Incontri
Rosie distolse un secondo lo sguardo dal paesaggio che stavano attraversando e ammirò nuovamente la carrozza su cui stavano viaggiando: era molto lussuosa, di un nero lucido, trainata da quattro cavalli purosangue, neri anch'essi, e l'interno era foderato di raso e velluto rosso cupo.
-Ci è stata fornita direttamente da Mycroft-disse Sherlock, rispondendo alla sua domanda inespressa.-Il lusso sfrenato è la firma della Corona, dopotutto...-sogghignò.
Rosie scosse la testa con un sorrisetto; osservò poi Molly, che le era seduta di fronte. Lei aveva scelto di indossare un abito di seta bianco, impreziosito da piccole gemme, un fiocco di organza bianco a fermare i capelli dietro la nuca. Sua madre, invece, ne portava uno color carta da zucchero, con dei ricami dorati sulle maniche e sulla gonna.
-Sherlock... Esattamente, noi cosa dovremo fare, una volta lì?-chiese suo padre, all'improvviso.
Il capitano si voltò verso di lui, lo sguardo intento.
-Dovremo confonderci tra i nobili, John. E, senza farci notare, fare qualche domanda in merito a strani traffici d'oppio. Poi, non appena il padrone di casa avrà fatto il suo ingresso in sala, io e te perquisiremo il suo studio, mentre le donne rimarranno nel salone, per fare ancora domande ma anche e soprattutto per sviare i sospetti.
Scese un profondo silenzio.
-Una passeggiata, dunque...-commentò il biondo, con una punta di sarcasmo.-Se non teniamo conto di guardie armate, servitori, e chissà cos'altro...
-John, non fasciarti la testa prima di rompertela! -lo rimproverò il capitano.-È molto improbabile che ci siano guardie a proteggere il suo studio. Anche perché, di certo, non si aspetta una nostra visita. O meglio, si potrebbe aspettare la visita di un certo Sherlock Holmes. Non di Christopher Wallace, ex capitano in congedo, accompagnato dalla moglie e dalla figlia...-aggiunse con un ghigno, indicando Molly e Cordelia con un cenno del capo.
-Quindi useremo false identità?
L'altro scosse la testa in segno di diniego.
-No. Solo io. È difficile che qualcuno ti colleghi a me, anche perché tali ambienti tu e tua moglie li frequentate, ormai, di rado. Ovviamente, non dovrai far trapelare, in alcun modo, che sei un pirata, anche se al servizio della Corona.
-Mi prendi per uno stupido?? È ovvio!-replicò John, un pelo risentito.
Sherlock sogghignò nuovamente.
-Diciamo che non sei noto per la tua discrezione...
Rosie temette per un secondo che il padre sarebbe saltato addosso allo zio per strangolarlo... Ma, fortunatamente, erano arrivati. La tenuta, infatti, era al di poco fuori della cittadina di Tortuga.
Davanti a loro, si stagliava una vera e propria magione, elegante e ricca, immersa in un giardino che, però, pareva più un parco, vista la sua estensione. Il cocchiere fermò i cavalli di fronte a un alto cancello nero, che si aprì senza emettere neppure un cigolio. La carrozza proseguì all'interno, dove già da quella distanza si poteva udire il suono di un pianoforte, insieme a quello di un violino. Le finestre della tenuta erano quasi tutte illuminate, e attraverso esse si intravedevano sagome muoversi avanti e indietro.
-Si dia inizio alle danze...-mormorò Sherlock, stavolta senza ironia.
Nonostante tutto, Rosie avvertì un brivido di paura, e insieme di eccitazione e adrenalina.
Il gioco è cominciato... pensò, ripetendo mentalmente una delle frasi preferite dello zio, mentre la carrozza, finalmente, si fermava davanti al portone di Baskerville Manor.
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L'opulenza della sala da ballo e degli invitati era tale che, in principio, Rosie ne rimase abbagliata: coppie erano già intente a danzare sul pavimento di marmo bianco, sotto la luce di un enorme e maestoso lampadario dorato. Sia il soffitto che le pareti erano riccamente affrescate con meravigliosi dipinti di cherubini e altre immagini che però lei non riuscì del tutto ad interpretare.
Camerieri vestiti in modo impeccabile giravano tra gli invitati, offrendo calici di champagne e piccoli antipasti. Nell'angolo più lontano della sala, un'orchestra suonava, diffondendo nell'aria le dolci note di un valzer.
E i vestiti... Rosie aveva pensato che il suo fosse troppo elegante, ma bastò un'occhiata alle dame presenti per rendersi conto si quanto si fosse sbagliata: era come se ognuna di esse avesse cercato di mettersi in mostra su tutte le altre, come se vi fosse una tacita gara a chi avrebbe attirato di più l'attenzione.
Vide abiti interamente incrostati di gemme, o di piume; vide collane di diamanti al loro collo, e acconciature così complicate che sicuramente avevano richiesto stuoli di cameriere per essere realizzate...
La sua osservazione venne interrotta dalla voce dello zio.
-Lord Baskerville non si vede da nessuna parte-sibilò, a voce bassa, percorrendo anche lui l'intera sala con lo sguardo.
-Sta' tranquillo, Sherlock, arriverà-gli sussurrò suo padre in risposta, mentre anche i suoi occhi vagavano per il salone.-È il padrone di casa, dopotutto. Non può non pre...
D'improvviso, uno degli invitati attirò la sua attenzione, e tale fu la sorpresa da non fargli concludere la frase, mentre la sua bocca si distendeva in un altrettanto incredulo sorriso.
-Non ci posso credere... Rosie, vieni con me. Devo assolutamente presentarti una persona.
Sherlock gli scoccò uno sguardo di rimprovero.
-John, ti ricordo che non siamo qui per inutili chiacchiere da salotto.
-Lo so perfettamente, capitano-replicò lui, tranquillamente, ma risoluto.-Stai tranquillo, ci vorrà solo un minuto.
Mise una mano dietro la schiena di Rosie, conducendola verso quello che sembrava essere, secondo il corvino, un ex comandante della Marina: le medaglie sulla sua uniforme-blu, con alamari dorati- non lasciavano adito a dubbi.
Osservò preoccupato il suo primo ufficiale conversare con quello sconosciuto: non era certo che fosse stata una buona idea lasciare che si intrattenesse troppo con gli invitati; d'altro canto, lui stesso aveva spronato tutti loro a cercare informazioni...
-Incredibile! Non avrei mai pensato di incontrare qui quell'uomo!-sussurrò all'improvviso Mary, che gli si era avvicinata, e lui si voltò a guardarla, sorpreso.
-Lo conosci?
-Ma certo! È il maggiore Sholto. Comandava il reggimento di John-mormorò lei in risposta.-Anni fa me ne ha parlato così tante volte...
-Ti ha parlato di lui? Proprio di lui?-borbottò Sherlock, lanciando stavolta un'occhiata più approfondita all'uomo con cui il suo migliore amico stava parlando: sulla cinquantina, capelli biondi corti e una vistosa cicatrice che gli attraversava la guancia sinistra, deturpando un volto che, senza di essa, sarebbe stato anche gradevole.
La sua espressione era seria, palesemente distante dall'allegria del resto degli invitati.
In quel momento, però, stava sorridendo sia a John che alla figlia. Un sorriso sincero, che cambiò addirittura la fisionomia del suo volto.
-Sì. Diceva che era l'uomo più asociale che avesse mai conosciuto.
Il corvino produsse una risatina scettica, addirittura incredula.
-Lui?? Lui il più asociale? Non credo proprio...
Mary, con un sorriso dolce, lo prese sottobraccio con delicatezza: e lui, nonostante fosse rimasto sorpreso dal quel gesto, non la respinse.
-... Sherlock... Noi due non siamo stati i primi nella sua vita, lo sai, no?-fece, la voce affettuosamente ironica; che però, poi, si tinse di una certa malinconica.-In quei due anni in cui tu sei stato... insomma, ecco... John andava spesso a bere una birra da lui. Anche Sholto aveva perso il suo migliore amico durante una battaglia. Perciò, era l'unico che capisse davvero il suo dolore... Si sono sostenuti a vicenda. Specie nei momenti davvero bui, in cui nemmeno io riuscivo ad aiutarlo.
Il capitano si sentì, suo malgrado, pieno di vergogna, tanto che un nodo gli strinse la gola: non avrebbe mai voluto arrecare tanto dolore al suo primo ufficiale; in realtà, non aveva neppure pensato che la sua perdita l'avrebbe colpito così profondamente.
Osservò John annuire e sorridere, e Rosie rivolgere a Sholto una riverenza. Si sentì rincuorato, nonostante tutto, dal fatto che John avesse avuto qualcuno che lo sostenesse in quel difficile periodo.
-Però sai, Sherlock...-aggiunse Mary, con calore.-Quando non mi parlava del Maggiore Sholto, mi parlava di te. Ma solo quando aveva abbastanza forza per farlo. Perché credimi, il dolore per averti perso si avvertiva in ogni sillaba. Sempre.
Un leggero sorriso commosso, velato di malinconia-e anche, di nuovo, dal senso di colpa-attraversò il volto del capitano, gli occhi color acquamarina ancora posati sul biondo. Aveva attraversato i Sette Mari, e anche quelli che davvero in pochi avevano osato navigare. Aveva girato il mondo, in lungo e in largo, e visto le cose più assurde e incredibili, che spesso avevano addirittura fatto vacillare le sue certezze.
Ma invece di una cosa era più che certo: non avrebbe potuto trovare un amico migliore di John Watson.
D'improvviso, mentre l'orchestra prendeva un momento di pausa, qualcuno fece il suo ingresso nella sala, causando qualche mormorio tra i presenti e attirando la sua attenzione: un uomo sulla sessantina, dai lineamenti leonini e i capelli brizzolati, l'espressione dura come l'acciaio.
Sherlock si irrigidì, la mente di nuovo alla sua missione. Lord Oswald Baskerville era finalmente entrato in scena...
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