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I will avenge

Draco,

nonostante tuo padre mi abbia sconsigliato di farlo, ho pensato che mandarti questo gufo fosse l'unico modo per rimanere in contatto con te e sapere come sta andando la tua missione.

Ti chiedo di farci avere regolarmente tue notizie e di tenerci costantemente aggiornati su quanto accade lì ad Hogwarts.

Ricorda che per qualunque problema puoi rivolgerti a Severus, sono certa che non ti farà mai mancare il suo aiuto e la sua protezione.

Spero tu comprenda che dall'esito del tuo lavoro dipende il destino dell'intera famiglia, e che quindi ti stia impegnando al massimo nell'esecuzione del compito che l'Oscuro Signore ti ha affidato, sai bene qual'è la posta in gioco...

Lui è ancora molto adirato, e sarebbe meglio per tutti noi portare a termine questo incarico il prima possibile, non dimenticarlo.

Mi auguro che tu stia facendo del tuo meglio, scriverò la prossima settimana e vorrei da te delle buone notizie.

Era sempre stata abitudine di mia madre non firmare le sue lettere indirizzate a me, probebilmente perché dava per scontato che capissi subito chi fosse il mittente, ed in effetti era così. Quella grafia stretta e precisa era inconfondibile, soprattutto era inconfondibile il tono con cui mi si rivolgeva Narcissa, a metà fra il freddo e il preoccupato.

Che fosse in ansia era chiarissimo, la conoscevo troppo bene, e sapevo che dietro quell'apparente indifferenza mia madre stava cercando di nascondere la sua preoccupazione.

Dovevo aver preso da lei questo lato del mio carattere...

Chiunque leggendo il breve rotolo di pergamena sarebbe rimasto sconcertato di fronte a quelle frasi brevi e concise, oggettivamente non era la lettera piena di sentimento e di raccomandazioni amorose che ci si aspettava da una madre che manda letteralmente al macello suo figlio...

Ma io non avevo dubbi, lei era disperata.

E nonostante tutti i suoi sforzi per provare a simularlo, era evidente cosa pensasse riguardo a me e alla missione.

Secondo lei sarei morto, semplicemente. Era convinta che non ce l'avrei fatta.

Durante le ultime notti non avevo chiuso occhio, ero rimasto sveglio a fissare le ombre minacciose che si allungavano scure sul soffitto, sforzandomi di dare un senso logico ai miei pensieri nell'attesa che la luce del giorno mi permettesse di alzarmi, e rileggendo di tanto in tanto la lettera mandata da mia madre.

Una settimana.

Era già trascorsa una settimana dal ritorno ad Hogwarts, e già i miei nervi minacciavano di crollare miseramente. Non ero abituato a quella sensazione, di solito riuscivo ad essere perfettamente padrone di me e delle mie azioni, a godermi la vita e a trarne vantaggi senza dover fare il minimo sforzo.

Ero abituato a vincere.

Adesso stavo perdendo.

Vero, sette giorni erano sicuramente insufficienti per pretendere di avere successo in quello che stavo tentando di fare, un mago al sesto anno di studi non sarebbe mai stato in grado di riuscire ai primi tentativi.

Ma era anche vero che per uno abituato ad ottenere immediatamente ciò che desiderava, era una bella batosta. Forse la chiave stava proprio lì: io lo desideravo davvero?

Certo che lo desideri, stupido.

Perché lo staresti facendo, altrimenti?

Non potevo permettermi di formulare certi pensieri, né di interrogarmi su quale fosse la mia volontà, in questo caso contava meno di zero, soprattutto dovevo fare attenzione, ed essere cauto.

Se qualcosa fosse andato storto, la colpa sarebbe stata interamente mia, non avrei avuto nessuno con cui dividerla; ogni mio pensiero sarebbe diventato di Suo dominio, e quindi formulare ipotesi sul perché mi avesse scelto o su come avrei cercato di giustificarmi nel caso in cui avessi fallito era estremamente pericoloso.

Oltre al fatto che non mi era minimamente d'aiuto.

Dovevo cercare di pensare positivo, e di essere spavaldo come sempre, la paura non sarebbe mai entrata nelle mie corde...

Ero un Serpeverde, la malvagità non mi era nuova, si trattava solo di metterla in pratica in maniera diversa, più...

Da assassino?

Basta, mi stavo comportando da codardo, e provavo ribrezzo verso me stesso.

Dopotutto non mi trovavo totalmente allo sbaraglio, avevo ancora una serie di idee geniali dalla mia parte, una più improbabile dell'altra, ma erano pur sempre realizzabili.

Buona parte di quelle notti infernali era servita anche per mettere a punto i dettagli che avrebbero determinato il successo o meno della migliore delle mie illuminazioni, quella che mi aveva colpito dopo aver fatto un primo tentativo con quell'Armadio.

Sarebbe stata per me una tortura forse peggiore della Maledizione Cruciatus, ma onestamente fra il sedurre una Mezzosangue e l'essere ucciso da Voldemort c'era un abisso, e in confrondo alla seconda opzione, la prima sembrava una passeggiata.

Sì, quella era la mia brillante, pericolosa, pazza idea.

Brillante, perché la Granger, sebbene fosse la creatura che odiavo di più al mondo dopo lo Sfregiato, era l'unica che avesse le capacità necessarie per eseguire quel maledetto incantesimo e che avrei potuto costringere al silenzio, ricorrendo a mezzi più o meno leciti.

Pericolosa, perché in qualsiasi momento c'era la possibilità che tutto finisse all'aria per colpa di quella Sanguemarcio, ovviamente il suo primo impulso sarebbe stato quello di correre da Potter e di spifferargli tutto, il che equivaleva ad un suicidio, per me.

Ma io le avrei fatto passare quella voglia.

Pazza, perché mai e poi mai avrei pensato che un giorno mi sarei ritrovato ad avere un bisogno disperato dell'aiuto del nemico, la sola consapevolezza mi ripugnava, fosse dipeso da me non mi sarei abbassato ad un simile livello...

Ma stavo imparando a mie spese che esistevano delle situazioni in cui non era permesso fare delle scelte...

Stranamente, conquistare la Mezzosangue mi si presentava come qualcosa di estremamente facile, anche se non l'avrei mai detto.

Insomma, quale ragazza avrebbe saputo resistermi?

Ma non avendo mai pensato alla Granger come ad una delle mie prede, non potevo ancora azzardarmi a trarre delle conclusioni, non prima di averci provato concretamente.

Sebbene i Serperverde alloggiassero nei sotterranei del castello e non vi fossero finestre in nessuna camera, quell'oscurità mi piaceva, mi faceva sentire totalmente a mio agio, e ormai avevo imparato a capire quando sorgeva il sole o meno, basandomi sul diradarsi graduale della penombra in cui era avvolta la stanza. Appena si faceva giorno, come un automa mi alzavo e permettevo al tempo di scivolarmi addosso: con il corpo ero sempre presente, alla maggior parte delle lezioni, agli allenamenti di Quidditch, ai pranzi e alle cene in Sala Grande; ma la mia mente era costantemente intrappolata nella Stanza delle Necessità.

Quella sera avevo deciso di utilizzare la nottata in un altro modo, di sfruttarla per qualcosa di più utile, consapevole che non avrei resistito un secondo di più a letto a fissare il soffitto con gli occhi sbarrati, mentre mi torturavo con i miei pensieri leggermente suicidi: avevo trascorso lì l'intero pomeriggio, sforzandomi di distrarmi in qualche modo aspettando che calasse il buio e contemporaneamente il sonno si portasse via l'intera scuola.

Ero riuscito a fingere di dormire quando gli altri erano saliti nel dormitorio, e avevo atteso, mantenendo il mio respiro ad un ritmo regolare; appena un sonoro russare si diffuse in tutta la stanza, compresi che quello era il momento di andarmene.

Silenziosamente, scivolai nel soffice tessuto della camicia di lino della divisa, sbottonando di proposito la parte superiore, appena sotto il colletto, e annodai svogliatamente la cravatta verde-argento, che portavo più per abitudine che per altro, mantenendola, come sempre, leggermente storta.

L'unico oggetto che presi con me fu la mia bacchetta.

Sì, avevo intenzione di trascorrere tutta la notte nella Stanza delle Necessità, a tentare la fortuna con quel dannato incantesimo.

Repressi a fatica una smorfia di dolore ripensando alla punizione che mi aveva rifilato la McGranitt il primo giorno, per non essermi presentato alla sua inutile ora di Trasfigurazione: sarei stato costretto a riordinare la Biblioteca nientemeno che con la Mezzosangue, senza magia.

Mi ero trattenuto dal riderle in faccia solo perché avevo questioni più importanti di cui preoccuparmi, ma ero talmente seccato che sarebbe bastato pochissimo per farmi scattare.

Però comprendevo quanto fosse indispensabile eseguire gli ordini della professoressa, sia perché non potevo ancora inimicarmela ulteriormente, e soprattutto perché quella punizione era un'occasione d'oro per avviciarmi alla Granger.

Sovrappensiero, mi diressi verso la Sala Comune, cercando di fare il meno rumorosamente possibile, per evitare che qualche mio compagno di Casa si svegliasse ed iniziasse a farmi domande alle quali chiaramente non volevo rispondere.

Non appena feci il mio ingresso nella Sala, mi fermai un istante, quanto bastava per osservare i numerosi stendardi di Salazar Serpeverde posti lungo le pareti di pietra...

«Draco!»

Quella vocetta stridula e insulsa mi fece trasalire, non avevo notato che, rannicchiata su una delle poltrone di fronte al camino, Pansy Parkinson mi stava evidentemente tenendo un agguato.

Non potendo semplicemente ignorarla, pur essendo anche lei in mio potere come chiunque altro, mi fermai controvoglia sulla soglia del muro d'ingresso, sperando di riuscire a liberarmi in fretta della ragazza carlino .

«Cosa c'è, Pansy?»

«Ad ottobre ci sarà la prima visita ad Hogsmeade, è appena comparso il calendario in bacheca. Sarebbe bello andarci insieme, non ti pare?»

Quella sera non ero proprio dell'umore adatto per stare a sentire le chiacchiere inutili della Parkinson, più appiccicosa di un Incantesimo Collante, l'unica cosa che desideravo era andarmene di lì prima che fosse troppo tardi.

«Questo non è proprio il momento per parlarne, ho da fare.»

«Aspetta, perché mi tratti così? Di solito non sei così freddo con me...»

Di solito fingo, tesoro.

«E poi perché sei ancora in piedi a quest'ora? Non è da te. Dovresti sapere che è proibito girare per il castello di notte... Dove stai andando così di fretta?»

«Non sono affari tuoi.»

Prima che potesse ribattere, mi parai di fronte al passaggio, che si spalancò immediamente, e potei così sfuggire alle sue attenzioni eccessive; cercava di non farlo notare, ma sapevo benissimo che dietro alla sua apparente amichevolezza c'era un'animo sospettoso e possessivo nei miei confronti.

Come se avessi trovato il tempo di passeggiare con lei per le stradine affollate di Hogsmeade...

Come se avessi voluto trovarlo.

Prima di correre il rischio di un altro incontro indesiderato, affrettai il passo e svoltai l'angolo che conduceva alla prima rampa di scale: per arrivare al settimo piano il percorso era piuttosto lungo, ma io ero allenato e lo superai in pochi minuti, senza che nessuno mi disturbasse di nuovo.

«Lumos.»

Mi passai una mano fra i capelli ed avanzai lungo il corridoio, tenendo stretta la bacchetta e preparandomi a formulare mentalmente il mio desiderio una volta giunto in prossimità dell'entrata, per evitare di sprecare altro tempo.

Riflettei sulla possibilità futura di piazzare Tiger e Goyle lì fuori come sentinelle, perché non potevo certo continuare a girare furtivamente per il castello, prima o poi sarei stato visto da qualche professore che pattugliava i vari piani...

Magari avrei dato da bere a quei due un po' della Pozione Polisucco che si trovava nell'aula di Pozioni del professor Lumacorno, ce n'era una tinozza piena, nessuno si sarebbe accorto che l'avevo rubata; in questo modo avrei suscitato ancora meno sospetti.

Un'altra delle mie ingegnose idee.

Alzai distrattamente lo sguardo da terra, e fu in quel momento che la notai: c'era qualcosa nascosta dietro un'armatura, qualcosa che inizialmente mi era sfuggito a causa della mia distrazione.

Non qualcosa, qualcuno.

Trattenni il fiato, cercando di mantenere il sangue freddo: che fosse una persona potevo intuirlo dai capelli, una massa disordinata di ricci castani e crespi che faceva capolino dal nascondiglio.

Che fosse proprio lei?

Socchiusi le palpebre e mossi qualche passo, tenendo alta la bacchetta e preparandomi a coglierla di sorpresa: non sarebbe stata una Sanguemarcio a rovinare tutto, e avevo in mente di farla pentire di essere lì.

«Ancora sveglia, Mezzosangue?»

Al suono della mia voce, la Granger si voltò di scatto, irrigidita, aprendo velocemente la bocca, di sicuro pronta a lanciarmi un incantesimo.

Ma io ero pronto.

«Expelliarmus!»

Con un pigro movimento di bacchetta la disarmai, approfittando del fatto di averla colta impreparata, altrimenti non sarei riuscito a sopraffarla; nei suoi occhi lessi il disprezzo, quel disprezzo che la accompagnava tutte le volte che ci scontravamo.

Quella volta però era diverso, non ne sarebbe uscita indenne.

«Ridammi la mia bacchetta, Malfoy.»

Cercava di sembrare spavalda e sicura di sé, oltre al fatto che ostentava quella sua aria di superiorità, come se il suo legame con il Prescelto e il conoscere a memoria qualche formula fossero caratteristiche sufficienti a farla risulare migliore di me, migliore di un Purosangue...

La detestavo con tutto me stesso.

Ma a giudicare dall'irrigidirsi improvviso del suo corpo quando le avevo puntato la bacchetta contro, e dal nervosismo che traspariva dalla sua voce, non doveva essere così tranquilla come voleva farmi credere.

In fondo era con me, di notte, in un corridoio isolato e quasi completamente immerso nell'oscurità, e soprattutto era disarmata.

Non aveva che se stessa per difendersi.

«Prima facciamo due chiacchiere, vuoi?»

«No che non voglio, la tua sola vicinanza mi dà la nausea.»

«Il sentimento è totalmente ricambiato, penso tu lo sappia.»

Il pensiero di averla finalmente incastrata e di poter fare di lei tutto ciò che desideravo si fece strada nella mia mente, e compresi quanto quell'occasione non fosse assolutamente da sprecare: non solo avrei dato una lezione memorabile alla Mezzosangue, ma nell'attesa di riuscire a riparare l'armadio sarei anche riuscito a dimostrare che mi stavo dando da fare e che ero in grado di mettere a tacere chiunque mi fosse d'intralcio...

Mi sentii vivo e carico di entusiasmo come non lo ero da tanto.

«Sono curioso, dimmi cosa stai facendo qui.»

«Potrei farti la stessa domanda.»

Era furba, ma non l'avrebbe spuntata.

«Te l'ho chiesto prima io. Forse aspettavi qualcuno?»

Non appena scorsi il suo viso chiazzarsi di rosso, ebbi la conferma che i miei dubbi erano fondati: la Granger sapeva.

Magari non conosceva tutti i dettagli, ma sapeva delle mie visite più o meno regolari nella Stanza delle Necessità.

Chissà, forse l'aveva mandata proprio Potter per spiarmi, quel ficcanaso...

«Non dovresti andare in giro da sola, di notte. Potrebbe essere pericoloso

«So difendermi benissimo, furetto.»

L' utilizzo di quell'umiliante nomignolo, unito alla sua insopportabile espressione di sfida mi portò ad avvicinarmi un altro po', nessuno l'avrebbe difesa, nessuno, nel caso io...

«Senza la tua bacchetta? Non credo ce la faresti, Mezzosangue. Per caso aspettavi me?»

Un lampo guizzò nelle sue iridi nocciola. Stava sicuramente cercando di trovare una giustificazione che risultasse credibile, ma avevo l'impressione che fosse proprio una pessima bugiarda.

«Scoprirò che cosa fai lì dentro, Malfoy.»

Fulmineo, le portai una mano alla gola, stringendo appena il suo viso: non aveva neppure provato a mentire, ciò mi meravigliava e mi rendeva ancora più furioso al contempo.

Soprattutto, era stata la sua manifestata volontà di incastrarmi a farmi scattare.

«Oh, io non credo. Non credo proprio che ci riuscirai.» sibilai, rafforzando la stretta e provando piacere nel constatare che per la prima volta la Granger aveva paura di me.

«Così mi fai male...»

Poco importava che sul suo collo stessero iniziando a comparire delle lievi ecchimosi violacee, poco importava che fossero le mie dita a stritolarla in quella morsa d'acciaio, il senso di appagamento era troppo forte...

All'improvviso, però, mi ricordai del piano: avevo previsto di sedurla, e provare a strangolarla non sarebbe certo stata una mossa a mio favore.

Fosse dipeso interamente da me, l'avrei schiacciata come uno scarafaggio, in modo che capisse qual'era il posto che le spettava, quanto contava per me una con il sangue sporco come il suo...

Ma dovevo ricordarmi che, qualsiasi azione commettessi, non era mai per me stesso, ormai ero un soldato, un corpo solido alle dipendenze di un'entità superiore: se cercavo di sfruttare qualcuno, o di fargli del male, non avrei ottenuto nulla se non la Sua approvazione o meno.

In quel momento non potevo permettermi di agire d'istinto, avevo un disperato bisogno dell'abilità della strega di cui tenevo prigioniera la gola, e lo sciocco capriccio che mi imponeva di prendermi le mie soddisfazioni su di lei avrebbe solo contribuito ad allontanare ancora di più l'obiettivo finale.

Quelle riflessioni fecero sì che la mia stretta diminuisse poco a poco d'intensità, fino a liberare la Mezzosangue, che si accasciò leggermente su se stessa, con il volto bianco come quello di un fantasma e delle impronte grigiastre appena sotto gli zigomi.

«Non finisce qui, Mezzosangue. Ti farò pentire del giorno in cui sei salita per la prima volta sull'Espresso, e hai deciso di immischiarti in questioni che non ti riguardano.»

Le parole mi sfuggirono di bocca, senza che io potessi fare nulla per fermarle.

Pensavo davvero ciò che le avevo detto, non sarebbe rimasta una semplice minaccia: quando tutto sarebbe tornato alla normalità, gliel'avrei fatta pagare cara per ogni affronto.

Nessuno poteva pensare di comportarsi in quel modo con un Malfoy e di passarla liscia, lei in particolare.

La osservai per un ultimo istante, il terrore che potessi farle del male che l'aveva invasa in precedenza sembrava svanire rapidamente, sostituito dalla solita supponenza.

Le voltai appena le spalle, perché non riuscivo a smettere di fissarle il collo e di pensare a cosa sarebbe successo se non mi fossi fermato in tempo...

«Mi vendicherò.»

Senza tornare a guardarla, mi mossi per tornare da dove ero venuto, carico di odio, rabbia, e di qualcosa che mi suggeriva che quella notte non avrei potuto fare un incontro peggiore.

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