Famiglia
Pochi giorni dopo
Mycroft sbuffò, affondando teatralmente il volto tra le braccia incrociate sul tavolino della veranda.
-Sono soltanto le due del pomeriggio... quando finirà quest'agonia??-bofonchiò, con enfasi.
Sherlock, seduto di fronte a lui, gli lanciò un'occhiata divertita.
-Dài, su, fratellone, cerca di rilassarti, una volta tanto nella tua vita! Una giornata lontano dalle tue amate questioni politiche non ti ucciderà!
-...Quella forse no, ma la torta di nostra madre sì!-ribattè lui, caustico, alzando la testa e spostando con una smorfia il piatto che aveva di fronte, su cui stava una fetta di torta incredibilmente ancora quasi del tutto intatta.-È inutile, non saprà mai cucinare dei dolci decenti...
-Ah be', se lo dici tu, che sei un esperto in materia...-Il corvino ridacchiò, tirando una boccata di fumo dalla sua piccola pipa di legno d'ebano.
Mycroft lo guardò storto, giocherellando con la forchetta. Lanciò poi al fratello un'occhiata interrogativa e insieme inquisitoria, inarcando un sopracciglio.
-Potresti rispiegarmi perchè siamo tornati proprio qui, a casa dei nostri genitori? Saranno passati almeno dieci anni dall'ultima visita, forse di più! Perché proprio ora?
Sherlock si prese qualche secondo prima di rispondere, e soffiò via il fumo dalla pipa, lo sguardo rivolto verso la spiaggia vicina, dove il suo equipaggio, quel giorno, pareva tornato ad avere dieci anni o forse meno, a giudicare dalle grida e dalle risate che si udivano persino da quella distanza.
Erano tutti impegnati a divertirsi con Rosie e Cordelia, correndo e tirandosi una sorta di palla improvvisata, ottenuta unendo insieme dei vecchi stracci.
Anche il piccolo Peter partecipava, sebbene dovesse compiere grandi falcate per stare dietro a tutti loro.
Tuttavia, il corvino lo vide anche da lì sorridere e ridere, spensierato, come doveva essere per un bambino della sua età. Aveva passato un brutto momento; era giusto che fosse finalmente felice.
Si voltò poi di nuovo verso il fratello, sulle labbra un sorriso lieve.
-Perchè i recenti avvenimenti mi hanno ricordato che ho dei genitori e una famiglia. Che abbiamo, una famiglia-si corresse.-A volte dimentico che sei mio fratello, scusa...
Mycroft gli rifilò una delle sue celebri occhiatacce, aspirando anche lui dalla pipa, la sua di legno biondo.
-Ho rischiato di morire, in quel sotterraneo. Per davvero. Avevo già rischiato, in passato. Ma in quel momento è stato... diverso. Ero già sicuro di essere morto. Ho percepito con estrema chiarezza la vita che mi abbandonava...
La voce di Sherlock, in quel momento, era del tutto priva di ironia, lo sguardo basso fisso sul tavolino, mentre con un dito seguiva distrattamente il contorno di una venatura a spirale del legno.
-E questo mi ha ricordato di non dare più nulla per scontato. Di sfruttare ogni singolo momento che mi verrà concesso. Soprattutto in compagnia delle persone che amo.
Mycroft, rimasto in silenzio sino ad allora, colpito dalle sue parole, a quell'uscita inarcò un sopracciglio.
-Sherlock... mi farai venire il diabete, così...-fece, in tono volutamente ironico.
-Ah, perché, non ce l'hai già?-replicò subito il minore, l'espressione esageratamente incredula.
Entrambi ridacchiarono, sollevati per aver attutito quel momento così intenso e, per un po', scese il silenzio.
-A proposito...-gli domandò però il corvino all'improvviso, fingendo un tono noncurante.-Come va con quella... come si chiamava?... Lady Smallwood?
Mycroft, subito, assunse un'espressione di studiata indifferenza al pensiero della nobildonna, anche se le sue guance si imporporarono, tradendolo.
-Non so a cosa tu ti stia riferendo...-rispose comunque, riducendo intanto, quasi in poltiglia, un pezzo del dolce con la forchetta.
Sherlock, notando quei segni di palese imbarazzo, non infierì, limitandosi a sollevare un angolo della bocca in un mezzo sorriso.
-Non fingere di non avere sentimenti, fratello... Non lo fare. Io mi sono sempre imposto la stessa cosa. E stavo per perdere tutto, compreso un motivo per lottare. Per continuare a vivere - lo ammonì però all'improvviso, dopo un breve silenzio, senza alzare gli occhi, ma con un tono, di nuovo, serio.-So che ti chiamano l'"Uomo di Ghiaccio", perché è così che ti mostri alla gente. Freddo, privo di emozioni. Ma io so che non lo sei. Ho visto la tua espressione quando stavo per morire. Ho sentito la tua voce nella mia testa. E il gesto che hai fatto contro Moran, parole comprese. Ho visto tutto questo, in te: paura, dolore, rabbia. Ma anche gioia, quando sono tornato in vita. E amore. Perciò non dire che non ne hai, perchè sappiamo bene entrambi che non è affatto così.
Mycroft, stavolta, avvertì uno strano e oltremodo fastidioso nodo stringergli la gola: per questo finse un improvviso interesse per la torta della madre, prima tanto disprezzata, inghiottendone addirittura un boccone con una smorfia. Questo, se non altro, gli consentì di riprendersi, almeno in parte. Dato che il fratello continuava a fissarlo, però, si ritrovò a dover necessariamente replicare, augurandosi che la commozione che provava non trapelasse troppo.
-... Forse... e sottolineo, forse... ho anch'io, dei sentimenti. Ma non diffondere la notizia!! -esclamò, notando il ghigno sulle labbra di Sherlock.-Ho una reputazione da difendere!!
-Puoi stare tranquillo...-sghignazzò lui, ma con sincero affetto.
Si alzarono poi entrambi dalle sedie, appoggiandosi alla ringhiera della veranda, fumando e osservando la ciurma ridere e scherzare.
Sherlock sollevò le labbra in un sorriso: quando aveva condotto il suo equipaggio a casa sua e gli aveva presentato i suoi genitori, quest'ultimo era rimasto un po' interdetto...
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-Ma... capitano... voi vivevate davvero qui? Proprio... qui???
Sherlock sbuffò, mentre si guardava intorno nella piccola isola di Musgrave, assaporando, per un momento, la sensazione del ritorno a casa.
-Sì! Vivevo qui. Cosa c'è di strano??
-... Nulla, nulla... è solo che... è una casa così piccola e graziosa... non è da voi...
La ciurma volse lo sguardo sulla piccola villetta di mattoni rossi, circondata dal verde, trovandosi tacitamente d'accordo con lui.
-Ah no!?!? E dove avrei dovuto vivere, secondo te, Anderson?? In un fungo?? Sulla cima di una rupe??? Su un albero, come una scimmia???
-No, no...-replicò lui immediatamente, alzando le mani in un gesto di resa.-Ma forse... Ecco... la vedevo bene in una torre isolata, lontana dal mondo... in compagnia di quel teschio che tenete sempre sulla...
-Taci, Anderson... O giuro che ti butto in mare...
-Scusa, Sherlock, ma devo dirtelo. Se non mi avessi detto che erano i tuoi genitori, non l'avrei mai capito...-disse John, mentre bevevano il boccale di birra che Holmes senior aveva così gentilmente offerto loro.
-Ah... E come mai?
-Non saprei... Forse perché sono così... Così...-John fece un vago gesto con la mano, come se non riuscisse a trovare la parola giusta, e osservando Mrs Holmes che offriva a tutti i presenti una fetta di torta.
-Cosa?-ripetè il capitano, confuso, spronandolo a finire la frase.
-... Normali-rispose il primo ufficiale infine, ridacchiando.
Il capitano fece tanto d'occhi; poi si strinse nelle spalle, sorridendo.
-... È una croce che devo portare.
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A prescindere da tutto, era davvero felice di aver condotto lì la sua ciurma. Era da tempo che non tornava nella piccola isola dove era nato e cresciuto: eppure ricordava tutto, di quel luogo. Le giornate trascorse con la famiglia... Lui e suo fratello che giocavano insieme... Lui e Victor che giocavano ai pirati proprio su quella stessa spiaggia...
Sospirò, rifuggendo subito da quel particolare ricordo: quel giorno, non voleva indugiare in quei tristi pensieri. Erano stati già giorni difficili, pieni di dolore, paura e pericoli; era il momento di un po' di allegria, una volta tanto...
Poi, però, vide Cordelia ridere per qualcosa che Rosie le aveva detto, e si ritrovò, suo malgrado, a riflettere ancora una volta.
Salvato dalla figlia della mia nemesi...
Se non è ironia, questa...
Chiuse gli occhi per un momento, ritornando, con la memoria, al racconto della ragazza...
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-... Dopo la lettura delle carte, mia madre era sinceramente scossa. Ho visto il vero terrore, nei suoi occhi...-iniziò a raccontare Cordelia, seduta su una delle poltrone alla Baker, con intorno tutti loro, che l'ascoltavano attentamente.-Vidi poi che mi faceva un cenno con la testa, come se volesse dirmi qualcosa. Così, decisi di restare indietro, con la scusa di salutarla. E lei mi diede quell'acqua: raccomandandomi, però, di non rivelare a nessuno che l'avevo. Mi spiegò che, altrimenti,il futuro che lei aveva visto avrebbe preso un'altra direzione. Inoltre, aggiunse,
non era del tutto certa che potesse funzionare. Perchè, come vi avevo già accennato, se la persona che la riceve non si oppone alla morte e si arrende, essa non ha alcun effetto. Non conosceva, però, il modo di superare tale ostacolo. Rosie invece, a quanto pare, l'ha capito da sola...
La ragazza arrossì, mentre il padre le sorrideva, orgoglioso.
-Inoltre, mi ha vietato categoricamente di dire qualunque cosa al capitano. Mi dispiace, signor Holmes...-aggiunse, in tono di scusa, voltandosi verso
di lui.-Questo perchè non era certa che la persona destinata a morire fosse lei, perciò i tratti del futuro erano incerti. Ma non solo per quel motivo...
-E per quale, allora?-chiese il capitano, suo malgrado incuriosito.
Cordelia abbassò gli occhi.
-Perchè: "... Sherlock Holmes è l'uomo più testardo che io abbia mai conosciuto in tutta la mia vita. E se mai scoprisse che l'aiuto proviene da me, non l'accetterebbe mai. Sarebbe capace di morire in anticipo, o spontaneamente, addirittura, pur di non darmela vinta!"... Mi perdoni, signor Holmes, sono testuali parole di mia madre, non mie...-concluse la ragazza, chiaramente in imbarazzo.
John scoppiò a ridere di gusto.
-Capitano, quella donna ti conosce proprio bene...
-Zitto, John!-ribattè Sherlock con un sibilo, sebbene i suoi zigomi avessero assunto una leggera tonalità di rosso.
-Ha aggiunto però una cosa...-riprese Cordelia, con un sorriso.-"Prego. Non c'è di che. Quando vuole, mi deve ancora una cena..."
Sherlock, a quella frase, sorrise appena, mentre Molly si accomodava sul bracciolo della poltrona, vicino a lui, in un gesto apparentemente casuale.
-Allora ci saremo entrambi...-disse, con un sorrisino lieve.-Non vediamo l'ora...
Sherlock ridacchiò sommessamente, scuotendo la testa, e stringendo poi la mano di sua moglie, al cui dito brillava una fede d'oro, ma con accanto un semplice filo per reti da pesca.
Sorrise nuovamente.
"Irene Adler... ci prova sempre. Spiacente, ma il mio cuore, ormai, appartiene ad un'altra..."
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Sherlock scosse la testa, a quel pensiero; doveva ammettere, però, di provare una certa gratitudine verso la dea del mare. Ma, come Cordelia stessa aveva sottolineato, l'acqua datagli dalla dea era servita solo in parte. Ciò che l'aveva salvato davvero, compiendo il miracolo, erano state le parole di Rosie, di John, di Mycroft... di tutti loro.
L'avevano riportato alla vita.
E, per questo, gli era enormemente grato. L'unico modo che aveva per ripagare questo debito era mostrare quanto li amava. Ogni singolo giorno che gli sarebbe stato concesso.
-Cari, sono venuta a vedere se... ma state fumando???-esclamò Violet Holmes, uscita proprio in quel momento sulla veranda, in tono di rimprovero, le mani sui fianchi, facendolo trasalire.
I due fratelli si voltarono entrambi di scatto verso di lei, le pipe nascoste subito dietro la schiena.
-No! Era Mycroft!-le risposero contemporaneamente, l'espressione più impassibile e innocente possibile.
La madre lanciò ad entrambi i figli un'occhiata diffidente. Ma poi, rientrò in casa, parendo convinta.
Sherlock sospirò, sollevato, lasciando uscire dalle labbra il filo di fumo che aveva trattenuto: lanciò poi un'occhiatina sarcastica al maggiore.
-Il grande Mycroft Holmes, uno degli uomini più importanti della Corona... e nasconde la pipa quando sua madre è nei paraggi...
Lui sbuffò, tirandola di nuovo fuori e aspirando una boccata.
-Questo perché nostra madre fa decisamente più paura di Luigi XIV...
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John e Mary, seduti su una roccia sulla spiaggia, osservavano il mare calmo, rilassati e felici, finalmente, beandosi di quella quiete, prestando poca attenzione alle risate della ciurma poco distante.
-È stato strano, vero?-osservò Mary, posando un momento il capo sulla spalla del marito.
-... Hmm? Cosa?
-Aver conosciuto i genitori di Sherlock... Sono così diversi da lui. Normali, oserei dire.
-Sì, abbastanza. Lo credevo anch'io -convenne il biondo, ridacchiando.-Però suo padre mi ha mostrato una biblioteca talmente piena di libri che faticavo a camminare sul pavimento. È un vero e proprio genio. Sua madre, invece, mi ha offerto una strana torta. Credevo fosse la classica donna di casa, e invece ho scoperto che è anche lei un genio, ma soprattutto in campo matematico... Perciò, a conti fatti, non sono così normali come credevo all'inizio... Il loro figlio non poteva dunque che essere più fuori dal normale di loro.
Mary scoppiò a ridere, stringendosi maggiormente a lui.
In quella, Rosie e Molly li raggiunsero.
-Papà, dov'è finito lo zio?
-Credo sia nella veranda con... No, aspetta, eccoli che arrivano- le rispose lui, indicando i fratelli Holmes che, proprio in quel momento, stavano scendendo sulla spiaggia.
Mycroft avanzava con la sua solita camminata lenta ed elegante, il bastone in mano: Sherlock, invece, in poche falcate era già arrivato. Dopo un cenno di saluto e un sorriso a tutti loro, si voltarono verso il mare, l'acqua a lambirgli appena i piedi.
La ciurma li vide, e si avvicinò.
-La stavamo cercando, capitano!Pensavamo di organizzare un piccolo brunch più tardi, qui sulla spiaggia-esordì Henry, rivolgendo poi a Mycroft un'occhiatina di sottecchi, dandosi importanza per il termine ricercato.-È d'accordo?
Il corvino annuì con un sorriso.
-Non vedo perché no. Chiederò ai miei genitori di fornirci tutto quello che ci servirà.
-Al rhum penso io!-interloquì Wiggins.
-Non avevamo dubbi!-lo rimbeccò Angelo, scatenando le risate della ciurma.
-Capitano, si unisce a noi per due tiri?-chiese all'improvviso Raz, lanciandogli tra le mani quella palla improvvisata. Sherlock la afferrò al volo e, dopo essersi stretto nelle spalle, annuì, ridacchiando. Lanciò poi un'occhiata allusiva al fratello maggiore.
-... Scordatelo-disse però lui, immediatamente.
-Oh, coraggio!-lo esortò il corvino, con un sorrisetto, spostandola da una mano all'altra.-Saranno secoli che non fai un po' di moto! E si vede...
-Ricordati, fratellino, che sono un illustre membro della Corona-ribattè Mycroft all'istante, altezzoso, e fulminandolo con gli occhi per il commento sulla sua forma fisica.-La gente del mio rango non è incline a...
La sua tirata si interruppe bruscamente quando un'inattesa ed eccessiva quantità d'acqua salmastra gli arrivò dritta in faccia.
Sherlock sogghignò, nascondendo le mani bagnate dietro la schiena.
-Ops, scusa, non l'ho fatto apposta...
Mycroft si asciugò il viso grondante con un fazzoletto preso dalla tasca, senza dire una parola: poi, con tutta tranquillità, afferrò rapido il cappello da capitano di Sherlock, mettendoselo in testa.
-... Nemmeno io-sogghignò in risposta.
Sherlock, incredibile ma vero, non ribattè, e non fece nulla: si limitò a fissarlo con uno sguardo molto strano, mentre alcuni membri della ciurma sussultavano visibilmente.
-Oh oh... signor Holmes... mi sa che ha commesso un grave errore...-ridacchiò Angelo.
-Molto grave...- sottolineò Archie, coprendosi la bocca con la mano.
-Gravissimo, oserei dire...-rincarò la dose John, anche lui ridacchiando, rivolgendosi poi direttamente a Mycroft.-Fossi in te, inizierei a correre...
-Ah sì? E perché, sentiamo?-chiese lui, l'espressione sempre altera.
Del tutto inaspettato, intervenne Anderson.
-Perchè non si deve mai... mai...-ripetè-toccare il sa...
Non fece in tempo a finire la frase, che Sherlock aveva già buttato il fratello nella sabbia con uno scatto felino-facendogli cadere il bastone-emettendo un grido di guerra e cogliendolo completamente di sorpresa.
-Il sacro cappel–...-cercò di terminare Anderson, mentre i due rotolavano nella sabbia, sotto gli occhi della ciurma, che si sganasciava dalle risate.-... Vabbè, credo che l'abbia appena capito...
Anche Rosie non riusciva a smettere di ridere, mentre guardava quei due uomini adulti ingaggiare una vera e propria lotta per il possesso del cappello, esattamente come due bambini.
-Dieci a uno sul capitano. Si accettano scommesse!-esclamò Archie, tra una risata e l'altra, rivolto alla ciurma.
-Io ci sto!-replicó infatti Raz.
-Io pure!- si intromise un altro.
Nel frattempo, i due avversari continuavano la loro lotta, sordi a tutto il resto.
-Vinco sempre io, fratellino, e lo sai. Arrenditi, una buona volta!-sentirono dire da Mycroft, il cui abito era ormai diventato irriconoscibile.
-Scordatelo!!-si sentì Sherlock replicare, i capelli ricci pieni di sabbia.-Forse una volta. Ma adesso il più agile sono io! E tu devi metterti a dieta!
E, a prova di ciò che diceva, afferrò il cappello, per poi rotolare via con uno scatto fulmineo, ancora però tallonato dal fratello maggiore, che lo afferrò per le caviglie, facendolo precipitare con la faccia nella sabbia, di nuovo.
-Tu guardi ma non osservi! Io sono dimagrito!
La cosa andò avanti così per un minuto buono: alla fine, esausti, crollarono distesi, entrambi senza fiato. Non solo per la furibonda lotta, ma anche per le risate.
Entrambi, infatti, dopo essersi guardati in faccia-e aver constatato come si erano ridotti-scoppiarono a ridere contemporaneamente e così forte che le loro risate echeggiarono per tutta la baia di Musgrave, insieme a quelle di John, di Rosie, e dell'intero equipaggio della Perla.
Nel frattempo, sulla veranda, i coniugi Holmes sorrisero commossi, udendo quelle risate, e assistendo alla scena poco lontana.
-Non credevo che avrei più sentito Sherlock ridere così. Avevo paura che non avrebbe mai superato il dolore per la perdita di Victor...-mormorò Violet, posando il capo dai capelli corvini, ormai strati di bianco, sulla spalla del marito.
-Anch'io l'ho temuto, per molto tempo...-convenne Siger, passandole un braccio intorno alla vita, e stringendola teneramente a sè.-Si era così chiuso in se stesso... non aveva più amici... Sembrava che non riuscisse più a mostrare a nessuno i suoi sentimenti. Temevo che non sarebbe mai più riuscito ad essere felice.
Entrambi i coniugi osservarono i due figli sollevarsi da terra, pieni di sabbia dalla testa ai piedi, e ridere, di nuovo.
Persino Mycroft, in genere sempre serio e compassato, era in quel momento irriconoscibile. E non solo per gli abiti, ma anche per l'espressione. Come se per un istante fosse tornato bambino.
Un sorriso enorme solcava anche il volto di Sherlock, mentre John Watson, il suo primo ufficiale-o meglio, il suo migliore amico, come lui stesso aveva affermato presentandoglielo-lo indicava, ridendo a sua volta, prendendolo in giro, per poi dargli però un'amichevole pacca sulle spalle. Videro poi Molly-sua moglie, ancora stentavano a crederci- rimettergli in testa il cappello trionfalmente riconquistato, ridendo e baciandolo con dolcezza sulle labbra, mentre Rosie Watson rideva, applaudendolo, insieme a tutta la ciurma.
Persino da quella distanza riuscivano a vedere la felicità impressa sui volti di tutti loro.
-A quanto pare, ci sbagliavamo...-commentò di nuovo Holmes senior, sorridendo.
Mrs. Holmes sorrise a sua volta.
-Già. Per fortuna. E non sono mai stata tanto felice di aver avuto torto...
Continuarono a osservare la scena pieni di soddisfazione e di gioia, mentre il sole splendeva luminoso nella piccola baia di Musgrave.
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