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capitolo 17



"Got so much to lose
Got so much to prove
God, don't let me lose my mind
Trouble on my left, trouble on my right
I've been facing trouble almost all my life
My sweet love, won't you pull me through?
Everywhere I look, I catch a glimpse of you"









Stimolare la produzione di endorfine pare un'attività semplice. Ed è così effettivamente? Oppure è apparenza? Scovare quella particolare canzone, pietanza che permetta la produzione dei tanto chiacchierati ormoni della felicità non è di certo tanto elementare. Diverso è quando si parla di attività fisica; sport... sport? Non è di certo ciò che balza alla mente come prima opzione. Questo perché il modo più banale per non sentire gli ingranaggi nel cervello roteare è il contatto fisico, attività sessuale, per essere precisi.

Ma non è sempre necessario spingersi così in là. Alle volte basta sfiorarsi, il solo contatto tra dita e capelli, braccio su un fianco, possono essere ritenuti abbastanza per far girare la testa. Un bacio tra due persone che si desiderano, poi, può fare molto più di un reggiseno slacciato ed un preservativo infilato. E così era stato per Victoria. Quella manciata di minuti in cui, pressati contro un albero, lei stessa e JJ Maybank si erano violentemente divorati le labbra, cercandosi in maniera disperata attraverso un gioco di mani sul viso che si scambiavano, le avevano permesso di gioire, in maniera autentica.

Questo, fino a quando l'orologio non toccò la mezzanotte ed il sogno di Cenerentola finì, riportandola alla cruda ed amara realtà. Come se avesse realmente udito i dodici rintocchi suonare, si staccò istantaneamente dal corpo lucido del biondo davanti a lei. Lo guardò ad occhi spalancati, scatenando riso dall'altra parte. "E lui ride! Questo è gravissimo... gravissimo. Lo sai, lo sai che se dovesse uscire da qui io...io..." balbettò Victoria tentando di ostentare sicurezza, tradendosi per le parole che tentennavano ad uscire. "Si, si lo so. Bla bla bla se dovesse uscire da qui tu mi rovini così come rovinerai tutta la mia futura stirpe di contrabbandieri e criminali. È questo ciò che stavi per dire, vero?" concluse lui annoiato, provando a riavvicinarla nuovamente a sé, ma venendo respinto.

"Sì- disse lei togliendoselo da dosso con fastidio- è più o meno ciò che intendevo. Questo non è mai successo." affermò risoluta, indicando la sua figura e quella dell'altro, annuendo a sé stessa. JJ ridacchiò, con una luce maliziosa nello sguardo. "Oh eddai McClair...Credevo avessimo oltrepassato questo giochetto del cazzo. Quando ammetterai che ti piace questa tensione? Devo infilarti ancora la lingua in gola, non ti è bastata la precedente dimostrazione?" domandò, divertito al cedere dell'altra successivo all'ultima questione posta. Lo guardò, mordendosi l'interno della guancia destra per cercare di celare un mezzo sorriso, senza grandi risultati. "Tu non mi piaci. Neanche un po'. Sei fortunato soltanto perché ultimamente mi annoio molto, e mi diverte sbagliare in un modo che non vada a toccare le mie connessioni neurali. Ma non pensare che la cosa si spingerà mai oltre questo bacino da liceo, Maybank. Non crearti fantasie, sei pur sempre un pogue."

L'ultima frase sembrò portare lui di colpo alla realtà. Il ghigno gli cadde dal viso. "Quando mai ti ho detto di voler qualcosa con te? Nemmeno tu mi piaci McClair, non sai mai quando stare zitta. Ed in aggiunta, ringrazio tutti i giorni di non essere nato un moccioso viziato rinchiuso nella bolla dove sembri crogiolarti tanto." commentò quindi, acido. In risposta, lei lo guardò sprezzante, allontanandosi. "Sai che c'è allora? Va' a farti una del tuo rango visto quanto ci facciamo tanto schifo, io e te. No?" concluse, scivolando via. JJ rimase lì impalato, a metà tra l'inviperito ed il sognante.

Presa dal nervoso com'era, Victoria borbottava tra sé e sé, allontanandosi senza una meta precisa. Il suo passo era rapido e quasi frenetico, come se volesse allontanarsi fisicamente da una tensione che si era radicata dentro di lei. Sbalzava in un istante tra l'eccitazione ed il risentimento, senza riuscire a trovare un equilibrio. Quell'incontro fugace, il bacio improvviso, la risata beffarda, tutto l'insieme di quella breve, intensa frizione tra i loro corpi sembrava scivolato via dalla sua mente, ma non dal suo corpo.

Ogni respiro le sembrava più pesante, come se il cuore non riuscisse a riappropriarsi della sua regolarità. Sentiva il torpore delle emozioni che cercava di ignorare affiorare tra le crepe della sua razionalità. Eppure, non voleva ammettere nulla a se stessa.

Via, toccando l'acqua con le dita dei piedi, lontano da tutti gli sguardi, Victoria tentò di tenere a bada la frenesia. La sua mente sembrava una tempesta inarrestabile, in cui ogni pensiero si mescolava ad un altro, creando un vortice di contraddizioni. Non necessitava di quei minuti di confusione per capire cosa fosse successo, non voleva nemmeno pensarci. La verità era manifesta; il bacio con JJ Maybank non era stato altro che un'occasione corroborante per uscire dalla prigione mentale, un modo per sfuggire all'apatia che la infastidiva quanto un moscerino. Lui, con quel suo atteggiamento provocatorio e la sua presenza scomoda, aveva rappresentato un rifugio temporaneo dalla realtà che, altrimenti, sarebbe tornata persistente a schiacciarla.

Quando aveva sentito le labbra sulle sue, una parte di lei si era perduta, ma solo perché il suo cuore sembrava finalmente riprendere un ritmo diverso da quello che le era familiare, lento e pesante. Il resto era solo adrenalina, un fuoco che ardeva senza lasciare traccia. E, ora, che si allontanava, cercava di convincersi che quella sensazione non fosse altro che un gioco di fuga, niente di più.

Assorta, non si accorse di avere una coppia di occhi puntata addosso. Audrey la raggiunse in fretta. "Vic va tutto bene? Spero tu non abbia bevuto, c'è Atlas nei paraggi ti ricordo." la ammonì, non senza un velo di preoccupazione nella voce. La ragazza si girò, cercando di mascherare il disordine interiore con uno sguardo che non tradisse nulla. Rise. "Mi credi così stupida? Su, vecchia volpe, mi conosci un po' meglio di così. Non sono in crisi, è solo che l'aria fresca fa bene." rispose con un tono più secco di quanto avesse voluto.

Audrey, pur sembrando l'ineccepibile incarnazione dell'adolescente svampita di un film anni duemila, possedeva una particolare acutezza, utilizzata in quel frangente nel cogliere ogni piccolo cambiamento nell'umore dell'amica. Difficile però comprendere dove finisse la superficialità e dove iniziassero a scattare le antenne. Per l'appunto, mantenne quel sorriso ironico che usava per disarmarla. "Già, certo, aria fresca. Non mi sembra che tu stia cercando di respirare. Sembra piuttosto che tu stia cercando di scappare, no? Scappare da che, però? Cosa c'è che ti tormenta?".

Victoria si sentì colpita, ma non lo lasciò vedere. Quella serie di domande innocue rappresentarono quasi una breve doccia fredda, che aiutò a placare le turbolenze. La tranquillizzò il riconoscere l'ignoranza dell'amica riguardo ciò che realmente le passava per la testa, la quale non avrebbe mai sospettato che, proprio mentre parlava, il pensiero del biondino le si insinuava di nuovo. Mai avrebbe potuto lontanamente presumere che il ragazzo quale considerava il peggior tipo possibile, la feccia pogue che detestava con ogni fibra del suo essere, fosse l'oggetto di un desiderio che la kook stava lottando per reprimere, proprio mentre cercava di darsi delle spiegazioni.

"Non è niente- disse infine, con un tono che sfiorava l'imbarazzo- È che mi annoio. Sai, niente strisce di coca da tirare, pilloline colorate con cui poter giocherellare e bla bla bla. Tutto qui." Alzò le spalle ridacchiando. Non era del tutto falso.

Audrey la scrutò un attimo, poi scosse la testa tornando seria. "Non scherzare su queste stronzate con me. Lo sai che mi da fastidio- asserì definitiva, ma inarcando verso l'alto i lati della bocca un istante dopo- Comunque, la risposta la ho io, vecchia volpe. Da quant'è che non fai sesso?". Victoria strinse la mascella con melodramma, fingendo rassegnazione abbassando lo sguardo, scoppiando poi in una limpida, autentica risata. "No, sono assolutamente seria." rincalzò la bionda, poggiando una mano sul fianco. L'altra avvampò. "Non per dartela vinta ma...sai, dopo Élias non è che abbia avuto tante chances...Ho fantasticato un po' sul tossico di psichiatria nella camera del corridoio di fronte, ma se ne è andato subito."

Audrey rise di nuovo, ma stavolta con un pizzico di compassione. "Oh, adesso capisco tutto- la voce della ragazza si fece velata da una curiosità maliziosa- Mi sembravi un po' troppo tesa ultimamente. Ma allora perché Sarah due ore fa brontolava da sola in cucina come un'isterica? Credevo c'entrasse la scenetta porno di prima con Rafe!" Victoria si passò con violenza le dita tra i capelli. "La smettete con questa espressione? Avete mai visto un porno prima d'ora? Davvero! Se vuoi te ne mostro uno, guarda ho già il link tra gli ultimi cercati se ti interessa." si lamentò con brusca esasperazione. La più grande inarcò le sopracciglia. "Eh? Ma hai la febbre? La smetti di delirare?"

L'altra si fece rossa di nuovo. "No, scusami è che prima parlavo con Atlas e lui sta sempre a fare il moralista e..." balbettò. "Oddio! Oddio! Stai mentendo! C'è un altro! Lo sapevo! Stronzetta dimmi subito chi altro c'è!" urlò saltellando, con la bocca spalancata. Avere legami fraterni è spesso un'arma a doppio taglio; un porto sicuro per la vita, ed una spina nel fianco quando si tenta di tenere celato un affare nascosto. E Victoria, essere sicuramente non imperturbabile e pragmatico, non gradiva che gli occulti venissero scoperti giusto sotto il proprio naso. "Non è quello che pensi. Nella mia vita non gira tutto attorno ad un pomo d'Adamo- rispose fredda, incapace di fare altro che mentire- Lascia perdere, Audrey."

La sua amica la osservò ancora per un momento, lasciando cadere l'espressione compiaciuta, improvvisamente confusa. "Non ti capirò mai." Poi, la lasciò andare senza dire una parola. Victoria si girò, cercando di mascherare ogni traccia del turbinio che le agitava l'anima. Ma, mentre tornava verso i kook, non riusciva a scacciare un'immagine. Un'immagine che si mescolava con quella di Rafe, di Élias, dello stesso suo riflesso, un'immagine di cui non poteva liberarsi, che sentiva crescere dentro di lei, eppure che non voleva accettare.

Non oggi, non ancora.







Mentre Victoria si allontanava, avvolta dalla sua solitudine interiore, un altro pensiero preoccupante prese piede nel cuore di JJ Maybank. Il ragazzo rimase immobile, il respiro pesante come se l'aria stessa fosse diventata più densa. Il suo corpo, ancora scosso dall'adrenalina dell'incontro, sembrava pesare di più, eppure la sua mente non riusciva a liberarsi dal turbinio che una seccante ragazzina viziata aveva appena scatenato in lui. Ogni parola, ogni sguardo, ogni piccolo gesto della ragazza gli rimbalzavano dentro come un'eco incessante.

L'immagine del suo viso, il suo sorriso, il modo in cui si era allontanata senza alcun cenno di rimorso, lo tormentavano. Non che non si fosse mai sentito respinto prima, ma con Victoria era diverso. C'era qualcosa di più profondo, un abisso che si estendeva tra di loro, fatto di desiderio e disprezzo, di passione e distanza. E lui, in quel momento, non riusciva a capire se fosse la voglia di abbattere quella barriera a tormentarlo, o dall'altra parte il bisogno di rimanere indifferente, di mantenere il controllo su qualcosa che lo stava travolgendo.

La sua mente correva in mille direzioni, ma una cosa era certa: quel bacio, quel contatto improvviso ed incandescente, lo aveva scosso più di quanto avrebbe voluto ammettere. Non era mai stato qualcuno capace di lasciarsi inghiottire dalle emozioni. Il mondo che conosceva era crudo e diretto, privo di sotterfugi. Eppure, con lei, tutto si complicava. Ogni volta che pensava di avervi una presa, ogni volta che riusciva a scorgere una fessura nel suo muro di disprezzo, la ragazza si ritirava con una velocità che lo lasciava sempre più perplesso.

"Cosa mi stai facendo?" si domandò, mentre il suo sguardo si perdeva nell'oscurità. La domanda, semplice e crudele, risuonava nella sua mente come un mantra.

Victoria, colei che giurava a chiunque ed a sé stesso di detestare, che rappresentava tutto ciò che disprezzava di quel mondo dorato e privilegiato. Cosa gli stava facendo? Ad ogni scambio di sguardi, ad ogni battuta tagliente, lui sentiva un'attrazione che sfidava la logica. Ogni volta che lei lo respingeva, ogni volta che lo guardava con quella superiorità che lo faceva impazzire, qualcosa dentro di lui si risvegliava. Forse era la sfida, forse era il piacere di vedere qualcuno che, pur non volendo, cedeva a quell'attrazione insostenibile, ma non riusciva a darsi una risposta.

La verità era che, sotto la superficie della loro animosità, c'era una tensione che non poteva essere ignorata. Un magnetismo, oscuro e innegabile, che legava i loro destini, pur nella distanza che li separava. Eppure, JJ non riusciva ad abbassare la guardia. Non riusciva a lasciarsi andare, nonostante il capriccio che lo tormentava. Era più facile vivere nella rabbia, nel disprezzo, che ammettere di volere qualcosa che, in fondo, non avrebbe mai potuto avere. Un mondo come il suo, fatto di strade polverose e notti insonni per il dolore di lividi nascosti, non lasciava spazio per la fragilità che Victoria, inconsapevolmente, gli stava facendo scoprire.

"Non è niente- pensò, cercando di fermare la marea di pensieri che lo sopraffaceva- Niente che non possa zittire." Eppure, più cercava di convincersi, più il peso della verità lo schiacciava. Ogni parola che lei gli lanciava, ogni sorriso ironico che gli rivolgeva, sembrava penetrargli nelle ossa, come una lama sottile che non riusciva a estrarre. Non era più in grado di ignorarla, non completamente. Era come se la sua stessa esistenza, in quell'istante, sembrasse legata a quella frattura tra loro, una frattura che, nonostante tutti i suoi tentativi di colmare, restava sempre lì, pronta a inghiottirlo.

Il suo respiro si fece più pesante, e il suo sguardo, ormai vuoto, si fissò su un punto fermo davanti a sé. Non voleva ammetterlo, ma aveva paura. Paura di ciò che di sinistro sentiva, paura di ciò che quella tensione avrebbe potuto significare. Ma non c'era via di fuga, e, sebbene si arrovellasse per non pensarci, Victoria McClair era diventata una parte di quella sua esistenza sofferente, una presenza costante che si insidiava nella sua mente come una cicatrice che non guariva.

E così, mentre Victoria svaniva, e lui rimaneva lì, immobile, come un'ombra in attesa, il suo animo scuro, che però mai si era arreso a nulla, si trovava costretto a fare i conti con la sensazione di volerla ed odiarla, di avvicinarsi ed allontanarsi, di rincorrere qualcosa che si faceva sempre più forte e, al contempo, più impossibile da raggiungere.

"Non voglio niente da lei," mormorò a se stesso, ma le parole suonavano deboli, come una bugia poco convincente raccontata tanto per. Il vero grattacapo, si rese conto, non era la ragazza in sé. (Il divario kook-pogue apparteneva agli inetti, si ripeteva). Era il modo in cui lei lo faceva sentire: vivo, vivo come non lo era mai stato, e spaventato come non avrebbe mai ammesso di essere.

Ogni pensiero su di lei lo rendeva più vulnerabile, più fragile di quanto volesse ammettere, e il suo cuore, che aveva sempre trovato rifugio nella rabbia e nell'indifferenza, cominciava a battere per una ragione che non riusciva a comprendere. Quella stessa ragione che lo costringeva, ancora una volta, a guardare la sua figura svanire nell'ombra, chiedendosi, nel profondo della sua anima, quando e se mai avrebbe avuto il coraggio di abbattere i muri che li separavano.

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