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Attendere

I due amici percorsero rapidamente il salone, cercando però di farsi notare il meno possibile dal resto degli invitati. Rosie però, che non aveva smesso un secondo di tenere lo sguardo puntato sull'entrata, li scorse subito. Lasciò andare il fiato, trattenendo a stento lacrime di sollievo; dovette anche trattenersi dal correre incontro al padre. Una volta che gli fu vicino, però, gli strinse la mano con forza.
-Papà, cos'è successo?? Ti hanno fatto del male??-sussurrò, la voce che le tremava; anche sua madre e Molly, chiaramente ansiose, si affrettarono a domandare sottovoce cosa fosse accaduto.
John rispose alla stretta della figlia e sorrise, tranquillizzandole.
-No, Rosie. Sto bene. Grazie a qualcuno...
Lanciò un'occhiata a Sherlock, che sorrise appena, e Rosie si sentì colmare di gratitudine verso lo zio.
Quest'ultimo, però, all'improvviso,
assunse un'espressione mortalmente seria, assottigliando lo sguardo.
-Dobbiamo andarcene. Ora. Credo che abbiano già trovato Fletcher legato al tuo posto. Oppure quello che ho solo tramortito li ha avvisati. Ci sono due uomini che ci fissano.-John si irrigidì, mentre il corvino si rimproverava: avrebbe dovuto assicurarsi che anche l'altro uomo non causasse problemi, magari tramortendo anche lui coi dardi soporiferi, o legandolo in qualche modo. Ma la fretta che aveva avuto nel volere correre in aiuto dell'amico l'aveva fatto agire in modo troppo avventato e impreciso.- Seguitemi. Ma cercate di non dare nell'occhio. Siate naturali.
Ovviamente, tale ammonizione servì solo a far irrigidire tutti ancora di più, ma tentarono di eseguire l'ordine al meglio. Sherlock fece avanzare John e Mary; dietro venivano Molly e Cordelia, seguite a loro volta da Rosie e Sherlock, che chiudeva il piccolo gruppo. Camminarono però compatti, in modo da poter parlare tra loro, e traendo ognuno conforto, seppur piccolo, da quella vicinanza.

Si diressero dunque tranquilli verso il portone principale. Almeno, apparentemente tranquilli: Rosie sentiva infatti il sangue pulsargli nelle orecchie, e il cuore batterle molto più velocemente del solito. Avvertì però la mano dello zio premuta con delicatezza sulla schiena, e si costrinse a non farsi soffocare dalla paura. Il corridoio che portava all'uscita era silenzioso e deserto: a quanto pareva, erano gli unici a lasciare la festa in anticipo.
-Non voltatevi. E continuate a camminare-sussurrò Sherlock all'improvviso.-Ci sono almeno due guardie alle nostre spalle. Ci seguono fin dal salone.
-Possiamo farcela-sussurrò John in risposta.-Se ce ne sono solo...
Un'ennesima guardia armata giunse da uno dei corridoi, affiancando le prime due.
-... Dicevi, John?-borbottò lui, con amaro sarcasmo, ma con un espressione tutt'altro che divertita.
I palmi delle mani di Rosie si inumidirono. La tensione, nonostante tutti i suoi sforzi, stava per avere la meglio. Di certo quegli uomini stavano solo aspettando il momento buono per bloccarli con qualche pretesto; oppure, li avrebbero immobilizzati e chiusi da qualche parte; complice il rumore della festa e l'assenza di testimoni, nessuno li avrebbe sentiti, e nessuno avrebbe potuto fermarli...

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-... Dottor Watson! Signor Wallace! Vi ho cercato per tutto il salone!-esclamò all'improvviso una voce alle loro spalle, in un tono all'apparenza gioviale che, se lasciò interdette le guardie, figuriamoci Rosie gli altri membri del gruppo, che sussultarono.
Sherlock invece, rimase attonito solo per un secondo: poi, un sorriso lievissimo e rapido come un battito di ciglia gli sfiorò la labbra, seguito da un sospiro appena udibile. Si voltò, insieme a tutti gli altri, mentre si avvicinava a loro nientemeno che l'ufficiale Greg Lestrade.
-In realtà, mio caro ufficiale Lestrade, siamo noi che la stavamo cercando-replicò il corvino tranquillamente, notando con la coda dell'occhio i soldati indietreggiare: non avrebbero mai osato sequestrarli di fronte a un ufficiale della marina britannica.
-Allora, chiedo venia!-ribattè lui, in tono di scusa, ma con in volto un sorriso sardonico.-Per farmi perdonare, vi offro il bicchiere della staffa. Stavo giusto tornando alla mia carrozza.
-Anche noi, in realtà. Che coincidenza-replicò il corvino, come se stessero entrambi seguendo le battute di un copione.
Lestrade si unì a loro, facendogli strada, mentre finalmente e con loro grande sollievo varcavano la soglia della villa.

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-Lestrade, davvero, non so come ringraziarti. Sei arrivato proprio al momento giusto!-gli mormorò John, carico di gratitudine, mentre si dirigevano alle carrozze.-Ma come sapevi che...?
-È ovvio, John-si intromise il capitano, prima che l'interpellato potesse rispondere.-Mycroft l'ha mandato a sorvegliarci. O meglio, a sorvegliare me.
Rifilò all'ufficiale un'occhiataccia. Lui, d'altro canto, sorrise colpevole.
-Mycroft Holmes pensava che il suo fratellino stesse andando a ficcarsi nei guai, perciò ha ritenuto opportuno mandare me a controllare la situazione... e ha fatto bene, oserei dire!-mormorò, a voce bassa.-Quegli uomini alla porta non sembravano propensi a lasciarvi uscire... Inoltre, siete spariti per quasi tutta la serata... Non ho potuto intervenire prima, o la mia copertura sarebbe saltata.

Sherlock nascose un sorriso, forse un po' toccato dall'ennesima prova del fatto che suo fratello si preoccupasse per lui fino a quel punto. E dovette anche riconoscere, suo malgrado, che l'intervento di Lestrade era stato davvero provvidenziale. Mentre John e le donne salivano sulla carrozza, perciò, si attardò, fermandosi di fronte a lui, e fissandolo negli occhi.
-Grazie del tuo aiuto, Greg-gli disse, serio, ma con sulle labbra un mezzo sorriso. E, prima che l'ufficiale potesse riaversi dalla sorpresa, salì nella carrozza, che partì immediatamente, con i cavalli che procedevano a un trotto sostenuto.
Ognuno di loro rimase in un teso silenzio: ripresero a respirare davvero solo quando si resero conto di essersi lasciati del tutto alle spalle Baskerville Manor.

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-"A.M.O"? Non un nome in codice, dunque, ma un acronimo?
-Esatto.-Sherlock giocherellò distrattamente con un tagliacarte preso dalla scrivania del fratello.-Aline Chang e Oswald Baskerville. La domanda, ora, è chi sia "M"...
-Sei sicuro di non avere già la risposta, fratello mio?-domandò Mycroft, in tono appena sarcastico, ma grave, sollevando un sopracciglio.
Lui, però, scosse la testa con fermezza, in segno di diniego.
-No. Moriarty è morto. Non ci sono dubbi. L'ho visto con i miei occhi diventare polvere.-Si affacciò alla finestra, lo sguardo però perso in lontananza.-Ma ciò non toglie che abbia organizzato qualcosa per me, nell'eventualità di una sua dipartita. Una vendetta postuma... No! Meglio ancora. Un gioco, postumo.

Il fratello si affacciò vicino a lui, sospirando.
-Quindi... qual è il tuo piano, ora?
-Attendere-rispose il corvino, fermamente, dopo un breve silenzio.-Io sono chiaramente il bersaglio. E i bersagli attendono. Dovremo solo aspettare la sua prossima mossa.
Posò il tagliacarte, e afferrò di scatto la giacca.
-Ora, però, devo rispettare un accordo. Ma tienimi informato!
Mycroft aggrottò la fronte.
-... Su che cosa?
-Non ne ho idea...-ribattè il minore, calcandosi il cappello sulla testa, e dirigendosi verso la porta.-...Su qualsiasi cosa di sospetto. Qualsiasi cosa. Sono sicuro che capirò, quando il gioco comincerà. E lo sai perché, fratello?
Lui scosse la testa, alzando gli occhi al cielo, esasperato.
-No, Sherlock, non lo so. Perchè?
Il pirata fece un piccolo sorrisino, tirando su il bavero della sua giacca, coprendo appena gli zigomi.
-Perchè adoro giocare.
E, dopo quelle ultime e teatrali parole, uscì dallo studio, seguito dallo sguardo preoccupato del fratello maggiore.

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