pirata, malgrado il suo carattere spesso arrogante, irritante e imprevedibile.
E adesso era morto... Era morto per salvare le persone che amava...
Si tolse il cappello, trattenendo a stento le lacrime.
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-LASCIATEMI PASSARE!! Lasciatemi passare, accidenti!-imprecò all'improvviso una voce, facendo trasalire tutti.
Una voce femminile.
Rosie, confusa, la vista annebbiata dalla lacrime, sollevò il capo, riconoscendola.
Cordelia?
Dovrebbe essere sulla Perla...
Che ci fa qui??
La ragazza si fece largo tra gli ufficiali, ma venne fermata da Lestrade.
-Signorina, le avevamo detto di non venire qui. È...!
Ma lei lo interruppe bruscamente.
-Se vuole che ci sia ancora speranza per Sherlock Holmes, si tolga di mezzo!-gli intimò, a voce alta e chiara.
Rosie alzò di più lo sguardo, attonita: forse non aveva sentito bene...
Lestrade sbiancò, facendosi subito da parte, e Cordelia li raggiunse
-Cordelia, che co...??-iniziò Rosie; ma la ragazza non le lasciò neppure il tempo di concludere la frase, accucciandosi vicino a Sherlock e frugando poi frenetica nella sua piccola borsa di cuoio marrone.
-Non posso spiegarvi perchè non ve l'ho detto prima. Ci sarà tempo, per quello! C'è solo da sperare che funzioni...
Finalmente, trovò quello che stava cercando, e la mostrò: era una piccola borraccia di pelle nera, non più grande di un dito, e colma di un liquido cristallino.
-Mia madre mi ha dato questa, prima che me ne andassi. Ha detto che avrei saputo quando fosse stato il momento di usarla-spiegò, mentre la svitava.-Ha anche aggiunto, però, che non sempre funziona...
-Che vuoi dire?? Che cos'è??-esclamò John, con voce rotta, le mani ancora posate sul corpo ormai senza vita del suo capitano.
-Quest'acqua ha il potere di riportare indietro i morti-rispose la ragazza, con loro grande stupore, chinandosi verso il volto di Sherlock, e facendo cadere alcune gocce del trasparente liquido (che pareva in tutto e per tutto semplice acqua) tra le sue labbra esangui e semichiuse, poi sulla sua ferita, scostandogli un lembo della camicia.-Ma se la persona che la riceve non è abbastanza forte dal resistere alla morte, o si arrende ad essa, il suo potere non ha effetto.
Rosie emise un singhiozzo, e chiuse gli occhi, pregando con tutta se stessa che funzionasse.
E, in effetti, qualcosa accadde. Anzi, più che qualcosa.
Tutti trasalirono, vedendo la ferita provocata dal proiettile di Moran prima rimarginarsi, poi svanire pian piano e completamente dalla pelle del pirata, come se non fosse mai stato colpito: l'acqua l'aveva dunque guarito!
Rosie e gli altri si guardarono di nuovo l'un l'altro, pieni di stupore, ma anche di speranza. Aspettarono per alcuni lunghi e interminabili secondi.
Ma non accade nulla. Sherlock era ancora privo di vita tra le braccia del fratello, le mani fredde come il ghiaccio, i suoi occhi chiusi, pallido come una statua di marmo.
-Ve l'ho detto...-sospirò Cordelia, addolorata.-L'acqua può guarire solo il corpo. Se si è già arreso alla morte, la sua anima non può tornare indietro...
Scese, di nuovo, un silenzio carico di dolore ancora più cocente, di fronte a quella speranza disattesa. John, Mycroft, Rosie, Molly... tutti loro... si sentivano inutili. Non avevano potuto, e non potevano, fare nulla, per aiutarlo, per riportarlo da loro.
Improvvisamente, però, Rosie ricordò le carte mostrate da Irene Adler.
Speranza...
Salvezza tramite l'affetto e l'amore...
Senza sapere nemmeno perché lo stesse facendo, ma solo seguendo ciò che le suggeriva in quel momento il suo cuore, si protese verso il corpo esanime di Sherlock, cogliendo anche gli altri di sorpresa.
-Zio... Non so, se puoi sentirmi... Ma, se puoi, ascoltami bene. Torna indietro. Ti prego. Non arrenderti.-Mentre parlava, teneva con forza la mano stretta intorno alla sua, ormai del tutto priva di calore.-Perchè abbiamo bisogno di te. Io ho bisogno di te. Voglio rivedere quello sguardo che mi rivolgi quando suono il violino. Voglio che mi racconti ancora le tue avventure sulla Perla. Voglio che mi alleni a duellare con la spada come quando ero bambina. Perciò, torna. Per favore-ripetè, mentre altre lacrime scendevano ancora, imperterrite, rigandole le guance.
Seguì il silenzio.
-Non fai onore alla tua reputazione, Sherlock-intervenne all'improvviso, con grandissima sorpresa di tutti, Mycroft Holmes. La sua voce, dapprima incerta, si fece più salda man mano che proseguiva.-Il grande capitan Sherlock Holmes, ucciso da un semplice colpo di pistola. Noioso. E banale. Privo della tua tanto amata teatralità. Ti rinfaccerei la cosa a vita... Perciò, vedi di stupirmi, come hai sempre fatto in tutti questi anni. Torna a infastidirmi con i tuoi commenti sulla mia dieta. Torna a crearmi problemi. Torna.
La sua voce si spezzò appena, su quell'ultima parola, una mano ancora a sfiorargli il capo riccioluto con una tenerezza che non si era mai permesso di mostrare così apertamente nei suoi confronti.
Dopo qualche istante, anche Molly si fece più vicina, sfiorando con delicatezza e immensa dolcezza il volto dell'uomo che amava da tempo immemore.
-Sherlock... Ora che finalmente abbiamo capito che dovevamo stare insieme, non puoi decidere di andartene. Non è giusto-sussurrò, continuando a sfiorargli il viso con la punta del dita, e trattenendo a stento i singhiozzi.-La tua ciurma ha bisogno del suo capitano. Io più di tutti loro. Abbiamo superato ostacoli ben peggiori di questo. Torna a farmi impazzire con le tue folli trovate. Torna anche a farmi arrabbiare tenendomi all'oscuro dei tuoi piani. Però fallo.
John, per tutto quel tempo, aveva tenuto lo sguardo fisso sulle sue mani, ancora sporche del sangue del suo capitano.
No. Del suo migliore amico.
Capitan Sherlock Holmes.
L'uomo che gli aveva cambiato la vita... che l'aveva fatto sentire di nuovo vivo.
Sollevò il capo; i suoi occhi blu erano lucidi di lacrime mentre gli posava piano una mano sul petto, proprio all'altezza del cuore. Quello che il suo capitano aveva sempre fatto credere a tutti di non possedere, ma che lui aveva visto sin dal primo istante.
-Sherlock... tu mi hai salvato la vita tante di quelle volte che ormai ho perso il conto... e non solo coi fatti. Lascia che sia io, stavolta, a salvare te. Detesto ammetterlo, ma tuo fratello ha ragione.-Sorrise tra le lacrime.-Hai affrontato demoni, criminali, mostri marini... Ora non puoi morire per uno stupidissimo colpo di pistola. Non ha nessun senso. Nessuno. Il grande capitan Sherlock Holmes non può morire così. Non lo accetto.
Prese un respiro profondo, stringendo tra le dita un lembo della sua camicia.
-... Perciò, qualunque cosa ti stia impedendo di tornare da noi, combattila. Come hai sempre fatto. Torna. Fa' in modo che il tuo cuore riprenda a battere! So che puoi farlo!-lo incitò, come se potesse, attraverso quelle parole, trasmettergli anche la sua forza.-Non permettere a niente e a nessuno di impedirti di tornare dalle persone che ti amano e che tengono a te! C'è un momento giusto, per morire. E bisogna accettarlo, quando arriva. Come un soldato. Ma, per te, non è questo. Non ora. Non così. Tu non puoi fare questo alla tua ciurma. Non puoi fare questo a me.
Chinò il capo, e un sospiro tremulo sfuggì dalle sue labbra, mentre si sforzava di trattenere, di nuovo, le lacrime.
Il silenzio nel sotterraneo era talmente profondo che si sentiva ogni singolo respiro, ogni singolo battito dei loro cuori. E, in quel silenzio, le parole che ognuno di loro rivolse
a Sherlock echeggiarono forti e chiare, colme di affetto, dolore, rammarico... e speranza.
Fra tutte, quella che era stata ripetuta più e più volte.
Torna.
Torna.
Torna...
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