2.1 "Insieme"
La notte fuori dalle finestre avvolgeva tutto lo spazio circostante: il bosco, il laboratorio, Hawkins e qualsiasi altra persona. C'era silenzio intorno a casa Byers, un silenzio carico di tensione, silenzio di riflessione, portato da una semplice scritta: "CLOSE THE GATE".
Nancy, Steve, Isabel, Dustin, Lucas e Max si trovavano attorno al tavolo della cucina a contemplare quelle tre parole: qual era il loro significato? Cos'era la porta e perché doveva essere chiusa?
"Non ha senso" constatò Dustin, osservando con più attenzione il pezzo di cartone.
"Nulla di tutto questo ha senso, Dustin... se non l'avessi capito" lo riprese la sorella, guardandolo di sfuggita. Il fratello sbuffò, voltandosi ancora a guardare le parole.
Non avevano senso ma quello, adesso, non era il problema.
Un ruggito avanzò tra di loro ed in breve furono tutti sull'attenti. Hopper, Joyce, Jonathan e Mike furono di nuovo in casa ed in pochi secondi ognuno di loro reggeva qualcosa in mano.
Anche Isabel teneva tra le dita qualcosa: una vecchia coppa, abbastanza solida e pesante. Non era il massimo, ma sempre meglio di niente. Si guardò intorno: erano tutti lì, tesi in quel salotto, come fili per appendere il bucato.
Altri ruggiti provenirono da poco fuori la finestra ed ognuno strinse con più forza ciò che aveva in mano, lo stesso fece Isabel.
Dove sarà adesso... pensò. Se questa è la fine... forse... dovrei dirglielo, solo a lui... si, solo a lui e poi basta. Si voltò in direzione di Mike: era a lui che pensava, a lui e Undici. Dopotutto, se stavano davvero per morire, avrebbe dovuto dirgli ciò che aveva scoperto. Lo fissò attentamente: era teso, come tutti gli altri, reggeva in mano... non reggeva nulla in mano. Isabel spalancò gli occhi e, senza pensarci un minuto di più, gli porse la sua misera arma.
"Tieni..." bisbigliò.
"Serve a te..."
"A te di più, Mike" gliela lasciò tra le mani, mentre lui, nonostante la tensione, le sorrise. Era il minimo che potesse fare.
Infilò la mano in tasca: sì, era ancora lì. Lo tirò fuori e, come in un déjà-vu, mise davanti ai suoi occhi il piccolo accendino. La sua povera difesa.
Steve, che aveva osservato la scena, si voltò a guardarla. "Seria?!" sembrava dire il suo sguardo, con rimprovero.
"Che c'è?!" sussurrò, ma lui subito le si mise davanti, come a farle da scudo. La ragazza alzò gli occhi al cielo, come poteva pensare che se ne sarebbe stata lì dietro, in caso di pericolo. Lo affiancò, senza nemmeno guardarlo.
Il ragazzo scosse la testa, disapprovando, lasciando che alcune ciocche di capelli gli ricadessero disordinate sul viso. Ma era tardi per approvare o disapprovare...
Un tonfo irruppe da fuori, un ringhio. A Isabel si strinse il cuore: sì, era la fine. Non chiuse gli occhi, ma li puntò su Dustin. Avrebbe guardato lui prima di esalare l'ultimo respiro.
Poi un altro tonfo e il vetro si ruppe, mentre Nancy prese a sparare. Una sagoma nera ricadde sul terreno: era un democane.
Isabel si accovacciò per toccarlo, ignorando la stretta di Steve al braccio. Allungò la mano, affondandola nella pelle viscida e puzzolente; lo scosse, anche se era pericoloso. Non sentiva nulla. Era morto.
Guardò in alto, tutti la stavano osservando. "
"Morto..." riuscì a dire, prima che un click si diffuse nella stanza. Gli sguardi si calamitarono sulla porta, che, senza alcuna spinta, prese ad aprirsi lentamente.
Isabel rimase accovacciata, nonostante il forte dolore alla ferita. La stretta di Steve si attenuò, divenendo più un tocco.
Un'altra sagoma nera avanzò, con lentezza, all'interno della sala. A Isabel mancò ancora una volta il respiro, spalancò gli occhi e si alzò di scatto. Non poteva essere vero, ma lo era. Undici era di nuovo lì tra loro. Alzandosi in fretta, per poco non cadde, ma Steve la resse, poggiando una mano sulla sua schiena. Più tardi l'avrebbe ringraziato.
Fissò la ragazza, ogni suo movimento e ogni sua espressione erano cambiate, ma nel profondo riusciva ancora a vedere l'ingenua e sperduta ragazzina che tanto aveva cercato. Lasciò che i ragazzi si avvicinassero per primi a lei, poi goffamente si fece avanti, abbandonando l'appoggio del ragazzo.
La toccò, afferrandole una mano: era viva; sentiva il calore della sua pelle ed il leggero pulsare delle vene sul suo polso. Alzò lo sguardo incontrando i suoi occhi, sentendo i suoi diventare specchi lucidi e rossi. "Mi dispiace..." borbottò, tirando su con il naso "mi dispiace" l'abbracciò, poggiandosi a lei per non cadere. Iniziò a singhiozzare, sentendo la sua forza svanire lentamente. Si sentiva fragile, ma per una volta non aveva paura di mostrarlo. La ragazza la strinse a sé, chiudendo gli occhi ed inspirando.
"Mancata..." borbottò, tra le braccia di Isabel, mentre quella smise di singhiozzare.
"Anche tu mi sei mancata, Undi..." sorrise, tirando ancora su con il naso e guardando negli occhi dell'altra. Era cresciuta e molto. Sorrise, ma la ragazza non la stava più guardando.
"Ferita..." indicò la sua gamba, fissandola perplessa.
"Oh, sì..." se ne ricordò lei "non preoccuparti, andrà meglio... guarirà, come tutto il resto..." borbottò, sorridendole ancora, con le guance bagnate dal pianto "Bentornata" sussurrò, infine.
* * *
Isabel era seduta su una sedia, cercando d resistere al dolore, aumentato a causa del grande sforzo fatto. Andava già meglio, ma le voci continue di Hopper e degli altri non facevano altro che peggiorare le cose.
"Ragazza, tu andrai con loro?" entrò los sceriffo nella stanza, indicando Jonathan e sua madre.
"Io... e perché sentiamo?" sbuffò, non voleva abbandonare i ragazzi, non adesso che li sapeva tutti al sicuro. Senza accorgersene, ognuno nella sala aveva fissato lo saguaro su di lei.
Hopper cercò di mantenere la calma: quella ragazza doveva sempre lamentarsi.
"Andrai con loro, perché sai la strada, ok?!"
"Come?!"
La voce di Mike invase la stanza; la ragazza si voltò a guardarlo: non credeva alle parole dell'uomo.
"Non è come sembra..." provò a controbattere, ma era tardi.
"Tu-tu sapevi, tu mi hai mentito come lui!" le gridò contro il ragazzo, con le lacrime agli occhi.
"Ehi, ehi calmiamoci!" si intromise Steve, cercando di fermare il giovane.
"Mike... io non potevo..."
"Tu me l'hai tenuto nascosto, da quando... dimmi da quanto lo sapevi?"
Isabel abbassò lo sguardo a terra, non aveva più senso mentire.
"Da ieri..."
"Da ieri?! E-e perché non me l'hai detto, perché?!"
"Mike..." chiamò qualcuno, ma il viso del ragazzo fumava di rabbia, non si poteva più tornare indietro.
"Perché... perché non potevo... io non potevo"
"Ho chiuso... con te, Isabel... chiuso"
Si voltò, sbattendo la porta alle sue spalle, lasciando dietro di sé una scia di sguardi sorpresi.
Steve alzò le mani in segno di resa, poggiandosi al tavolo, poco distante dalla sua sedia.
"Scusate..." si alzò Isabel, uscendo dalla cucina e dirigendosi all'esterno.
Non ce la faceva più. Segreti, segreti e ancora segreti. Patti, promesse. Basta! Misteri, morte, insulti, ricordi. Basta! Basta...
Camminò abbastanza lontano, poi si accasciò a terra, in silenzio. Era troppo stanca per piangere.
* * *
Tutti avevano un incarico, perfino Isabel era riuscita ad ottenere quello che voleva; Hopper aveva ceduto e finalmente era riuscita a convincerlo a farla restare con i ragazzi.
La ragazza si era ripresa, era tornata dentro, ma senza più rivedere Mike. Avevano chiuso, giusto?
Mentre tutti gli altri erano pronti per andare, lo sceriffo aveva trascinato lei e Steve poco dietro la casa. Nulla andava mai bene per lui.
"Ascoltatemi bene voi due" li indicò, tenendo una mano nella tasca.
Steve era al suo fianco, probabilmente più serio di lei, che stava quasi per mettersi a ridere. Non capiva tutta quella serietà, il loro compito era semplice: rimanere nascosti fino a quando tutto non fosse finito. Proprio come l'anno prima, solo che quella volta lei non lo aveva rispettato. Ma sarebbe stato diverso; sì, era cambiata.
"Non dovete uscire per nessun motivo, primo; non dovete dare ascolto ai mocciosi, secondo; non dovete, per nulla al mondo, lasciarli soli, terzo; e quarto..." punto il suo dito verso il ragazzo "considero te al comando"
Isabel strabuzzò gli occhi: "Perché?" esclamò, mentre l'espressione di Steve si fece divertita. Lo fulminò con un'occhiata: non c'era nulla da ridere.
"Perché..." sorrise Hopper "perché non riesci nemmeno a reggerti in piedi, ecco perché... perché sei come quei mocciosetti, pensi troppo, immagini troppo... ecco perché, ragazza!"
Sì, era vero, era come loro. Ma proteggerli era il suo obiettivo e se seguirli avrebbe compromesso la loro incolumità, beh, non l'avrebbe fatto. Sì, ne era sicura.
"Ascolti, io-io so di essere come loro..." Steve rise, ma lo ignorò "si, sono come loro... sono seria... se dovessero essere in pericolo, se uscire o fare qualsiasi altra cosa vorrebbe dire esporli tutti quanti al pericolo... non lo farò, non lo farei per nulla al mondo..." concluse, sperando di essere stata convincente. Tornò sui suoi passi, accorgendosi solo in quel momento di essersi sporta avanti verso lo sceriffo. Lo osservò: era impassibile; mentre l'espressione di Steve, al contrario, era un misto di sorpresa e contegno.
"Allora... le ricordo che i genitori sono due solitamente?" chiese lei, incrociando le braccia sul petto.
"Questo non è un gioco, ragazza, e poi è tardi" disse Hopper, cercando di mantenere un'espressione glaciale. Isabel lo aveva convinto, ma non avrebbe cambiato idea, non così facilmente. "Il comando è ancora tuo ragazzo..."
La ragazza spalancò la bocca, pronta a cacciare fuori una valanga di rabbia, ma prima ancora che potesse iniziare, Hopper parlò ancora: "Mi fido di voi".
Lo sceriffo se ne andò, avviandosi verso il resto del gruppo, lasciando i due, sorpresi, dietro alla casa. Isabel si voltò e lo stesso fece il ragazzo.
"Strano, ma giusto..." alzò le spalle Steve, con indifferenza.
"Ammettilo sei sorpreso anche tu..."
Isabel lo guardò, era chiaro che stesse fingendo.
"Nah... ora al lavoro, ti ricordo che comando io" disse il ragazzo, facendo l'occhiolino e voltandosi.
La ragazza sbuffò: "Sul serio... pensi davvero che ti ascolterò..." sorrise affiancandolo, facendo scontrare leggermente le loro braccia. Sussultò a quel contatto, era la prima volta che osava così tanto con lui, con una persona in generale, in verità. Sorrise: dopo tutto non erano così male.
"Magari è la volta buona..."
"Contaci..." rispose, ed entrambi presero a sorridere, avviandosi all'interno della casa.
Era tutto pronto.
·˚ ༘₊· ͟͟͞͞꒰➳ salve a tutti, finalmente sono riuscita a pubblicare un altro capitolo di questa storia, vi è piaciuto? La seconda stagione è agli sgoccioli, un saluto.
MaryInes_
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