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Heroes and demons

Quella mattina, molta gente affollava il porto di Port Royal: erano, per la maggior parte, uomini intenti a scaricare merci, o a gridare ordini a destra e a manca, ma anche famiglie cariche di sporte più o meno voluminose, in procinto di mettersi in viaggio. Il profumo di salsedine misto a quello delle innumerevoli mercanzie si diffuse nell'aria, portando John a produrre un sospiro di piacere e di soddisfazione.
Mycroft Holmes, invece, fendette la folla con un'evidente smorfia di fastidio in volto, trattenendosi a malapena dallo spostare col suo bastone chiunque gli si parasse davanti.
-Avevo dimenticato quanto fosse irritante...-borbottò a mezza voce, l'espressione altezzosamente disgustata.-Il rumore... il... popolo!

Sherlock sogghignò, beandosi, al contrario suo, di tutto quel movimento; anche Rosie amava quella confusione e quell'atmosfera fervente di attività. Lei e Cordelia procedettero più avanti, fino ad arrivare di fronte ad una nave in particolare, attraccata al molo ovest.
Cordelia, al vederla, sgranò gli occhi, e si voltò verso Mycroft.
-Signor Holmes... ha davvero messo a disposizione questa nave... solo per me???-gli domandò, sorpresa e confusa.
Lui assunse un'espressione altera, anche se aveva un angolo della bocca leggermente sollevato.
-Certo che no, signorina. Questa è solo una delle mie navi commerciali che casualmente è diretta a Nassau. Mi sembra perciò del tutto illogico che lei salga su un qualunque mercantile, essendo disponibile una delle mie.
John, Rosie e gli altri la osservarono un momento: per essere un comune veliero commerciale, era incredibilmente lussuoso e imponente.
-Il capitano è stato informato, e una cabina è già a sua disposizione... e del bambino-aggiunse Mycroft, lanciando uno sguardo a Peter, che teneva per mano la ragazza.

Il piccolo si era infatti molto legato a lei, durante quella piccola avventura che si erano trovati a vivere insieme. Quando Cordelia aveva scoperto che era rimasto orfano e che, da due anni, vagava per Nassau vivendo di elemosina, non aveva esitato a scrivere ai genitori. E quest'ultimi, una volta conosciuta la storia, si erano dimostrati più che disponibili a prenderlo con loro, offrendo a quel povero bambino l'infanzia felice che avrebbe dovuto vivere e che gli era stata, fino a quel momento, negata.
Peter, in quel momento, aveva un sorriso che gli andava da un orecchio all'altro mentre si guardava intorno con occhi curiosi: indossava degli abiti nuovi di zecca, e aveva le guance rosse, nessuna traccia di pallore o di magrezza eccessiva; ben lontano da quel mucchietto d'ossa che capitan Holmes aveva preso tra le sue braccia in quel magazzino a Tortuga.
Sherlock si ritrovò a sorridere, guardandolo.
Mycroft, all'improvviso, porse a Cordelia una piccola borsa gonfia di cuoio, da cui provenne un tintinnio inequivocabile.
Lei subito si schermì, arrossendo.
-... Signor Holmes, lei non mi deve...-fece, profondamente imbarazzata, voltandosi poi verso Sherlock.-...Anzi, sono io, che le devo tutto. Senza di lei, non avrei mai scoperto la verità sui miei genitori, e...!
Ma entrambi i fratelli la interruppero con un cenno della mano, e il minore fu il primo ad esprimersi.
-Ho solo fatto il mio lavoro, signorina-disse il capitano, mentre un lieve sorriso si faceva di nuovo strada sul suo volto.-E poi, a dirla tutta, sono io, a doverle la vita, in ogni caso...
Cordelia arrossì ancor di più; ma prima che potesse ancora protestare, intervenne Mycroft.
-Signorina, questo non è un pagamento. Non mi permetterei mai di definirlo tale-fece, nel suo solito tono compassato, anche se Rosie avvertì una sfumatura calda, nella sua voce.-Lo consideri un misero gesto di gratitudine, piuttosto. Un modo per rendere più facile la vita a voi e alla vostra famiglia, ora allargata. Come ha già avuto modo di notare, non manco di risorse.

Cordelia, suo malgrado, ridacchiò: ma lui non aveva ancora finito.
-Glielo ripeto. È molto importante. Non è un pagamento-ribadì, con severità.-Semplicemente perchè aver aiutato mio fratello a tornare in vita non è un qualcosa che possa essere quantificabile. Nessuna riserva aurifera o tesoro della Corona potrebbe raggiungere, per me, quel valore.
La voce di Mycroft, durante tutto quel discorso, non aveva vacillato nemmeno un momento, anche se di certo il luccichio nei suoi occhi non era dovuto al vento che soffiava quella mattina. John rimase allibito, davanti a quell'incredibile esternazione di sentimenti da quello che per tutti era sempre stato noto come l'"Uomo di ghiaccio".

Mycroft stesso era intimamente sorpreso da quello che aveva appena detto, ma non se ne pentiva: aveva tenuto il corpo del fratello tra le sue braccia, inerte, privo di vita... era stato come vivere in un incubo; aveva già vissuto la medesima esperienza, quando l'aveva salvato prima che annegasse a causa di Eurus, il demone del Vento dell'Est. Ma in quel momento non aveva potuto fare nulla, assolutamente nulla: si era sentito del tutto impotente; proprio lui, uno degli uomini più potenti della Corona... per la prima e forse unica volta nella sua vita, aveva capito cosa fosse davvero la paura. Perciò, quel misero "compenso" dato a quella ragazza non era niente... niente.
Come è ovvio, non esternò a voce nessuno di questi pensieri: si era già esposto sin troppo, per i suoi gusti.
Sherlock, dal canto suo, si era voltato verso la nave, le braccia dietro la schiena, facendo attenzione che nessuno, per nessuno motivo, vedesse le lacrime di commozione che  avevano cominciato, pur contro la sua volontà, a rigargli il viso.

...Dannate emozioni umane!

Dopo essersi asciugato il viso con un brusco e rapido gesto della mano, tossicchiò, cercando-per quanto possibile-di non far trasparire i sentimenti dalla sua voce, ed esprimendosi con la sua consueta ironia.
-Se hai finito di cospargere la signorina di miele, fratello, è il caso che la lasci andare. La nave è ormai prossima alla partenza.
Mycroft ridacchiò appena, con un leggero imbarazzo.
E in effetti, così era. La nave stava per partire. Cordelia, dopo aver preso finalmente la piccola borsa di denaro con un sorriso-commossa dalle parole dell'uomo- abbracciò Rosie calorosamente, ripromettendosi di tenere una corrispondenza regolare, e di potersi rivedere quanto prima; fece poi una bella riverenza agli uomini presenti, ed esortò Peter a seguirla.
Ma lui aveva un'altra idea...
Prima che se ne accorgessero, infatti, il bambino era già corso addosso al capitano, circondandogli la vita con le sue braccia sottili. Sherlock rimase interdetto per un momento, incapace di reagire, tanta era la sua sorpresa.
Ma furono le parole che il piccolo pronunciò, a provocargli un nodo alla gola.
-Grazie, signor Holmes. Lei è il mio eroe. Da adesso e per sempre-sussurrò infatti con la sua vocina esile, il visino affondato nella sua giacca.
Per l'ennesima volta in pochi minuti, il pirata dovette trattenersi dal dare sfogo alla sua commozione. Ma non poté proprio evitare che le sue labbra si curvassero in un sorriso, mentre con una mano accarezzava dolcemente i capelli biondi del piccolo.

John osservò di sottecchi il suo capitano, commosso oltre ogni limite, ma soprattutto fiero.
Fiero che quell'uomo fosse il suo capitano. Fiero di come era diventato nel corso degli anni. E, non meno importante, fiero del suo coraggio.
Aveva affrontato innumerevoli demoni-e non solo quelli reali, ma anche quelli della sua mente-e li aveva sconfitti.
Per quanto lo riguardava, nessuna impresa, per quanto eroica, avrebbe mai potuto eguagliare quella.

Potrai ripetere quante volte vuoi che non sei un eroe, Sherlock Holmes... pensò nuovamente, mentre lo guardava posare le sue mani sulle spalle di Peter, e sorridere, di nuovo.
Ma, per me, lo sei eccome...

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