The Moaning Myrtle's bathroom
Tre minuti a mezzanotte.
Questo indicava l'enorme orologio a pendolo quando vi ero passato davanti.
Vagavo per il castello senza una meta, immerso nel buio più totale, trattenendomi dal ricavare una fonte di luce dalla mia bacchetta per evitare incontri indesiderati.
Non ci tenevo a ricevere un'altra punizione, specie se il castigo in questione corrispondeva ad un lavoro forzato con la Mezzosangue...
Mi sentivo tuttavia a mio agio, l'oscurità non mi spaventava, al contrario, riusciva solo ad eccitarmi.
Frugavo nella mia memoria alla ricerca di un luogo preciso, dove potermi rifugiare, un posto in cui magari mi ero imbattuto per caso in passato e del quale ora avevo disperatamente bisogno.
Niente.
Non esisteva, o più semplicemente non mi era mai servito cercarne uno nel corso degli anni ad Hogwarts. Provai un sottile moto di fastidio nel rendermi conto che degli spazi della mia scuola non conoscevo praticamente nulla, al di là della Sala Grande, delle varie aule e della mia camera.
Oh, e della Stanza delle Necessità, ovviamente.
Ma era prevedibile che fosse così, io non ero mai stato debole. Neanche adesso lo ero.
Lo sei.
Avrei dovuto chiedere consiglio allo Sfregiato, lui sì che conosceva gli angolini perfetti per lamentarsi e piagnucolare... Il mio intento non era certo quello, figuriamoci!
Volevo solo sfuggire alla sfacciataggine dei miei compagni di Casa, che sentendomi rientrare a quell'ora non si sarebbero trattenuti dal fare domande, domande a cui io mi rifiutavo di rispondere.
E in quel momento il mio solito autocontrollo minacciava di andare a farsi fottere con troppa facilità, non potevo rischiare di attaccare le persone sbagliate, quelle che contavano davvero.
Zabini, ad esempio. Blaise era un manovratore, arrogante e superbo, e anche dannatamente indiscreto, ma la purezza intaccabile del suo sangue gli permetteva di prendersi ciò che desiderava quando lo desiderava, di ficcare il naso in situazioni che non lo riguardavano.
Eravamo troppo simili.
Solitamente lo lasciavo fare, ma stavolta non gli avrei consentito di portare via quel che spettava a me di diritto.
La mia vera missione, al di là del delicatissimo compito affidatomi dal Signore Oscuro, era chiara, un obiettivo fisso che mi premuravo di non perdere mai di vista: pretendevo dipiù.
Più galeoni di quanti la Gringott potesse contenere, più donne di quante potessi possederne, più potere di quanto lo stesso Voldemort potesse ottenere. Cosa c'era di così sbagliato?
Niente per me sarebbe stato abbastanza, ma comunque stringere un'alleanza con il male mi era sembrata la decisione migliore, il prezzo da pagare non era poi così alto...
Il bene non mi avrebbe portato a nulla, questo era indiscutibile, e poi ero convinto che per agire dalla parte dei "buoni" occorresse necessariamente esserlo.
Requisito che io chiaramente non possedevo.
Simbolicamente, si trattava di scegliere fra Voldemort e il Prescelto: ad essere onesto, nessuno dei due mi andava a genio, rifuggivo dall'ira dell'uno e biasimavo l'insopportabile vittimismo dell'altro, ma il mantenermi neutrale non mi avrebbe aiutato nel mio scopo.
Non dovevo basarmi su ciò che per me era giusto, ma su quel che era conveniente.
Era solamente una questione di probabilità: l'esercito di seguaci del Lord contava almeno il triplo di membri rispetto a quelli di Potter, nessuno dei quali era restio a torturare chiunque fino alla follia o ad utilizzare un Anatema che Uccide.
Trarre delle conclusioni su chi dei due avesse maggiori possibilità era stato fin troppo semplice. Ora ero coinvolto anch'io in quella battaglia, il mio intervento avrebbe fatto la differenza, e determinato le sorti di numerose persone, compresa la mia famiglia.
Compreso me.
Ma non mi sarei lasciato vincere dai sentimenti negativi, non mi sarei comportato da vigliacco, bastava che facessi ciò che Lui mi aveva ordinato, poi...
Sarei stato finalmente libero, almeno credevo.
Io non ho paura.
Continuai a camminare, passandomi una mano sul viso con disinvoltura: nonostante tutto, mi sentivo piuttosto tranquillo. Erano la confusione, le scintille provocate dal marasma di sensazioni sconosciute che si scontravano passo dopo passo nel mio corpo ad annichilirmi, ma ad un Mangiamorte degno di essere chiamato tale non succedeva.
Un Mangiamorte non baciava nessuno.
Superai corridoi e gradini quasi di corsa, ero allenato a non sprecare un singolo istante del mio tempo prezioso, e perciò mi muovevo sempre rapidamente.
Con la Mezzosangue sei stato anche troppo gentile...
No, non l'avevo dimenticato. Nonostante in quell'interminabile tragitto verso l'ignoto mi fossi sforzato di concentrarmi su altro, la mia attenzione veniva continuamente dirottata altrove dal mio più grande nemico: me stesso.
O meglio, quella minima parte mutaforma di me che talvolta prendeva il sopravvento, e che avrei voluto solo distruggere.
La stessa parte che esigeva un nuovo contatto fisico con quella Sanguesporco.
No, dovevo riuscire a dominarla, ad impedirle di farmi ascoltare la sua voce vellutata e seducente...
«Merlino, da dove viene tutta quest'acqua?»
Perso nella mia battaglia mentale contro il nemico invisibile, che stavolta lottava nelle vesti della Granger, mi ero per un attimo estraniato dal tempo e dallo spazio corrente, e quando notai che il corridoio che stavo percorrendo era completamente allagato, avevo ormai le scarpe e l'orlo dei pantaloni bagnati fino all'osso.
Fu solo la certezza che avrei potuto svegliare qualcuno ad impedirmi di imprecare violentemente contro quell'idiota che aveva lasciato i rubinetti del bagno aperti...
Sollevai distrattamente lo sguardo, e fu allora che mi resi conto per la prima volta di dove mi trovavo: ero di fronte al bagno delle ragazze al secondo piano, quello inagibile a causa delle tubature difettose.
Quello dove era ubicata la Camera dei Segreti.
Riconobbi la parete su cui, quattro anni prima, erano comparse minacciose parole di sangue, accanto all'insopportabile Mrs Purr pietrificata; quella volta Hogwarts aveva rischiato seriamente di chiudere, mio padre si era adoperato affinché Sil...
Affinché il Preside venisse allontanato.
Più volte mi ero chiesto come sarebbero andate le cose se fossi stato io l'Erede: di certo ora non mi sarei trovato in questa situazione...
Non avrei avuto bisogno di sottostare alle imposizioni di Voldemort, né a quelle dello Sfregiato, non avrei dovuto scegliere nulla. Ma forse sarei morto subito.
Contrariamente alla maggior parte degli studenti, quell'anno non avevo avuto paura, io ero un Purosangue dei più altolocati, il famoso mostro di cui si parlava tanto non avrebbe mai toccato uno come me.
Un lampo balenò nella mia intricata rete di ricordi.
"San Potter, l'amico dei Mezzosangue. Lui è un altro che non ha una vera sensibilità da mago, altrimenti non se ne andrebbe sempre in giro con quella presuntuosa Babbanastra della Granger. E pensare che la gente crede che l'erede di Serpeverde sia lui! Quanto mi piacerebbe sapere chi è! Potrei dargli una mano..."
"Una cosa, però, la so: l'ultima volta che la Camera dei Segreti è stata aperta è morto un Mezzosangue. Perciò scommetto che è soltanto questione di tempo: anche questa volta uno di loro ci rimetterà la pelle...
Spero proprio che sia la Granger."
Ghignai al pensiero del mio dialogo con Tiger e Goyle, del quale rammentavo ogni parola, ma poi trasalii quando mi accorsi che stavo infrangendo di nuovo il tacito accordo stretto poco prima con me stesso.
Non considerare più la Mezzosangue.
Ignorando il cartello "Fuori servizio", spinsi con un gesto secco la porta ed entrai nel bagno, conscio che lì dentro non avrei trovato anima viva e nessuno sarebbe venuto a curiosare.
Quel posto era evitato da tutti, già dai tempi in cui vi era stato commesso un omicidio, e i pregiudizi si erano rafforzati ancora di più quando Potter aveva trovato la Camera dei Segreti e sconfitto il Basilisco...
Ancora una volta il meraviglioso, coraggiosissimo Prescelto ci aveva salvati da un'incombente minaccia. Tutte stronzate, ovviamente.
Mossi un paio di passi alla cieca nell'acqua calcarea, senza avere la più pallida idea di dove stessi andando: non solo era notte, ma lì non vi era alcuna fonte di luce, le probabilità di sbattere contro qualche lavandino erano piuttosto elevate.
Stavo per pronunciare l'Incantesimo della Luce, quando notai un tremolio azzurrino alla mia destra: sollevai un po' di più la bacchetta, preparandomi nel caso qualche strana creatura fosse appostata lì e avesse l'intenzione di attaccarmi, e attesi che si rivelasse.
Dal basso, emergendo da quello che poi identificai come un gabinetto inservibile, comparve un fantasma ululante, dello stesso colore bluastro che caratterizzava tutti gli spiriti di Hogwarts.
Il fantasma di Mirtilla Malcontenta.
Riflettei su quello che era stato il mio primo pensiero una volta fatto il mio ingresso nel bagno: nessun'anima viva avrebbe messo piede lì. Non avevo calcolato la presenza di quella piagnucolosa, e per di più...
Mi sarei trovato in compagnia di una sudicia Mezzosangue per la seconda volta nella stessa sera.
Almeno potevo essere convinto che con Mirtilla non avrei avuto la possibilità di...
«Ooh, finalmente qualcuno è venuto a trovarmi, mi sento così sola in questo bagno lurido... A nessuno importa della povera Mirtilla.»
Mentre ascoltavo distrattamente i lamenti del fantasma più irritante del Mondo Magico, mi concentrai su quanto la sua apparizione improvvisa avesse modificato l'aspetto della stanza: l'aria, prima pesante e scura, aveva assunto una tinta azzurro-argento, nella quale riconobbi la sfumatura dei miei stessi occhi e che mi metteva tutto sommato a mio agio; non se n'era andato, invece, l'odore acre e nauseante proveniente dai tubi di scarico devastati e dai lavabi sbeccati posti in cerchio. Avevo sentito dire che l'ingresso della Camera fosse proprio lì, e desiderai saper parlare il Serpentese, solo per potermi ritirare in quello che immaginavo essere il rifugio più adatto a me e alle mie esigenze.
L'idea di trascorrere buona parte del resto della nottata in compagnia di una morta irritante, quando invece avrei dovuto riflettere ed elaborare meglio alcuni dettagli instabili del mio piano (come il voler includere in esso la Granger a tutti i costi, ad esempio) non mi faceva impazzire, ma non avevo altre alternative.
Meglio sopportare.
«Tu chi sei? Non ti ho mai visto da queste parti.»
«Draco Malfoy.» risposi quasi inconsapevolmente. Anche se mi ero ripromesso di non parlare con Mirtilla e di non darle alcun tipo di confidenza, la sua domanda aveva scatenato in me una certa irritazione: non sapeva chi fossi, e questo era inaudito.
Non doveva esserci individuo, vivo o defunto che fosse, che non conoscesse il nome di Draco Malfoy.
«Sei un amico di Harry Potter? Aveva promesso che sarebbe venuto, me lo aveva promesso... E invece sono passati anni!» mugugnò il fantasma, mentre i suoi occhi trasparenti iniziavano a gonfiarsi di lacrime.
Dovevo farla tacere, o avrebbe cominciato a piangere e sicuramente qualcuno dei professori di ronda sarebbe sceso a controllare cosa stesse succedendo.
«No, lo Sfregiato non è mio amico.»
«Pazienza, mi farò andar bene te.»
Non potevo credere alle mie orecchie. Quell'essere mingherlino e bisbetico aveva la faccia tosta di paragonarmi a Potter, di sottomettermi a lui, addirittura.
Se non fosse già stata uccisa una volta, avrei potuto pensarci io.
«In fondo, anche tu sei carino.»
Carino.
Ogni sillaba pronunciata da Mirtilla, con quella sua vocetta nasale, mi faceva rabbia: io non ero solo carino, no, far cadere una ragazza ai miei piedi era fin troppo facile, per me.
Come la metti con la Mezzosangue, allora?
«Oh, sta' zitto!» sibilai nella penombra.
«Che cosa hai detto?»
«Niente...»
Stavo iniziando a pentirmi di essermi fermato lì, la compagnia di Mirtilla Malcontenta si stava rivelando una delle peggiori di cui avessi mai avuto occasione di godere; era forse un tratto comune delle Nate Babbane, l'essere tanto esasperanti e indiscrete?
Non sembravi pensarla così, dieci minuti fa...
Inutile, per quanto mi costringessi a non rievocare quei pensieri, l'immagine della Granger e del bacio non smetteva un attimo di tormentarmi: mi sembrava di rivederla di fronte a me, di risentire la sua stretta sul torace, di respirare di nuovo il suo odore...
Ignorando Mirtilla, che ora si stava abbandonando al racconto di come era avvenuta esattamente la sua morte, rigorosamente annaffiato da litri di lacrime, mi avvicinai ad uno specchio scheggiato e ossidato: con l'indice sfiorai le mie labbra, convinto che l'impronta invisibile lasciata dalla sua bocca non fosse ancora svanita del tutto.
Le sfregai più e più volte, dapprima svogliatamente, poi con rabbia, ma senza ottenere alcun risultato. Quel sapore speciale non accennava a scomparire, e avevo la sensazione che sarebbe rimasto ancora per molto tempo.
Dovevo solo sperare che non fosse riconoscibile da altri.
La domanda era perché, perché mi ero lasciato trascinare in quel...
Non sapevo neppure come definirlo.
Perché me l'ero fatto piacere?
«... E così sono morta, proprio in questo punto. Da allora nessuno si è più fatto vivo qui... Ogni tanto mi diverto ad allagare un po' il bagno, non c'è niente di meglio da fare.
Tu perché sei qui? Vuoi forse insultarmi, come hanno fatto tutti?»
«No, non sono venuto per parlare con te. Anzi, preferirei che te ne andassi.»
Parlai prima di realizzare che quell'invito tanto esplicito avrebbe sortito degli effetti disastrosi: il fantasma esplose in singhiozzi rumorosi, tirava su con il naso probabilmente per abitudine, gemendo e gridando parole senza senso.
«Dannazione, fai silen... Volevo dire, mi dispiace, non intendevo offenderti, ma smetti di piangere, per favore!»
«Lo dici solo per farmi tacere, lo so benissimo!»
Mirtilla si tuffò nel water con la stessa identica rapidità con cui ne era uscita, sospirando, e il bagno piombò nuovamente nel buio; sbuffai di sollievo, quella ragazzina da viva doveva essere stata una vera piaga, se non l'avesse uccisa il Basilisco probabilmente prima o poi lo avrebbe fatto qualcun altro.
L'unico motivo di disappunto per la sua scomparsa era che l'atmosfera smeraldina si era dissolta, ed ora di fronte a me non c'era più il mio riflesso, solo tenebra.
A tentoni trovai una nicchia di pietra dura e mi sedetti, ritrovando in quella lastra i sedili che c'erano anche in Sala Comune.
«Che sono venuto a fare qui?»
La domanda di Mirtilla Malcontenta riecheggiava ancora nella mia mente, senza trovare una risposta precisa; sapevo di dover pensare, ma non ero in grado di definire precisamente a cosa.
A chi.
Le falle nel mio piano cominciavano ad essere evidenti solo ora: i tentativi disastrosi con l'Armadio Svanitore non erano più il problema maggiore, non dopo quanto era successo poco prima...
La mia incognita principale, ormai, era la Granger.
La Mezzosangue Granger.
Ero più che convinto che con lei come alleata avrei raggiunto il mio obbiettivo molto più facilmente che da solo, e che per addomesticare quella piccola selvaggia fosse necessario il lavoro di uno come me.
Di un incantatore di serpenti.
Ne era stata la prova l'andamento di quel bacio, ero riuscito a soggiogarla ed intimorirla, ma soprattutto ad affascinarla tanto da indurre il suo orgoglio a desistere.
Il bello era che non avevo dovuto neppure impegnarmi, il mio era magnetismo naturale. Non volevo ammettere, però, che in quel momento non avevo pensato neppure una volta a quelli che erano i miei disegni, nei miei gesti non c'era stato assolutamente nulla di prestabilito e pianificato. Non volevo accettare che lei aveva ottenuto il medesimo risultato.
Era avvenuto tutto troppo spontaneamente per i miei gusti, e questo mi faceva inviperire.
Mi spaventava.
Ma dovevo anche prendere in considerazione la mia indole complicata, che mi spingeva ad agire d'impulso solo quando ero troppo demoralizzato ed inappagato per usare il cervello; con il senno di poi, capivo che non era stata la Mezzosangue ad infiammarmi tanto, semplicemente il sentirmi desiderato e l'idea di detenere il potere su un altro essere umano mi avevano dato alla testa, portandomi persino a provare piacere in quel bacio.
Ero più calmo, adesso che stavo riuscendo a discolparmi e a ripulire le tracce di quella macchia che spacciavo per indelebile, e non avevo più bisogno di pensare.
Finalmente iniziavo a credere davvero in me stesso.
«Lumos Solem.»
Mi tirai su, incurante dell'acqua sporca e senza pensare al rischio di attirare l'attenzione di qualcuno con quell'incantesimo, mi sentivo invincibile, fiducioso come non lo ero mai stato.
Ero abituato ai miei sbalzi d'umore frequenti, e intendevo sfruttare al massimo quell'eccesso di sicurezza.
Grazie alla Mezzosangue la missione non poteva che riuscire alla perfezione.
Sarei diventato la sua più grande ossessione, l'avrei manipolata fino ad ottenere ciò che agognavo, e alla fine mi sarei dileguato con il mio successo.
Sul come, avevo ancora qualche lieve dubbio.
Quando il giorno ti alzerai
sai che in una notte morirai;
quando crederai di essere vivo
puoi star sicuro
aspetta che arrivo:
sono la morte dal volto scuro
e tu soffrirai,
e tu morirai
e alla fine all'inferno
andrai...
La biblioteca del tuo cuore aprirai,
ma niente vi troverai.
La filastrocca di Mirtilla, più simile ad un lugubre lamento, mi arrivò lievemente ovattata, come se colei che stava canticchiando si trovasse nelle tubature, o sotto terra.
Rimasi interdetto ascoltando quelle parole tetre, il pericolo di morte sembrava volermi perseguitare in tutte le sue forme, in quei giorni: la lettera di mia madre, il buio pesto, la compagnia di una defunta, e infine quel tremendo motivetto...
La morte mi chiamava, mi voleva con sé, mi avrebbe avuto?
Mi aspettava davvero l'Inferno, dall'altra parte?
Sicuramente sì, era quello il posto giusto per gli assassini...
Poi, ebbi l'illuminazione.
La biblioteca del tuo cuore aprirai,
ma niente vi troverai.
Mentre mi allontanavo dal bagno, ringraziai mentalmente Mirtilla Malcontenta, perché senza volerlo mi aveva fornito la chiave, il punto di partenza su cui basarmi.
Sarebbe andato tutto bene, la Mezzosangue era spacciata.
E già sentivo l'alone del suo profumo trasformarsi in un odore disgustoso, fino a scomparire.
La biblioteca del tuo cuore aprirai.
♥
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