Like a porcelain doll
«Lumos maxima!»
Mi chiusi alle spalle la porta del bagno dei Prefetti al quinto piano, cercando di soffocare in tutti i modi il mio respiro corto e ansante; premetti una mano all'altezza del cuore, ma la ritrassi immediatamente, temevo che potesse esplodere con un solo, leggero tocco.
Scivolai placidamente a terra, rabbrividendo al contatto con la frescura del pavimento, ma provando anche sollievo nel percepire la mia sopraelevata temperatura corporea abbassarsi; nello scostare una ciocca di capelli ribelli che era rimbalzata sul viso come una molla impazzita mi accorsi che stavo tremando.
Provai a contenere gli spasmi irregolari del mio corpo per potermi così concentrare al meglio su quelli della mente, scossoni ben più potenti e dolorosi al confronto.
Non mi ero mai sentita tanto smarrita come in quel momento, come un sonnambulo che si sveglia bruscamente dal suo dormiveglia e si ritrova nell'ignoto.
Al buio.
La luce sottile che proveniva dall'estremità della mia bacchetta era più che sufficiente a permettermi di vedere qualcosa di ciò che avevo intorno: conoscevo abbastanza bene quel bagno anche se, nonostante godessi del privilegio di poterne usufruire quando ne avevo voglia, vi ero entrata pochissime volte.
C'era un motivo preciso per cui l'accesso era consentito solamente a coloro che, nel castello, conoscevano la parola d'ordine, i Prefetti, appunto: per essere uno dei gabinetti di una scuola, era piuttosto insolito, addirittura spettacolare, e perfino a me sembrava più che giusto non concedere questa particolare comodità a tutti gli studenti.
Delle sottili irradiazioni colorate provenivano dalle vetrate dipinte, raffiguranti per lo più affascinanti sirene ed altre creature marine, che ovviamente si muovevano; al centro della sala troneggiava un'immensa vasca di marmo, della quale era impossibile stabilire la profondità se non immergendovisi: infatti era sempre piena fino all'orlo di acqua tiepida ed enormi quantità di schiuma dai riflessi pastello.
Altro sapone si riversava continuamente all'interno della vasca tramite centinaia di rubinetti dorati, ma doveva esserci un incantesimo che impedisse un allagamento, assicurato nel mondo Babbano.
Il fragore dell'acqua corrente, che di solito riusciva solo ad irritarmi, questa volta sciolse leggermente i nodi della tensione, facendomi rilassare.
L'illuminazione della stanza non sarebbe mai stata abbastanza da rischiarare la mia mente dalle fitte tenebre che la occupavano.
La consapevolezza era forse uno dei miei peggiori nemici, mi abbandonava costantemente nel bisogno e si ripresentava all'improvviso, quando ero ormai emotivamente instabile, troppo per essere nella totale pienezza delle mie facoltà.
Il rimorso per le mie azioni più recenti gravava su di me come un'ombra, pesante e minacciosa, mi sentivo sporca, una traditrice.
Con quel bacio avevo rinnegato me stessa in primis, eliminato ciò che di bello e vero c'era nella mia vita, e adesso ne pagavo le prime conseguenze: l'amicizia con il Prescelto, l'appartenenza alla Casa dei Grifondoro, il valore, dove avevo nascosto tutto ciò?
Che mi era saltato in mente? Chiedere a Malfoy di baciarmi era stata una decisione del tutto balorda, sotto ogni singolo aspetto. L'atto in sé, per prima cosa: io e quel Serpeverde eravamo nemici dal giorno in cui entrambi avevamo varcato la soglia della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, anche se forse l'ostilità che c'era fra di noi si era manifestata tempo dopo. Era avvenuto al secondo anno, quando lo avevo accusato di essersi comprato l'ammissione nella squadra di Quidditch: Malfoy mi aveva chiamata Mezzosangue per la prima volta, e da allora non aveva fatto nulla per tentare di nascondere il suo evidente disprezzo per le mie origini Babbane, né io mi ero trattenuta dal detestare apertamente lui e la sua insopportabile superbia da Purosangue.
Contava anche in maniera piuttosto rilevante il fatto che il ragazzo avventato che fino a pochi minuti fa assorbiva completamente l'aria a mia disposizione, soffiandomene contemporaneamente di nuova nei polmoni, e la serpe alienata che aveva tentato di strangolarmi appena una sera prima fossero la stessa persona.
Fra le due procedure di soffocamento, totalmente opposte fra di loro, preferivo la seconda.
Forse.
Mi ero lasciata ingannare con una facilità elementare, io che di solito riuscivo a contenere le reazioni alle provocazioni di Malfoy, e non potevo perdonarmelo.
Avrei dovuto resistere, rimandare il cedimento a quando sarei stata completamente sola, ma la nebbiolina che si era diradata intorno a me nel momento in cui mi si era parata di fronte quell'orribile scena in Sala Comune si era tramutata in foschia all'approccio iniziale con Malfoy.
Se frugavo nel mare dei miei ricordi più recenti, ero in grado di distinguere tre vivide immagini di mani, nessuna delle quali accennava minimamente a sbiadire: la prima, quella lentigginosa e molle di Ron, appoggiata malamente sul fianco di Lavanda; un'altra, candida e robusta, che stringeva e accarezzava in due momenti diversi la mia gola.
Difficile credere che l'intensità dei movimenti di una singola persona potesse variare in maniera tanto dinamica e disinvolta.
Ogni singola sensazione provata, ogni battito perso del mio cuore, tutto era ancora perfettamente nitido e definito: ricordavo quanto mi fossi sentita finalmente appagata, al sicuro fra quelle braccia forti, ricordavo quanto mi soddisfacesse essere baciata da Malfoy.
Mi vergognavo ad ammetterlo, perfino con me stessa, ma quella era la realtà e niente avrebbe potuto cambiarla.
Probabilmente però non era stato Malfoy a farmi sentire così gratificata, perché era improponibile e mi rifiutavo di crederci, ma il bacio stesso: dopotutto ero da poco precipitata in un interminabile tunnel, le cui pareti compatte erano il prodotto della slealtà di Ron unito alla coscienza di essere stata rifiutata ancora una volta.
Il mio orgoglio femminile ferito bruciava più di ogni altra cosa, il bisogno di sentirmi amata da qualcuno mi aveva spinta oltre quelli che credevo essere i confini della mia audacia, al di là della fierezza.
Quand'era stata l'ultima volta che avevo baciato qualcuno? Al quarto anno, anche se dopo quanto era accaduto quella notte dubitavo fortemente che quello con Viktor Krum potesse definirsi bacio: a suo tempo avevo incolpato la mia inesperienza, ma ora mi rendevo conto che era lui a non avermi coinvolto, più che altro si era preoccupato di essere dolce e delicato.
Inizialmente lo avevo apprezzato, convinta che passione e soavità potessero combaciare, adesso riuscivo solo a detestarlo.
Perché la gente continuava a trattarmi come se fossi una bambola di porcellana?
Solo Malfoy non si era preoccupato di essere gentile, il suo tocco rude lambiva ogni centimetro della mia pelle, e avrei potuto giurare che da ogni suo gesto trasudasse bramosia.
In quegli istanti, non contava per me sapere che quell'avidità era dovuta solamente al desiderio di vendetta, che era tutto calcolato e pianificato per lacerare ogni strato di protezione dal suo veleno...
Non mi importava, volevo solo abbandonarmi all'illusione che qualcuno potesse amarmi, desiderare me.
Provai a fantasticare su come sarebbe stato il bacio di Ron: di certo non così impetuoso, era più probabile che sarebbe stato simile a quello dato a Lavanda Brown, avrebbe tentato di mangiarmi la faccia rischiando di risultare solo patetico...
Ma nei miei sogni, dietro un bacio c'era il sentimento.
E tra me e Malfoy, quale sentimento poteva esistere? Solo l'odio.
Lo stesso odio che riuscivo a provare per il mio "amico" dai capelli rossi, quel Ronald Weasley di cui mi ero plausibilmente innamorata e che aveva inconsapevolmente frantumato il mio cuore. Di me, erano rimaste solo briciole, briciole di porcellana.
Non gliel'avrei data vinta, questo mai. Ero una combattente, una Grifondoro dall'animo nobile e temerario, e non mi sarei lasciata distruggere da un ragazzo, rosso o biondo che fosse.
Mi alzai repentinamente da terra, e mi diressi barcollando verso uno degli immensi specchi lucidi che rivestivano le pareti del bagno; osservai il riflesso della sconosciuta che mi stava dinnanzi, e che chissà per quale ragione copiava tutte le mie mosse: i capelli erano un cespuglio indomabile di ricci che cadevano sulle spalle e sulla schiena, le pupille castane lievemente inumidite, le labbra più arrossate e rigonfie del solito.
Di tanto in tanto mi sembrava di avvertire di nuovo la pressione della bocca di Malfoy sulla mia, la mano premuta sulla mia trachea violacea con una violenza quasi premurosa, come se volesse porgermi delle mute scuse per avermi fatto del male.
Sfiorai con due dita le ecchimosi bluastre ancora evidenti sul mio collo, e il lieve dolore mi fece sobbalzare: c'era stato un momento, una frazione di secondo, in cui avevo temuto seriamente che Malfoy mi avrebbe ucciso, la morsa d'acciaio con la quale mi stritolava era talmente brutale... Perciò la mia reazione istantanea ed impaurita di quella notte, quando lui aveva scostato la sciarpa pesante, era più che giustificabile: dapprima avevo pensato di sgusciare via, presa dalla folle, irrazionale paura che volesse finire ciò che aveva iniziato la sera prima, ma poi qualcosa nel suo tocco mi aveva indotto a fidarmi.
Il Protego Non Verbale che ero riuscita a scagliargli non aveva niente a che fare con questo.
Improvvisamente ero tornata me stessa, avevo riacquistato il pudore perduto e avevo realizzato quanto fosse illecito quello che stavo facendo.
L'espressione di Malfoy dopo essere stato Schiantato era indefinibile: sembrava arrabbiato.
Non aveva alcun motivo per prendersela con me, in fondo la colpa era per metà sua, ed era giusto che gli venisse attribuita. Si era trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Nel posto giusto al momento giusto, vorrai dire...
L'Hermione indisciplinata tornava a far sentire la sua voce e a confondermi le idee proprio quando sembrava che stessero recuperando un senso logico. Da una parte comprendevo che se Malfoy non avesse avuto voglia di una passeggiatina notturna nel castello, sarei rimasta a piangere indisturbata nel corridoio, magari Harry mi avrebbe cercata e confortata...
Però non avrei colto l'opportunità di sentirmi così viva.
Quei sei anni trascorsi ad Hogwarts mi avevano fortificata, resa maggiormente consapevole del mondo che mi circondava, avevo imparato una quantità spropositata di nozioni ed incantesimi utili; più di una volta mi ero infilata volontariamente in situazioni improponibili, addirittura avevo sfidato le leggi del tempo e modificato il corso di alcuni eventi passati, ero stata pietrificata dallo sguardo di un Basilisco, ero arrivata a Londra cavalcando un Thestral e rischiato di morire in seguito all'attacco di alcuni Mangiamorte.
Insomma, una vita scolastica piuttosto rischiosa al confronto di quella che avrei avuto nel mondo Babbano.
Ma ora potevo essere sicura di possedere, grazie a tutte quelle esperienze, una notevole dimestichezza con il pericolo, e ne ero sempre andata fiera.
Per la prima volta dopo tanto tempo mi ritrovavo a domandarmi se quello fosse un reale motivo di orgoglio: avevo impiegato praticamente tutta la vita a cercare di immagazzinare informazioni sulla magia stando sopra ai libri, per poter essere all'altezza dei Purosangue e dimostrare che anche una come me fosse degna di essere chiamata strega.
Era valso a qualcosa? Sprecare le esperienze umane per giocare a fare l'eroina, a cosa mi aveva portato? Ero ancora così sicura che aspettare che Ron si rendesse conto di amarmi sarebbe servito?
Inutile chiederselo, ormai era comunque troppo tardi per fare marcia indietro. Come avevo potuto essere così cieca? Avrei dovuto pormi tutte quelle domande anni prima, forse non sarei mai caduta tanto in basso da chiedere a Malfoy di...
Avevo tradito Harry e... Ron.
Svegliati, Ron non ti ha mai amata.
Accettarlo era dura, quanto accettare di essermi comportata da bambina.
Da bambola di porcellana, appunto. Quella notte mi ero rotta.
E per quanto il solo pensiero continuasse a farmi impazzire, quella notte mi era servita a capire quanto mi ero negata durante la mia adolescenza, e quanto avrei dovuto recuperare da quel momento in poi.
Un altro punto di domanda che non poteva essere lasciato in sospeso era lo stesso Malfoy.
Certo, Ron mi aveva fatto del male e non mi sarebbe certo dispiaciuto se fosse venuto a sapere del bacio, ma dovevo considerare mille altri aspetti oltre alla mia vendetta personale: come avrei impedito che il furetto raccontasse a chiunque dotato di orecchie la barzelletta la cui protagonista indiscussa era la sottoscritta che si riduceva a mendicare baci da un Serpeverde? Perché era ovvio che quella fosse la sua intenzione. Magari non gli avrebbero creduto in molti, chiunque nel castello aveva ragione di ritenere che né io né lui fossimo capaci di concepire un simile pensiero neppure in stato di incoscienza, però preferivo che quanto era successo restasse fra noi.
Per la prima volta io e Malfoy condividevamo un segreto.
Dopotutto dubitavo che lui fosse tanto propenso a rivelarlo a qualcuno, con la sua ossessione per il "sangue puro", forse c'era una speranza che la mia umiliazione fosse terminata lì...
Mi ero già trovata al centro dell'attenzione a causa di storie imbarazzanti sul mio conto, e non tenevo a ripetere l'esperienza, soprattutto considerando che le voci stavolta sarebbero state fondate.
Quello che sicuramente avrei evitato di fare era chiedere al furetto di tenere la bocca chiusa, non avevo intenzione di guardarlo in faccia mai più.
Un momento. In tutta quella faccenda stavo tralasciando un dettaglio sottile, ma di importanza enorme, che prima non avevo considerato: cosa ci faceva Malfoy di nuovo al settimo piano?
La risposta era chiarissima. La Stanza delle Necessità. Era tornato là dentro, e qualsiasi cosa avesse architettato di fare ero certa c'entrasse con la formula Harmonia nectere passus: il risultato della mia ricerca in Biblioteca era preciso, e parlava chiaro, quell'incantesimo serviva principalmente per il trasporto di oggetti e persone senza usare la Materializzazione.
Ad Hogwars non ci si poteva Materializzare o Smaterializzare, perciò il ragionamento filava. Ancora non mi ero formata una teoria, mi limitavo ancora a semplici ipotesi, una meno probabile e più strana dell'altra, ma prima o poi sarei riuscita a venirne a capo.
Ormai si trattava di una questione di fierezza, che sconfinava quasi nella presunzione: ero allenata a risolvere ogni rompicapo, a superare ogni tranello, e non sarebbe stato un borioso Serpeverde a distruggere una delle mie ormai poche certezze.
Già, perché ora che molti dei punti fermi della mia vita iniziavano a vacillare e minacciavano di crollare da un momento all'altro ero determinata a mantenerne in piedi il più alto numero possibile.
Un semplice bacio non poteva sconvolgermi così.
Non è stato un semplice bacio, lo sai...
«Nox.»
Con un nuovo sospiro osservai un'ultima volta il mio riflesso nello specchio, perché quella ero indubbiamente io, prima che l'oscurità tornasse ad inghiottire la stanza in cui mi ero rifugiata.
Mentre ripercorrevo i miei passi lungo la vasca, in direzione della porta, ripensai agli occhi grigi di Malfoy e al calore che la freschezza delle sue mani era riuscita a trasmettermi in soli cinque minuti.
Inspirai profondamente, cercando di impedire alla mia attenzione di concentrarsi sugli aspetti proibiti di quell'avvenimento, sui lati positivi.
Era positivo sapere che niente di ciò che aveva fatto Malfoy con me mi era rimasto indifferente?
Era positivo provare soddisfazione nell'aver preso una rivincita su Ron baciando il suo nemico d'infanzia?
Era positivo che una parte di me desiderasse che succedesse di nuovo?
Sì.
No! No che non lo era! La confusione che avevo in testa era tale da impedirmi di focalizzare ciò che era oggettivamente giusto, ma di una cosa ero certa: il bacio con Malfoy, soggettivamente, non aveva proprio nulla di sbagliato.
♥
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro