1.5 "Quella fatidica notte"
"Dove pensi di andare con quello?!"
"Pensavo di fare una passeggiata, giusto qui intorno a casa... andiamo, Dustin, secondo te dove voglio andare?"
"Spesa?"
"Spesa di ragazzi... direi"
"MAMMA!"
Erano le otto di sera, nemmeno troppo tardi. Isabel era in perfetto orario, almeno per il momento. Aveva sistemato i capelli, semplicemente pettinandoli, poi aveva indossato un vestito o meglio, quel vestito: era rosso, tanto da non passare inosservata, e soprattutto, cosa che mandava su tutte le furie il suo fratellino, era il fatto che fosse corto, le arrivava giusto a metà coscia.
"Steve dovrà starti dietro al culo tutta la sera, se non vuoi che ti si vedano le mutandine..."
"Oh, chiamami quando hai finito" sbuffò la ragazza, lanciando uno sguardo veloce a suo fratello, che nel mentre se ne stava stravaccato sul suo letto.
"Dico solo la verità, nemmeno Marilyn Monroe avrebbe messo una cosa... simile"
"Andiamo, ti fa davvero così schifo?!"
"Dico solo... prova a prendere quello" disse, poi, Dustin indicando un pezzo di carta, che era scivolato giù dalla scrivania di Isabel.
"Prossima volta mi vesto da Omino Michelin, magari non rompi" si accovacciò per prendere quell'oggetto, con un'alzata di sopracciglia parecchio stanca.
"No, no, no" si mise seduto sul letto il ragazzo, notando che la sorella stava sbagliando anche in questo, "gambe tese quando lo fai"
"Sì, ora... ti sembro Alex Owens?!"
"Ti ho solo detto di accovacciarti"
"Vuoi vedere le mie mutande, Dustin, non ho capito?!" esclamò lei, ridendo, con un'occhiata sorpresa e anche parecchio divertita, "facciamo prima così, allora" ridacchiò e si tirò su la gonna del vestito.
"ISABEL!" gridò lui, coprendosi gli occhi come se fosse stato abbagliato da una luce.
"Isabel!" disse sua madre aprendo la porta senza bussare e vedendola così. Lei la tirò subito giù, mormorando un divertito "ops", mentre lo faceva.
"Mamma, credo sia la febbre" borbottò il fratellino, togliendosi con un sospiro le mani dal viso. Si sarebbe divertito a vedere la reazione di sua sorella a quello che presto avrebbe sentito.
"Quale febbre?" chiese la ragazza, notando lo sguardo complice improvviso che c'era stato tra i due.
"La febbre di Steve"
"Che?! Conosco solo la "Febbre del Sabato Sera"
"Diventi pazza quando viene" rise il fratello, tirandole un pupazzo, visto che si stava risistemando i capelli per la duecentesima volta.
"Pazza perché lui è sempre in ritardo" quasi gridò Isabel, come per penetrare meglio nella mente di suo fratello. Subito dopo, raccolse quel puzzo volante e lo ritirò dritto dritto sulla faccia del fratello, che non riuscì a schiavarlo.
"Veramente è qui, tesoro" sussurrò, poi, sua madre, che per tutto quel tempo era rimasta sulla soglia della camera della stanza.
Steve, infatti, era arrivato e stava aspettando in sala; inutile dire che aveva sentito praticamente ogni parola di quella conversazione. Si era fatto due risato, soprattutto per quella storia della "febbre"; alla fine, chi l'avrebbe mai detto che Isabel impazziva ogni volta poco prima che lui arrivasse lì, a casa Henderson. Avrebbe dato milioni per vederla andare fuori di testa come una ragazzina al concerto del suo cantante preferito; ma di certo lui non era meglio: non impazziva, ma diventava teso ed ogni minimo particolare fuori posto sembrava essere una nuova tragedia greca. Era strano per lui, Steve Harrington, persona che di preciso di solito ha davvero ben poco.
"Vedo che hai messo a posto l'orologio" pronunciò Isabel, arrivando in salotto, facendo finta di niente e cercando per la stanza la sua borsa, che aveva gettato da qualche parte.
"Ciao anche a te" rise lui, seguendo i suoi movimenti con lo sguardo. In quel vorticare veloce, notò subito il vestito della ragazza: rosso, quanto le sue guance, che cercava di nascondere; corto quanto sarebbe durata quella ricerca. Ma era bella, tanto da non sembrare lei, se vista di sfuggita.
"Ciao" borbottò lei, "dove diamin-"
"Cerchi questa?" chiese lui, prendendo tra le mani una piccola borsetta a tracolla, che era stata poggiata sulla poltrona, su cui si era seduto.
"Oh, sì, ecc-"
"Ah, ah, non così in fretta" rise Steve, alzandola
in alto e mettendosi in punta di piedi per non fargliela prendere.
"Fai sul serio?" fece un salto Isabel per afferrarla, ma non ci riuscì visto che il ragazzo si spostò, "STEVE! Vieni qui!" esclamò lei, sapendo che rincorrerlo era sicuramente uno zero a uno per lui.
"No, no, signorina, siamo in anticipo e ho voglia di divertirmi, vieni tu" sventolò la borsetta più in basso e lei ne approfittò per fare uno scatto in avanti, sperando di afferrarla.
"Ah, volevi" la alzò subito lui, "gli anni di basket danno i loro frutti" si pavoneggiò un pochino lui, guardando nella direzione dell'oggettino.
"Frutti marci" ridacchiò la ragazza, alzandosi in piedi sul divano proprio davanti a lui e prendendo la corda della borsa, "ora come la mettiamo...?"lo fissò negli occhi, con fare furbo e divertito.
"Non vale così!" esclamò lui, tirando un po' l'oggetto, notando che Isabel aveva sotto i piedi un rialzo notevole, tanto da poter guardare il suo viso senza dover abbassare la testa.
"Ti si vede bene da qui, devo ammettere"
"Mi si vede bene dovunque ad essere sinceri"
"Sincerissimi, davvero sinceri" ironizzò lei, tirando un po' quella cordicella per cercare di coglierlo di sorpresa, ma non ottenne altro che una risata e un tiro dalla parte opposta, "andiamo, Steve! Dimmi che devo fare e molla questa cavolo di borsa!"
"Mhm" borbottò lui, vagando un po' con lo sguardo sulla stanza, "ho dei limiti per questa scelta?" alzò le sopracciglia, mordendosi il labbro inferiore, mentre la guardava, trattenendo una risata.
"Idiota" roteò gli occhi Isabel, con fare divertito, cercando di tirare a sé di nuovo quell'oggetto, ma era come cercare di spostare un muro a mani nude e con le braccine corte, per niente allenate.
"Va bene, va bene... allora, mi devi salutare e come si deve, ripeto, come si deve, chiaro?"
"Ma come si deve con una persona normale o con Steve Harrigton?" ridacchiò Isabel, con lo stesso sorrisino furbo che lui aveva avuto poco prima.
"Mhm, Steve Harrigton" disse lui, non sapendo davvero che cosa aspettarsi da lei, se qualcosa di divertente o di diverso. Senza ammetterlo a sé stesso chiaramente, sperava che qual diverso fosse in realtà in un modo ben preciso.
"D'accordo..." sussurrò lei, abbassando entrambe le mani che stavano stringendo la tracolla della borsa, senza però lasciarla. Isabel sapeva bene cosa fare, era difficile per lei agire senza pensare. Mentre le sue mani scivolavano lungo le sue gambe, lei avvicinò il suo viso a quello di Steve.
Il ragazzo sentì le mani farsi un tappeto di sapone e il cuore correre via dal suo corpo, come un cavallo impazzito. Non staccò gli occhi dalla ragazza, che continuava ad avvicinarsi con quelle labbra rosee.
Per un attimo Isabel sentì l'istinto voler mettere fine a quel piano e fare davvero quello che voleva; ma non lo ascoltò.
Tirò la borsa e una mano del ragazzo la lasciò, ma non la seconda. Lei perse l'equilibrio, cadendo con il fondoschiena sul divano e, presto, si ritrovò con il corpo di Steve su di lei.
"Salve" ridacchiò lui, rendendosene conto e sistemandosi per non schiacciarla.
Isabel sentiva il suo respiro così vicino, la sua voce così vicina, il viso di Steve così vicino. Arrossì, ma non si sarebbe fatta scoprire; allora fece per aprire bocca, ma qualcuno fu più veloce di lei.
"È un film vietato ai minori di diciotto o cosa?!" esclamò Dustin più disgustato che mai, con il viso rosso, quasi più paonazzo di quello della ragazza. Insomma, era sua sorella, dannazione! Che diamine pensava di fare? Dove diamine pensava di arrivare Steve Harrington?
***
Isabel guardava fuori da quel sottile finestrino, teneva tra le dita la sua piccola borsa, che era riuscita ad ottenere. Dentro quella aveva tutto il necessario per sopravvivere in quel mondo; non usciva mai senza le sue cose, aveva imparato quella lezione: il ciclone si sarebbe abbattuto su Hawkins, quando meno se lo sarebbero aspettato e lei sarebbe stata pronta. Non per la sua vita, no, per chi amava.
"Ehi" sussurrò Steve, abbassando la musica, una volta fermata la macchina. Erano arrivati: quella sera avrebbero partecipato ad una festa, come giovani normali. Steve, all'invito che Isabel aveva ricevuto da parte di Jake, era stato un po' scettico; non si fidava di quel ragazzo o forse era solo geloso. Così, alla fine, lei era riuscita a convincerlo, accettando di andare insieme. Doveva ammettere che così si sentiva più tranquilla, sicura di averlo sott'occhio anche lei.
"Lasciala" disse con un filo di voce Isabel, voltandosi verso di lui, "è carina..."
"È noiosa... Tracy Chapman è noioso"
"Dovresti soffermarti sulle parole, Steve..." lo rimproverò lei, alzando il volume da sola, "you got a fast car" iniziò a canticchiare lei, "I got a plan to get us out of here"
Sapeva che Steve di rado non si concentrava solo sull'apparenza, ancora più di rado guardava dentro le cose e le persone.
Lui la osservò con un misto di curiosità, nascosta dietro ad un velo di finta noia.
"You and I can both get jobs and finally see what it means to be living"
"Che canzone è?" chiese, continuando a guardarla, senza riuscire a staccarle gli occhi di dosso.
"Fast car" sussurrò lei, "sarebbe bello, se fosse vero" ammise lei, forse troppo spudoratamente, ma quella canzone era tutto ciò che avrebbe voluto gridargli.
Lui sospirò, lasciando che gli occhi ricadessero sul volante della macchina: "Questa bellezza dovrebbe andare un po' più veloce, allora..."
"Ah, Steve! Rovini il momento" esclamò Isabel, ridacchiando, si soffermava sulla sua figura, "povero Herbie, non è colpa sua se va lento!"
"Herbie?! È una femmina! E poi di chi sarebbe la colpa?!" si voltò sorpreso: non credeva che Isabel avesse dato un nome e un genere alla sua macchina.
"No, è un maschio, vero, Herbie?" attese qualche secondo, tendendo esageratamente l'orecchio davanti a lei, "dice di sì"
Lui scosse la testa, sempre più divertito: "Ma Herbie non era un maggiolino?"
"Shhh, tralascia i dettagli, Steve" si lasciò andare ad una risata divertita, riprendendo, poi, ad ascoltare la canzone, "we gotta make a decision leave tonight or live and die this way" esclamò lei, guardandolo, riprendendo a far combaciare la sua voce a quella ballata. Cantava bene e Steve se ne era accorto da un po', sapendo che aveva frequentato la band della scuola. Secondo lui avrebbe dovuto riprendere quella sua passione, aveva una dote.
Poi, il ragazzo prestò di nuovo attenzione a quello che stava dicendo: quella canzone era davvero perfetta per lui, per quello che in realtà entrambi pensavano.
È strano come a volte le radio sappiano passare la canzone al momento giusto, riuscendo a fare molto di più di quello che due persone farebbero da sole.
"So I remember when we were driving, driving in your car
Speed so fast it felt like I was drunk
City lights lay out before us
And your arm felt nice wrapped 'round my shoulder" iniziò a cantare il ritornello Isabel, sorridendo ormai come faceva spesso con lui, "and I-I had a feeling that I belonged
I-I had a feeling I could be someone, be someone, be someone"
Era davvero bella, pensava Steve, mentre ascoltava più attentamente la voce della ragazza, come se quelle parole fossero davvero sue e provenissero dal suo cuore.
Si guardarono, ma presto si sentirono due colpi secchi provenire da uno dei finestrini; vagando con lo sguardo preoccupato, il ragazzo cercò di identificarne la fonte e presto incontrò due occhi duri: Jake era appena arrivato lì.
"Ehi!" esclamò questo con un grande entusiasmo, non appena Isabel ebbe aperto il finestrino, senza, però, ancora scendere, "bel vestitino, Isabel" si vedeva che era già un po' preso dall'alcol, alla fine, loro due erano arrivati leggermente in ritardo.
Steve a quei complimenti si irritò, forse perché lui non era mai stato tanto coraggioso da fargliene uno tanto spudoratamente. Eppure, con le altre ragazze era sempre stato così semplice per lui complimentarsi; ma con Isabel temeva di poter rovinare ogni cosa, di sbagliare.
Lei notò quella tensione e cercò di tranquillizzarlo, con sguardi, parole, gesti.
Quel turbinio di persone, presto, però, la costrinse a scendere dall'auto, seguita poi da Steve. Fu subito circondata un gruppetto di altri giovani, quasi a volerla inghiottire dentro quel nuovo mondo fatto di colori e popolarità. Lui, però, non si mosse mai per tutta la sera da qualche metro dietro di lei. La sala era sempre piena e Isabel sempre trascinata verso il centro, mentre molti occhi sembravano essere puntati su di lei. Chi per invidia, chi per qualche risata, chi invece era solo perplesso o attento.
Jake, ogni volta, stava a qualche centimetro di lei, quando la musica prendeva a suonare più lenta, penetrato continuamente dagli sguardi freddi e minacciosi di Steve. Si avvicinava al corpo fragile di quella ingenua ragazza e tentava di illuderla, scatenato per tutto quell'alcol.
Altri occhi osservarono per tutta la sera Isabel: sì, anche Sam era lì. Un agglomerato timido di ricci neri, schiacciato ai lati della stanza, senza nessuno che si accorgesse della sua presenza; ma lui vedeva ogni cosa, tutte le mosse di Isabel. La studiava, cercava di comprenderne anche le forme più oscure del pensiero, con fugaci sguardi dietro alla sua corolla nera.
Poi, la musica d'un tratto si arrestò e il tempo sembrò congelarsi dietro al sorriso leggero di Isabel. Steve fece per avvicinarsi a lei, facendosi strada tra tutta quella folla, ma, con un sguardo, Jake fece in modo tale che un gruppo di ragazzi lo bloccasse: quella era la sua serata ed il suo territorio.
Sam notò ogni cosa e anche lui fu bloccato da ragazze con bizzarre acconciature, frementi davanti alla vista di tutti quei ragazzi - lui escluso.
"Ehi" si sentì chiamare Isabel da dietro; a testa e pensieri leggeri si voltò sorridente, ma s'incupì non appena notò da chi proveniva quella chiamata: Jonathan e Nancy, uno vicino all'altra, dall'aria leggermente annoiata.
"Ehi" salutò lei, spostandosi da quel gruppo di "oche" sgargianti, "che ci fate voi qui?" chiese.
"Una pausa" borbottò Jonathan, passando fugacemente lo sguardo su quel vestitino della ragazza, "tu?"
"...pausa, credo"
"Steve?" domandò poi Nancy, colpita subito da un fulmine proveniente dagli occhi di Isabel. Perché le interessava tanto? Si sentiva gelosa forse, ma perché doveva esserlo?
"Credo, credo sia di là, lo avevo lasciato dai drink"
"Dovresti stargli vicino, qui la gente non è come sembra, Isabel" si raccomandò Nancy, avendo già in precedenza frequentato compagnie del genere. Ma Isabel non era in vena di rimproveri, non si era mai sentita così considerata in vita sua, mai stata tanto al centro della pista e piena di gente attorno.
Jonathan sembrava averlo capito, sapeva cosa voleva dire per Isabel trovarsi lì. Magari stava sbagliando e sicuramente Nancy aveva ragione; ma rimproverarla sarebbe stato peggio, era meglio farla cadere sulle sue stesse gambe, meglio che capisse da sola che quella era solo cattiva gente.
"Sta' solo con gli occhi aperti, Henderson"
Isabel lo guardò, non capiva tutto quell'allarmismo, alla fine, si stava solo divertendo, cosa c'era di male?
Non ebbe il tempo di rispondere che fu di nuovo inglobata al centro di quel ciclone. Spinta fuori, sbalzata di qua e di là, girata, toccata. Presto, si ritrovò sotto la notte nera con visi sconosciuti tutti attorno, poi sola. Jake, però, era lì ormai da minuti, poggiato al cofano di Herbie a cui aveva fatto un bel lavoretto...
Parlarono, lui si avvicinò; si sentivano voci lontane e Isabel aveva la testa sconnessa dal resto del corpo, volante e priva di freni. La distanza tra loro fu pari ad un brivido sulla sua schiena, le loro labbra si attaccarono ed un forte clamore si risvegliò immediatamente alle loro spalle.
Tutti erano lì a vedere, come se quell'evento fosse un pubblico spettacolo e Isabel semplicemente un fenomeno da baraccone. "La Stramba che si illude di essere diversa" pensava chiunque esultasse in quella strana scena.
Steve si spense in se stesso, tutto smise di battere: cuore, palpebre, amore. Sconcertato, iniziò ad ardere di rabbia. Isabel non aveva colpe, se non quella di non volere lui. Perché? Jake era solo uno stupido, bugiardo, stronzo! Glielo aveva ripetuto tante volte, ma più aveva cercato di allontanarla da quell'individuo, più lei si era avvicinata; come i bambini a cui si mettono dei limiti.
Lasciò che le gambe cedessero, che le lacrime cadessero, che lui si abbassasse sul suolo. Le mani coprirono il suo viso da sguardi indiscreti, ma solo uno era impossibile da bloccare.
"Ehi, ehi, scusami..." disse una vocina sempre meno distante da lui, con passi leggeri.
"Tu?!" alzò gli occhi rotti Steve, fissandoli in quel ragazzo mingherlino. Per qualche attimo aveva sperato di vedere Isabel, ma in quel caso non avrebbe saputo cosa le avrebbe detto.
"Ci consociamo...?" borbottò piano il giovane, arrivato davanti a lui.
Steve si alzò, portando le mani nella tasche: "Oh, io so chi sei... purtroppo lo so, sai?" era nervoso e non si sarebbe frenato.
"Scusami, sono... sono qui solo per chiederti, dove"
"... dove sia Isabel, immagino?! Non fai altro che seguirla o sbaglio?" sputò acido, stringendo le dita al tessuto dei pantaloni.
"Io..."
"Senti, parliamoci chiaro, perché le stai dietro?"
"Io..."
"No, non lo so, non so dove cazzo sia finita!" esclamò duramente, "e fatti i cazzi tuoi, amico, meglio stare da soli" voltò le spalle, non aveva voglia di parlare con nessuno. Solo solitudine, solo pensieri.
Isabel vagò con lo sguardo più volte, ma la calca la opprimeva. Cosa aveva sentito? Solo delle labbra sulle sue, come tasselli di un puzzle che si cerca di far combaciare a forza. Un brivido e poi l'incantesimo era svanito. Cercava solo un viso tra tutta quella gente; si allontanava, arrancando, solo per vedere lui.
Poi, lo vise e, stanca di quell'ambiente, gli si avvicinò, come quando, sfiniti, si torna a casa dopo una lunga giornata.
"Non ce la faccio più, peggio delle cavallette, torniamo a casa, Steve" si tolse le scarpe, anche se si trovavano sull'asfalto; sentì un brivido a quel contatto, ma ne percepì uno più tetro, quando lui non le rispose.
"Steve?" lo chiamò lei, ma lui fece finta di non sentire e montò sull'auto, lasciando la portiera aperta e inserendo le chiavi nella serratura dell'auto.
"Steve, scusami, è che ti ho perso di vista, giuro" si accovacciò al suo fianco, con una mano sulla sua coscia, "ti va di stare da me, per stanotte?"
"Fanculo" esclamò lui, notando che la macchina non andava. Premette ancora sull'acceleratore, ma era bloccata.
"Che?!" pensò Isabel che fosse rivolto a lei; ma fu sbattuta a lato, tanto che per poco non cadde a terra. Si rialzò, seguendo i movimenti bruschi di Steve, mentre apriva il cofano di Herbie. Notò che il cavo dell'accelerazione era stato tagliato e poco lontano alcuni, tra cui Jake, ridevano di lui, di quella scena.
"Cazzo" borbottò a labbra serrate, sbattendo a terra il pezzo della vettura.
"Steve" sentì la mano di Isabel, poggiarsi sul suo polso ed ebbe un brivido. La tentazione di lasciar perdere quello che era successo lo sfiorò, ma era così dannatamente geloso.
"Steve, dicevi a me prima?" chiese preoccupata per quello che stava accadendo, per come Steve si stava comportando.
Lui inspirò, ma l'istinto prevalse: "Sì, fanculo, Isabel!"
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