Capitolo sei
Impiego un'intera settimana per riprendermi dalla mortificante figuraccia al supermercato e di martedì entro nell'appartamento vuoto di Calum quasi in punta di piedi.
Quando mi chiudo la porta d'ingresso alle spalle, Duke alza il muso dalla ciotola dell'acqua e mi lancia un'occhiata disinteressata, tornando a bere con uno sbuffo.
"Vorrei tanto sapere quand'è che hai deciso che ti stavo sulle palle" borbotto tra me, guardandolo in silenzio mentre mi si avvicina. Poi mi piego sulle ginocchia e allungo una mano per accarezzargli le orecchie. Lui mi lecca le dita per un paio di secondi e poi saltella verso la cuccia, dove tiene i suoi giocattoli preferiti.
Mi faccio scivolare lo zainetto dalle spalle e lo lancio accanto al divano, dirigendomi verso la cucina per prendermi qualcosa da bere.
Oggi l'autobus era particolarmente pieno ed erano bastati pochi minuti perché l'aria diventasse irrespirabile a causa del caldo e del cattivo odore. Pensavo che almeno d'estate le persone avessero il buon senso di usare il deodorante, invece ho scoperto che non è poi così scontato.
Dal frigorifero estraggo una bottiglia di succo d'ananas e dopo averne svitato il tappo, troppo pigra per procurarmi un bicchiere, me la avvicino direttamente alla bocca. Piego indietro la testa e tento di non sfiorare il bordo di plastica con le labbra, lasciando che il liquido dolce mi scenda direttamente lungo la gola.
La sensazione di frescura dura per qualche secondo, poi il fiotto di succo mi solletica l'esofago e quasi mi strozzo per reprimere il fortissimo bisogno di tossire.
"Porca miseria, adesso muoio" sputacchio, sentendo rivoli di succo colarmi sul mento e lungo il collo. Inutile dire che finisco per inzupparmi la canotta e un fianco dei pantaloncini di jeans a vita alta. In più, scopro poco dopo, c'è una pozza appiccicosa sul pavimento, nei pressi del frigo d'acciaio.
"Ti pareva che non ci mettevo un piede sopra!" piagnucolo, sfilandomi immediatamente il calzino ormai diventato giallognolo. Malgrado la fastidiosissima sensazione provocata dal tessuto del top che mi si appiccica al petto e alla pancia, sono velocissima a pulire.
Duke mi si affianca mentre sono in ginocchio, con uno strofinaccio rosso aragosta in mano e il sapone per i piatti nell'altra. Tenta disperatamente di leccare la chiazza di succo all'ananas e nonostante lo spinga via con una certa insistenza, mi costringe ad arrendermi a causa della sua indissolubile tenacia.
Quindi mi siedo a terra, con le gambe incrociate e i gomiti poggiati sulle ginocchia, e lo guardo con un mezzo sorriso mentre scodinzola allegramente e rimedia al mio disastro.
Scopro però, dopo averlo ringraziato con una serie di carezze e grattini sul collo, che il suo pelo lungo si è completamente impiastricciato con la sostanza zuccherata e sfoggia ciuffetti rappresi in ogni dove.
"Ma non potevi stare più attento? Adesso mi tocca anche farti il bagno" Mi lamento, trascinandolo via dalla cucina.
Duke protesta energicamente, per un tempo che mi sembra infinito, persino quando lo circondo dei suoi pupazzi preferiti, come quello a forma di osso che trilla ogni volta che viene schiacciato e che ha da quando era cucciolo.
Con immensa fatica, quasi quaranta minuti dopo, riesco a posizionarlo nella vasca e a ricoprirlo di shampoo.
Durante la mia esperienza come dogsitter ho dovuto fargli il bagno una volta sola. Per farla breve: Duke odia essere lavato.
Non so dire se sia l'acqua calda che gli scola sul musetto, l'odore insistente del sapone o le mie mani che lo grattano un po' ovunque a dargli fastidio. Fatto sta che non smette di abbaiarmi contro e saltellare sulle zampe posteriori per uscire dalla vasca.
"Ti giuro che se non stai fermo e buono, oggi non mangi" lo minaccio, puntandogli la doccetta contro.
Lui guaisce e allunga una zampa in mia direzione, scrollandosi l'acqua di dosso per la centesima volta. Mi volto di scatto verso destra, per evitare la miriade di gocciolone che solleva in aria, finendo ovviamente per esserne comunque investita.
"Tipico" borbotto, asciugandomi gli occhi e sciacquandolo un'ultima volta. "Comunque siete proprio uguali, tu e Calum. Entrambi sembrate innocui e simpatici, però poi vi rivelate per quello che siete: due merdine subdole" commento.
Duke alza il muso e ulula per qualche istante, come offeso, poi lo zittisco e gli punto il getto d'acqua sulla pancia. Il piacevole calore, unito alle mie carezze, sembra rilassarlo e per i successivi venti secondi va tutto bene. Tanto che interrompe persino le sue continue proteste e si siede, accettando il suo destino.
Poi la porta di casa si apre e si richiude, facendo risuonare nel locale lo schiocco metallico del chiavistello. Calum si sfila le scarpe e le lascia cadere a terra con un tonfo sordo. Lo si sente parlare per qualche istante e poi l'appartamento rimbomba della risata acuta di qualcuno.
Duke alza le orecchie e si tende all'ascolto, mentre io mi immobilizzo e tento di capire chi sia entrato in casa con lui, fallendo miseramente. Osservo quindi il cane, che concentra lo sguardo sulla porta semichiusa del bagno, in modo parecchio inquietante, e abbaia una volta sola.
"Vanilla?" Calum mi chiama un paio di volte. La sua voce si fa sempre più vicina, segno che sta percorrendo il corridoio.
"Al bagno!" rispondo.
Quando afferra la maniglia, iniziando ad aprire la porta, Duke si dimena freneticamente e salta fuori dalla vasca. Una delle sue zampe mi colpisce, facendomi scivolare di mano la doccetta ancora accesa. Mi affretto a chiudere la manopola dell'acqua, ma finisco inevitabilmente per infradiciarmi, ancor più di quanto non fossi già.
"Tutto okay?" Domanda Calum, con il cagnolino tra le braccia. Indossa una maglia grigia, ormai chiazzata a causa del pelo fradicio di Duke, che gli si strofina contro allegramente. Le sue clavicole scoperte attirano la mia attenzione e per una manciata di secondi mi concedo di studiare il tatuaggio a numeri romani che ha sul petto.
Annuisco e afferro l'asciugamano che avevo preparato in anticipo, usandolo per darmi una sistemata. "È particolarmente felice di vederti oggi" osservo ironicamente, lasciandomi andare ad una risatina nervosa.
Calum lo posa a terra ed entra in bagno, socchiudendo la porta. "Ho visto. Sembra che sia stato lui a fare il bagno a te" commenta, con il solito sorriso divertito stampato in faccia. Io lo spingo giocosamente su una spalla e mi strofino le guance con il panno di stoffa.
"Lo sapevo già che a Duke non piace l'acqua, però non ricordavo che l'esperienza fosse così ... intensa" .
"Già" si limita a dire, passandosi una mano tra i ricci neri.
Restiamo in silenzio per un minuto intero, che Calum passa a squadrarmi dalla testa ai piedi. Ovviamente, mi basta prendere consapevolezza del suo sguardo su di me, che sento le guance andarmi a fuoco dall'imbarazzo.
"Comunque, di là c'è un mio amico. Vista la situazione vado a prenderti una maglia per cambiarti, okay? Vuoi anche dei pantaloncini?".
"Sì, grazie" Accetto la sua offerta con un certo entusiasmo e intanto che aspetto, mi siedo sul coperchio chiuso del water.
Tiro fuori il telefono e controllo i messaggi, ignorandone uno di mia madre che mi chiede di prendere una pizza d'asporto per cena, visto che non ha voglia di cucinare. Rispondo invece a Merion, che mi chiede molto semplicemente cosa sto facendo.
"Aspetto che Calum mi porti i vestiti" scrivo, prevedendo già la sua reazione esagerata. Però, prima che possa aggiungere un messaggio per spiegare la situazione, il sopracitato torna in bagno.
"Grazie. Mi cambio e vengo in soggiorno" gli dico, prendendo la canotta verde bottiglia dalle sue mani e voltandomi per dargli le spalle. Afferro l'orlo del mio top e me lo sfilo, lasciandolo cadere a terra con una certa nonchalance. Sgancio il gancetto del reggiseno, che mi sta scavando la pelle da questa mattina, e lascio cadere le braccia lungo i fianchi. Mi beo della sensazione di libertà e sospiro profondamente, desiderando solo di essere a casa e poterlo semplicemente togliere.
"Sei più audace di quello che dai a vedere" quando sento la sua voce così vicina e mi accorgo che Calum non è mai uscito dal bagno, mi immobilizzo. Lascio passare qualche secondo e poi urlo, con tutto il fiato che ho in gola.
Mi rimetto immediatamente la biancheria e infilo il cambio di vestiti con movimenti frenetici, voltandomi subito dopo.
"Perché non te ne sei andato?" Lo rimprovero, questa volta sicura che tutto il mio viso sia rosso quanto un pomodoro maturo. Ignoro la sensazione di bruciore che mi solletica la pelle e lo spingo via, indignata e avvilita al tempo stesso.
Ma è mai possibile che non riesca ad avere un'interazione normale con lui?
"Perché non mi hai dato il tempo di farlo! Volevo avvisarti che dovrai lavorare fino a tardi stasera, però tu ti sei girata e hai iniziato a spogliarti".
"E tu ovviamente sei rimasto a guardare!".
Lo incenerisco con lo sguardo mentre sorride innocentemente e fa spallucce. "Mi dispiace?" dice, accompagnando il tono interrogativo con una risatina nervosa.
Sospiro profondamente e scuoto la testa, afferrando il cellulare dal piano in ceramica del lavandino ed uscendo dal bagno. "I pantaloncini non te li cambi?" Mi chiede, seguendomi a breve distanza mentre marcio per il corridoio.
"No!" esclamo, con voce leggermente troppo alta. Calum ride e mugugna qualcosa che assomiglia ad un "Come ti pare", poi si siede sul divano e richiama l'attenzione del suo amico con una gomitata.
Quello alza lo sguardo dalla chitarra acustica che stava strimpellando e mi guarda con gli occhi verdi soffocati dalla confusione. Sembra che lo abbiano appena svegliato da un intenso pisolino di cinque ore.
Stringo le mani in due pugni e lo saluto con un cenno del capo e un "Ciao" bisbigliato, forzandomi di non chiamarlo per nome quando lui si alza e mi tende una mano.
"Piacere, sono Ashton" mi dice, soffiando via un ricciolo rosso dalla fronte. Io mi mordo la lingua per evitare di dire "Lo so" e invece mugugno una versione sussurrata del mio nome.
MY SPACE:
Questa storia doveva intitolarsi "Le figure di merda si sprecano" o qualcosa che riprendesse il tema. Non so cosa mi è preso, ma ormai sono entrata in un ciclo infinito di figuracce e Vanilla ne sta soffrendo le conseguenze. Comunque prima o poi finirà di mettersi in ridicolo, promesso.
Spero che la lettura non vi abbia fatto troppo schifo e speriamo di rivederci anche al prossimo capitolo!
-Sara
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