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I can help you

Bagnato dalla testa ai piedi, avanzai rapidamente verso la Sala Comune, pregando Salazar che fosse deserta come quasi tutti i corridoi del castello.

Nessuno doveva vedermi, nessuno.

Pronunciai a voce bassa la parola d'ordine (Purosangue) e subito fui catapultato dentro dal pannello di pietra girevole. Davanti a me trovai la solita scrivania con sopra una scacchiera e tazze da tè, il divanetto e le poltrone di pelle nera, tutto rigorosamente illuminato dal verde smeraldo proveniente dall'acqua salmastra del Lago Nero e dalle lampade; a est vi era la biblioteca, con manoscritti di Merlino e libri alchemici ad arricchire gli scaffali, e un lungo tavolo dove tutti noi ci recavamo per studiare. Dal lato opposto, i cinque camini in pietra decorati con serpenti e teschi intarsiati erano accesi e crepitanti. Non per niente era la terza sala più grande all'interno della scuola.

Fortunatamente era deserta, non c'era nessuno oltre a me, anche se il tempo a mia disposizione era piuttosto limitato: la maggior parte degli studenti di Hogwarts era uscita qualche ora prima per andare a Hogsmeade, ma era questione di minuti prima che tornassero di corsa e inzuppati dalla pioggia...

Sfilai la bacchetta dalla tasca posteriore dei pantaloni, faticando a controllare il tremore violento che si era impossessato delle mie mani.

È solo il freddo...

Avevo i capelli e la camicia grigia che indossavo letteralmente incollati al corpo, ed essere limitato di continuo nei movimenti più banali da quella specie di seconda pelle umida ed ingombrante mi irritava. Sul pavimento si stava già formando una grossa pozza d'acqua, intorno alle mie scarpe di pelle ormai rovinate, e da ogni centimetro d'abito grondavano gocce di pioggia ritardatarie, a un ritmo lento e metodico che alla lunga rischiava di farmi impazzire.

Plic.

Ero arrivato a un passo dal commettere un omicidio.

Peccato che stavo per uccidere la persona sbagliata.

Plic.

Che cazzo mi era saltato in mente ad espormi in quel modo? Affidare ad una qualsiasi studentessa ignara il compito di consegnare la collana era sicuro quanto lanciare un dado magico, avrei dovuto capirlo... E soprattutto avrei dovuto bere un po' di Felix Felicis, prima di tentare, anziché conservarla per qualcosa di più importante.

Non esisteva nulla di più importante! Se non portavo a termine quella missione, dopo il fallimento mi attendeva solo il vuoto, e non dovevo permettermi di sprecare l'unica occasione che avevo di fare qualcosa di grande...

Plic.

«Essicco.»

Puntando la bacchetta contro me stesso, aspirai l'acqua dai miei vestiti facendoli tornare come nuovi; nonostante fossero di nuovo caldi e asciutti, continuavo a tremare.

La fretta aveva giocato a mio sfavore, senza dubbio: avevo architettato quel piano in pochissimo tempo, e avevo impiegato ancora meno per metterlo in pratica, mi ero comportato da vero principiante.

Quale ero, in effetti.

Dal momento in cui ero uscito euforico dall'aula di Pozioni con una fiala colma di Fortuna Liquida avevo iniziato a progettare un modo per impossessarmi della collana maledetta senza però farla spedire direttamente nel castello. Se avessi semplicemente chiesto a Sinister di inviarla via gufo, sarebbe stata intercettata e io sospettato di aver cercato di introdurre Magia Nera a Hogwarts, quindi era un'ipotesi da escludere a priori.

Poi, c'era stata l'illuminazione, o almeno credevo lo fosse: la gita a Hogsmeade poteva diventare un prezioso asso nella manica, se riuscivo a trovare la maniera giusta per utilizzarlo... Per evitare di essere intercettato e quindi associato facilmente a quella collana, bastava consegnarla a qualcun altro, e la Maledizione Imperius faceva proprio al caso mio.

La mia scelta era caduta immediatamente su Madama Rosmerta, la barista dei Tre Manici di Scopa, perché non avrebbe avuto alcuna difficoltà a dare il pacchetto alla prima ragazza che avesse incontrato nel suo pub...

Sinister aveva naturalmente accolto la mia richiesta senza fare storie, e aveva promesso di inviare la collana dove avevo preteso, il giorno successivo. Così ero andato ad Hogsmeade in anticipo rispetto a tutti gli altri, avevo atteso il momento propizio per stregare Rosmerta senza essere notato, e poi l'avevo istruita su come comportarsi non appena il suo locale fosse stato invaso dai clienti. Il mio Imperius era abbastanza potente da durare ancora per molto, mi ero esercitato parecchio ed era l'unica delle tre Maledizioni Senza Perdono che mi riusciva veramente bene, forse perché non provavo alcun senso di colpa e di rimorso nel costringere qualcuno ad obbedirmi...

Comunque nel caso avessi avuto nuovamente bisogno di lei, avrei potuto servirmene senza impedimenti. Ovviamente mi serviva un espediente semplice ma efficace che le permettesse di informarmi non appena avesse portato a termine il compito, e per quello dovevo ringraziare la Granger... Mi ero ricordato dei galeoni stregati che lei aveva sfruttato per comunicare agli altri membri dell'ES quando ci sarebbe stata una nuova riunione, e avevo adottato il medesimo sistema.

Tutto sembrava filare.

Nel momento in cui avevano iniziato ad arrivare i primi studenti di Hogwarts, mi ero mantenuto nell'ombra, aspettando un segnale e cercando di restare il più possibile nell'anonimato: ci ero riuscito, nessuno mi aveva notato.

Io però avevo impiegato in altro modo il mio tempo d'attesa, nel modo forse più sbagliato.

Tenendo d'occhio la Granger.

Anzi, la Mezzosangue. Pensavo a lei come "Granger" troppo spesso, ultimamente, dovevo riacquistare le mie vecchie abitudini... L'avevo osservata dal momento stesso in cui era entrata nel locale con lo Sfregiato, rischiando di mandare all'aria tutto quanto.

Non mi importava. Qualcosa mi imponeva di guardarla, di usarle chissà quale violenza con la sola forza degli occhi, e non credevo intendesse violenza negativa.

Esisteva forse una violenza positiva?

Non ne avevo idea. Lei e lo Sfregiato bevevano Burrobirra e ridevano, seduti vicini come una coppia di sposi in luna di miele: vedendoli così in confidenza, avevo sentito qualcosa risvegliarsi all'altezza del petto, un animale ruggire di rabbia.

Perché mi interessava tanto? Erano amici. Ed erano due nullità.

Ma lei... C'era qualcosa in lei, nell'azzurro del suo maglione, nei suoi capelli crespi, nel suo profumo alla violetta che...

Poi era arrivato Pel di Carota insieme alla sua Lecca-Lecca, e l'idillio si è spezzato: non ricordo di essere mai stato tanto grato al Re degli Idioti come in quel momento.

La Mezzosangue era diventata di pietra, e se n'era andata quasi subito, portandosi dietro Potter; stranamente, la stanza si era raggelata all'improvviso.

C'erano però anche altre due persone che avevano lasciato la sala, e avevo percepito un forte calore provenire dalla mia tasca, segno che era Katie Bell, la Cacciatrice della squadra di Quidditch, ad aver subito la Maledizione Imperius e ad avere fra le mani il pacchetto con la collana. Toccava a lei consegnarlo, ma io dovevo comunque controllare che non si verificassero imprevisti durante il breve tragitto che collegava il villaggio ad Hogwarts.

Ero quindi uscito dalla porta sul retro e avevo seguito di nascosto su per la strada Katie e la sua amica, e ovviamente mi ero ritrovato a seguire di conseguenza i due amici del cuore.

Se non altro avevano smesso di ridere...

A un certo punto, però, era avvenuto il disastro: Katie aveva toccato la collana.

Nonostante avessi raccomandato a Sinister di riporla attentamente e di non lasciare che si intravedesse il contenuto del pacchetto, e Madama Rosmerta le avesse ordinato di non aprirlo per nessuna ragione, qualcosa era andato storto.

All'inizio, appena si era sollevata in aria, ho creduto che fosse morta, in fondo era proprio quello l'effetto che avrebbe dovuto sortire la collana di opali, ma le sue grida erano un segnale di vita. Dolore atroce, ma vita. Probabilmente il contatto era stato minimo, Katie si era salvata per miracolo; o almeno, presumevo si fosse salvata.

Potter e la Granger avevano subito cercato di aiutarla, e alla fine Hagrid l'aveva portata via di corsa, forse da Madama Chips, anche se dubitavo che le sue cure da sole avrebbero funzionato... Con quel piano arrangiato in fretta e furia avevo rischiato di uccidere.

Certo, prima o poi avrei comunque dovuto farlo, ma... A malapena conoscevo il nome di Katie, non mi era simpatica per principio, come tutti i Grifondoro, ma non avrei mai pensato che l'avrei messa tanto a rischio. Lì c'erano anche altre tre persone che potevano rimanere coinvolte, e una di queste era proprio la Granger; per un attimo immaginai il suo corpo sospeso a due metri dal terreno, l'aria percossa dalle sue urla...

No, non potevo lasciarmi intimorire così da un incidente di percorso, dovevo essere più forte e preparato ad affrontare situazioni del genere, nessuno degli altri Mangiamorte si preoccupava di quanta gente faceva fuori prima di ottenere ciò che voleva.

In fondo Katie si sarebbe ripresa, nessuno avrebbe scoperto che dietro la collana c'ero io e qual era il mio vero obbiettivo, il tentativo era fallito ma avrei sempre potuto riprovare...

«Mi chiedevo dove fossi finito, Draco.»


Mi voltai di scatto, con la bacchetta alla mano, verso l'angolo da cui era provenuta quella voce apatica e untuosa che ben conoscevo.

«Sono sempre stato qui, professore.»

Piton mi osservava serio da un angolo, apparentemente comparso dal nulla, avvolto dal solito mantello nero e adombrato dai capelli corvini. Sapevo che era un Mangiamorte, sapevo che da anni faceva il doppio gioco con lo stesso uomo che io avrei dovuto uccidere; sapevo che era un abilissimo Occlumante, forse migliore persino dello stesso Signore Oscuro, e che non avrebbe tardato a scoprire ciò che era evidente, che mentivo...

«Non devi fingere con me, Draco. So tutto.»

Draco.

Piton era sempre stata una delle poche persone che mi chiamavano per nome.

Perfetto. Mi sforzai di chiudere la mente e di tenerlo lontano dai miei pensieri, come mi aveva insegnato zia Bellatrix: non mi fidavo, nonostante mia madre mi avesse consigliato e raccomandato di fare affidamento su di lui in caso di necessità. Come faceva ad essere così sicura che non si sarebbe approfittato della mia situazione incerta per poi prendersi tutto il merito?

Sin da quando ero tornato ad Hogwarts avevo vissuto con la certezza che prima o poi il direttore dei Serpeverde avrebbe tentato di circuirmi, di imbrogliarmi, e quel momento, a quanto pareva, era arrivato. Ma io non ero uno stupido, non mi sarei lasciato ingannare da quel vigliacco come...

Tra le fila dell'esercito del male serpeggiavano l'invidia e l'ammirazione per quell'uomo, che era riuscito a conquistarsi la piena fiducia del Signore Oscuro, mantenendo una copertura rischiosa e ambigua, affrontando il pericolo nell'attesa di nuove istruzioni sul da farsi.

Io non la vedevo assolutamente così. Per me non c'era nulla di coraggioso nello starsene comodo e al sicuro ad Hogwarts mentre altri rischiavano quotidianamente la propria vita...

Se sceglievi di immolarti all'oscurità, dovevi farlo in tutto e per tutto.

Non mi sarei lasciato ingannare da quel vigliacco come Silente.

«Lei non sa niente.»

Cercai di mantenere un tono spavaldo, ma soprattutto di bloccare ogni sorta d'accesso ai miei ricordi e alle mie intenzioni future. Non potevo permettergli di venire a conoscenza persino del mio piano, o avrebbe sicuramente tentato di rubarlo... La barriera invisibile che avevo eretto frettolosamente fra noi era abbastanza debole, considerando che non avevo mai imparato tutti gli aspetti tecnici dell'Occlumanzia, però sembrava funzionare.

Lui d'altra parte si stava sforzando di penetrare la resistenza, percepivo la sua concentrazione tediosa nell'aria, ma non riuscivo a capire se stesse effettivamente scrutando la mia mente oppure no. Alla fine non fui più in grado di sostenere quello sguardo acuminato e di non pensare a nulla, e compresi che era troppo tardi quando immagini sfocate delle mie esperienze recenti iniziavano ad affluire davanti ai miei occhi.

Quello che vidi, però, fu l'esatto contrario di quello che immaginavo.

Un corridoio, quello del settimo piano.

Una figura esile, accovacciata, le spalle tremanti.

Occhi castani straripanti di lacrime di rabbia, dolore, fiera umiliazione.

Mani delicate che imploravano di essere strette, di stringere a loro volta.

Labbra voraci che chiedevano più di quanto io avessi mai ritenuto giusto donare.

Profumo di violetta.

Lottai con tutte le mie forze per reprimere quelle sequenze letali, Piton non aveva il diritto di violare in quel modo la mia intimità, non aveva il diritto di costringermi a rivivere sensazioni che cercavo disperatamente di sopprimere...

Con uno sforzo enorme riuscii a cacciarlo via da me, e lo scrutai spavaldo, quasi a volerlo sfidare ad insultarmi, deridermi, rimproverarmi, per aver baciato una Mezzosangue.

«So più di quanto tu possa credere.» disse invece, semplicemente.

Quella reazione era sbagliata, avrebbe dovuto comportarsi in tutt'altro modo dopo ciò che aveva scoperto... E invece, l'unico cambiamento che c'era stato nel suo volto era l'approfondirsi delle rughe intorno agli occhi, leggermente socchiusi.

Aveva visto? O no?

«Devo ammetterlo, sei più abile di quanto pensassi nell'arte dell'Occlumanzia.»

Non aveva visto nulla, ringraziando Salazar. Ma se non si era trattato del Legilimens, perché mi ero ricordato così bruscamente quanto precisamente quella...quella...profanazione?

«Sono a conoscenza della missione che ti ha affidato il Signore Oscuro, da molto tempo.

Da quando tuo padre ha commesso quel fatale errore, in effetti.»

«Mio padre non c'entra con quello che è successo all'Ufficio Misteri. È stata solo colpa dello Sfregiato.» sbottai incautamente.

Nulla mutò nella sua espressione severa e pacifica quando nominai Potter, manifestazione del fatto che almeno su quello era d'accordo con me. O fingeva di esserlo.

«Non ho dubbi riguardo a quanto il fallimento di Lucius sia stato dovuto alla presenza di Harry Potter e dei suoi amichetti, ma non è questo il punto, ora.»

«E quale sarebbe il punto?»

«Non puoi farcela da solo, Draco.» dichiarò tranquillamente.

Smettila di pronunciare il mio nome!

«Lei mi sottovaluta. Ho già un piano, e...»

«Certo, è stata un'idea geniale consegnare a Katie Bell una collana maledetta perché la donasse al Preside, davvero infallibile. E dimmi, ne hai altre simili? perché se è così, temo che non vivrai ancora abbastanza a lungo da capire che dovresti fidarti di me.»

Ci sapeva fare con le parole, senza dubbio. Parole piene di freddezza e prive di compassione, ma pur sempre veritiere, e d'altronde non era alla sua indulgenza che aspiravo.

E di certo quello era solo un tentativo architettato per intimorirmi e spingermi a confidargli i miei segreti riguardo alla missione... Così rimasi in un silenzio ostinato, imponendomi di non reagire alle provocazioni.

Nega, nega tutto.

«Non sono stato io, chiaro?»

«Spero che tu stia dicendo la verità, perché è stato un tentativo goffo e sciocco insieme.»

Non se l'era bevuta.

«Quella Bell deve aver avuto un nemico di cui nessuno sa nulla... Non mi guardi così! Lo so che cosa sta cercando di fare, non sono stupido, ma non funzionerà... Io la posso fermare.»

Alludevo all'Occlumanzia, al fatto che non ero completamente inerme ai suoi sabotaggi.

«Ah... Zia Bellatrix ti insegna Occlumanzia, quindi. Quali pensieri stai cercando di nascondere al tuo signore, Draco?»

«Non sto cercando di nascondere niente a lui, è lei che non voglio che si intrometta!»

Sperai di farlo desistere con quell'invito diretto a lasciarmi in pace, ma evidentemente sottovalutavo Piton e la sua testardaggine.

«Hai la minima consapevolezza di quanto sia stato rischioso, di quante cose sarebbero potute andare storte? L'incidente di Katie Bell è solo un pallido esempio, e possiamo considerarla fortunata ad essere ancora viva. Non puoi permetterti degli errori di questo genere, perché se vieni espulso...»

Quindi era ancora viva. Eccola, l'informazione che cercavo.

«Nessuno sospetta di me, nessuno sa che sono stato io.» ribattei, e per la seconda volta mi morsi la lingua per aver sproloquiato in quel modo di fronte a Piton. Era abile, e subdolo nel farmi cadere continuamente in trappola, fra le spire del serpente.

«Ancora una volta ti sbagli. Sei troppo inesperto, Draco, e Lui lo sa bene, per questo sta cercando di incastrarti...»

«Chi è che sospetta? Qualcuno mi ha visto, forse?» lo interruppi con foga, anche se una parte di me diffidava di quella nuova, pericolosa informazione.

«No, ma giusto poco fa Potter ti ha accusato di essere il mandante della collana. Ho dovuto garantire io per te, dicendo che eri sempre stato nel mio ufficio a svolgere compiti extra di Difese Contro le Arti Oscure.»

«Come diavolo ha fatto quel...?»

Mi interruppi all'improvviso, mentre un pensiero fulmineo mi attraversava il cervello.

Non farlo, non arrivare a tanto...

«Chi altro c'era con Potter? Quando ha fatto il mio nome?»

«L'amica di Katie Bell che ha assistito all'accaduto... E la signorina Granger, ovviamente.»

Ovviamente.

«Anche lei mi ha accusato?» sputai a fatica.

La mia domanda non sembrò turbare o incuriosire Piton, probabilmente perché era troppo impegnato nel suo illuminante discorso, ed era una fortuna che non avesse visto ciò cheio invece avevo visto benissimo, altrimenti avrebbe fatto due più due e...

«Non ha proferito parola al riguardo. Mi piacerebbe poter affermare che non ha proferito parola e basta, ma purtroppo non è andata così... In ogni caso, sono certo che per il momento non sospetta di te.»

Tirai un silenzioso sospiro di sollievo, anche se mi sentivo uno stupido: l'idea che la Mezzosangue potesse considerarmi capace di un gesto tanto orribile mi disgustava, e non sapevo neppure il perché...

Sono certo, aveva detto Piton. Il che significava una cosa sola: aveva utilizzato il Legilimens su di lei. Chissà cosa c'era nella sua mente, quali segreti custodiva nel cuore e nella memoria... Magari avrei potuto esercitarmi un altro po' nell'Occlumanzia, e scoprirlo...

«Piuttosto chiediti dove saresti se io non fossi intervenuto in tua difesa.»

«Si sbaglia se pensa che le mostrerò gratitudine o le parlerò del mio piano solo perché si è inventato una palla per coprirmi.»

«Non mi aspetto certo questo. Ma è mio dovere proteggerti e assicurarmi che porti a termine il compito senza commettere altri errori sciocchi.»

Quella conversazione mi stava portando al massimo della rabbia e del nervosismo: chi era Piton per sentirsi in diritto di interferire così nella mia vita? Stava solo sottraendo del tempo prezioso ad una giornata che avrei potuto utilizzare in ben altri modi.

Potresti andare nella Stanza delle Necessità.

Potresti andare dallo Sfregiato e Cruciarlo per aver osato screditarlo.

Potresti andare dalla Mezzosangue e...

No.

«Non gliel'ho chiesto. Io non ho bisogno della sua protezione.»

Mentalmente aggiunsi anche un suggerimento piuttosto esplicito su dove poteva ficcarsela, la protezione...

«Tu forse non me l'hai chiesto. Tua madre però sì.»

Cosa c'entrava mia madre in tutta quella faccenda? Quali altre menzogne aveva preparato Piton per convincermi?

«Mi ha implorato di aiutarti a svolgere la missione, ad evitare di rimanere ucciso nel tentativo, cosa che a quanto pare ti riuscirebbe piuttosto bene...»

Non potevo sapere quanto di vero ci fosse in quelle parole, ma se era andata così voleva dire che i miei sospetti erano fondati: la mia famiglia mi dava già per spacciato, non prendeva minimamente in considerazione l'ipotesi che potessi farcela da solo.

«Lei non è obbligato.»

«Invece lo sono. Ho pronunciato il Voto Infrangibile.»

Tutto tornava, del resto. Mia madre che mi suggeriva costantemente e quasi istericamente di andare da Piton, di parlargli e chiedergli consiglio. Piton che insisteva nel volermi aiutare.

Ecco perché gli interessava che portassi a termine il mio gravoso compito, perché altrimenti sarebbe inevitabilmente morto anche lui. Ero davvero disposto a credere che avesse concesso un favore simile a mia madre?

«Pare che dovrà infrangerlo, invece.»

Gli voltai le spalle e mi diressi verso l'uscita, la stessa lastra di pietra dura che poco prima mi aveva lasciato entrare nella Sala Comune: ero ancora fermo sul mio proposito di dimostrare a Piton, ai miei genitori, al Signore Oscuro e al resto della comunità magica chi era Draco Malfoy. Accettare l'aiuto del Mangiamorte perfetto sarebbe stato comodo, ma disonorevole, e non intendevo macchiarmi di quella nuova colpa.

Sarebbe stato come ammettere di averne bisogno.

«Io posso aiutarti, Draco.»

La sua voce mi arrivò più bassa del solito a causa della lontananza, ma fui ugualmente in grado di percepire quell'ultima offerta, ammesso che fosse realmente l'ultima: qualcosa mi diceva che Piton non avrebbe mollato la presa tanto facilmente.

Bastava ignorarlo, ecco.

Mi allontanai dai sotterranei scosso da un senso di oppressione più forte del solito, di prigionia costante, anche se apparentemente cercavo di non comprenderne il motivo.

Katie Bell stava bene, insomma, non proprio bene, ma almeno era viva, e non doveva più costituire un problema, potevo semplicemente considerarla un incidente di percorso.

Piton non sapeva nulla riguardo al piano che coinvolgeva l'Armadio Svanitore, a giudicare dalla sua controllata smania di sapere, ed era una piccola rivincita pensare che il Signore Oscuro gli aveva taciuto quei particolari.

A turbarmi davvero erano ben altre questioni.

Questioni dai capelli crespi e profumate di violetta.

Camminai rapido alla volta della Stanza delle Necessità, desideroso di esercitarmi con l'Harmonia, notando quanto fosse curioso e crudele il fatto che l'unico incantesimo che davvero mi serviva era proprio quello che non riuscivo ad eseguire.

«Avevi promesso che saresti tornato...»

Per la seconda volta nell'arco della stessa giornata sobbalzai, colto di sorpresa da una presenza dalla voce stridula e lugubre che volteggiava sopra di me.

Mirtilla Malcontenta non lasciava mai il suo bagno, lo sapevano tutti ad Hogwarts. E allora cosa ci faceva lì?

«Io non prometto mai nulla. A te, poi...»

Parlai senza riflettere, e cercai di tornare subito sui miei passi non appena vidi gli occhi di Mirtilla gonfiarsi rapidamente di lacrimoni trasparenti. Tecnicamente era la verità, io non avevo mai detto che sarei tornato in quel bagno fetido in compagnia di un fantasma lunatico ed irritabile, ma se gliel'avessi fatto notare sarebbe prevedibilmente esplosa in singhiozzi rumorosi.

«Scusa, è che sono stato molto impegnato... con la scuola.»

Chiedere scusa e giustificarmi era ciò che odiavo di più al mondo, altra testimonianza di come quella missione suicida mi stava costringendo a cambiare. Tuttavia Mirtilla sembrò calmarsi, e prese a blaterare mentre mi seguiva. Nel frattempo io cercavo un modo implicito e semplice per liberarmene al più presto, anche se mi sentivo in debito con lei, dopo quella soffiata involontaria sulla biblioteca: era stato grazie alla sua sciocca canzoncina demenziale che avevo trovato la maniera più conveniente ed efficace per servirmi della Mezzosangue.

La maniera più divertente.

«Oh, capisco. Sai, giravo per le tubature quando ho avvertito la tua presenza, così ho pensato che volessi parlare un po', come l'altra sera...»

Veramente era stata lei a parlare, non io. Ma certi dettagli andavano ignorati, quando si trattava di Mirtilla Malcontenta.

In un certo senso quella ragazzina morta mi ricordava qualcuno...

Permalosa, arrogante, stizzosa e lunatica. Profumo di violetta. Mezzosangue.

«Sai, mi piacerebbe conoscerla, questa ragazza...»

«...Cosa?»

«Fisicamente sei qui con me, ma la tua concentrazione è spostata su ben altro, me ne sono accorta. Dev'essere molto importante, per te.» osservò imbronciata.

Prima di chiedermi di che diavolo stesse parlando, mi arrestai non appena mi accorsi di trovarmi esattamente nello stesso punto in cui era successo. L'ondata di ricordi incandescenti di poco prima tornò a sommergermi impetuosa, senza che potessi fare nulla per impedirlo.

«Che cosa vuoi da me, Malfoy?»

«Lasciami andare... Per favore.»

«Baciami. Adesso.»


Smettila!

Mi passai una mano sul volto, nel gesto che ormai mi era abituale, quasi a voler scacciare via quel chiodo fisso con la forza.

«Ah, ma io la conosco

«Come?»

«La conosco.» ripeté Mirtilla pensierosa, scrutando un punto indefinito oltre le mie spalle. 

«Qualche anno fa è venuta nel mio bagno, a preparare una pozione proibita, ma non ho detto niente perché mi era simpatica, in fondo... Era gentile, con me. L'amica di Harry Potter.»

Spalancai gli occhi, senza neppure provare a nascondere il terrore che aveva seguito quella bizzarra affermazione: come faceva? Come riusciva a spiare nella mia mente, quel mostriciattolo? Per caso l'Occlumanzia funzionava anche con i fantasmi?

Lei parve udire la mia tacita domanda.

«Sei trasparente.» spiegò spazientita, mentre si aggiustava i pesanti occhiali neri sul naso.

«Ma non nel modo in cui lo sono io. Tu sei speciale

Lo sapevo già da tempo, in effetti. Però sospettavo che la mia definizione di speciale fosse notevolmente differente rispetto a quella di Mirtilla; quel dialogo strambo mi incuriosiva, volevo capire dove stesse cercando di arrivare e qual era il suo segreto.

«Come fai? A leggere l'anima delle persone, intendo.»

«Non delle persone. La tua. Sei piuttosto prevedibile.»

Più che terrorizzarmi, quel fantasma mi intrigava e contemporaneamente mi esasperava.

Accidenti, se erano simili!

«Ma se nemmeno...»

«Oh, non serve conoscerti, l'ho capito subito che stai cercando di nascondere i tuoi sentimenti.» mi anticipò, tormentando una piega del vestito che non voleva saperne di raddrizzarsi.

«Io dico sempre quello che penso, a chiunque. Non nascondo nulla.»

Mirtilla non sembrava veramente coinvolta in ciò che mi stava confessando, era distratta e parlava come se certi discorsi fossero perfettamente normali.

Al contrario, io mi ponevo mille domande ogni volta che apriva bocca.

«Ho detto sentimenti. E non li nascondi agli altri, a te stesso.» specificò, articolando precisamente le sillabe di quel termine complicato e a me quasi sconosciuto.

Quali sentimenti nascondo a me stesso?

«Non ti capisco...»

«Adesso è...normale. Ma prima o poi la verità verrà da te. Ora però devo andare, passare troppo tempo fra i vivi mi ricorda la mia morte... Continueremo un'altra volta.»

Prima che potessi fermarla, Mirtilla passò attraverso una delle antiche tubature, le stesse dove anni fa si nascondeva il Basilisco, e di lei non rimase alcuna traccia.

Di lei, e delle sue risposte.

C'era pochissima logicità in tutto ciò che aveva bofonchiato, ma era stato affascinante, mi aveva dato l'impressione di essere a conoscenza di qualcosa che neppure io riuscivo a vedere, non ancora. Forse tornare a farle visita nel suo bagno non era un'idea tanto malvagia...

Mentre mi posizionavo di fronte all'entrata della Stanza delle Necessità, mi sentivo nuovamente soffocare, avevo bisogno di aria, di libertà.

Cercai di ricordare quand'era stata l'ultima volta in cui mi era parso di essere davvero libero, come avevo dovuto comportarmi e qual'era stato il prezzo da pagare, e mi stupii nel constatare che il frammento di memoria che mi si parava davanti in quel marasma di sensazioni confuse era il medesimo che avevo tentato di nascondere a Piton e che Mirtilla era riuscita in qualche modo a captare.

Se è solo di questo che si tratta, non sarà difficile...

Per una volta la fortuna ruotava dalla mia parte, avrei avuto un'occasione per essere libero proprio il giorno successivo, e questa volta avrei fatto tutto ciò che era in mio potere e non affinché durasse il più a lungo possibile.

La soluzione era sempre la stessa: la Biblioteca.

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