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Enchantments

«Grayback ha trovato una traccia della tua Mezzosangue, e fra pochi minuti l'avrà fra le sue mani.»

«No...»

«Mi dispiace. Mi dispiace davvero. Nagini... Uccidi!»

Sollevai di scatto la testa dal cuscino, ansimante e grondante di sudore appiccicoso; sbattei più volte le palpebre, come a volermi convincere di aver solo sognato, e di trovarmi ancora al sicuro nel mio letto ad Hogwarts. Fortunatamente era proprio così. Eppure le cose funzionavano in maniera diversa quando si trattava di incubi, anche quando ci si svegliava al sicuro, lontani da quei pericoli e da quei mostri senza volto, la paura rimaneva sempre in agguato, irrazionale e distruttrice. Non ricordavo molti dettagli precisi di quella particolare visione, ma era stata talmente inquietante da farmi avere una reazione che di solito non prendevo neppure in considerazione... Conservavo solo delle immagini sfocate, degli squarci di dialogo senza apparente significato logico, i tasselli di quel puzzle a mia disposizione erano troppo pochi perché potessi riordinarli e venire a capo del mistero.

In fondo era stato solo uno stupido sogno, niente di cui dovermi preoccupare troppo.

Lentamente, cercando di regolarizzare il mio respiro per non insospettire nessuno, tornai a sdraiarmi mentre mi sfregavo la fronte umida con la mano, un gesto che mi era ormai abituale. Non percepivo altri suoni o rumori nella stanza, il che era strano, visto che di solito il sonoro russare di Tiger e Goyle e i discorsi deliranti di Blaise durante il sonno mi impedivano di chiudere occhio... Ultimamente dormire era un concetto a me estraneo, ma del resto come avrei potuto lasciarmi andare e sprecare ore preziose quando nel mio già incerto futuro si prospettava solo una minaccia di morte imminente? Il mio cervello lavorava costantemente per trovare una soluzione, un qualcosa che fosse in grado di risolvere quell'enorme problema una volta per tutte, ma la sensazione di panico totale e di impotenza di fronte al volere incontrastabile del Signore Oscuro era l'unica che mi veniva in mente.

L'Armadio Svanitore continuava a non funzionare come avrebbe dovuto, ogni volta che mi barricavo nella Stanza delle Necessità con l'intento di riuscire a ripararlo rimanevo puntualmente deluso; da Magie Sinister arrivava solo parte degli oggetti che cercavo di inviare con l'Harmonia, e di certo non potevo permettermi una leggerezza del genere, il trasporto doveva avvenire nella massima sicurezza e non certo "a pezzi"...

Il tentativo con la collana maledetta era stato disastroso, non si era neppure avvicinata al reale destinatario, e aveva quasi ucciso un'innocente: teoricamente non avrebbe dovuto importarmi quante persone avrei fatto fuori prima di raggiungere il mio obbiettivo, però...

Non avevo più ricevuto notizie da mia madre, nessun avvertimento o consiglio, il che contribuiva ad accrescere la mia ansia: ad un silenzio inquietante avrei preferito di gran lunga la consapevolezza che Voldemort stava iniziando a spazientirsi per quel ritardo nell'adempiere al mio dovere... Invece così non avevo idea di quanto stesse succedendo al Manor in mia assenza, e la cosa mi allarmava non poco; anche se non avevo ricevuto indicazioni precise sul quando avessi dovuto portare a termine il compito, era stato lasciato intendere che più tempo ci mettevo, più la famiglia Malfoy correva il rischio di dire addio al suo ultimo erede, l'unico in grado di perpetuare la stirpe: io.

La notte appena trascorsa, però, era stata allo stesso tempo la migliore e la peggiore che avessi mai vissuto, e non riuscivo a spiegarmi interamente le ragioni, ma ormai non mi preoccupavo più di questo, mi stavo abituando a non avere più idea di cosa mi passasse per la testa... Ero rientrato in Sala Comune piuttosto tardi, ben più tardi di quel che consentiva il permesso scarabocchiato da Lumacorno, a dire la verità, e avevo avuto pochissime ore di sonno a mia disposizione. Comunque non le avevo utilizzate, e non per riflettere sul piano, no, per la prima volta i miei pensieri non si erano concentrati esclusivamente sul Signore Oscuro... Forse però lei era più pericolosa perfino di Voldemort stesso, e i fatti lo stavano dimostrando: lei mi costringeva ad azioni che non avrei mai desiderato commettere, con estrema facilità, lei sapeva controllarmi meglio di chiunque altro.

«Malfoy, tu leggi la mente?»

«A volte.»

«Non lo farai mai più. Non con me.»

Non potevo ancora decidere se la cosa mi piacesse o meno, sapevo però di essermi rovinato con le mie stesse mani: probabilmente mi ero lasciato condizionare troppo dal piano, la consapevolezza di dover conquistare il più presto possibile la Granger per arrivare a conseguire un risultato brillante mi aveva portato ad esagerare, nel peggiore dei modi.

Certo, potevo dichiararmi soddisfatto, era bastato baciarla due volte affinché cadesse in mio potere, e questo mi rendeva piuttosto orgoglioso di me stesso, ma era bastato che lei mi ricambiasse perché capitolassi anch'io.

Sarebbe stato possibile rimediare a quell'errore madornale prima che fosse troppo tardi?

Chissà...

La sera precedente erano successe troppe cose, troppe perché riuscissi ad analizzarle e comprenderle tutte: dalla lite nella tenda alle confessioni sulla Torre, se ci ripensavo mi sembrava ancora di essere stato spedito in un mondo parallelo, in cui accade l'esatto contrario di quel che invece ci aspetteremmo dal nostro futuro. Insomma, mai e poi mai avrei sospettato che un giorno io e la Granger...

Ecco, ora mi dimenticavo addirittura di chiamarla Mezzosangue, ero arrivato a considerarla alla pari con qualsiasi altra strega Purosangue del Mondo Magico, e questo era inaccettabile da parte mia, da un Malfoy...

Lei non è assolutamente paragonabile alle altre.

Lei è diversa.

Lei è speciale.

Io ci avevo provato, davvero, avevo provato con tutte le mie forze a resistere a quell'attrazione che ormai ci legava, ma di certo lei con il suo atteggiamento non aveva contribuito a facilitare le cose... Anche se il suo voleva essere un tentativo di allontanarmi, l'unico risultato che aveva ottenuto era stato quello di avvicinarmi ancora di più, quasi come fossi stato un elastico, che più veniva tirato, più tornava indietro con violenza inaudita.

Nel momento in cui l'avevo vista resistermi proprio mentre l'avevo fra le mani la molla era scattata, non ce l'avevo più fatta ad ignorare quel che mi stava succedendo, e neppure la mia solita maschera di freddezza e odio aveva potuto aiutarmi.

«Che ci fai qui, Mezzosangue?»

«Sono venuta per te.»

Sulla Torre inizialmente avevo contenuto chissà come l'istinto di prenderla fra le braccia, forse mi aveva aiutato il non guardarla negli occhi, sapevo perfettamente che se l'avessi fatto non avrei più risposto delle mie azioni, mi sarei perso di nuovo nelle sue iridi e nulla avrebbe trovato il proprio senso logico. Ma alla fine avevo ceduto, avevo dovuto farlo.

Lei era lì per me. Quando mai si era presentata un'occasione in cui qualcuno c'era stato per me? Lo stupido orgoglio che mi seguiva costantemente come un'ombra si stava pian piano frantumando, ed era proprio lei a distruggerlo pezzo per pezzo...

«Ho sbagliato a fingere che non mi importasse...»

«Allora perché?»

«Ho paura.»

Molteplici erano state le sensazioni che avevo provato in quell'istante, nell'ascoltare la sua incredibile confessione: sconcerto, perché mai mi sarei aspettato che lei, la studentessa più brillante del nostro anno, l'eroina del Mondo Magico che aveva affrontato più pericoli di qualsiasi Auror, potesse temere qualcuno o qualcosa; soddisfazione, perché ero pur sempre un Serpeverde, e quel che tutti noi desideravamo era assistere ad un "cedimento" da parte di un Grifondoro, tanto più se il soggetto in questione era una degli amichetti dello Sfregiato...

Ammirazione e allo stesso tempo invidia, perché lei aveva avuto il coraggio di riassumere in due semplici parole quello che io non ero capace di ammettere neppure con me stesso.

E le avevo persino dato della sgualdrina, quando invece lei cercava solo di prendere in mano la situazione al posto mio, visto che evidentemente non avevo ancora capito nulla...

Che stupido.

Era stata lei la prima ad aprirsi, lei la prima ad accettare di non essere invincibile, lei la prima a confidare i suoi limiti più opprimenti... Ed io mi ero sentito in dovere di ricambiarla nello stesso modo, anche se tutto quel che le avevo rivelato di me era stato dettato non dalla mente, non dal tentativo di circuirla, bensì da qualcosa che non credevo di possedere, qualcosa che era stata proprio lei a farmi scoprire.

«La senti? Questa è emozione.»

Dal cuore.

Veniva dal cuore, così come il bacio che ero stato praticamente costretto a darle e che non avrei mai voluto interrompere: possibile che la Granger avesse tutto quel potere su di me? Possibile che questo potere fosse rimasto sepolto per anni per poi esplodere tanto rapido quanto inaspettato? Perché ogni volta che i miei occhi incontravano anche solo per un istante i suoi venivo catapultato in quel mondo alternativo dal quale non avrei più voluto evadere?

Che cosa mi aveva fatto?

Non lo sapevo. Ma forse iniziavo ad accettarlo.

A non poterne più a meno.

Sbuffai rumorosamente, mentre osservavo il mio petto nudo sollevarsi e abbassarsi ad un ritmo appena regolarizzato; avevo ancora addosso il suo profumo, seppur meno intenso, ogni respiro che prendevo mi riportava indietro nel tempo a qualche ora prima, quando eravamo io, lei e nessun altro.

Tesi una mano verso il comodino affianco al letto, dove tenevo la bacchetta, cercando nel frattempo il contatto visivo con un oggetto in particolare.

«Accio giacca!»

Da una sedia posizionata dall'altra parte della stanza schizzò immediatamente la giacca che avevo indossato per la festa di Lumacorno, la stessa che avevo ceduto alla Granger non appena mi ero accorto della pelle d'oca sulle sue braccia; respirai a pieni polmoni, godendo di quell'odore inconfondibile che avevo fiutato anche nell'aula di Pozioni... in che circostanza?

Amortentia.

Che hai fatto, Draco...

«Ma allora eri ancora qui! Vuoi darti una mossa, Draco?»

Premetti con forza il cuscino sulla mia testa, per soffocare così qualsiasi altro rumore e qualsiasi altra immagine che non fossero la sua voce e il suo viso. Non mi interessava ciò che Zabini aveva di tanto importante da dirmi da piombare in quel modo nella stanza, di sicuro in quel momento niente sarebbe risultato più interessante per me della Granger.

«Vattene, Blaise...»

Ovviamente lui ignorò tranquillamente il mio invito.

«Non so cosa tu abbia fatto ieri sera con la Parkinson da essere così stanco, ma ora devi alzarti!»

Con uno strattone poderoso, Blaise mi privò del mio unico scudo contro il resto del mondo, costringendomi a mostrargli tutta la mia spossatezza sia fisica che mentale. Contemporaneamente le sue parole mi infusero un profondo senso di disgusto, la sola idea di sfiorare quella piovra della Parkinson con un dito mi nauseava, e quell'idiota del mio compagno di stanza osava addirittura insinuare che fossi stato tanto coraggioso da spingermi oltre... Che schifo.

Tenni ostinatamente gli occhi chiusi per non assistere alla sua reazione una volta tolto di mezzo il cuscino soffice: non appena mi poté osservare meglio, ebbi modo di ascoltare i suoi grugniti di sorpresa.

«Accidenti Draco, sembra che tu abbia appena smesso di vomitare lumache!»

Non mi trattenni dal sogghignare a quell'uscita, sia per la totale e storica mancanza di tatto di Zabini, ma soprattutto nel ricordare l'indimenticabile giorno, durante il secondo anno, in cui Pel di Carota aveva cercato di colpirmi con un Mangia Lumache e alla fine era rimasto vittima del suo stesso incantesimo a causa della sua bacchetta difettosa.

Un evento memorabile, senza dubbio. Di conseguenza non potei neppure fare a meno di rammentare il motivo principale per cui Weasley si era sentito in diritto di tentare di affatturarmi...

«Per lo meno, nessuno della squadra del Grifondoro si è dovuto comprare l'ammissione... Loro sono stati scelti per il talento.»

«Nessuno ha chiesto il tuo parere, sporca Mezzosangue!»

Non c'era da meravigliarsi in fondo se la Granger mi aveva sempre detestato, di certo io non mi ero prodigato per risultarle simpatico... Ma lei, perché mi ero sempre costretto ad odiarla? Mi sembrava tutto così sbagliato, ora...

«Davvero. - continuò intanto Blaise, scrutandomi con l'occhio critico di un medimago, alla ricerca di chissà quale strana patologia. «Hai una pessima cera, dovresti farti vedere da Madama Chips, ho paura che la povera Pansy non abbia colpa... A meno che tu non sia stato molto scortese e lei non ti abbia davvero scagliato un Mangia Lumache, in quel caso allora...»

La povera Pansy? Certo che ero stato molto scortese, d'altronde con lei lo ero sempre e la conoscevo abbastanza da poter affermare che non avrebbe mai osato scagliarmi un incantesimo simile...

«Sta' zitto, Zabini. Le tue idiozie di prima mattina non fanno che accrescere il mio mal di testa... E per Salazar, è dal primo anno che vi ripeto che...»

«Che non vuoi essere disturbato per nessun motivo quando dormi, sì, lo so. Ma primo, tu eri sveglio già da un pezzo, e secondo, rischi di fare tardi alla lezione di Incantesimi di Vitious. Che fra parentesi è in comune con i Grifondoro.» aggiunse con una smorfia schifata.

«Faro tardi alla... Che cosa?» domandai incredulo.

«La lezione di Incantesimi.» ripeté Blaise paziente; sapevo benissimo che stava solo cercando di farmi perdere la pazienza, né a me né a lui era mai importato di ottenere un buon rendimento scolastico...

«Se non ricordo male il professor Vitious ha detto che se salti ancora una sua ora ti beccherai un Troll, e proprio durante il primo trimestre... Tuo padre non ne sarebbe affatto contento.» concluse, incrociando le braccia con aria di sfida.

«Incantesimi, non farmi ridere!» sbottai sarcastico, senza riuscire a tenere a freno la lingua: quel vizio non mi era mai appartenuto, anzi, di me non si poteva proprio dire che fossi propenso a parlare agli altri di me e di ciò che mi riguardava più da vicino, ma nell'arco di una decina di ore avevo imparato mio malgrado a sproloquiare.

Perché l'avevo fatto, perché avevo creduto che fidarmi della Granger potesse essermi d'aiuto? Dopotutto lei era prima di tutto l'amica dello Sfregiato, se avesse scoperto anche il minimo dettaglio sul mio piano probabilmente non si sarebbe fatta alcuno scrupolo a denunciarmi, nonostante quello che c'era stato... E poi era anche una questione di principio, di amor proprio: le parole mi erano uscite di getto prima che potessi fermarle, avevo avuto bisogno di sfogarmi, e non avevo pensato alle conseguenze. Da quando non riflettevo più prima di agire?

Da quando lei ti ha chiesto di baciarla, e tu l'hai accontentata.

Eppure qualcosa mi spingeva semplicemente a fregarmene, a non curarmi dei rischi cui stavo andando incontro, perché sentivo che per lei poteva valerne davvero la pena. Non mi sarei battuto per portare quello stano e sconosciuto sentimento alla luce del sole, questo no, ma non avrei neppure permesso che tornasse ad insediarsi nelle profondità più nascoste del mio, e di conseguenza del nostro essere.

Ormai avevo preso la mia decisione, l'unico vero interrogativo era: questa scelta combacerà con la sua? C'era un solo modo per scoprirlo.

Rischi di fare tardi alla lezione di Incantesimi di Vitious. Che fra parentesi è in comune con i Grifondoro.

Mi alzai repentinamente dal letto, con uno scatto fulmineo che fece indietreggiare di poco Blaise per la sorpresa, mentre sferzavo l'aria con la bacchetta agitandola a destra e a sinistra, in modo che i vari pezzi della mia uniforme disseminati per la stanza tornassero da me tramite una serie di Incantesimi di Appello Non Verbali. Separarmi da quella giacca fu una vera tortura, ben più dolorosa di quanto avessi sospettato.

«Pensi davvero - proseguii intanto. - che mi importi qualcosa di una stupida materia? O dei miei voti? È tutta una ridicola messa in scena, lo sai benissimo anche tu!»

Infilai rapido i pantaloni, certo che Zabini fosse rimasto spiazzato dalla mia improvvisa velocità nel prepararmi; di sicuro si stava chiedendo quale fosse il motivo, magari era davvero convinto che lo facessi perché ero intimorito dal professore di Incantesimi.

Non poteva certo immaginare quale fosse l'ossessione che mi imponeva di andare a lezione anziché dirigermi come al solito nella Stanza delle Necessità... Io dovevo vederla.

«Non capisco che intendi, Draco...»

Bugiardo, lui comprendeva perfettamente quel che cercavo di dirgli... Blaise voleva solo farmi esasperare al punto da rivelargli quale fosse il compito tanto delicato che il Signore Oscuro mi aveva affidato, lui era furbo, al contrario di Tiger e Goyle, che obbedivano ai miei ordini senza neppure porsi una domanda. Ma io non sarei certo stato così inetto da servirgli l'occasione sul piatto d'argento, ero un vero esperto quando si trattava di manipolazioni e depistaggi...

Terminai in fretta di vestirmi ricorrendo anche all'aiuto di alcuni incantesimi, preferendo non attardarmi a riempire di gel magico i miei capelli come facevo tutte le mattine, per una volta avrei dovuto arrischiarmi a farmi vedere senza pur di non perdere la possibilità di avvicinarmi a lei prima dell'inizio dell'ora. Afferrai la borsa dei libri e mi diressi verso l'uscita dei dormitori maschili, con la bacchetta in pugno e Blaise alle calcagna.

«Voglio dire, può darsi che il prossimo anno io non sia nemmeno a Hogwarts, che cosa me ne importa se piaccio o no a dei vecchi insegnanti?»

Camminai leggermente avanti, sogghignando soddisfatto per aver lanciato quella bomba al momento più opportuno; quella sorta di sorriso storto però scomparve poco dopo, non appena mi resi conto del doppio significato che quell'affermazione possedeva, almeno per me.

Potrei non essere a Hogwarts, perché per allora potrei non essere vivo...

«Come sarebbe, può darsi che il prossimo anno tu non sia nemmeno a Hogwarts?» domandò Blaise, incurante della battaglia che avevo intrapreso contro me stesso, e senza sforzarsi di controllare il suo tono incredulo; mi divertiva tenerlo sulle spine e poi lasciare inappagata la sua invadenza, era un buon modo per non pensare continuamente alle centinaia di preoccupazioni che mi attanagliavano lo stomaco. Prima fra tutte, inconcepibilmente, la consapevolezza che entro pochi minuti l'avrei rivista. Non era affatto da me tormentarmi in quella maniera, con le ragazze avevo sempre fatto quel che volevo quando lo volevo, avevo preso senza poi restituire, e non me n'ero mai pentito. Perché con lei avrebbe dovuto essere diverso?

I dubbi e le angosce si facevano strada nella mia mente scavando come tarli fastidiosi: come si aspettava che mi comportassi? Aveva forse raccontato qualcosa ai suoi amichetti di quello che era successo la sera precedente? Sarebbe arrivata lei da me, oppure no?

«Sono venuta per te.»

«Be', non si può mai sapere. Magari... Mi dedicherò a cose più grandi e importanti, ecco.»

Zabini affrettò il passo per raggiungermi, e mi osservò con falsa preoccupazione, abbassando di proposito il tono con fare cospiratorio.

«Vuoi dire... lui

Scrollai le spalle, intimamente lieto che non si fosse accorto della mia totale disattenzione: il mio corpo era lì con Blaise, ma l'anima, quella l'avevo abbandonata sulla Torre, nelle mani delicate della Granger, capaci tuttavia di accendersi di un fervore irresistibile ogni qual volta sfiorandomi venivano a contatto con la mia pelle.

«Mia madre vuole che io porti a termine la mia istruzione, ma io non lo trovo affatto necessario, di questi tempi. Cioè, pensaci... Quando il Signore Oscuro salirà al potere, baderà a quanti G.U.F.O. o M.A.G.O. uno ha preso? Certo che no... Dipenderà tutto dal genere di servigi che ha ricevuto, dal livello di devozione che gli è stato dimostrato.»

Per un attimo mi sentii quasi orgoglioso di me stesso per aver formulato quel brillante discorso...

«E tu credi di poter fare qualcosa per lui? - mi chiese Zabini pungente, mentre salivamo le ultime rampe di scale che ci avrebbero condotti dritti davanti alla classe di Incantesimi; alloggiare nei sotterranei della scuola conferiva numerosi vantaggi, come ad esempio il potere di sbucare facilmente in ogni angolo del castello senza dover girare in tondo.

Il brusio crescente rafforzava enormemente il mio nervosismo, ero certo che lei fosse già li fuori, ad aspettare...

«L'ho appena detto, no? Forse non gli importa se ho preso il diploma. Forse il lavoro che vuole da me non è qualcosa per cui serve il diploma...» mormorai distrattamente.

Serve ben altro che una semplice pergamena invecchiata per lanciare un'Avada Kedavra...

«Però non appena ti ho ricordato che rischiavi di beccarti un Troll ti sei subito affrettato a prepararti e a venire a lezione, addirittura non hai messo il gel, non ti ho mai visto senza da quando ti conosco... Se non ti interessasse almeno un po' il diploma, non sprecheresti qui il tuo tempo prezioso, te ne andresti in giro chissà dove come fai ultimamente...»

«Ho le mie ragioni, ecco tutto.»

La Granger al mio posto sarebbe diventata paonazza per l'imbarazzo... Avrei mai smesso di pensare a lei, anche solo per più di due minuti di fila?

«Le stesse ragioni per cui ieri sera sei improvvisamente sparito nel nulla? Credevi che non me ne fossi accorto, forse? Dov'è che sei andato, Malfoy?»

«Adesso basta, Zabini. Non sono affari tuoi, e non hai l'autorità per farmi tutte queste domande.» conclusi secco, proprio nell'istante in cui la vista mi offriva lo spettacolo che avevo temuto e contemporaneamente agognato per tutta la notte.

Nonostante il corridoio fosse gremito di studenti, nonostante io fossi accecato dalla rabbia contro la smania di prendere il mio posto di Zabini, avrei potuto avvertire la sua presenza anche a distanza di miglia; addirittura mi sembrava di fiutare il suo odore, neanche fossi una di quelle bestie mostruose che popolavano la Foresta Proibita...

La Granger era di spalle, in piedi di fronte alla porta, stava parlando animatamente con Potter, e nel mentre si dondolava da un piede all'altro, scostandosi di tanto in tanto delle ciocche di capelli ribelli che le rimbalzavano sulla fronte.

Eccola, la mia Mezzosangue...

Riuscii a trattenermi dall'andare subito da lei solo quando mi accorsi di non essere l'unico che cercava in tutti i modi di non perdersi neppure un suo minimo gesto: dall'altro capo del corridoio, c'era Lenticchia, ovviamente in compagnia della Brown, nell'ultimo periodo non si erano separati neppure per un secondo, e tutti i Serpeverde, così come gli studenti appartenenti alle altre case, si erano chiesti come mai il Trio dei Miracoli si fosse improvvisamente diviso. Io credevo di sapere com'erano andate le cose, a detta di Pansy, che era più informata di un giornalista della Gazzetta del Profeta, quei due si erano messi insieme la sera della partita, la stessa sera in cui avevo trovato la Granger sola e in lacrime.

Una coincidenza? Non ci credevo.

Fino a poco tempo prima niente di quello che riguardava lo Sfregiato, Pel di Carota, o tanto meno la Mezzosangue mi interessava, avevo migliaia di questioni più importanti a cui pensare, ma adesso era cambiato tutto. Adesso volevo sapere ad ogni costo cosa ci fosse o ci fosse stato di preciso fra i migliori amici del Prescelto, volevo capire meglio il motivo per cui la rottura tra loro sembrava irreparabile, ma soprattutto pretendevo di essere sicuro che questa rimanesse tale.

Osservai Weasley, carico d'odio: il suo sguardo perso era innegabilmente fisso su di lei, che o non se n'era accorta, o faceva il possibile per ignorarlo. Contrassi immediatamente i pugni, mentre con la mente passavo in rassegna tutte le migliori fatture che conoscevo: non avrei permesso che nessuno la divorasse con gli occhi in quel modo, bastavo io.

«Che stai guardando?»

Ignorai Blaise e proseguii con la mia ispezione: in quel momento Lenticchia mormorò qualcosa all'orecchio della Brown, dopodiché fece per muoversi imbarazzato nella direzione più sbagliata che potesse scegliere. Stava forse per fare quello che io pensavo stesse per fare? Toccava a me intervenire, subito, prima che accadesse qualcosa di terribile.

Prima che Weasley e la Granger avessero la possibilità di riconciliarsi.

«Ma guarda chi c'è... Ehi Lenticchia, come mai sei tutto solo? La tua ragazza ti ha mollato?»

Weasley divenne subito dello stesso colore dei suoi capelli, mentre una piccola folla si radunava intorno a noi: gli scontri verbali e non attiravano sempre un sacco di persone, soprattutto quando si trattava di Serpeverde e Grifondoro, anche perché né i Tassorosso né i Corvonero si lasciavano coinvolgere facilmente in dispute del genere... Lei era l'unica a non essersi voltata, anche se non era possibile che non si fosse accorta di nulla, soprattutto considerando il fatto che Potter si era subito mosso per correre in soccorso del suo amichetto del cuore e l'aveva lasciata momentaneamente in disparte.

«Che vuoi, Malfoy?»

«Io lasciare Ron-Ron? Oh, non potrei mai!» intervenne la Brown scandalizzata, come se avessi pronunciato la peggiore delle blasfemie. Le fui intimamente grato per la sua intromissione, perché almeno mi garantiva la sicurezza che la Granger non si sarebbe neppure avvicinata a noi ed io non sarei stato costretto a provocarla di fronte a tutti solo per non destare sospetti.

«Sai Brown, in fondo ti compatisco: non riesco a capire come tu possa anche solo toccarlo...»

Alle mie spalle si levarono delle risatine, probabilmente appartenenti ai miei compagni Serpeverde, ma quel che mi spronava a proseguire era soprattutto l'espressione del rosso, impacciata ma soprattutto amareggiata: uno o due giorni prima forse non l'avrei neppure notata, ora invece comprendevo meglio di chiunque quale dovesse essere il sentimento che lo dominava in quel momento.

Rimpianto.

«Non ci interessa quello che hai da dire, furetto.»

«Cosa c'è Potter? Weasley ti ha forse nominato suo avvocato?»

«Lascia in pace i miei amici, Malfoy. È il mio ultimo avvertimento.» sillabò lui a bassa voce.

«Altrimenti?» ribattei, sfoderando la bacchetta. Potter mi imitò immediatamente, avvicinandosi in modo tale che solamente io e pochi altri avessimo la possibilità di ascoltare ciò che aveva da dire. Pochi passi più in là, vidi con la coda dell'occhio che la Granger si era finalmente girata, e aveva preso a mordersi le labbra, proprio come aveva fatto sulla Torre.

Davvero non capiva che con quel gesto apparentemente innocuo non faceva che peggiorare la situazione e portare a livelli stratosferici il desiderio che avevo di lei?

«Se ieri sera Hermione non mi avesse fermato, ora Madama Chips avrebbe un bel daffare con te...»

«Harry...»

La sua voce limpida e decisa suonò come un avvertimento, ed era chiaro che stesse cercando di mettere in guardia Potter, di fargli capire che stava parlando troppo: né io né lei volevamo certo che altri venissero a conoscenza dei fatti che si erano svolti la sera prima nella tenda. Nel frattempo Weasley, che aveva sentito ogni parola, aggrottò le sopracciglia nell'istante in cui venne fuori il suo nome.

«Ieri sera? Cos'è successo ieri sera?»

«Sei fortunato, Malfoy: lei mi ha assicurato che non le hai fatto nulla di male, e io le ho promesso che le avrei creduto...»

«Harry!»

«...Ma se dovessi scoprire che è una bugia, se dovessi scoprire che mi ha mentito solo per non farmi commettere qualche sciocchezza...» proseguì Potter, senza badare alle domande di Lenticchia e ai richiami della Granger, che continuava a spostare convulsamente lo sguardo su noi tre.

«Di che diavolo stai parlando, Harry? A cosa avresti dovuto credere?»

«Tu non ti intromettere, Weasley!» sbottai, dal momento che il suo sentirsi in dovere di intervenire proprio quando si trattava di lei mi mandava su tutte le furie; i patetici tentativi di minacciarmi da parte di Potter, invece, non mi smuovevano di un millimetro.

Fra tutti, era naturalmente la Granger quella che scatenava in me il maggior numero di reazioni contrastanti: quella più schiacciante era il desiderio carnale, alimentato da ogni suo movimento del viso, delle mani...

«Sì che mi intrometto, Malfoy! Dimmi cos'hai fatto ad Hermione, ora.»

Anche lui estrasse la bacchetta, ma negli occhi aveva una luce particolare, la sua irrequietezza era diversa da quella di Potter, il timore che io potessi aver danneggiato lei in qualche modo era dettato da un tipo differente di sentimento... E di qualunque sentimento si fosse trattato, assolutamente non tolleravo che lo manifestasse.

«Smettila, Ronald. So difendermi benissimo da sola.»

Furono forse la freddezza con cui lei pronunciò il nome completo del suo ex migliore amico, l'indifferenza di fronte al suo tentativo di proteggerla e la richiesta esplicita di non provarci più a darmi maggiore sicurezza e voglia di inferire.

«Non ho fatto niente alla Mezzosangue, è solo un'altra delle fantasie di Potty, anche se non nascondo che mi sarebbe piaciuto... Ma davvero ti interessa, Weasel? Ero convinto che avessi questioni più... urgenti di cui occuparti...» dichiarai, soffermandomi apposta sulla Brown, che era rimasta un po' in disparte, probabilmente sforzandosi di capire come mai il suo Ron-Ron prendesse le difese della sua rivale. Notai che la Granger abbassava la testa, e mi sentii piuttosto in colpa, ma non potevo allontanare definitivamente Weasley senza ferire lei allo stesso tempo.

Però ero anche deluso, e arrabbiato: lei ci teneva ancora, nonostante tutto.

Nonostante me.

«Questo non ha... non c'entra nulla con...» balbettò lui a disagio, mentre Potter tornava a guardare impacciato la Granger. Lei, però, fissava me, quasi implorante, e avrei potuto giurare che i suoi occhi fossero lucidi.

«Lasciatelo dire, Weasley: sei patetico.»

Sputai quelle parole come una sentenza, ma era così che stavano le cose, lui aveva perso la sua occasione ed ora doveva obbligatoriamente farsi da parte, senza pretendere nulla. Osservai indifferente il suo petto gonfiarsi per la rabbia e le sue dita stringere ancora di più la bacchetta, mentre l'unico rumore che riuscii a percepire nell'aria fu il suono di un singulto faticosamente trattenuto,

«Che sta succedendo qui?»

Il professor Vitious fece la sua comparsa proprio nel momento meno opportuno, quando con un colpo di bacchetta avrei potuto iniziare con il mio avversario un duello che avrebbe regolato parecchi conti in sospeso... Purtroppo però avrei dovuto rimandare per ottenere quella soddisfazione.

«Signor Weasley, signor Malfoy, niente duelli nei corridoi, conoscete le regole: via le bacchette, e cinquanta punti in meno a Serpeverde e Grifondoro. E adesso tutti in aula, lo spettacolo è finito.»

Si udirono vari mormorii di protesta da parte del gruppetto che nel frattempo si era radunato di fronte alla porta dell'aula, di certo nessuno di loro aveva compreso quale fosse l'argomento principale del litigio, compresi Potter e Weasley. Gli unici a sapere come fossero andate realmente le cose eravamo io e la Granger, che nel frattempo era entrata frettolosamente nella stanzetta senza farsi notare; o almeno, il suo intento era quello di non farsi notare, ma chissà perché mi scoprivo all'improvviso incapace di non tenerla d'occhio di continuo... Scrutai dall'alto in basso per un'ultima volta il Fantastico Duo, dopodiché mi diressi a passo pesante oltre l'ingresso, seguito ovviamente da Tiger, Goyle e, più indietro, Zabini. Sapevo che l'avrei trovata già seduta al suo posto, in seconda fila, e le mie aspettative non furono deluse: le passai di fianco per dirigermi in fondo all'aula, e lei mi rivolse un altro dei suoi sguardi imploranti, come se con la sola potenza di quell'occhiata furtiva stesse cercando di dirmi qualcosa di importante, di intraducibile. Dovetti farmi violenza per non fermarmi lì ed escludere il resto del mondo, ma prima di camminare oltre la fissai per un interminabile secondo negli occhi, immaginando che ci trovassimo ancora sulla Torre, lontani da tutto e da qualsiasi stupida costrizione.

Nel frattempo nessuno si era accorto di quel fulmineo scambio di torture in corso fra di noi, i nostri compagni erano ognuno preso dalle proprie attività, chi era intento a cercare il libro di testo nella borsa, chi a confabulare di chissà cosa con il proprio compagno di banco e chi, come Ronald Weasley, a scrutare torvo la parete di fronte a lui. Se non altro non stava guardando lei, il che gli offriva già un motivo per rimanere momentaneamente indenne...

Il minuscolo professor Vitious, invece, armeggiava con dei cuscini posizionati sulla cattedra, che sarebbero certamente serviti per la lezione del giorno; ricordavo di averli già utilizzati durante il quarto anno, quando tentavamo di imparare a scagliare degli oggetti seguendo una traiettoria precisa.

«Silenzio! Allora, quest'oggi vi eserciterete con un nuovo incantesimo, l'Incantesimo di Arresto: consiste nel fermare il tempo per pochi istanti, ed è molto utile per rallentare delle cadute. La formula è Arresto Momentum, ed ora passeremo immediatamente alla pratica.

Io scaglierò in aria questi cuscini, e sarà vostro compito fermarli prima che atterrino.»

L'impazienza nell'aria era palpabile: durante le ore di Vitious era raro iniziare ad allenarsi con la bacchetta prima di aver ascoltato interminabili minuti di spiegazioni particolareggiate sul tipo di movimento da eseguire con il polso o sull'esatta pronuncia dell'incantesimo, perciò si stava assistendo ad un evento praticamente senza precedenti e che forse non si sarebbe ripetuto mai più. A differenza di tutti gli altri studenti, che si esaltavano per così poco, io non prestavo minimamente attenzione a quel che succedeva in classe.

Era una soleggiata mattina d'autunno inoltrato, fuori tirava una leggera brezza fresca, e al di là delle vetrate trasparenti si potevano scorgere le fronde sempre in movimento del Platano Picchiatore, dalle quali piovevano secche foglie ambrate. I pallidi raggi del sole filtravano attraverso le finestre, e descrivevano ampi cerchi di luce danzanti sui suoi capelli castani: rimasi a fissarli ipnotizzato, desiderando solo affondarvi il viso per ubriacarmi del loro profumo, mentre il resto della materia circostante svaniva lentamente.

Se solo avessi potuto scagliare un Incantesimo di Arresto a quell'ondata di emozioni che mi stavano travolgendo, bloccare quel fuoco prima che l'incendio divenisse inestinguibile...

Ma non potevo, non più.

Impiegai qualche secondo per accorgermi che anche lei mi osservava, e alla vista delle pozze dorate che aveva al posto degli occhi il mio respiro si fece più affannato: una scintilla sublime dentro due soli occhi, capaci di annegarmi e poi ridestarmi l'anima; con le mani spiegazzava l'orlo della gonna, mentre con i denti tormentava il labbro inferiore, ma lo sguardo, per quanto cercasse di tanto in tanto di spostarsi, come una calamita tornava sempre trepidante su di me. Non su Weasley. Su di me.

Solo la stravaganza del nostro mondo poteva giustificare quell'alchimia, eravamo a lezione di Incantesimi, ed era proprio di magia che si trattava, di un potere immenso e sconosciuto, che né io, né la Granger, né nessun altro avrebbe saputo controllare da solo.

Era inutile continuare a tentare.

«Signorina Granger, vuole provare lei per prima?»

Anime calamite.

«Signorina Granger!»

Sbatté freneticamente le palpebre, per poi mettere a fuoco un quasi preoccupato professor Vitious, che agitava di fronte a lei uno dei cuscini per svegliarla dal suo tepore: perché mai doveva esserci sempre un terzo elemento a rovinare tutto?

«Come scusi?» sussurrò flebilmente.

«Le andrebbe di dimostrarci come eseguire l'incantesimo?» ripeté paziente l'insegnante.

«Io... Oh... Sì, certo, professore.»

«Si sente bene?»

«Mai... mai stata meglio.»

Puoi dirlo forte...

«Ottimo. Non appena il cuscino si troverà a mezzo metro dal pavimento, lei gli punti contro la bacchetta e pronunci la formula.»

La Granger fece un distratto cenno d'assenso con il capo, anche se non sembrava molto in sé: pallida come un fantasma, lo sguardo perso nel vuoto e le gambe scosse da un lieve tremore; il professor Vitious agitò la bacchetta, e subito il cuscino si sollevò a mezz'aria, per poi iniziare la sua discesa. Sarebbe stato quasi uno scherzo per lei arrestarlo...

«Arresto Momentum!»

Ventitré studenti compreso me più l'insegnante assistettero alla scena come pietrificati da un Basilisco, convinti di star sognando, nell'aria non era percettibile neppure il suono più impalpabile, ventitré paia di occhi sbarrati puntati sul cuscino poggiato delicatamente a terra. Per la prima volta in assoluto da quando ci trovavamo ad Hogwarts, l'allieva più brillante del nostro corso e forse anche di tutti gli altri messi insieme non era stata in grado di eseguire correttamente un incantesimo. Lei stessa era sconcertata, si limitava a fissare il suolo con mortificazione.

«Oh... Sono sicuro che nessuno avrebbe potuto riuscirci al primo tentativo, signorina Granger... Non importa, ora proverete tutti...»

Il più sbalordito era sicuramente Vitious, che aveva scelto la sua alunna migliore per quella dimostrazione proprio perché era convinto che ce l'avrebbe fatta senza alcuno sforzo, e invece... Quel fallimento di poca importanza era un chiaro segno di quanto la Granger fosse emotivamente instabile, anche se solo io potevo permettermi la "presunzione" di conoscerne il motivo, e sentirmi compiaciuto per essere stato il primo a far capitolare l'eroina della scuola. Era comunque inutile vantarsi, visto che ero stato vittima del medesimo incantesimo... Tornò a sedersi con aria confusa, mentre il resto dei presenti prendeva a bisbigliare concitatamente sull'accaduto; il Duo dei Miracoli, invece, si scambiava occhiate preoccupate e allo stesso tempo incredule, segno che non si erano accorti di nulla.

«Preparatevi, lancerò contemporaneamente i vostri cuscini... adesso!»

In meno di due secondi la questione Granger fu accantonata e l'attenzione tornò a rivolgersi alla lezione, l'aula iniziò ben presto a risuonare di "Arresto Momentum!" gridati qua e là, e quasi mai veramente efficaci. Personalmente, ignorai il più possibile il mio cuscino, che continuava a picchiarmi sulla testa poiché non provavo neppure ad alzare la bacchetta per esercitarmi come avrei dovuto, tornai invece a concentrarmi su di lei, che cercava ostinata di rimediare al suo precedente tracollo, senza successo. Andò avanti così per chissà quanto tempo, il volteggiare interminabile e confusionario dei cuscini per la stanza mi permetteva di distrarmi senza essere notato, e per distrarmi s'intendeva ovviamente tenere sott'occhio la Granger; ci pensò Blaise a spezzare quel momento di relativa calma.

«Hai visto Draco, la Mezzosangue si è arrugginita...» mi bisbigliò Zabini all'orecchio, approfittando della distrazione generale. Percepii il mio corpo irrigidirsi, perché conoscendolo nutrivo dei grossi sospetti su dove sarebbe andato a parare con quell'osservazione. Lui però non immaginava neanche lontanamente quale sarebbe potuta essere la mia reazione, e a quale enorme pericolo stava andando incontro.

«Avrà bisogno di qualcuno che le dia un'... aggiustatina

«Incendio!»

Uno dei cuscini, che si trovava proprio a pochi centimetri dalla testa di Zabini, prese improvvisamente fuoco, causando un'ondata di panico collettiva e generando urla stridule soprattutto da parte di quell'idiota. Arricciai leggermente le labbra, sentendomi più che a posto con la coscienza, se non totalmente soddisfatto: come si permetteva di fare osservazioni del genere e sperare di uscirne illeso? Come osava formulare pensieri simili su di lei, sulla Granger? Non che non l'avesse mai fatto in passato, ma era diverso, lei era la Mezzosangue, non la Granger... Quell'Incantesimo Incendiario era partito dalla mia bacchetta quasi come un riflesso istantaneo, proprio come era successo con McLaggen un attimo prima che tentasse di baciarla... Con il prossimo che ci avesse anche solo provato, sarei passato direttamente all'Avada Kedavra. Il mio sguardo corse inevitabilmente verso di lei, che mi esaminava preoccupata e allo stesso tempo furiosa, come se avesse capito quel che mi passava per la testa in quel momento e volesse frenarmi ad ogni costo.

«Aguamenti! Signor Malfoy, credo proprio che lei abbia sbagliato incantesimo, cerchi di limitare questi "incidenti" in futuro... Altri cinquanta punti in meno a Serpeverde, e si consideri fortunato ad aver già ottenuto una punizione con la mia collega, altrimenti ci avrei pensato io. Signor Zabini, se ha subito qualche danno vada immediatamente in Infermeria.»

Purtroppo no, non aveva subito alcun danno...

«Si può sapere che cazzo avevi in mente, Malfoy? Stavi per bruciarmi vivo!» sbottò infuriato Zabini non appena Vitious fu fuori portata d'orecchio.

«Chiudi quella fogna, Zabini, o sarà il minimo.»

Prima che potesse controbattere, quasi sconvolto dalla mia minaccia, Vitious intervenne nuovamente ed evitò l'ennesimo duello, stavolta però fra due studenti della stessa casa.

«La lezione è finita, per la prossima volta voglio che vi esercitiate il più possibile sull'Incantesimo di Arresto e, già che ci siete, sulla maniera migliore per frenare i vostri bollenti spiriti.»

Indugiò per poco su di me, dopodiché uscì saltellando dalla porta; Blaise mi rivolse un'occhiata carica di disprezzo e poi se ne andò anche lui, seguito a ruota da Tiger e Goyle.

«Va... va tutto bene, Hermione?»

Mi voltai di scatto al suono di quella voce, e mi si gelò il sangue nelle vene: Lenticchia si era avvicinato rapidamente alla Granger anticipando chiunque altro avesse quell'intenzione, e le aveva poggiato, seppur esitante, una mano sulla spalla, in un gesto che voleva essere amichevole.

Che doveva essere amichevole.

«Sto bene Ronald, grazie dell'interessamento. Ora vorrei raggiungere il professor Vitious per parlargli, se non ti dispiace...»

Fredda e indifferente, mi aveva quasi superato nel mostrarsi totalmente apatica, e fui immediatamente sollevato nel capire che no, non avrebbero fatto pace. Tutti gli altri nel frattempo si erano dileguati, mentre io facevo in modo di attardarmi il più possibile e rimanere finalmente solo con lei.

«Ah, d'accordo...»

«Andiamo, Ron-Ron.»

Ci pensò Lavanda Brown a toglierlo di mezzo, trascinandolo via con evidente disapprovazione per quel tentativo di avvicinarsi alla sua ex migliore amica, e sbattendosi la porta alle spalle, inconsapevole che fosse proprio quel che io desideravo. La Granger rimase di spalle, a fissare con espressione indecifrabile il punto in cui erano spariti, come se non si fosse accorta che chiuso in quella stanza con lei c'ero anch'io, e per un attimo mi chiesi se trovarsi lì con me fosse anche la sua volontà oltre che la mia: forse non il proposito non l'aveva mai neppure sfiorata, forse sarebbe andata davvero da Vitious per provare ad abbozzare una spiegazione sul suo strano comportamento...

Ma che importanza aveva, lo volevo io, e questo bastava.

Mossi qualche passo rapido verso di lei, e godetti appieno nel sentirla sussultare contro il mio corpo non appena le cinsi la vita da dietro con le braccia; premetti con le mani all'altezza del suo stomaco, in modo che il sottile spazio vuoto rimanente fra noi venisse annullato e ci trovassimo completamente a contatto l'uno con l'altra. Subito la Granger poggiò le sue mani sulle mie, con forza, sospirando; mi sporsi leggermente in avanti con la schiena, in modo da raggiungere con più facilità il suo collo, poiché era di alcuni centimetri più bassa di me. Con il mento scostai alcune ciocche di capelli ribelli che le ricadevano sulle spalle, rinunciando a servirmi delle mani solo per non essere costretto a toglierle da dove si erano posizionate quasi autonomamente: affondai le labbra su quel collo caldo e bianco, e presi a deporvi leggeri baci, mordendo e succhiando la pelle scoperta che ero riuscito a guadagnarmi. Lei piegò all'indietro la testa, in modo da facilitare il mio compito, emettendo di tanto in tanto lievi gemiti di dolore: mi sembrava di conoscere perfettamente ogni singola linea di quel corpo, i suoi punti più sensibili, quelli che cedevano per primi al piacere carnale, e lei aveva altrettanta dimestichezza con i miei. Non appena spinse lievemente il bacino contro la mia eccitazione credetti di impazzire, e in un riflesso involontario schiacciai ancora di più il suo torace, perché la volevo vicina, oltre i limiti dell'umanamente possibile. Scostò subito le mani dalla pancia, con irruenza, e si voltò avventandosi senza indugio sulle mie labbra, donandomi quello a cui aspiravo da ore, che in quell'istante a me sembravano secoli, e chiedendomi in cambio la medesima gratificazione.

«Continueremo a restituirci il favore, vuoi?»

«Sì.»

Ecco cosa intendevo. Provai a ricordare una situazione in cui avevo provato quelle sensazioni, ma la mia memoria era ormai ridotta a una pergamena vuota, ogni esperienza precedente con qualsiasi altra ragazza era stata automaticamente spazzata via da quel buco nero di passione in cui eravamo stati entrambi risucchiati. Insinuai la lingua nella sua bocca, senza aspettare che la Granger mi autorizzasse a farlo, anche se le sue braccia entrambe avvinghiate su per la mia schiena mi parvero un consenso abbastanza palese. Una delle sue gambe era rimasta imprigionata fra il banco e la sedia, così per liberarla la portai con malagrazia contro il mio fianco destro, e a quel nuovo contatto fremetti visibilmente su di lei, scorrendo avanti e indietro con il polso lungo la pelle nuda delle ginocchia, delle cosce, fino a sfiorare appena quella ancora coperta dalla gonna. Ignorando i suoi mugolii di protesta, mi staccai di proposito da quelle labbra distruttrici, per poi poggiare le mie sulla gola; potevo ascoltare il ritmo mozzato del suo respiro e distinguere la vibrazione delle sue corde vocali quando provò a muoverle.

«Malfoy, io... Dobbiamo parlare...» ansimò quasi esausta, stando però attenta a non sciogliere la morsa con la quale mi aveva avvolto. Parlare? Il concetto di parlare non poteva appartenermi, non finché lei era chiusa in una stanza con me, perlomeno. Continuai incurante a cercare di assorbire il più possibile dalla sua pelle profumata, perché ormai era solo di quel sapore che avrei potuto saziarmi.

«Non... non riesco a pensare se... se fai così.» si lamentò lei, sempre con il fiato corto. Neppure la curiosità di sapere cosa volesse dirmi era più forte dell'esigenza di averla, ma il timore di ritrovarmi nuovamente schiantato contro una parete mi costrinse a fermarmi quanto bastava da lasciarle le facoltà mentali per articolare un discorso di senso compiuto. Portai le labbra sul suo orecchio, e vi soffiai dentro, attendendo compiaciuto un suo brivido che non tardò ad arrivare.

«E di cosa vorresti parlarmi? Di quanto in questo momento mi desideri?»

«Non è affatto vero...» contestò debolmente, strappandomi un sorriso di scherno.

«Bugiarda.»

«Presuntuoso.»

Depositai un lento bacio a pochi millimetri dal suo lobo, per poi procedere allo stesso ritmo sulla guancia e oltre: volevo che perdesse anche quell'ultima briciola di dignità che le rimaneva, volevo che ammettesse quanto forte fosse l'attrazione che esercitavo su di lei.

«Quindi non mi vuoi... Ne sei proprio sicura?»

«Sì...»

«Peccato che il tuo corpo mi dica il contrario...» mormorai, fermandomi proprio sull'angolo della sua bocca. Nel frattempo mi ero insinuato con una mano sotto il maglione, e con il pollice presi a tracciare forme circolari intorno al suo ombelico; in tutta risposta si aggrappò con maggiore forza alle mie spalle, segno che presto avrebbe ceduto, anche una Grifondoro aveva le sue debolezze.

«Il mio corpo... mente.»

«Come te, quindi.»

«Non lo ammetterò mai, neanche se mi cruciassi.» affermò decisa, con gli occhi puntati sulle mie labbra.

«Per me questa è già una resa, Granger.»

Poggiai nuovamente la bocca sulla sua, nel frattempo piegatasi in un sorriso sconfitto, molestandole per un po' il labbro inferiore con i denti, dopodiché mi decisi seppur a malincuore ad ascoltare quanto aveva da dirmi.

«Ti concedo la mia attenzione per due minuti.»

«Oh, ti ringrazio, anche perché dopo avrei una lezione, e anche tu immagino.»

«Io veramente avevo in programma di fare altro...»

Arrossì furiosamente alla mia innocente affermazione, ed indietreggiò di pochi passi, verso il muro di pietra; la sua reazione imbarazzata mi accese ancora di più.

«Smettila di confondermi! Per colpa tua ho anche sbagliato l'incantesimo, prima!»

«Non mi dire, la studentessa migliore di tutta Hogwarts fa una pessima figura solo grazie a me... Ora sì che posso dirmi soddisfatto.»

Lei ignorò i miei commenti sarcastici e mi puntò contro un indice.

«Finiscila di fare l'imbecille... Ti rendi conto che se qualcuno entrasse in questo momento e ci trovasse in questo sarebbe...»

«...La fine. Lo so.»

Rimanemmo in silenzio per qualche secondo, ognuno perso nei suoi pensieri, poi fu lei a prendere la parola per prima.

«Volevo solo chiederti... Perché hai detto quelle cose a Ron, prima?»

La sua domanda mi sorprese non poco, quasi quanto il fatto che per riferirsi a Weasel non avesse utilizzato il nome di battesimo come faceva sempre di fronte a lui, e la gelosia mi accecò al punto da non comprendere subito il vero senso delle sue parole.

«Cosa? Che mi sarebbe piaciuto farti male? Era solo per depistarlo, pensavo l'avessi capito...»

«Non mi riferivo a quello... Perché hai detto che non gli importa di me?»

La profonda tristezza nei suoi occhi mi colpì, e mi spinse a replicare senza rifletterci su neanche un attimo.

«Perché è la verità.»

Subito dopo aver aperto bocca mi resi conto di aver parlato a sproposito: come mi saltava in mente di sparare una cattiveria simile? Per quanto potesse corrispondere alla realtà, avrei dovuto cercare una maniera meno brutale per far sì che il colpo le arrivasse meno duro, e invece... La Granger abbassò lo sguardo, evidentemente avvilita.

«Aspetta, non intendevo dire che...»

«No, ho capito. Lui non mi ha mai amata. Nessuno mi ha mai amata.»

Spalancai gli occhi, stupito: ogni volta riusciva a mostrarmi un lato differente della sua personalità, quando credevo di averla finalmente inquadrata lei tornava a sorprendermi, a stravolgere tutto con una semplice affermazione. Cosa si aspettava che facessi, ora?

Avanzai verso di lei esitante, e le presi il volto con una mano, per costringerla a guardarmi, anche se non avevo idea di cosa dire.

«Per Godric, Malfoy!» strillò all'improvviso, saltando su come una molla.

«Merlino, che succede?»

«Stavi per dare fuoco a Zabini!»

La mia reazione fu inevitabile: scoppiai a ridere senza riuscire a trattenermi, nonostante il ricordo di Zabini mi provocasse ancora un eccesso di bile, la Granger possedeva una forza ammirabile nel riprendersi dopo una batosta, leggera o pesante che fosse, e soprattutto un enorme talento nel tirare fuori dall'imbarazzo se stessa ma soprattutto me, che in quell'occasione ero l'unico colpevole, e non potevo non ammirarla.

Per questo, e per un'infinita serie di motivi.

«Non c'è assolutamente niente da ridere!» ribatté dura, schiaffeggiandomi la mano con la sua e assumendo il suo consueto cipiglio da Caposcuola.

«Gli avrei fatto di peggio.» ammisi, tornando serio.

«Preferisco non sapere...»

«Anzi, quel verme dovrebbe considerarsi fortunato... Avevo giurato che il prossimo che ci avrebbe provato dopo quel Portiere da strapazzo sarebbe morto all'istante, e invece l'ho risparmiato.»

Lui, e il tuo amico dai capelli rossi.

«Non avresti dovuto incendiare il suo cuscino, qualsiasi cosa abbia detto o fatto.»

Forse per via del suo sguardo assente, o per il tremito nella sua voce, compresi in quel momento che nonostante cercasse di mostrarsi indistruttibile non lo era affatto, e che stava ancora pensando a quell'idiota. Le passai una mano intorno alla vita, attirandola nuovamente a me, lei nascose la testa nel mio petto, confermando così le mie certezze.

«Come ha fatto Weasley a rinunciare a tutto questo? Come ha fatto a perdere te...» domandai, più a me stesso che alla Granger, in realtà: ora mi risultava inconcepibile che qualcuno potesse preferire un'altra oca qualsiasi a lei, a quell'incantesimo che solo i suoi occhi erano in grado di formulare... Lenticchia l'aveva lasciata andare, ma era chiaro che aveva numerosi rimpianti: troppo tardi, ormai c'ero io.

Mi chiesi se non fosse stato l'ennesimo errore esternare i miei pensieri, ma potei tirare un sospiro di sollievo quando la vidi sorridere ancora, labilmente.

«È un idiota. L'hai detto tu, no?»

«È vero, l'ho detto.»

«Che succederà adesso?» sussurrò pochi istanti dopo, tradendo tutta la sua incertezza riguardo quel che stavamo vivendo. Avrei tanto voluto avere una risposta da darle...

«Non lo so, Granger.»

Ripensai a tutte quelle occasioni in cui lei mi aveva posto una domanda ed io le avevo propinato la stessa pantomima, non era colpa mia, di quella situazione capivo forse anche meno di lei...

«Io non riesco a credere che siamo qui, adesso, a fare quello che stiamo facendo... Dev'essere un'illusione.»

Non dirlo a me.

«Se è così, stiamo facendo lo stesso sogno.»

Sogno.

Ma come potevo essere sicuro che non si sarebbe trasformato in un incubo?

All'improvviso, però, avvertii con la mente una presenza oltre la porta, qualcuno che conosceva l'Occlumanzia ci stava spiando, ed io avevo anche una mezza idea di chi potesse essere. Deposi un ultimo, lieve bacio su quelle labbra morbide e vellutate, per poi tentare di depistarlo.

«Malfoy, io...»

«Che cosa vuoi, Mezzosangue? Non ho tempo da perdere con te, perciò lasciami andare a lezione e non seccarmi.» proruppi ad alta voce, lanciandole un'occhiata significativa perché non mi fraintendesse; fortunatamente la Granger capì al volo.

Chissà cosa stava per dirmi...

«Hai ragione, sto solo sprecando il mio tempo, Furetto. Me ne vado.»

Dopo avermi stretto la mano per qualche secondo, si girò e premette con violenza la maniglia della porta, spalancandola e trovandosi di fronte nientemeno che Severus Piton.

Rimase momentaneamente interdetta, di certo l'ultima persona che si sarebbe aspettata di sorprendere lì fuori era l'ombroso insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure nonché nemico giurato dei Grifondoro... Ma fu abbastanza pronta da riprendersi subito e simulare indifferenza.

«Professore...» biascicò rabbiosa, passandogli rapidamente davanti e dirigendosi alla sua prossima lezione, senza voltarsi di nuovo per non insospettirlo ancora di più.

Rimanemmo solo io e Piton, secondo molti il più fedele dei Mangiamorte, a scrutarci in cagnesco a vicenda: cercai in ogni modo di maledirlo con lo sguardo, per aver interrotto tanto bruscamente forse l'unico dei momenti che avrei avuto a disposizione durante quella giornata per "parlare" con la Granger senza che nessuno venisse a ficcare il naso.

Non riuscivo a preoccuparmi neppure di scoprire quanto avesse ascoltato della nostra conversazione, quanto avesse inteso, tanta era la rabbia. Nei suoi occhi, invece, non c'era niente, come al solito, niente trapelava da quelle iridi pece.

«Seguimi nel mio ufficio, Draco. Ho un messaggio da parte di lui

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