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2.2 "In panchina (o forse no)"

Isabel, poggiata al lavandino della cucina, osservava fuori dalla finestra, rigirandosi tra le dita una siringa anestetica, con vicino l'anestetizzante. Il dolore potrebbe aumentare, così aveva detto Hopper prima di lasciargliene una.
Ora erano rimasti soli.
Sentiva lo sguardo della ragazza dai capelli rossi fisso sul suo; era strano che la osservasse, forse si sentiva solo fuori posto. Era stata rifiutata da entrambe le ragazze di quel gruppo. Doveva essere una brutta sensazione, una sensazione che Isabel conosceva bene. Improvvisamente, il buio spazio fuori si trasformò in una faccia, quella di Max. La osservò, non erano così diverse alla fine. Sempre state sole, ostinate a voler fare tutto senza aiuti e poco fiduciose negli altri. Praticamente identiche.

Era passato diverso tempo da quando si era accostata lì, aveva avuto i suoi attimi per riflettere, per cercare di capire tutto quello che stava succedendo. Non erano bastati.

"Sentite, se il coach chiama uno schema in partita, si esegue!"

La voce di Steve penetrò nelle sue orecchie, si voltò di scatto per vedere il ragazzo avvicinarsi a loro, dopo aver miracolosamente chiuso il democane nel frigo di casa Byers.
Lo fissò sorpresa: di che diavolo stava parlando?

"Partita...?" borbottò, ma Mike le parlò sopra, dopotutto lei non esisteva più per lui: "Okay, primo non è una stupida partita, secondo noi neanche giochiamo stiamo in panchina".

La ragazza continuò a strabuzzare gli occhi, mentre si staccò dal piano della cucina, accostandosi agli altri.

"Certo!" esclamò Steve, con impazienza "il punto è, certo..." si calmò "si, in panchina, perciò non possiamo fare niente..." disse, poggiandosi il panno da cucina sulla spalla.

"Cosa volete fare?" proruppe Isabel, incrociando le mani sul petto.

"Ah, brava ora li inciti! Siamo messi bene!"

Steve applaudì con ironia, ma cosa aveva che non andava?

"Voglio solo sapere, s-a-p-e-r-e sai cosa vuol dire?!"

Il ragazzo sbuffò, iniziando a percorre la stanza avanti e indietro.

"Ehm... qualcosa si potrebbe fare..." l'attenzione di tutti si calamitò su Dustin "i democani hanno una mente a sciame. Si sono allontanati dal pullman perché richiamati".

Isabel non ricordava nulla di tutto ciò, solo dei vaghi ruggiti nelle orecchie e poi quel caldo rosso sulla sua gamba. Rabbrividì.

"Attiriamo i democani!" esclamò Lucas.

"C.-cosa?!" si sorprese ancora Isabel, alzando la voce.

"Li allontaniamo dal laboratorio!" continuò Max.

"E arrivano alla porta" disse infine Mike, entusiasta.

"E poi moriamo tutti..." esclamò Steve, rompendo l'eccitazione.

"Potremmo anche non morie, ma-" precisò Isabel, guardando il ragazzo, che subito la osservò sorpreso.

"Beh, si, è un punto di vista..." riprese il fratello. 

"Ora ti ci metti anche tu, Isabel... questo non è un punto di vista è un fatto" continuò Steve, non facendo caso a Dustin.

La ragazza sbuffò, alzando gli occhi al cielo: "Intendevo dire che potremmo anche non morire, ma sarebbe lo stesso p-e-r-i-c-o-l-o-s-o, quindi complimenti per la fantasia, ma è NO" concluse e lo sguardo del ragazzo si rasserenò. Davvero la credeva così stupida?

"Qui il capo ha scavato la buca!"

"Sul serio?!" esclamò Isabel, notando che Mike era corso verso uno dei disegni di Will, appeso al frigo.

"Questa è la strada per i tunnel!" corse in salotto, seguendo i fogli sul pavimento.

Isabel guardò Steve con sorpresa, notando che lo erano entrambi. Si affiancarono, seguendo gli altri, alla fine del gruppo. Non erano stati chiari, forse?

"E poi questo è un punto centrale; tutti i tunnel arrivano qui! Magari, se diamo fuoco a questo, con l'accendino di-" si fermò Mike, lanciando un'occhiataccia a Isabel. La ragazza sentì qualcosa crollare dentro di sé, forse un muro, no... era un'amicizia; si stava sgretolando e cosa doveva fare per fermarla? Se n'era accorta solo ora e non poteva fare nient'altro che stare a guardare. Era in panchina, anche in questo caso.

"Ah sì! Per me è no!" urlò Steve, al suo fianco, facendola voltare.

"Potresti non urlare?" lo schernì, toccandosi l'orecchio.

"Davvero?! Loro pensano a come suicidarsi e tu mi dici di non urlare"

"No, dico solo che no ce n'è bisogno, ma che hai?"

"Il Mind Flayer raduna la sua armata!" si voltarono entrambi a guardare Dustin, smettendo di discutere.

"Cercherebbero tutti di fermarci" esclamò Lucas.

"Ok, adesso basta" Isabel fece un passo avanti, verso i ragazzi.

"Hey" li richiamò, Steve avanzando vicino a lei.

"E noi torniamo all'uscita" disse Mike, guardando gli altri.

"Ragazzi..." li chiamò Steve, aumentando un po' il tono di voce.

"Quando ci accorgiamo che siamo andati!" continuò Mike.

"Oi" schioccò le dita Isabel, davanti ai loro nasi. Ma nessuno l'ascoltò.

"Undi sarà alla porta"

"Hey, hey, hey, hey !" gridò Steve , sbattendo le mani con forza e facendoli tutti voltare, compresa la ragazza.

"Grazie!" borbottò lei, affiancandolo con le mai incrociate.

"Non se ne parla" continuò lui, indicandoli con l'asciugamano, prima sulla sua spalla.

"Ma-" provò a dire Mike, ma entrambi i ragazzi più grandi lo fulminarono con un'occhiata.

"No, no, no, no, no; niente ma. Abbiamo promesso di proteggervi, stronzetti, ed è quello che faremo. Noi restiamo qui, in panchina e aspettiamo che la squadra dei titolari faccia il suo lavoro. Avete capito tutti!".

Sembrava assurdo, ma per quella volta Isabel era d'accordo. Un anno fa non ci avrebbe pensato due volte a mettersi contro le parole del ragazzo: era insopportabile non fare nulla. Ma solo adesso si ricordava che al mondo non esisteva solo lei, solo le sue scelte, isolate dal resto da tutto il resto. Ogni azione aveva un peso, ogni scelta una conseguenza. Ci voleva l'esperienza per capirlo e Isabel l'aveva compreso, aveva capito che quella notte, non solo la sua vita era appesa ad un filo, ma pendevano con lei anche tutte quelle dei ragazzi. Rimase in silenzio, stranamente.

"Questa non è una stupida partita!" gridò Mike, avvampando dal furore.

"Ho detto avete capito tutti? Voglio un sì" disse infine Steve, indicandoli tutti con il suo straccio.

"Sì, ripetete con me, sì, abbiamo capito!" rispose la ragazza, sospirando e poggiandosi al bordo del tavolo. Ce l'avevano fatta, dopo tutto non erano così male.

Prima che quelli potessero rispondere, un forte boato proruppe da oltre le tende della cucina. Max si sporse e Isabel la raggiunse velocemente. Strinse le mani, affondando le unghie nel legno del davanzale. Quella macchina era nera.

Incontrò gli occhi dell'atra, stavano pensando la stessa cosa.

"E' mio fratello!"

Si voltarono, entrambe con la paura che riempiva i loro sguardi. Isabel incontrò il viso di Steve: sembrava avere un piano. Con alcuni capelli che gli scendevano sulla fronte corrucciata, si avvicinò a lei, afferrandola per un braccio.

"Io vado fuori" disse, mantenendo il suo sguardo in quello della ragazza.

"Tu sei impazzito!"

"Lui non può vederti, starai con i ragazzi! E anche tu, niente ma" la guardò per un'ultima volta; poi mollò la stretta, avviandosi fuori dalla porta. Era troppo impulsivo, Isabel avrebbe rimediato o almeno ci avrebbe provato.

"Idiota" borbottò lei, guardando i ragazzi: doveva metterli al sicuro; Billy era il mostro di cui aveva più paura.

"Primo, non seguitemi; secondo, state dentro..." disse ferma, seguendo la stessa strada del ragazzo, mentre il rumore del motore della macchina era ormai svanito.

"Isabel!" gridò il fratello, quando poggiò la mano sul pomello della porta.

Si voltò a guardarli un'altra volta, sentendo la paura limitare i suoi movimenti: "Silenzio e lontani dalle finestre, chiaro?!" disse, trovando un po' di fermezza, poi inspirò. Era il momento, il momento di affrontarlo.

Chiuse gli occhi e spinse la porta con lentezza, sentendo l'aria fredda della notte investirle il viso. Steve l'avrebbe uccisa, se non fosse morta prima.

Mise un piede fuori e poi mostrò, alla luce della piccola lampada esterna, tutto il suo corpo. Non c'era più via d'uscita. Perché lo stava facendo? Per dimostrare che sapeva affrontarlo o per Steve? Per entrambi.

Si raddrizzò, sentendo lo sguardo dei due ragazzi calamitarsi su di lei.

"Isabel..." provò a dire Steve, ma subito lei lo zittì con un'occhiata. Non era il momento di fermarla.

"Vattene!" ringhiò, puntando i suoi occhi in quelli blu di Billy. Il ragazzo sorrise, avanzando verso di lei. Steve si irrigidì, ma lei non smise di fissare l'altro, dritto in quelle piccole e scaltre fessure. Non avrebbe mollato, non adesso. Era riuscita ad affrontare Tommy H. e Carol non sarebbe stato tanto diverso? E invece sì, era diverso. Si ricordò del giorno in cui l'aveva incontrato e della sua vendetta. Billy non aveva freni.

"Ah, quindi ti fai la Henderson, adesso... ho sempre saputo che c'era qualcosa tra voi" ghignò, avvicinandosi a lei. Isabel faceva sul serio, forse lui un po' meno.

"Qui nessuno si fa nessuno, vattene, ho detto!" alzò il viso, per mantenerlo fissò su quello dell'altro, sempre più vicino.

"Peccato... "

Sentì il respiro caldo di Billy avvicinarsi, trasportato dal freddo vento. Era così tanto vicino da sentire il suo forte odore di fumo, mentre Steve era sparito dietro l'ombra del suo corpo. Si sentiva sola, aveva paura.

Il ragazzo prese a scrutarla per intero, sembrava un giocattolo esposto in vetrina, così fragile, così vulnerabile. Finto. Billy alzò un sopracciglio, notando il suo taglio.

"Oh, poverina, il nostro piccolo re ti violenta" ghignò ancora, fino ad essere un soffio dal suo naso. Il contatto visivo si interruppe per un attimo; Billy portò gli occhi dietro di lei; ma Isabel, sempre più disgustata, rimase a fissarlo. Doveva resistere, non era debole, no, non lo era; era il momento di dimostrarlo. Forse era una pazzia, ma non poteva mollare. Per i ragazzi, per Steve e per sé stessa.

Quelle calamite blu si proiettarono ancora su di lei, erano impazienti. La volevano veder crollare, volevano vederla sgretolarsi e piangere, piangere senza mai smettere. Volevano rovinarle la vita, perché lei aveva ostacolato quella del loro padrone. Non vedevano l'ora.

"Sai..." sfiorò i loro nasi "saresti proprio una bella puttanella, se solo non fossi così stramba"

Sentì Steve sussultare, ma l'altro lo bloccò con il braccio. Era una cosa tra loro e dovevano risolverla nello stesso modo.

Un pugno allo stomaco, ecco quello che sentì. Ma rimase in piedi, fissandolo ancora. Erano solo parole, si, parole crudeli. Deglutì.
In quel momento non c'era più Billy, davanti a lei c'era Tommy, Carol, Nancy, il vecchio Steve... tutti quelli che avevano affossato la sua vita, quelli che l'avevano chiusa in sé stessa, dentro quella buca, che sperava di aver dimenticato.  Ma era sempre lì, meno profonda, ma c'era. C'erano tutti, anche sé stessa, seduta lì, in prima fila. Tutti colpevoli.

"Fottetevi" gridò una volta per tutte, sentendo l'immagine di Billy tornare alla luce. Ma prima ancora che quello potesse ridere, una chiazza calda e appiccicosa si attaccò al suo viso. La Stramba Henderson gli aveva appena sputato in faccia.

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