Appuntamento a Samarra
-É una cosa assolutamente ridicola...-borbottó il capitano, mentre si sedeva con malgarbo su una poltrona drappeggiata di velluto celeste, di fronte a un delicato tavolino di legno biondo. Irene Adler sedeva all'altro capo di esso, tenendo in mano un mazzo di antichi tarocchi.-Io non credo nel destino! O nella predestinazione!
La dea del mare sollevò appena le labbra in sorriso, come se si fosse aspettata quelle esatte parole.
-Lo consideri solo come un mio personale ringraziamento, allora... Il mio modo per sdebitarmi con lei-replicò dolcemente, ponendo davanti al capitano le carte capovolte a faccia in giù, in ordine sparso.-Ne scelga cinque, prego. Lo faccia con cura. Se può, silenzi il suo ego soltanto per momento, e si concentri. Provi, almeno per una volta, ad andare oltre la sua preziosa razionalità...-aggiunse, con un pizzico di ironia nella voce.
Sherlock alzò gli occhi al cielo: poi, dopo un lieve sbuffo, si arrese, e tese la mano, prendendo svogliatamente una carta dopo l'altra.
Molly e John, seduti su altre due piccole poltrone, l'osservavano, loro malgrado tesi. Rosie, invece, era seduta accanto a Cordelia, che aveva lo sguardo perso nel vuoto.
-Stai bene?-le chiese, a voce bassa.
-Sí. Grazie del tuo interessamento-le rispose lei, sorridendo appena, anche se aveva gli occhi ancora lucidi.
-Cosa farai, ora? Resterai qui con tua madre, oppure...?
-Tornerò dai miei genitori adottivi-rispose la ragazza, sempre sussurrando.- Continuerò a tenermi in contatto con lei. Ma, per me, i miei genitori rimangono quelli che mi hanno amata e cresciuta come se fossi la loro... Sono felice, però, di aver scoperto la verità sul mio passato...
Strinse un momento la mano di Rosie.
-Lo sai? Avevi ragione.
Lei la guardò interrogativa.
-Non importa da dove provieni, ciò che conta é chi scegli di essere. Avevi ragione-ripetè Cordelia, con voce ferma e sicura, molto di più di quanto non fosse mai stata in quei giorni.-Non sarò mai come mio padre. Ma nemmeno come mia madre. Sarò me stessa, semplicemente.
-Ottima scelta.-Rosie le fece un cenno d'approvazione, sorridendo. Tornò poi a rivolgere la sua attenzione allo zio, che stava porgendo le carte scelte a Irene. Quest'ultima le dispose davanti a lei, esattamente nell'ordine in cui lui gliele aveva date, l'espressione seria e intenta.
Man mano che le capovolgeva, l'espressione della dea si incupiva.
Alla terza si fermò, come se le mancasse il coraggio, o la forza, di proseguire oltre.
-... Allora?-Sherlock sbottò, esasperato, tamburellando le dita sul tavolo in un gesto che esprimeva tutta la sua impazienza.-Ho altre questioni, che mi attendono, sicuramente più utili di ques...!
-Si riferisce forse al traffico d'oppio? O al rapimento di giovani donne e di bambini?-lo interruppe la donna, senza alzare nemmeno lo sguardo.
Il capitano, suo malgrado, rimase esterrefatto.
-Ve l'ha detto vostra...-tentò di protestare, indicando Cordelia: ma lo disse con un tono forzato, come se nemmeno lui stesso ci credesse.
-No, signor Holmes. Mia figlia non mi ha detto assolutamente nulla. È stata la carta, a parlarmi-rispose infatti Irene, serafica.-Poi, ovviamente, il mio potere é in grado di andare oltre la mera interpretazione. Anche se i dettagli precisi rimangono oscuri persino per me...
Il suo sguardo, per un momento, si fece distante.
-Guardate-li invitò poi, indicando la prima carta, che raffigurava una spada insaguinata, adagiata su un drappo bianco: ogni singolo tarocco era dipinto con grande dovizia di particolari.-Questa rappresenta un atto criminale contro un innocente.
Posò un dito sulla seconda: un'ombra nera, dai tratti indefiniti, più simile ad una sagoma, e i cui occhi erano coperti da quella che sembrava essere una linea gialla.
-Questa ci avverte che c'è un nemico oscuro e sconosciuto, a cui nemmeno lei é ancora riuscito a dare un nome o un volto.
Sherlock era talmente stupefatto da non riuscire ad articolare una sola parola. Fissava solo, in silenzio, le carte che Irene gli indicava.
Le dea indicò la terza.
-La bilancia. -Il suo tono divenne, stavolta, decisamente cupo.-Una scelta, dunque...
Girò la carta seguente, ancora capovolta, ed emise un piccolo sospiro di sollievo: una candela accesa immersa nel buio, sormontata da un cuore cremisi, circondato da un lieve alone di luce.
-La speranza. Questa, se non altro, attenua le precedenti. Non resta che vedere l'ultima...
La girò... e impallidì, il volto bianco come la cera. Rosie sentì il padre emettere un respiro strozzato: si alzò dalla poltrona, guardò sul tavolo... e impietrí.
L'ultima carta rappresentava un teschio in lacrime.
-... Tiro a indovinare. Significa "Morte"?-suggerì Sherlock, anche se l'ironia nella sua voce era molto forzata.
Irene scosse la testa, lo sguardo cupo.
-No, signor Holmes. Non é così semplice-rispose, indicando tutte le cinque carte con un ampio e lento gesto della mano.-Non deve guardare la singola carta, ma il quadro generale che esse hanno delineato.
Man mano che parlava, andò a indicarle una per una.
-Abbiamo già stabilito che c'è un pericolo che la riguarda direttamente, e che coinvolge un nemico sconosciuto. Le successive, invece, ci trasmettono altro. Ci informano che dovrà fare una scelta. E che questa scelta coinvolgerà persone che lei ama...-Nel dire questo, lanciò una brevissima occhiata verso Molly, ma anche verso John e Rosie, immobili come statue, lo sguardo teso e impaurito.
-C'è però la speranza-gli ricordò, indicando la candela.-Può rappresentare un capovolgimento della situazione, oppure la salvezza tramite l'affetto o l'amore.
Prese un respiro profondo.
-Ma é questa, la peggiore: il teschio piangente. Significa che qualcuno dovrà morire. E che quella morte porterà molte lacrime. Ma, di chi sia questa morte, rimane un'incognita. Potrebbe trattarsi di lei, ma anche di qualcun altro.-Indicò nuovamente la bilancia.-La scelta. Il problema è la scelta. Ma le lacrime, ahimè, ci saranno in ogni caso.
Un silenzio profondo seguì quelle parole, mentre Rosie sentiva un profondo malessere farsi strada dentro di lei.
Sherlock si alzò di scatto dalla poltrona.
-Bene. É stato davvero... molto... interessante-disse, in tono freddo e indifferente, che venne però tradito dal leggerissimo tremito nella sua voce.-Ma, come credo di averle già detto, io non credo in queste cose. E ora, se non le dispiace, dobbiamo andare.
Fece un cenno con la mano a Rosie e agli altri, rimasti impalati, lo sguardo ancora fisso sul tavolino, mentre Irene lo fissava, gli occhi pieni di tristezza.
-Andiamo!-ripeté il capitano, irritato, la voce simile ad un ringhio.
Rosie e John si affrettarono ad ubbidire, seguendolo verso la porta. Tranne Cordelia.
-Vorrei salutare mia madre, prima di partire-disse a Rosie, sorridendo.
Lei annuí.
-Certo, lo capisco. Intanto noi andiamo avanti. Ti aspettiamo.
Uscì dalla porta, seguendo il padre e lo zio, e notò che quest'ultimo camminava con un passo rigido e teso.
---
Nella sua cabina, Sherlock pizzicava assorto il suo violino, sprofondato nella sua poltrona, lo sguardo rivolto verso il piccolo oblò, ma distante, perso in lontananza.
John entrò, aprendo la porta con delicatezza.
-Sherlock... stai bene?-gli domandò, cauto.
Lui smise di pizzicare lo strumento, e lo guardò stranito.
-Sì, certo. Perché non dovrei?
Il biondo emise una incredula risatina.
-Ah, non lo so... Forse perché una dea ti ha appena avvertito della tua possibile prematura morte?!?
Il capitano distolse lo sguardo, senza rispondere, e riprese a pizzicare piano il violino. John, esasperato, sprofondò nella poltrona di fronte alla sua, e anche lui con lo sguardo perso nel vuoto, riflettendo ancora sulle parole di Irene Adler.
-..."Appuntamento a Samarra"-sospirò infine il capitano, dopo un breve silenzio.
John alzò lo sguardo, l'espressione interrogativa.
-Come, scusa?
-È una vecchia favola che mio fratello era solito raccontarmi, quando eravamo bambini-spiegò lui, senza smettere un momento di pizzicare le corde, diffondendo così nella cabina un suono lievemente malinconico. Iniziò poi a raccontare, la voce simile ad un mormorio lieve, l'espressione assorta.
-Narra di un mercante di Baghdad che vide, un giorno, uno sconosciuto che lo fissava stupito. Capì che era la Morte. Percorse così molte miglia, fino a raggiungere la lontana città di Samarra. Era certo che lì, la Morte, non l'avrebbe trovato. Invece, una volta arrivato, trovò ad attenderlo quella sinistra figura. Il mercante capì di non avere scampo, e fu costretto ad arrendersi. Prima, però, le chiese perché fosse stata così sorpresa, quando l'aveva visto a Baghdad. Sai cosa rispose lei, John?
Il primo ufficiale scosse piano la testa.
-Rispose: "Perché avevo un appuntamento con te stasera. Qui, a Samarra..."
Il capitano si alzò bruscamente, posando il violino sulla poltrona.
-Ho sempre odiato, quella storia! -ringhiò, quasi.-Detestavo la predestinazione. Proprio come la destesto ora.
Rimase in piedi, immobile, lo sguardo di nuovo fisso fuori da uno degli oblò della nave. John si alzò e lo raggiunse, posandogli una mano sulla spalla; sentì le sue spalle rigide rilassarsi appena, a quel tocco, e un leggero sospiro.
-Capitano...-azzardò, pur già sapendo perfettamente quale sarebbe stata la risposta dell'amico.- E se smettessi con la missione? Lascia che se ne occupi qualcun altro. Chiunque, altro.
Ma lui si voltò a guardarlo con un'espressione mortalmente seria negli occhi cerulei.
-John, non hai sentito la storia? Lasciar perdere tutto ora non servirebbe a nulla. Se davvero il mio destino è...-Si interruppe, prendendo un profondo respiro.-Allora potrebbe accadere in qualsiasi altro modo o momento. Ma accadrà. La morte ci aspetta tutti a Samarra.
Le sue labbra si curvarono in un lieve sorriso canzonatorio.
-Sebbene io l'abbia elusa più di una volta...
John scosse la testa.
- E se stavolta fosse diverso?-disse, in volto un'espressione cupa.
-... Allora, in quel caso, sarà perché doveva andare in quel modo. Ma non temere, John. Ho intenzione di non darla vinta al... destino... Chiamiamolo così. Sarò io ad avere l'ultima parola. Come sempre. Lo sai, no? Vivrò più a lungo di Dio, pur di averla...-aggiunse, sollevando un angolo della bocca.
Il primo ufficiale non poté fare a meno di scoppiare a ridere. Sherlock stesso, dopo una breve esitazione, si unì a lui: e avvertì il nodo che aveva nell'animo allentarsi, senza però sciogliersi del tutto.
---
La Perla non aveva ancora gettato l'ancora nel porto di Tortuga, che già il capitano era pronto per scendere a terra.
-John, Molly, voi restate sulla Perla-ordinò: si rivolse poi a Mary e alle ragazze.-Voi, invece, andate alla Baker. Vi raggiungerò tra un po'.
Rosie lo guardò, dubbiosa e preoccupata.
-Dove devi andare, zio?
-Devo riflettere-rispose lui.-E parlare con alcune persone.
-Allora io vengo con te!-disse il primo ufficiale immediatamente.
Ma il corvino gli posò una mano sulla spalla, parlandogli con fermezza.
-No, John. Dovete rimanere qui, dove è più sicuro. E voglio che tu protegga Molly-aggiunse poi, in un sussurro.-Fallo per me. Ti prego.
Nel dire ciò, lanciò alla moglie un'occhiata fugace; come l'amico, anche lei aveva cercato di convincerlo ad abbandonare la missione, ma lui era stato irremovibile. Quando guardò nei suoi occhi, però, non scorse rabbia, o risentimento: solo un'infinita preoccupazione. E amore.
Se non poteva garantire la propria sopravvivenza, avrebbe cercato quantomeno, con tutte le sue forze, di garantire la sua, e di tutti quelli a cui teneva.
L'uso di quell'espressione, "Ti prego", colpì il primo ufficiale: mai il suo capitano lo aveva pregato per qualcosa, e mai con quel fervore nel tono. Dunque, alla fine, annuì, seppur a malincuore.
-Sta' attento, però!-non poté infatti tuttavia evitare di ammonirlo, rifilandogli uno sguardo volutamente minaccioso.-Perchè giuro che se ti fai succedere qualcosa, capitano, ti ammazzo io.
Sherlock ridacchiò, e annuì, stringendogli leggermente la spalla. Baciò poi Molly, indugiando appena sulle sua labbra, e stringendola con molta più veeemenza del solito, prima di scendere insieme a Rosie e alle altre. Mentre le donne si recavano verso la locanda, lui prese una via secondaria, senza voltarsi indietro, già immerso nei suoi pensieri.
Molly lo guardò allontanarsi piena di timore, ma conscia di non poter far nulla, per convincerlo a cambiare idea.
Poteva solo credere in lui.
---
In quello stesso momento, una figura nascosta in un vicolo guardò il capitano allontanarsi, e sogghignò maligna...
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro