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1.9 "La ferita"

"Aspettate!" gridò Isabel, poggiandosi ad un albero per riprendere fiato.
"Vuoi una mano?" chiese la ragazza dai capelli rossi, porgendole un braccio.
"No".
Riprese a camminare, tentando di aumentare il passo per seminarla. Le foglie scricchiolavano sotto le sue scarpe: se il loro intento era quello di non farsi sentire, di certo si sarebbero dovuti sbarazzare della ragazza.
Saltellò ancora un paio di volte, sentendo il peso sulla gamba buona farsi schiacciante.
"Aspettate!" pronunciò, con un filo d'aria. "Aspett-". Scontrò su qualcuno: si dovevano essere fermati. Si ricompose, smettendo di muoversi ed improvvisamente il silenzio calò in mezzo a loro.
"Chi c'é lì?" chiese una voce. La torcia di Steve si proiettò in avanti e Isabel cercò di seguirla, ma non vide nulla se non altri alberi.
"Andiamo" borbottò lui, facendo un passo avanti.
"Sei impazzito!" gridò sottovoce Isabel: i ragazzi la guardarono, ma seguirono l'altro. Inspirò: andare in giro di notte, in un bosco, seguiti da una mandria di demogorgoni e dirigersi verso una voce ancora sconosciuta, era tutto fuorché prudenza. Sembrava un suicidio.
Li seguì: non poteva permettersi di perderli o di perdersi. Aveva ancora il suo accendino, guardò la sua ferita di sfuggita. Sì, era un suicidio.

"Steve!" sentì gridare da due voci, doveva essere qualcuno di conosciuto. Aumentò il passo, raggiungendoli a fatica.
"Nancy!" disse il ragazzo, continuando ad avanzare.
"Jonathan!" rispose il fratello. Accelerò, ancora un po': c'era quasi, un ultimo sforzo e si sarebbe riposata. Saltellò in avanti, ma all'atterraggio sentì il peso del corpo farsi insopportabile. Strinse gli occhi e i denti, ma cadde rovinosamente a terra.
"Dannazione!" esclamò, poggiando le mani nella terra fredda e fangosa. Poi, i fasci di luce si proiettarono su di lei, rendendo la sua figura perfettamente visibile nell'oscurità.

"Isabel!" gridò un coro di voci indistinguibili.
"Sì, sì sono io!" rispose lei, coprendosi da tutta quella luce: sembrava di trovarsi in pieno giorno. Dustin l'affiancò, porgendole una mano per rialzarsi; la ragazza l'afferrò, sentendo lo sguardo di Max calamitarsi su di lei, con un'espressione sorpresa e amareggiata. La fiducia andava meritata e di certo, la sorella della persona che più l'aveva terrorizzata avrebbe dovuto aspettare.

"Che ci fate voi qui?" chiese la voce di Nancy. Isabel si poggiò al fratello, avanzando di alcuni passi, sorretta da lui. Si sentiva così vulnerabile.
"Voi cosa ci fate qui?!"
"Stiamo cercando Mike" presero a rispondersi Steve e Nancy, ma quando la ragazza arrivò, tra loro calò il silenzio.

"Sei ferita!" borbottò Jonathan, guardando la gamba fasciata della ragazza. Isabel non disse nulla: il dolore le offuscava la vista e il suono delle parole si faceva sempre più ovattato; come stare in una fitta nebbia e sentire che questa aumenta, aumenta, aumenta, aumenta. Si condensa fino a diventare nero, buio. Una scossa lancinate le attraversò la gamba , poggiò l'altra mano sulla spalla di Steve, stringendo il tessuto della maglietta. Doveva resistere, un altro po', ancora poco. Poco.

Sentì qualcuno abbassarsi e posizionarsi davanti alla sua gamba.
"Sta peggiorando"
"Come facciamo?"
"Do-dobbiamo medicarla e-e presto"
"Mike, Will; dove sono?"
"Non sono lì dentro?!"
"Non ne siamo sicuri"
"Perché?"

Le parole si fecero confuse, strinse ancora di più il tessuto. Resisti, dannazione. Non adesso, ti prego. Sentì le gocce di sudore cadere come pioggia sulla sua fronte, il dolore incontrollabile alla gamba e il respiro affannato. Ma riprese a sentire... sentire. Dei ruggiti si rigurgitarono nell'aria, voltò la testa verso quel rumore, ma non vide nulla. Nessuna luce, nessun bagliore. Solo oscurità.

"Dove siamo?" borbottò, ancora stordita.
"Al laboratorio di Hawkins"
"Oh, cazzo!" fu tutto quello che riuscì a rispondere, mentre le immagini di Will e Mike intrappolati in quell'inferno si fissarono nella sua mente. Aveva infranto la sua promessa per la prima volta dopo un anno. Non li aveva protetti.

***

"Ti fa ancora male?"
"Mhm..."
"Senti ragazzina..."
"Isabel..."
"Isabel, o mi dici la verità o questo schifo continuerà a peggiorare?!"

La ragazza alzò gli occhi al cielo, sentendo il sudore aumentare. Hopper la stava medicando, ma il dolore non sembrava migliorare. Will non stava bene, ma almeno lui e Mike erano salvi. Continuava a pensare a quella promessa: come aveva potuto infrangerla. Non le interessava di quella stupida gamba: le faceva male da ore, aveva imparato a sopportarla. Voleva solamente andare dai ragazzi: basta disinfettante, basta fasce, garze e quant'altro.

"Posso sopportarlo..." rispose, guardando lo sceriffo, accovacciato di fronte alla sua ferita. Il panno bianco che aveva nella mano, ormai diventato rosso, si schiantò a terra. L'uomo si mise le mani tra i capelli, rilazandosi, sbuffando e camminando in cerchio. Sembra pronto ad esplodere: non era molto paziente. Si poggiò allo schienale delle sedia su cui era riposta la sua gamba, inziandola a fissare con espressione grave.
"Ascoltami bene, tu pensi che sia una stupida ferita... come quelle che ti fa quando cadi dalla biciclettina, no... beh, non è così... quindi o mi dici come stanno le cose o te ne starai seduta qui fino a quando non arriveranno i soccorsi!"
Isabel lo guardò: era alle strette, sarebbe stata lì un altro po'. Incrociò le braccia sul petto, distogliendo lo sguardo e cercando gli altri.

"Ehi! Hai capito quello che ho detto!"
"Che succede?!"
Entrambi si voltarono: Steve era appena comparso sullo stipite della porta, fissando la scena. Aveva l'aria diversa: un po' amareggiata forse; Isabel continuò a guardarlo... non riusciva a capire cosa avesse.
"Vieni con me ragazzo e tu non ti muovere, voglio un si!?" la indicò Hopper, seriamente.
"Sì, non mi muovo..." sbottò Isabel, sprofondando sullo schienale della sedia.

Lo sceriffo afferrò per un braccio Steve, chiudendo la porta della stanza e ritrovandosi nel corridoio di casa Byers.
"Cosa succ-"
"Non vuole farsi medicare" borbottò, sbuffando "la ferita è grave, non dovrebbe più peggiorare, ma ha bisogno di stare ferma, immobile ci siamo capiti?" chiese, senza però dare il tempo a Steve di rispondere "chi gliel'ha fatta, ragazzo?" domandò, ancora.
"Uno di quegli animali, l'ha presa e-e io... io sono stato lento... troppo..." disse, abbassando la testa. Perché era uscita, perché non era rimasta dentro quel dannato pullman? Per lui, forse... era impossibile. Hopper non proferì parola, guardò il ragazzo nascondere il viso e poggiò una mano sulla sua spalla.
"Ho visto quei cosi, è già tanto che sia sopravvissuta..."
"Già..."

Perché isabel? Perché, cazzo? Continuava a pensare, senza perdonarsi quello che le era accaduto.
Hopper afferrò il viso del ragazzo, piantando i suoi occhi nei suoi.
"Come ha fatto ad arrivare qui, qualcuno di voi l'avrà portata in braccio, non so?"
"Ehm... l'ha medicata quella ragazza, quella coi capelli rossi... poi..."
"Cosa poi, cosa?!"
"Ha saltellato..."
"Cosa?!"
"Sì, ha saltellato dalla discarica delle auto fino al laboratorio..."

Hopper rise, come diavolo aveva fatto a resistere così tanto?
"Ecco perché ora sta una merda e si ostina a dire che sta bene!" ridacchiò istericamente "ascoltami, ragazzo, ascoltami bene..." si fece serio "con me non vuole ragionare, non c'è verso... deve rimanere lì, ancora un po'... è il tuo turno, falla stare su quella dannata seggiola..."
Isabel guardò in giro per la stanza: era la camera di Jonathan; la finestra semi aperta scuoteva le tende al vento, mentre la luce lunare le rendeva tinte da un particolare azzurrino. Se Undici era ancora viva, dove poteva trovarsi adesso. Forse... forse avrebbe dovuto dire a qualcuno quello che aveva visto.
La porta scricchiolò, aprendosi lentamente e Hopper e Steve comparirono sulla soglia.

"Posso andare adesso!" esclamò, tirandosi un po' su con le braccia. Lo sceriffo sbuffò, battendo un pugno sull'anta della porta.

"Vado!" borbottò Hopper, avviandosi verso il corridoio.
"Aspetti!" gridò la ragazza "avrei... avrei una segnalazione da farle!"
"Segnalazione?!" chiese Steve, sorpreso.
"E'-è importante..."
La voce si fece ferma: era davvero importante.

Lo sceriffo arretrò entrando parzialmente nella stanza, mentre gli sguardi dei due erano puntati su di lei. Deglutì.
"Stavo... stavo correndo... nel bosco, ieri" prese a borbottare, sentendo la fermezza svanire "quando-quando ho visto una casa" pronunciò, non potendo non notare una leggera alterazione nello sguardo freddo di Hopper "era deserta... ma... penso" balbettò, ancora "sono convinta che sia di una persona, ne sono sicura... un persona scomparsa, sì dev'essere sua... Undici" sputò tutto d'un fiato, con fermezza.

"Impossibile!" scostò lo sguardo lo sceriffo "come potrebbe una ragazzina vivere da sola... in una casa nel bosco, circondata da trappole..." rise, avviandosi verso la porta.
"Ma-ma è sua ne-ne sono certa..."
"Un errore, non può essere..."
"Io ne sono certa, mi creda... la prego..."
"Ti sarai sbagliata, Isabel..." s'intromise Steve, con leggerezza.
"NO!" gridò "Lei-lei è viva, lei è stata lì... lo giuro..." continuò, sentendo la forza arrivare al suo massimo, per poi ridiscendere.
"Solo una stramba sarebbe così sicura, sei certa di non aver ingerito qualcosa quel giorno, ragazzina..." concluse Hopper, ringhiando e sparendo nel corridoio.

Isabel sentì la terra svanirle da sotto i piedi: era davvero così assurdo quello che aveva detto, così tanto da insinuare che si fosse drogata.Sentì una lacrima bagnarle la guancia: ancora con gli occhi splancati, la lasciò cadere. Si voltò verso Steve, sopprimendo le lacrime: "Tu mi credi vero?!" chiese, quasi come richiesta di aiuto.
"Ti credo" esclamò lui, fissandola negli occhi, ormai rossi e gonfi per le lacrime.
"Ti credo, Isabel..."

***

"Non penso riavrò mai il mio registratore " borbottò Isabel; stava meglio: sia fisicamente, sia mentalmente. Guardò il ragazzo seduto al suo fianco: da quanto erano lì?
"Perché gliel'hai dato" chiese lui, voltandosi verso la finestra.
"Ne avevano bisogno " rimase sul vago Isabel, cercando di mostrarsi disinteressata.
"Bisogno, per cosa?"
"Ti interessa ancora Nancy?"
Il ragazzo sbuffò, alzandosi e scostando di pochi centimetri le tende bluastre. Non le rispose, si limitò solo a camminare avanti e indietro. Forse, nemmeno lui conosceva la risposta. Poi, sbatté un pugno sul muro e prese a guardare le ragazza: "Io-io non ce la faccio non- non riesco a dimenticarla non riesco a-a vederla con Jonathan in quel modo, capisci?!"

Isabel rimase in silenzio, mantenendo il contatto visivo: era proprio come aveva immaginato.
"Non-non è semplice, lo so solo ci vuole tempo" tentò di rispondere, ma per lei non aveva funzionato, il tempo non aveva cancellato il ricordo di Nancy, ma l'aveva rinvigorito. Forse era l'odio a fare tutto questo? Ma anche l'amore ne era capace?
"Forse..." sbuffò per l'ultima volta, cadendo di nuovo al suo fianco.
"Volevano fare qualcosa per Barb, c'entrava il laboratorio" sputò il rospo Isabel, osservando con malinconia la sua ferita. Stava meglio, era sicura di poter camminare, seppur zoppicando un po'.
"Comunque, penso che Hopper mi creda" bofonchiò, cambiando discorso.
"Non penso" disse sicuro il ragazzo, guardando altrove.
"Ma... se ripensi a quello che ha detto lui ha parlato di una casa con trappole"
"Eh allora?!"
"E allora io non ho mai fatto riferimento a delle trappole, certo c'erano ma... co-come faceva a saperlo"
"Coincidenze!?" rispose il ragazzo, quasi ovviamente.
"Coincidenze..." ripeté lei, incerta.
Il silenzio calò tra i due, la tenda si mosse con un fruscio leggero e le voci dei ragazzi si allargarono nella stanzetta.
Senza accorgersene entrambi osservarono la gamba di Isabel, quasi rapiti da quel bianco e quel rosso, così insoliti sulla sua pelle.

"Un schifo, vero?!" sorrise lei, muovendo leggermente l'arto.
"Non saresti dovuta uscire, non dovevi, avevo detto di rest-"
"Si, di restare dentro e bla-bla-bla... eri in pericolo, Steve"
Steve sorrise, guardandola di sfuggita.
"Proprio non la smetterai mai di interrompere, eh?"
"Spiritoso..." alzò gli occhi al cielo lei, accennando un sorriso. Poi, il silenzio rimpiombò, portando con sé la serietà.
"Me la sarei cavato"
"Morendo!"
Il ragazzo sbuffò: "Non dovevi uscire Isabel, non-non dovevi farlo"
"Beh, l'ho fatto e lo rifarei un milione di volte, Steve! E poi te lo dovevo... "
"E per cosa, sentiamo?"

"La volta con Billy e-e l'anno scorso, qui" balbettò Isabel, indicando la stanza e fissando i suoi occhi in quelli del ragazzo. Era difficile da ricordare, da ricordare tutti quei momenti.

"Tu sei proprio pazza, stramba, scusa" borbottò lui alzandosi e abbozzando un sorriso. Isabel lo guardò, sorridendo a sua volta: era il minimo che avrebbe potuto fare, quei debiti significavano molto.

"Ora posso andare!?" esclamò, scodinzolante dall'emozione, alandosi leggermente sulle braccia. Steve sbuffò, trattenendo un sorriso e poggiando una mano sulla maniglia. Forse, sarebbe stata libera.

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