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mad woman

Questa non è la prima volta che provo a parlare di mia madre e non ci riesco. Sono consapevole del fatto che, forse, non ci riuscirò mai. Non perché io non abbia niente da dire o qualcosa da analizzare, vivisezionando il nostro rapporto fino a carpirne i segreti più nascosti.

La verità è molto più semplice e allo stesso tempo complessa: più mi ci inabisso e più mi rendo conto che una vita intera non basterebbe a raggiungere il fondo, osservando da tutti i lati i pezzi di questo puzzle che muta immagine ogni singolo giorno.

La prima volta che ho cominciato a scrivere questa storia, ho cominciato proprio descrivendo come mia madre, che ormai è più simile ad una creatura mitologica che ad un essere umano persino nella mia testa, possa essere persone molto diverse a seconda delle situazioni. Questo non solo perché è molto brava a fingere e a celarsi in bella vista, ma anche perché lei stessa sembra inconsapevole dei suoi repentini sbalzi d'umore, come se non si rendesse conto di essere abitata da persone molto diverse - di cui solo una è davvero degna di essere chiamata Mamma, purtroppo una di quelle che non emergono così spesso.

Ma questa storia sarebbe stata allo stesso tempo troppo personale e troppo superficiale e, quindi, "Hera - Dollhouse" è stata infilata tra i pensieri non espressi del mio quaderno.

La seconda volta, invece, sono partita con la solita eziologia dei miei mommy issues, con tanto di sfogo finale sul mio essere stata la madre di mia madre e di mio fratello prima ancora che il mio corpo fosse biologicamente pronto ad esserlo, una madre. Però, anche qui, sono finita a parlare di quanto mia madre sia mutevole e questo, unito al mio recente desiderio di smetterla di sventolare i miei problemi irrisolti con mia madre a destra e a manca, mi ha convinto che "Hera - Mama" fosse veramente indegna non solo di essere pubblicata, ma addirittura della mia penna, perché so di essere perfettamente in grado di scrivere qualcosa di più reale e completo senza lavare i panni sporchi in bella piazza.

Il che mi porta a questa terza o quarta stesura di una storia dedicata ad Era, madre e regina degli dei, dea della famiglia, del matrimonio e del parto, tutte cose cui io o non credo o non desidero perché la mia, di madre, è stata bravissima con le famiglie e i matrimoni altrui, ma è pessima a pensare ai propri. E credo che questa una delle cose in cui lei ed Era possono assomigliarsi. Questa e la crudeltà di cui sono capaci.

Sarò onesta: non me ne vogliano i pagani, ma ho sempre un po' odiato Era e non solo perché sono stata costretta ad interpretarla alle elementari. Al di là di tutte le pene ingiustamente inflitte alle amanti e ai figli illegittimi di Zeus, che di certo non aiutano a farmela piacere, il motivo principale per cui non l'ho mai apprezzata è il modo in cui tratta Efesto.

Tra i tanti suoi figli, ci sono Ares ed Efesto, rispettivamente il dio della guerra e il dio del fuoco e della metallurgia. Sono simili, non solo perché sono fratelli, ma anche perché entrambi si occupano, sebbene in modo differente, della guerra. Era, però, ama Ares, bello, forte e combattente, e disprezza Efesto, brutto e deforme, solo perché non è abbastanza divino per lei. Il mito vuole che, alla nascita, l'abbia perfino gettato giù dall'Olimpo e, per quanto neppure Ares sia un completo idiota, non riconosce quanto valga davvero Efesto.

Ed Efesto non ebbe mai delle scuse da parte sua per il suo comportamento, nemmeno dopo averla incatenata ad un trono.

Io so cosa si prova, ad avere una madre che fa la mamma con chiunque ma non con te, che sei suo figlio. Così come io so quanto faccia male non solo essere disprezzato da chi ti ha messo al mondo, ma anche sapere che non riceverai mai delle scuse e che, le uniche volte in cui sarai considerato, sarà perché sei abile e intelligente, non perché sei amato. Ed è per questo che, per me, Era non è la dea della famiglia - per me lo è Estia.

Ed Era per me non può essere una dea-madre perché questo vorrebbe dire dover accettare che, in fondo, essere madre sia qualcosa che porti con sé un'oscurità che non può far altro che riversarsi sui figli. Questo è il motivo per cui la prospettiva di diventare madre mi terrorizza: la paura che, con un figlio, verrò risucchiata da quella stessa crudeltà e diventerò come loro, incapace di amare chi ho messo al mondo.

Ma so che non è così, so di non essere come loro, eppure odio il ruolo materno come nient'altro al mondo. Lo odio non solo perché ho problemi con la figura materna, ma anche e soprattutto perché questo sembra rincorrermi da quando ne ho memoria: in quasi tutte le recite facevo la mamma o la nonna, così come mi sono dovuta vestire da Era alla giornata della mitologia greca alle elementari. A casa ho sempre fatto da madre a mio fratello e ai miei genitori. Ora che sono all'università, sono stata informalmente eletta mamma del gruppo e, quando si inizia a parlare di prospettive per il futuro, non c'è una volta in cui qualcuno non mi dica che sarei una mamma fantastica.

Mi ricordo di una volta, al liceo, in cui questo uscì fuori ad un colloquio. All'epoca ero al mio secondo anno e, quando non ero a scuola o immersa nello studio, ero impegnata a tenere la casa e mio fratello, visto che era un periodo particolarmente difficile per la mia famiglia e mi ritrovavo spesso da sola a reggere il peso delle responsabilità domestiche. A metà anno scolastico, mia madre andò ai colloqui e parlò anche con il mio professore di scienze, uno dei pochi ad interessarsi alla nostra classe al di là del rendimento, e quello che emerse fu questo: che il mio prof era stupito che una ragazzina di appena quindici anni fosse così materna con i suoi compagni di classe.

Il che causò una mezza discussione di ritorno a casa perché mia madre non riusciva a capire come e perché potessi essere materna con gli altri, soprattutto per com'ero - ai suoi occhi, si intende. Lì per lì mi giustificai dicendole che aiutavo gli altri con i compiti e spesso rispiegavo le lezioni, ma con la consapevolezza di adesso mi sento abbastanza sicura nell'affermare che, all'epoca come adesso, ero molto brava ad ascoltare, a proporre rimedi e a rassicurare le persone - il che, a quanto pare, è quello che fa una Mamma.

E mi chiedo se, all'epoca come adesso, questo metta in difficoltà mia madre perché, in fondo, dietro a tutte le bugie che si racconta, lo sa che io, una Mamma degna di questo nome, non l'ho avuta, se non nelle mie amiche e nelle loro mamme, perché lei non lo è stata con me.

E, quindi, rieccomi qui, a cercare di rielaborare ancora e ancora il lutto per qualcuno che ho perso pur non avendolo mai avuto - il lutto per la Mamma che avrei voluto e che, come altre migliaia di figli come me lì fuori, non avrò mai. Perché non tutte le madri sono mamme e non tutte le mamme sono madri.

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