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#.15 problemi in paradiso



CAPITOLO QUINDICI
" problemi in paradiso "
— 𝒂𝒄𝒕 𝒕𝒘𝒐



UNA PROFONDA OSCURITÀ velava il paesaggio al di fuori della finestra, un'atmosfera cupa che si rispecchiava sul viso di Isabel. Non aveva aperto bocca dopo quello che era successo, se non per suggerire ai ragazzi la sequenza in codice Mors per S.O. S. Lo sapeva: la vera Isabel Henderson si sarebbe impegnata di più, facendo di tutto per tirarli fuori da lì. Vergognandosi di mostrarsi tanto debole, si era rintanata lontano da tutti.

Una lacrima scese sulla sua guancia. La spazzò via con la manica del maglione. In quel momento, un odore acre si presentò alle sue narici. Abbassò lo sguardo, osservando il sangue di Sam che aveva macchiato tutta la stoffa. Velocemente si sfilò quell'indumento, gettandolo a terra. Rabbrividì. La bocca si piegò in una smorfia, mentre le lacrime presero a scendere copiosamente. Nascose la testa nel guscio ossuto delle sue braccia, sperando di trovare un po' di pace.

"Isabel" sentì una voce poco distante. La ignorò.

"Isabel" riconobbe Steve. A quel pensiero alzò il viso e, incrociando quella figura, desiderò solo fiondarsi tra le sue braccia. Poi, si ricordò di quello che era accaduto: lui l'aveva baciata. Certo, era stato un gesto impulsivo, per portarla via da lì e — forse — in quel contesto anche "di poco conto". Isabel, però, era una corda tesa e bastava poco a farla irritare.

Non lo capiva più. Steve non faceva altro che confonderla. Cosa voleva da lei? Che cos'era per lui?

"Come stai?" chiese quello, avanzando di qualche passo. Non l'aveva mai vista così.

"Mi hai baciata" disse lei, continuando a pensare tra a sé e sé. Rivolse lo sguardo alla finestra, tenendo fissi gli occhi sul flebile riflesso del ragazzo.

"Isabel, come stai?" chiese lui, con fare preoccupato. Allungò una mano, poggiandola sulla spalla della ragazza. Non fece in tempo a sfiorare la sua pelle, che quella si ritrasse.

"Perché?" domandò la ragazza, guardando fisso nei suoi occhi.

Perché le interessava? Sì, l'aveva baciata per portarla via da lì. Insomma, avrebbe fatto di tutto per non lasciarla in quel posto. Il punto era: c'era altro dietro al semplice volerla proteggere?

Isabel scese bruscamente dal ripiano della cucina, come se le stesse stretto.

"Io non capisco" borbottò tra sé e sé, facendo qualche passo.

"Isabel, vieni qui" disse piano Steve, tentando di nuovo di avvicinarsi. Non sopportava vederla così, non voleva farla agitare ancora.

"No!" esclamò, scansandosi in fretta, "basta! Basta con tutto questo" lo guardò negli occhi.

Una crepa si delineò sul volto di Steve: cosa stava dicendo? Il terrore per ciò che quelle parole potessero voler dire lo afferrò per la gola.

"Cosa?" riuscì a mormorare a stento.

"Tutto, Steve" rispose lei, passandosi entrambe le mani sugli occhi, doloranti per il troppo piangere, "da quel bacio, l'estate scorsa, è stato tutto un casino. È sempre un casino tra noi! Basta..."

Un'altra ferita. Davvero lo stava dicendo? Non poteva crederci. Forse era solo talmente devastata da voler allontanare ogni cosa da sé? O da voler allontanare ogni altra forma di dolore? Lui era una forma di dolore?

Però aveva ragione. Nell'ultimo periodo era davvero stato tutto un casino: anche se a distanza, non avevano fatto che influenzarsi a vicenda. Steve lo sapeva bene: tutto l'hanno a cercare qualcuno per "sostituirla". Sì, era stato snervante. Poi, eccoli di nuovo insieme. Dio, se le era mancata, se n'era reso conto solo rivendola lì a ronzargli intorno.

Non voleva lasciarla andare, ma ancora di più non voleva perderla. Mai se lo sarebbe perdonato. Se spazio era quello che voleva gliel'avrebbe dato, se era tempo anche, tutto pur di non perderla per sempre. Per una volta, avrebbe messo da parte la sua testardaggine, la sua dannata voglia di prenderla di nuovo tra le braccia e baciarla ancora, ancora e ancora.

"Oh, okay" rispose lui, poggiando la schiena al bancone.

Isabel alzò un sopracciglio.

"Okay? Tutto qui? Nient'altro, davvero ti importa così poco..." domandò, senza rabbia, solo stupore.

"No, sì, che mi importa" mise in chiaro, "è solo che..." sospirò, "non possiamo parlarne dopo?"

Se solo fosse riuscito ad esprimersi meglio, non era mai stato bravo con le parole.

"E poi finiremo per non parlarne mai, come sempre" roteò gli occhi lei, "senti, Steve, io... abbiamo già abbastanza problemi. Questa cosa non fa che crearcene, crearmene altri. È meglio... darci un taglio"

Steve percepì una crepa fendere il suo cuore. Fece per rispondere, per ribattere a tono, andare contro quella stupida decisione, ma... dannazione, doveva rispettarla.

"Steve... di qualcosa" disse Isabel a bassa voce. Forse stava esagerando, ma i freni della sua lingua avevano smesso di funzionare. "Ti prego..."

"Sì, un taglio" improvvisò lui, per niente convinto, "se è questo che pensi sia meglio"

"Tu cosa pensi?"

Si morse la lingua, la guardò e poi abbassò sguardo.

"Va bene! Penso sia una stronzata, la più grande che abbia mai sentito!"

No, non era da lui essere così accondiscendente, non se si trattava di starle alla larga. E per quanto? Giorni, anni? Forse stava sbagliando e l'avrebbe allontanata ancora di più, ma non poteva accettare tutto senza battere ciglio. Steve Harrington non poteva.

"Bene" rispose lei, sollevata per aver avuto una risposta, "allora, quale sarebbe la soluzione?"

"Tutto, ma non questo. E poi potresti essere più chiara con 'darci un taglio'?" domandò, alzando la voce e staccandosi dal ripiano.

"Proprio non ci riesci..." rise nervosamente lei.

"Cosa? A fare cosa?"

"A non seguire sempre i tuoi stupidi capricci. Mamma, voglio questo. Certo, Steve, subito. Poi quell'altro e un altro e un altro ancora. Tutto quello che vuoi, mentre gli altri se ne vanno a puttane"

"Ah, ora è colpa mia?"

"L'hai detto tu" alzò le mani.

"O forse è anche tua. Pensi mi sia divertito tutti questi mesi?"

"Beh, viste le file di ragazze, direi di sì" incrociò le braccia, "sempre così egocentrico"

"Testarda"

Senza accorgersene a separarli era poco più di un filo d'aria. Era da anni che non litigavano così. Eppure anche in quelle parole, per quanto dolorose, c'era qualcosa ad avvicinarli. Come se, colpendo l'altro, una parte di sé si sentisse involontariamente in colpa. Così giocavano con quel veleno, addolcendone ogni goccia con uno sguardo in più, un lieve sorriso o anche solo il tono della voce. Per quanto provassero a graffiarsi, qualcosa in loro faceva ritrarre quegli artigli all'ultimo. Farsi male era compito del mondo, non loro.

Rimasero a guardarsi, mentre la loro presunzione li impediva di riabbracciarsi e farla finita.

"Problemi in paradiso?" domandò Eddie, entrando tranquillamente dalla porta della cucina.

Entrambi i ragazzi si voltarono nella sua direzione.

"Divertitevi" borbottò Isabel, approfittando della situazione per uscire dalla stanza.

"Ho rovinato tutto vero?" disse con una smorfia preoccupata Eddie.

"Lascia stare" lo superò Steve, andandosene fuori da quella casa.

* * *

IL SEMINTERRATO DI CASA WHEELER non era mai stato così poco confortevole. Isabel conosceva bene quel posto: non contando tutte le volte che vi era stata da ragazzina, aveva passato lì le sue ultime notti. Nel Sottosopra, però, quel posto aveva tutt'altro aspetto.

Oltre alle ragnatele da ogni parte, il terreno era ricoperto da liane nere. Un'aria tetra filtrava dalla finestrella, priva di vetro e dalla tenda fatta a brandelli.

Isabel era rimasta seduta sull'ultimo gradino. Fissava lo spazio attorno a sé, cercando di trovare conforto nei bei ricordi che conservava lì. Era quello che faceva sempre. Fuggiva dal presente, vivendo nel passato. Aveva fatto in quel modo per anni, talmente tante volte che quell'abitudine non era mai tramontata.

Ad un tratto, un scricchiolio leggero la sorprese alle spalle. Rimase in silenzio, sperando che chiunque fosse se ne andasse.

"Merda!" esclamò la voce di Robin. La sentì scendere le scale e vide poi la sua sagoma posizionarsi a fianco a lei.

"Regalino, offre la casa" disse, porgendole la maniglia che poco prima le era rimasta in mano. Un sorriso veloce si disegnò sul volto di Isabel. Anche se non aveva voglia di parlare, sapeva che un po' di sana compagnia non le avrebbe fatto male.

Robin sorrise a sua volta e lasciò cadere quell'oggetto sul pavimento.

Nessuna delle due disse nulla. Isabel si limitò ad osservare in basso, mentre l'altra ad un sospiro.

"Quello lassù è una testa di cazzo" esordì poi. Aveva sentito la conversazione di quei due — insomma, chi non li aveva sentiti?! — e doveva ammetterlo: forse era anche colpa sua. Aveva seguito il consiglio di Allison: far ingelosire Isabel con la storia di Nancy per "darle una svegliata", ma qualcosa le diceva che era andato tutto storto.

"Dici?" disse ironicamente Isabel, asciugando in fretta una lacrima. Per quanto fosse una testa di cazzo, Steve restava Steve per lei.

"Già, dico. Una testa di cazzo per almeno un centinaio di motivi" proseguì.

"Tipo?"

"Beh, l'aver passato un anno intero a cercare una tua sosia piuttosto che parlarti direi che è uno, no?"

Isabel rimase in silenzio. Perché le stava dicendo tutto questo? Fino a poco fa non era stata lei a spingere Nancy nelle braccia di quel ragazzo?

"Poi il fatto che faccia altro che parlare di te al negozio, che-"

"A che gioco stai giocando?" domandò Isabel, cambiando tono di voce.

"Che?" disse Robin perplessa, "nessun gioco, dico la verità. Quello stupido bamboccione ti viene dietro da almeno due anni. È ovvio!"

"Bene. E con questo?!"

"Ti può sapere che ti prende?"

Isabel si passò le mani sul viso: non ne poteva più di questa storia.

Robin allungò una mano e gliela poggiò sulla spalla: "Isabel, io..." sospirò, "so a cosa stai pensando, non sei una stupida. Allison mi ha detto che sarebbe stata la cosa giusta-"

"Allison?" la interruppe Isabel.

"Sì, pensava che facendo ingelosire te, beh, ti saresti decisa a mettere in chiaro le cose con Steve. Sai, darti una svegliata"

Isabel iniziò a ridere nervosamente.

"Tua sorella si diverte a giocare, eh. A pensare che... che siamo tutti personaggi del suo spettacolo. Da manovrare e usare come vuole" sbottò, "di a tua sorella che ha rovinato tutto. Anche la nostra amicizia" concluse bruscamente.

"Isabel, lei... voleva solo aiutare" provò a dire Robin.

"Va' via" aggiunse l'altra ragazza.

"Isabel"

"Ho detto va' via" ripetè, alzando leggermente la voce.

Robin questa volta ubbidì, alzandosi e lasciando quel posto. Fu allora che Isabel scoppiò a piangere. Aveva sempre odiato quella parte di sé: quella capace di allontanare tutto e tutti. Sam era morto, Steve se n'era andato e così Allison e Robin. Non aveva più nessuno, proprio come all'inizio di questa storia.




𝒂𝒖𝒕𝒉𝒐𝒓'𝒔 𝒏𝒐𝒕𝒆 . . .

dopo non so quanto tempo ce l'ho fatta! ecco un altro capitolo, spero possa piacervi. nel frattempo come vanno le vacanze (se siete in vacanza)?
volevo anche dirvi che (se riuscirò a finire presto questa stagione) vorrei procedere con una revisione di tutta la storia, ripubblicando capitolo per capitolo (e aggiungendo dettagli). fatemi sapere come ne pensate.

un abbraccio <3

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