#.12 thriller night
𝐂𝐀𝐏𝐈𝐓𝐎𝐋𝐎 DODICI
" thriller night "
— 𝒂𝒄𝒕 𝒐𝒏𝒆
ISABEL SAPEVA CHE NON CE L'AVREBBE FATTA. Questo pensiero le riempiva la testa, più dell'acqua nei suoi polmoni. Non avrebbe resistito a lungo. Era il momento decidere: Steve o la sua vita.
Si sentì così stupida. Perché quella paura? Sempre pronta ad afferrarla messo piede fuori casa, pronta a farle lo sgambetto come i bulli nei corridoi. Quella compagna con uno strascico di rimorsi. Ora Isabel avrebbe dovuto farci i conti.
L'istinto fu più forte e si spinse leggermente in superficie con un colpo di gambe. Che stava facendo? Voleva lasciarla vincere?
La vista si fece più sfocata, rendendo indistinguibile anche la poca luce della luna che penetrava oltre la superficie del lago. Sentì un'altra fitta alla gamba che iniziò a regolarizzarsi come una pulsazione. Qualcosa o qualcuno le voleva indicare la sua presenza, ne era sicura. Un segnale, una connessione. Spiderboy.
Quel bambino era riuscito sempre a trovarla, a raggiungere la sua frequenza. Questa volta, però, sarebbe stata lei a chiamarlo. Se quel ragazzino aveva davvero qualcosa a che fare con Vecna, come lei lo aveva aiutato, anche lui avrebbe dovuto fare lo stesso, ricambiando il favore — almeno sperava. Era così assurdo pensare di farsi aiutare dal nemico, ma non aveva altre idee.
Ripensò intensamente al momento del loro primo incontro, poi alla biblioteca e, infine, alla sua foto sulla pagina di giornale. L'immagine di Spiderboy si fece più distinta.
"Aiuto" bisbigliò nella mente. Dio, non credeva l'avrebbe mai detto, soprattutto ad un mostro del Sottosopra.
Proprio quanto l'aria era ormai finita, il dolore alla gamba aumentò e qualcosa le afferrò saldamente la caviglia. Un secondo dopo si ritrovò trasportata giù, sempre più giù. La sua vista era appannata, ma fu in grado di percepire una forte luce rossa: il portale.
Improvvisamente sentì l'asciutto avvolgerle prima i piedi, poi il resto del corpo. L'aria riempì di nuovo i suoi polmoni, lasciandosi dietro qualche colpo di tosse. Le gocce d'acqua le caddero dagli occhi e riprese a vedere abbastanza chiaramente: si trovava in una landa piena di liane, simile a quella che ancora la stava trasportando lungo tutto il terreno.
"Isabel!" esclamò una voce fin troppo familiare.
"Ehi, ehi, grazie, ma adesso basta" cercò di dire la ragazza, provando a staccare quella pianta dalla sua caviglia, visto che ancora la stava trascinando, "ehi, ehi, basta!" pronunciò più bruscamente. Il rampicante si fermó, proprio come un bambino dopo un rimprovero, e tornò indietro dov'era venuta.
Spiderboy l'aveva ascoltata, Vecna le aveva appena salvato la vita. Perché? Certo, aveva ricambiato un piccolo favore, ma era strano pensare che un mostro come lui fosse così giusto e, in un certo senso, buono.
"Non credevo fossi anche babysitter di piante mostruose!" rise leggermente Steve, porgendole una mano per rialzarsi.
"Sono sempre una sorpresa, lo so" borbottò lei, alzandosi da sola. Si era già fatta dare una mano abbastanza oggi.
Lui non disse nulla e si limitò a scuotere la testa divertito. Il nodo in gola per la tensione che aveva si sciolse: era sollevato nel vederla lì. Certo, non poteva essere sicuro che Isabel sarebbe stata al sicuro, ma lui avrebbe fatto il sicuro affinché fosse così.
La ragazza iniziò a strizzarsi i vestiti zuppi d'acqua. Poi, si accorse che lo sguardo di Steve non stava perdendo nemmeno un suo movimento.
"Sono così interessante?" borbottò, alzando un sopracciglio nel guardarlo.
Lui si fece leggermente imbarazzato e passò una mano tra i suoi capelli bagni. Senza accorgersene, anche Isabel iniziò a fissarlo, mordendosi il labbro inferiore: cosa le prendeva? Dustin le avrebbe sicuramente detto che era tutta colpa della sua malattia. La malattia che la rendeva così vulnerabile davanti a Steve, ad ogni sua parola o sguardo.
"Ah, ora dovrei farti la stessa domanda" rispose lui, notando quel leggero cambiamento in Isabel. Fin da subito le era sembrata sollevata, ma adesso c'era qualcosa di più, pareva imbambolata.
"Sicuro che non sia il tuo ego, Harrington?" fece un passo verso di lui, poggiando un dito sotto il suo mento. Oggi il suo istinto non voleva proprio contenersi.
Steve rabbrividì a quel contatto: "E tu sicura che non sia la mia bellezza. Sembravi... estasiata"
"Abbiamo ampliato il vocabolario, vedo?"
"Per te questo e altro" disse fingendo una punta di ironia, ma era tutto vero: per lei avrebbe fatto qualsiasi cosa.
"Beh" scosse la testa, abbassando la mano, ma mantenendo la vicinanza, "siamo qui... di nuovo"
"Io e te"
"E il Sottosopra" aggiunse lei.
"Manca solo una cosa i-"
"I mostri"
Lui scosse la testa: "L'hai fatto di nuovo"
"Cosa?" finse di non sapere, portando nel mentre lo zaino davanti a sé ed aprendolo.
"Interrompere. Io volevo dire i ragazzi"
"Ah, andiamo, pensavo ti fossi abituato" estrasse da lì una bomboletta di deodorante, chiudendolo e portandolo di nuovo sulle sue spalle, "insomma, lo faccio sempre"
"E io te lo dico sempre"
"Vero, mamma" rise lei con lui. Sembrava assurdo: bloccati in quel posto continuavano a ridere, come se fosse tutto normale. La verità era che c'erano già passati e sapevano che loro due insieme se la sarebbero cavata.
Improvvisamente un'ombra passò sulle loro teste. Entrambi alzarono lo sguardo, mentre Steve afferrò prontamente da terra un remo. Era stato tutto fin troppo tranquillo.
"Nuova specie" sussurrò Steve, stando allerta. Schiena contro schiena, i ragazzi si guardavano intorno, ma tutte quelle nuvole grigie rendevano difficile vedere oltre.
"Pipistrelli" affermò Isabel prima che il respiro le si congelasse in gola e la gamba iniziasse di nuovo a pulasare.
Una nuova nuvola più nera e densa apparve qualche metro sopra di loro: uno stormo di immensi pipistrelli minacciava di planare su di loro. Così fecero.
"Giù!" esclamò Steve, quando uno passò sopra di loro. Era solo l'inizio.
Qualche secondo dopo scesero giù tutti quanti, sciogliendo la loro formazione, e cercando di aggrapparsi ai due ragazzi. Steve ne colpì uno con il remo, ma quello si spezzò. Decise di gettarlo a terra: avrebbe continuato a mani nude.
Isabel, invece, non era impreparata: con il suo accendino e la bomboletta mirò dritto davanti a sé, chiuse gli occhi e in un click una grande fiamma avvolse il pipistrello.
"Wow" esclamò Steve, spalancando la bocca. Oggi quella ragazza non faceva che stupirlo. Era incredibile, lei era incredibile.
"Non sorprenderti troppo, abbiamo tutta la famiglia contro"
"Sì, capo"
"Mhm, mi piace" disse lei, a quel soprannome.
"Non" afferrò un pipistrello con le mani, strappandogli parte di un'ala, "non farci l'abitudine"
Mostro dopo mostro, non c'era duo più forte a combattere quelle creature. Schiena contro schiena, si coprivano le spalle a vicenda. Eppure, ogni ferita al pipistrello, la gamba di Isabel pulsava di più, come se anche lei fosse colpita. Era debole, ma ci voleva molto di più per farla arrendere.
"Ehi, ragazzi!" sentì una voce da lontano. Abbassò la bomboletta, fermando la fiamma: in lontananza, anche loro completamente bagnati, erano appena arrivati anche gli altri ragazzi, i loro rinforzi.
"Isabel!" sentì poi, ma era tardi. Un forte dolore le colpì le spalle, facendola cadere a terra.
Gridò, cercando di staccare quella grande macchia nera attaccata alla sua carne. Sentiva i denti di quel mostro sprofondare nella sua pelle, mentre un liquido caldo scorreva lungo il suo corpo: sangue.
Urlò con tutta la sua voce. Due artigli si conficcarono nella sua schiena: il pipistrello si era appena ancorato a lei. Poi uno strappò, la sua pelle che si alzava, il cuore che batteva all'impazzata e la testa che girava. Qualcuno lo aveva tolto da lì, ma aveva tirato via con sé anche parte della sua carne. Il dolore era aumentato, il sangue sgorgava più di prima. Aprì gli occhi: tutto ruotava, tutto sfocato.
"Upside-down" risuonò nella sua testa, ormai senza alcuna logica, "would you turn me inside-out" continuò a sentire. Forse quella era la fine della storia: la stramba Henderson morta per una stupida distrazione, morta in mezzo a tutti quei mostri, quelli che da sempre aveva ammirato e studiato, quei mostri così simili a lei, diversi dal normale. Chiuse gli occhi.
Fu così che anche per Steve calò il buio. Tutto intorno a lui smise di esistere, quando si inginocchiò sul corpo di Isabel. Con il fiato corto, poggiò il busto della ragazza tra le sue braccia. Chiamò il suo nome una, due, tre, quattro, troppe volte senza risposta. Ogni silenzio lo uccideva dentro. E se... no, no, non poteva essere. Così la chiamava ancora e ancora, senza accorgersi delle lacrime sul suo viso. Non si era mai sentito tanto fragile, svuotato di tutta l'aria nei polmoni e privo della terra sotto i piedi.
* * *
"SI STA SVEGLIANDO!"
Fu la prima cosa che sentì, prendendo di nuovo coscienza. Cos'era successo? Il dolore alla spalla glielo ricordò.
"Dio, era l'ora!" percepì la voce di Allison a poca distanza, "Sai Isabel, hai battuto gli opossum nel fingerti morta"
"Allison..."
"Che c'è?! Sono bravi attori!"
Strinse gli occhi, aprendoli lentamente. Ricordava il Sottosopra, i pipistrelli e la storia di Vecna, ricordava tutto come un grande incubo. Magari era stato solo quello e si sarebbe svegliata in camera sua, scoprendo di aver battuto la testa cadendo dalla bici. Presto, però, capì che non era così: la luce non era quella di casa, appariva scura, come se il sole – se mai ce n'era uno – non avesse più voglia di brillare e di scaldarli.
"Buongiorno" borbottò, ancora stordita per quello che era successo.
"Come stai?" domandò subito Steve, che già da un po' teneva la sua testa poggiata sulle gambe.
"Mhm, sottosopra" ammise lei, con un leggero sorriso sulle labbra.
"Vuoi farci pentire di averti salvata?" rispose lui, roteando gli occhi. Sentì un leggero brivido, quando gli occhi di Isabel si poggiarono sui suoi. Aveva temuto il peggio, era inutile nasconderlo. Fino a quel minuto prima non faceva che pensare a cosa avrebbe fatto se non avesse più visto quegli occhi blu riaprirsi. Spostò una ciocca dei capelli biondo cenere della ragazza a lato del suo viso. Poi, fece per parlare, ma venne interrotto.
"Andiamo, Steve. Tocca a te" disse Nancy. Ne aveva abbastanza di quei due: lo volevano capire che erano bloccati in una dimensione piena di mostri? Prima aveva medicato Isabel ed ora avrebbe fatto lo stesso con Steve — un modo anche per stargli più vicino.
"Dagli un attimo, dolcezza" si intromise Eddie. Non era il tipo da stare zitto davanti alle ingiustizie. Insomma, Steve era stato paralizzato dalla paura di perderla fino a poco prima, aveva bisogno di un attimo per riprendersi nel sapere che era tutto era ok, che lei lo era.
"Dolcezza?" alzò un sopracciglio Allison, voltandosi verso di lui.
"Perdono, mia regina" rispose il ragazzo, accennando un lieve inchino e facendo ridere entrambi.
"Che è successo?" domandò nel frattempo Isabel.
"Ti ha colpita uno di quei cosi, sei caduta a terra e poi hai perso i sensi" raccontò Steve, continuando a guardarla.
"Figo"
"Isabel, non dovevi scendere" alzò la voce Steve, con una vena di rabbia.
"Bello, ti ha salvato il culo, dovresti ringraziarla" proruppe ancora una volta Eddie. Non sapeva perché, ma Steve non riusciva a sopportarlo certe volte.
"E tu ringraziare che ancora non ti abbia colpito, Munson" rispose a tono l'altro, voltando lo sguardo nella sua direzione.
"Uh, minaccioso" alzò quello le braccia, facendo muovere le mani come preso dalla paura.
"Non andranno mai d'accordo?" domandò Allison all'amica, di certo non sorpresa dal vedere quella scena.
Isabel sorrise: "Magari un po' di Sottosopra li farà bene. Strano da dire, ma ha un effetto... terapeutico sulle persone". Mentre pronunciava quelle parole abbassò lo sguardo sul suo corpo: parte del collo, tutta la spalla ed infine un po' di braccio erano coperti da bende bianche macchiate un po' di rosso. Continuò a far vagare gli occhi, rendendosi conto che il suo maglione azzurro e la sua maglietta erano spariti; sulla parte superiore del corpo non le restava altro che il reggiseno. Bruscamente alzò la schiena, mentre le guance le si colorarono sempre di più.
"Dovresti vedere la tua faccia?" rise Allison, notando tutta la sua agitazione.
"Non-non è divertente" borbottò lei, "dammi la maglietta". Isabel era abituata ad essere presa in giro per tutto, figuriamoci per il fisico. Non c'era mai nulla che andasse bene per gli altri e, presto, era diventato così anche per lei. Ogni giorno allo specchio assieme ad un nuovo brufolo spuntava anche un altro difetto.
"Oh, non chiederla a me..."
"Che succede?" domandò Steve, distratto fino a quel momento, "stai giù, Isabel"
"La mia maglietta" ripetè, cercandola intorno a sé con la vista ancora offuscata. Allora fece per alzarsi, ma le mani di Steve sulle sue spalle la fermarono.
"Ehi, Ehi, chissene importa della maglietta" disse lui, facendole ruotare leggermente il viso verso di lui, seduto leggermente dietro. A quell'affermazione, Robin lo guardò con un sorrisino malizioso, mimando con le labbra "poppe". Dio, com'era stupida certe volte. In effetti, però, non aveva tutti i torti: troppo preso da quello che era successo non si era soffermato a guardare il corpo di Isabel. Poi, sollevato, doveva ammettere di averlo fatto, arrossendo anche lui leggermente. Era bella, anzi molto molto di più. Magari per la gente ci sarebbe stato da discutere su questo, come per il fatto che di seno ne aveva poco, ma per lui non era così. Per Steve non c'era nulla in grado di non lasciarlo a bocca aperta.
"Eccola" disse poi Sam, interrompendo il momento e passando la maglia all'amica.
Isabel l'afferrò velocemente per coprirsi. Sentì un leggero dolore alla spalla, ma lo sopportò pur di non rimanere ancora senza nulla addosso. Poi, tentò di alzarsi di nuovo.
"Ehi, Isabel, cos'ho detto"
"Sto bene"
Fu sulle sue gambe: non era stato così difficile. Appena tirò su lo sguardo, tutto iniziò a vorticare e anche lei prese a farlo. Sia Steve che Sam si fiondarono sulla ragazza per sorreggerla.
"Lasciatela fare voi due" esclamò Nancy, che aveva finito di sistemare il necessario per medicare Steve.
Isabel sbatté le palpebre più volte e fece un piccolo passo avanti, simile ad un neonato che impara a camminare.
"Ok, dove si va?" esclamò, poi, entusiasta, poggiando entrambe le mani sui suoi fianchi, mentre i due ragazzi smisero di sorreggerla.
"Da nessuna parte, Steve deve ancora farsi medicare" si alzò da terra Nancy, avvicinandosi a lui, "Avanti su le braccia"
Isabel smise in fretta di ascoltare ciò che stava accadendo. Era facile per lei ignorare i problemi, lo aveva fatto per tutta la vita, ma quel dolore adesso glielo impediva. La testa iniziò a girarle di nuovo e fu costretta ad accasciarsi sulle pareti della grande roccia vicino a dove si trovavano.
Chiuse gli occhi, li strinse. Faceva davvero male. "Un'onda" pensò, "colpisce, poi va via. Via" si convinse e riuscì a sopportare. Ma, quando li riaprì, una fitta più forte le fece rivoltare lo stomaco. Steve era di fronte a Nancy, braccia alzate, non perdeva nessun movimento della ragazza. Osservò meglio la scena: bastava anche non vederli che l'elettricità nell'aria era evidente, tanto da fulminare il cuore di Isabel, iniziando a sgretolarlo in piccoli pezzi. Le vecchie fiamme che mai si sarebbero dovute spegnere. Forse Robin aveva ragione. E Isabel sapeva che, se davvero fosse stato così, avrebbe bruciato con loro, ma non per amore.
"Tutto ok?" domandò Sam, notando che qualcosa non andava.
Lei nemmeno si era accorta della sua presenza del ragazzo al suo fianco. Tutti lo chiamavano Fantasma Wilkinson proprio per questo, ma a Isabel piaceva immaginarlo come un angelo custode. Eppure in quel momento il dolore che reprimeva dentro prese parola.
"Sì" rispose bruscamente, "alla grande" rimase impassibile, guardandosi poi la spalla.
"Isabel..."
"Che c'è?" tagliò l'aria con le sue parole, voltandosi verso Sam. Che stava facendo? Improvvisamente quella ragazzina che chiudeva con sé nel bagno di casa tutti i problemi prese il controllo.
"Nulla" rispose lui, abbassando gli occhi. Si alzò in piedi: forse aveva sbagliato il momento. Voleva aiutarla, ma aveva rovinato tutto, pensava.
"Sam" cercò di chiamarlo Isabel, ma lui continuò ad allontanarsi.
Perché aveva risposto così? Cosa stava diventando?
* * *
EDDIE PROCEDEVA NEL BOSCO senza accorgersi di star saltellando. Forse era l'adrenalina, ma non si era mai sentito così. Era come se tutte le avventure combattute su un tavolo da gioco avessero preso vita. Certo, era pericoloso, ma allo stesso tempo aveva la sensazione di star riempiendo quelle ore con qualcosa di significativo. Non droga, non musica spazzatura, non pisolini, ma vera vita.
Guardò gli altri: Allison parlava con Sam, mentre Nancy assieme a Robin e Steve si faceva strada davanti a tutti. Isabel, invece, era sola. A testa bassa e con le braccia strette al petto, procedeva a fatica per via della gamba. Eddie si avvicinò, sentendo che canticchiava qualcosa: avrebbe riconosciuto quella canzone tra mille.
"Ehi, Henderson" la chiamò, affiancandola con una breve corsetta.
"Ehi" rispose lei, tenendo ancora le braccia serrate al petto.
"Sbaglio o era Thriller"
"L'atmosfera mi sembra quella" tagliò corto lei, continuando ad evitare lo sguardo dell'altro. Eddie poteva giurare di averla vista piangere, ma non lei non l'avrebbe mai ammesso.
"Volevo dirti che sei stata pazzesca" decise di confessare, "Sembravi un drago sputafuoco, tutte quelle fiamme, i pipistrelli che rotolavano a terra. Dio, wow. E poi, non preoccuparti troppo per quello" indicò la sua spalla, attirando la sua attenzione, "Avrai una bella cicatrice da battaglia. Sarai una leggenda al prossimo incontro di D&D" fece un leggero occhiolino.
"E cosa ti fa crederò che ci verrò?" domandò lei, alzando scherzosamente un sopracciglio.
"Chi non vorrebbe venire?! Ah, giusto tu" pronunciò con una punta di amarezza.
Ricordava bene il giorno in cui, il primo anno dell'Hellfire Club, le aveva chiesto di partecipare. Sarebbe stato un sogno poter fare una campagna con lei, considerata la miglior giocatrice di tutta Hawkins. Ma lei aveva rifiutato e senza motivo. Da quel momento, Eddie aveva smesso di invitarla, ancora ferito per quel rifiuto.
"Andiamo, te lo ricordi ancora?"
"Ricordo bene l'unica persona che ha osato rifiutare un invito" alzò leggermente il mento, guardando avanti.
"Non era un bel periodo, ok?" rispose brusca Isabel. Aveva già abbastanza problemi adesso, ci mancavano solo altri fantasmi del passato.
"Oh, andiamo, non ci credo, la miglior giocatrice di tutta Hawkins che non viene perché non era in un bel periodo?"
"Già" affermò lei, guardando fugacemente verso Nancy, poi scosse la testa, "Senti, mi spiace. Quella volta ho... sbagliato"
"Ehi, fa niente" riprese lui. Insomma era passato tanto tempo e aveva tirato fuori quel discorso solo per scherzare.
"Beh, non è stato molto carino, Henderson. Insomma, ti ho odiata per un bel po'. Non capivo come si facesse ad essere così bravi e a non voler partecipare. Forse c'era qualcosa di più" disse, rivolgendo lo sguardo verso Nancy, "tu e la Wheeler non vi sopportate?"
"Lunga storia" concluse bruscamente Isabel, accelerando il passo.
"Abbiamo tutto il tempo" la raggiunse lui.
"Non so come Allison faccia a sopportarti, Munson?"
"Lei sa riconoscere la sua fortuna, al contrario tuo. Ma dicevamo..."
"Nulla. Dicevamo che io e Nancy non ci stiamo simpatiche. Tutto qui"
"Eravate migliori amiche, sbaglio?"
Isabel roteò gli occhi: "Si, ma poi le cose sono cambiate"
"Come tra te e Harringoton?"
"C-cosa? Che c'entra?"
"Andiamo nessuno di quelli come noi ha mai sopportato quelli come lui. Ma tu hai addirittura rischiato la tua vita per quel bellocci prima. E senza pensarci un secondo"
"Ti piacciono proprio gli affari degli altri?" constatò Isabel, non volendo andare avanti con quella discussione.
"Conosci il tuo nemico, Henderson" fece un altro occhiolino.
"E ora sarei il nemico?"
"Magari nella partita di settimana prossima"
A Isabel sfuggì una leggera risata: ci teneva davvero a vederla giocare.
"E va bene, verrò" si arrese.
"Perfetto" esclamò lui, "e ora vorrei ridarle la sua arma, Stella di Earendil" disse in maniera solenne, chiamandola con il nome che usava per le campagne di D&D. Era tanto che non lo sentiva.
Nel frattempo, il ragazzo estrasse dalla tasca dei jeans un piccolo pezzo di metallo, luccicante sotto quella luce della torcia di Isabel. Il suo accendino.
Lei lo prese tra le dita, sorpresa. Tutto quel tempo passato senza il suo fedele alleato e nemmeno se n'era accorta.
"Grazie" disse poi, ma Eddie già si era allontanato, avanzando verso Steve.
Finalmente era riuscito ad ottenere ciò che voleva: Isabel Henderson ai suoi incontri. Una leggenda di D&D a giocare con loro, l'Hellfire club sarebbe stato pieno di gente. Doveva solo aspettare una settimana. Troppo tempo.
Scacciò via quel pensiero. La figura di Steve gli si parò davanti e si ricordò di quello che le aveva detto Allison: avrebbe dovuto darle una mano per smuovere la situazione tra quel ragazzo e Isabel. Così, il piano era quello di far ingelosire quella ragazza per spingerla all'azione. Chi meglio di Allison Buckley, scrittrice di copioni per il teatro della scuola, avrebbe saputo come gestire quella storia?
Si avvicinò a lui, ma rimase in silenzio.
"Senti, io volevo..." iniziò a dire Steve, vedendo il ragazzo, "volevo dirti grazie per avermi salvato il culo prima..." si riferì al combattimento avuto con i pipistrelli. Quando Isabel era stata colpita, aveva smesso di ragionare e Eddie, assieme agli altri, lo avevano difeso. "E scusa... per prima" aggiunse con difficoltà.
"Cazzo, ti sei salvato da solo, amico. Noi abbiamo solo... dato il colpo di grazia" ammise l'altro, continuando a camminare, "insomma, hai fatto una vera mossa alla Ozzy poco fa"
"Ozzy?"
"Quando hai preso a morsi il pipistrello. Ozzy Osbourne? Black Sabbath? Lui ha morso un pipistrello sul palco, hai presente?"
"Io no"
"Fa niente" ammise Eddie con tranquillità, "sei stato molto metal, tutto qua"
"Grazie..." rispose Steve, non avendo ancora capito quel complimento.
"Henderson..." prese a dire Eddie, evitando il silenzio, "mi ha detto che eri un vero duro. Ha insistito su questa cosa, infatti..."
"Henderson ha detto così?" domandò con una punta di incredulità Steve, pensando si riferisse a Isabel.
"Si cazzo, quel ragazzo ti venera, sai?"
Sentendo ragazzo, gli occhi di Steve persero un po' di luce: non era Isabel quella di chi stava parlando. Povero illuso.
"Tu non hai idea! È un po' irritante, sì, sinceramente non so neanche perché mi importa di quel moccioso, ma... forse mi sono ingelosito un po', Steve" sputò fuori la verità, "forse perché non potevo accettare il fatto che Steve Harrington in realtà è in gamba" lo guardò, "genitori ricchi, popolare, amato dalle ragazze, non stronzo. È troppo amico, troppo, insomma. Cozza con qualsiasi legge della mia personalissima Munson-dottrina" continuò, "e sono ancora geloso comunque"
Steve rise leggermente. Era stato preso alla sprovvista ed era difficile metabolizzare il tutto così in fretta: Eddie Munson gli aveva appena fatto dei complimenti.
"Per questo non sarei mai saltato in quel lago per salvarti il culo e comunque in normali circostanze-"
Un rumore sinistro si diffuse intorno ai ragazzi. Il sangue di Eddie si raggelò: fino a poco prima credeva che quell'avventura sarebbe stato uno sballo, ma la realtà gli piombò addosso di nuovo. Eddie Munson nella fabbrica dei bambini non aveva ricevuto nemmeno una goccia di coraggio. Lui non era un eroe.
"Fuori da D&D" continuò ad alta voce, "io non sono un eroe. Se vedo un pericolo io... giro i tacchi e corro o almeno è quello che ho imparato da me questa settimana"
Steve gli diede una pacca sulla spalla, seppur ancora teso per quel rumore: "Non buttarti giù, amico"
"Vedi" si fermò su due piedi, "l'unica ragione per cui sono venuto qui è perché Allison, Sam e le ragazze si sono tuffati subito. Prima la Wheeler e la Henderson. Non volevo fare la figura di quello che sta indietro" era il momento di fare la sua mossa. Guardò alle sue spalle: Isabel era abbastanza vicina e li stava origliando, ci avrebbe scommesso.
"La Wheeler" proruppe più ad alta voce, marcando bene quelle parole come gli aveva insegnato Allison in una lezione di teatro, "non aspettato nemmeno un secondo, neanche uno, neanche un secondo"
Steve rimase sorpreso, fermo a guardare la sagoma di Nancy procedere. Era davvero così? Quella ragazza si era davvero buttata prima di tutti?
"Si è tuffata subito" continuò a rimarcare, cercando di essere il più convincente possibile, "ora non so cosa è successo tra voi due, ma se fossi in te, io me la riprenderei, perché quello è stato il più inequivocabile segno di vero amore che questi cinici occhi abbiano mai visto"
Bingo! Allison gli avrebbe dovuto fare i complimenti per quel monologo alla Shakespeare che aveva appena tirato fuori.
Steve era confuso. Forse Eddie aveva ragione: gli ultimi anni erano stati solo un rincorrere Isabel, ma se ancora non era successo nulla, beh, forse era il destino che voleva così. Sì, teneva tantissimo a lei, ma magari era arrivato il momento di rinunciare. Forse dovevano solo accettare che la loro sarebbe stata sempre una solida amicizia, ma niente di più. Eppure, una parte di sé si ribellava a quel pensiero, desiderando ancora Isabel più di ogni altra ragazza al mondo.
Lei, invece, era a pezzi. Parola dopo parola, un taglio sempre più profondo si incideva sul suo cuore. Eddie Munson cosa avevi appena fatto?
Avrebbe voluto gridare, interromperli e dire la verità, ma quel nodo alla gola glielo aveva impedito. Rimase ferma senza proseguire, spogliata di ogni forza, vulnerabile come non mai.
Poi, un rumore squarciò l'aria. Era più intenso dei versi animali che facevano ormai da sottofondo a quella marcia verso casa Wheeler. Fu così vicino che la gamba e la spalla di Isabel risposero con una fitta. Un altro brutto presentimento.
"Ragazzi" riuscì a pronunciare, "dobbiamo andarcene. E in fretta"
𝒂𝒖𝒕𝒉𝒐𝒓'𝒔 𝒏𝒐𝒕𝒆 . . .
Salve a tutti,
oggi capitolo lunghissimo per farmi perdonare di tutta l'attesa. Come sempre spero possa piacervi e vi annuncio che siamo quasi alla fine del primo atto, che si concluderà con il prossimo capitolo con un gran bel un colpo di scena...
Teorie su cosa possa succedere?
Fatemi sapere, un abbraccio 💕
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