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Capitolo quindici

Il mattino dopo mi trascino fuori dal letto e poi sull'autobus numero 19, mezz'ora prima che suoni la sveglia.

Combatto il sonno per tutti i dieci minuti che passo a ciondolare sul sedile scomodissimo del mezzo. Ma mi lascio comunque andare contro la parete metallica dell'ascensore, mentre salgo all'ultimo piano del condominio di Calum.

Sono a malapena le sette, ma come la brezza che scuote le grandi palme lungo Venice Beach, visibile in lontananza dalla vetrata in soggiorno, l'aria è già bollente.

Mi sfilo le ciabatte all'ingresso e poso la mia copia delle chiavi sull'isola della cucina, incamminandomi verso il divano a passo lento.

"Madonna che puzza di sudore" mi lamento, avvicinandomi alle finestre per socchiuderne una.

Mi volto a guardare Calum, immobile come me lo ricordavo dalla sera precedente e muovo le labbra in una smorfia.

"Non si sa prendere cura di se stesso, figuriamoci di Duke" borbotto, osservando la sua posizione scomposta e i cuscini morbidi che gli coprono un lato della faccia.

Il meticcio sonnecchia beatamente accanto al suo padrone, più specificamente incastrato tra le sue cosce. Con le orecchie abbassate e il muso infilato tra le zampe, sembra quasi un peluche.

"Ma guarda tu" mi avvicino con cautela alla sua figura addormentata e mi piego con la schiena, fino a trovarmi con il viso esattamente davanti al suo. Studio velocemente le cartacce di snack dolci, buttate tutt'intorno al suo corpo, e incredula sbuffo un fiotto d'aria dal naso.

"Ti sei proprio dato alla pazza gioia ieri sera" commento, pizzicando tra i polpastrelli l'involucro di un gelato alla crema.

"Anche la fame chimica" aggiungo, lanciandogli la plastica sul viso e alzandomi di scatto subito dopo, fingendo di essere capitata lì quasi per caso.

Calum però non si muove nemmeno. Volto leggermente il capo per controllare la sua reazione, ma vedo solo il suo naso arricciarsi e la sua fronte corrucciarsi momentaneamente.

"Madonna mia" borbotto, assumendo la stessa posizione di prima. Questa volta trattengo il respiro e mi avvicino ancor di più, fino a mettere a fuoco i due nei che ha sulle guance paffute.

"A quanto pare non sai nemmeno mangiare bene" lo rimprovero, sfiorandogli con un polpastrello l'angolo del labbro inferiore.

"Guarda qua, ti sei fatto il bagno con la cioccolata" continuo, sollevando inavvertitamente le labbra in un mezzo sorriso.

"Certo che sei un disastro" e continuo a passargli il pollice sul mento, nonostante ora sia pulito. C'è qualcosa nel vederlo così vulnerabile ed impacciato, che me lo fa piacere ancora di più.

"Vanilla, datti una controllata!" mi rimprovero, allontanando le dita dal suo viso e poggiandole sulla stoffa dei miei pantaloncini del pigiama.

Già, non avevo proprio voglia di uscire di casa stamattina, e se vogliamo dirla tutta, neanche il dovere. Però, pensare a Calum nelle pessime condizioni di ieri sera, tutto solo ... Ecco, il pensiero non mi dava pace.

"Scommetto che Luke se n'è andato subito dopo di me. Però dai, almeno ti ha tolto le scarpe" lancio uno sguardo ai suoi piedi nudi e ridacchio tra me. Ha le dita stranamente lunghe.

"Adesso sono proprio inquietante" sussurro a me stessa, solo per essere interrotta dallo suoneria del mio cellulare. Lo estraggo dalla tasca e impreco a mezza voce, mentre tento di rispondere il più velocemente possibile.

"Che vuoi?" Sputo tra i denti, dopo aver controllato l'ID di chiamata.

Calum si stiracchia leggermente svegliando Duke, che mi guarda per una manciata di secondi e come il suo padrone, torna a dormire poco dopo, indisturbato dalla mia presenza.

"Madonna come sei antipatica di prima mattina, e io che pensavo saresti stata contenta di sentirmi" ribatte Merion, schioccando la lingua sul palato un numero esagerato di volte. Tanto per infastidirmi ulteriormente.

"Non solo è presto, ma sono in una situazione alquanto complicata".

"Quando mai!" commenta sarcasticamente, ordinandomi poi di informarlo su tutto.

Io sbuffo un paio di volte, mi faccio rimproverare per il tempo che gli sto facendo perdere con le mie "buffonate" e poi procedo nell'aggiornarlo. Abbastanza nel dettaglio, aggiungerei.

Come sempre, finito il mio sproloquio, lui attende due secondi e poi scoppia a ridere come se gli avessi appena detto che ho una cotta per lui. Tanto per utilizzare come esempio qualcosa di assolutamente ridicolo.

"Grazie per avermi raccontato tutto, ma io mi astengo dal commentare. Qui e ora, esprimo la mia volontà di esistere semplicemente come uno spettatore passivo. Dato che, sai, le tue scelte sono decisamente più divertenti delle mie" dice alla fine, asciugandosi gli occhi dalle finte lacrime che le mie avventure gli hanno fatto versare.

Al ché, io mi lamento profusamente con una serie di mugolii per niente carini, fin quando lui minaccia di riattaccarmi il telefono in faccia.

"Okay, d'ora in poi hai il permesso di ridere dei miei fallimenti. Dato che lo faresti a prescindere e che comunque non ti ascolto mai" ammetto, sbirciando l'espressione corrucciata di Calum con la coda dell'occhio.

"Ma se dovessi darmi un ultimo consiglio, quale sarebbe?" Gli chiedo.

"Non andare da lui" ribatte, sapendo benissimo che sono già seduta sul suo divano.

La mia espressione, quindi, si trasforma in una maschera di irritazione e considero per un secondo o due di porre fine alla telefonata nell'immediato.

"Io puntavo tutto sul fingermi disinvolta" dico invece, mordendomi il labbro superiore mentre Duke si stira le zampe e cammina in equilibrio sui cuscini per raggiungermi.

"Ma se fai schifo a mentire" risponde Merion, facendomi grugnire infastidita, per l'ennesima volta.

"Ma che avete tutti? Me lo ha detto anche Calum, ma non faccio mica così pena!". "Sì, invece. Ti si alza il tono di voce ... così! Sembri Spongebob" ribatte prontamente lui, accompagnando la presa in giro con una delle sue risate super rumorose.

"Però sono sollevato. Se hai detto che tra qualche giorno parte per il tour, significa che le mie orecchie riposeranno dai tuoi continui struggimenti amorosi" aggiunge.

"Zitto. Ma lo capisci che mi ha licenziata? Io perdo il lavoro e tu sei felice? Bell'amico di merda" esclamo, affondando le dita nel pelo morbido di Duke, che si volta a guardarmi con gli occhi stralunati e le orecchie rizzate.

Anche Calum ha la stessa espressione, adesso. Forse leggermente più assonnata.

"Merda, si è svegliato! Devo andare" informo subito Merion, che fa schioccare le labbra con un "Yup" decisamente troppo forzato.

"Attenta a non farti baciare ... per l'ultima volta. Di nuovo" mi stuzzica.

"Zitto" ripeto, stringendomi l'altoparlante alle labbra, per non farmi sentire da Calum, che si è messo a sedere e si sta stropicciando gli occhi con i dorsi delle mani.

"Guarda che tu sei capace di fartelo sul suo divano, sapendo di voler qualcosa di più di una semplice amicizia e consapevolissima che tra di voi non sarà mai possibile nulla".

Alle sue parole assottiglio gli occhi, minacciando il televisore a schermo piatto con un'occhiataccia.

"Ciao, Merion. C-i-a-o" ringhio, facendo anche lo spelling della parola.

"Io ti avverto da un mese e mezzo! Divertiti e se devi chiamarmi piangendo, almeno ricordati del fuso orario! C-i-a-o!".


Calum si guarda intorno, palesemente confuso, fin quando non mi vede. Mi fa scorrere lo sguardo addosso per un paio di volte, poi fissa la mia mano immersa nel manto folto di Duke e annuisce lentamente a se stesso.

"Ah, sei qui" mormora, con la voce roca e profonda.

Il suono, tagliente e caldo al tempo stesso, mi fa venire la pelle d'oca nonostante l'aria statica d'inizio Luglio.

"Sì" riesco a dire, risistemandomi sul divano e stringendo il cellulare nel palmo di una mano.

Lui si lecca le labbra gonfie e deglutisce un paio di volte, tentando di recuperare un filo di voce.

"Perché? Non ti ho chiamata" inquisisce. Poi si volta a guardare la linea d'orizzonte della spiaggia e strizza gli occhi, infastidito dalla luce del sole.

"Ero preoccupata" dico senza pensarci, persa ad osservare il suo profilo, illuminato dalla luce calda del primo mattino.

Non penso che una foto o un video di Calum potranno mai rendere al meglio la versione dal vivo che ho davanti.

E anche solo provare a catturarlo in uno scatto sarebbe inutile, quindi rimango incantata a fissarlo senza neanche sbattere le palpebre, tentando di ricordare ogni sfumatura e tono della sua carnagione olivastra nell'atmosfera estiva.

"Carina" mi sembra di sentirlo mugugnare, mentre butta la testa contro lo schienale e si lascia scappare un singulto dalle labbra, sogghignando con gli occhi semichiusi.

"Sei rimasta ad aspettarmi tutta la notte, ieri?" continua, con un mezzo sorrisetto sornione.

"Non proprio tutta la notte" rispondo con le guance infiammate "Però sì, buona parte".

"Cavolo Vanilla, così me la rendi difficile" sospira, premendosi i polpastrelli di due dita su una tempia. "Ho anche mal di testa".

"Cosa?" Chiedo, fingendo di non aver capito la sua intenzione, nonostante sia abbastanza chiaro che ci stia provando con me.

Diciamo che Calum non è il tipo di persona che si vergogna, forse solo quando vuole far sapere a qualcuno che lo ritiene attraente o carismatico. Perché per il resto, almeno da ciò che so di lui, è molto timido a primo impatto.

"Come cosa? Lo sai già! Ma se vuoi che lo dica, allora va bene. Mi rendi difficile, anzi difficilissimo, non volerti baciare di nuovo. O fare altro" spiega, ampliando quel suo sorriso compiaciuto.

Io mi immobilizzo e rimango a guardare le pareti degli appartamenti di fronte alla spiaggia e la linea azzurra dell'oceano, sperando di poter diventare invisibile.

"Bè, tu mi rendi difficile rimanere qui e non correre via" mormoro e dopo essermi schiarita la gola con un colpo di tosse forzato, mi sposto Duke dalle ginocchia e mi alzo in piedi, fingendo di sgranchirmi le braccia.

"Quanto ti ricordi di ieri sera?" chiede allora, guardandomi dal basso verso l'alto. Il suo sguardo si impiglia tra l'orlo dei miei pantaloncini e la canottiera corta, accarezzando la striscia di pelle chiara del mio stomaco fin quando non sistemo la stoffa al suo posto.

A quel punto mi mordo una guancia, imbarazzata e "Non dovrei essere io a chiedertelo?" ribatto.

Calum si gratta un sopracciglio folto e annuisce con una risatina. "Io ricordo il giusto" dice poi.

"Tipo?".

"Tipo il giusto" ripete, chiedendomi di prendergli un bicchiere d'acqua.

"Come ti pare" mi arrendo. Dopo essere tornata dalla cucina, gli porgo il bicchiere e mi siedo di nuovo accanto a lui, mantenendo ora una certa distanza.

"Però non dovresti fumare e bere insieme".

Lui apre gli occhi di scatto, completamente lucido e mi guarda come piacevolmente sorpreso, con una strana contentezza nello sguardo.

"E sai che ho fumato ... Come?" Chiede lui, aprendo le braccia e posandole sullo schienale del sofà.

"Quando Luke ti ha riportato a casa ieri notte, ti sei addormentato non appena hai sfiorato i cuscini. Ma stamattina, quando sono arrivata, eri coperto di confezioni di snack. Se fossi stata ubriaca quanto te, non avrei neanche pensato di alzarmi. Però tu devi essere andato in cerca di cibo, quindi eri quasi sicuramente in fame chimica" spiego.

"Hai ragione, in effetti" ammette. "Quindi ricordi di avermi visto in condizioni non esattamente ottimali".

"Già" annuisco, mordendomi un labbro. "Perché hai consumato così tanto?" Riesco a chiedergli, fissando però lo sguardo sulle sue ginocchia, coperte da un paio di pantaloni neri in tessuto.

Calum fa spallucce "Perché ne avevo voglia".

"Sai, è un atteggiamento molto pericoloso quello. Solo perché puoi fare qualcosa, non significa che sia giusto farla".

"Lo so" confessa, guardandomi dritta negli occhi.

Tento più volte si fuggire il suo sguardo, ma noto che continua a rincorrere il mio ogni volta che mi sforzo di far scivolare la mia attenzione su qualcos'altro.

"Però avevo voglia di festeggiare, dopo ieri pomeriggio. Tu no?".

Accavallo le gambe e lo guardo confusa. Se solo sapesse che celebrazioni si sono tenute in camera mia! Con tanto di saltelli e urla, in pieno stile adolescente americana.

"Festeggiare dici? Hai detto più volte che sarebbe stato il primo e ultimo bacio. Non dovresti, che ne so, far finta di non ricordare nulla e ignorare la situazione?".

Lui sorride, questa volta con una sorta di tenerezza negli occhi neri e mi si avvicina. Duke salta giù dal divano, come se avesse capito che è meglio togliersi di torno, e si accovaccia nel suo lettino.

"Ci siamo baciati prima che mi ubriacassi. Ho preso una sbronza, non l'alzheimer" dice Calum, riducendo ulteriormente la distanza tra noi e ridacchiando quando mi tiro dietro di scatto.

Mi spiaccico con la schiena contro i cuscini del divano e per qualche motivo, istintivamente preciserei, alzo le braccia come se dovessi difendermi da un'aggressione.

Pensandoci, quello di Calum è un vero e proprio tentativo di attacco.

"Che ... che fai?" balbetto, nascondendomi dietro i pugni serrati.

"Niente, faccio l'incoerente" Calum fa spallucce e mi afferra entrambi i polsi abbassandoli gradualmente, fin quando non toccano le mie cosce. Anche a quel punto però, con le mie mani bloccate dalle sue, non da segno di voler mollare la presa.

"Allora?" chiedo, con gli occhi stralunati.

"Ieri ho detto chiaramente che ti avrei baciata una volta sola, no? Però sto per rifarlo" spiega e si avvicina senza esitare, fino a sfiorarmi le labbra con le sue.

"Ancora" mormora baciandomi lentamente e a stampo, ma senza distogliere lo sguardo dal mio.

"E ancora" ripete.


MY SPACE: 

Non sono sicura che mi piaccia la stesura di questo capitolo, però non ho alcuna intenzione di correggerlo di nuovo.

Quindi, spero proprio che la lettura non vi abbia fatto troppo schifo e di rivederci anche al prossimo capitolo!

Ah, pensate che gli aggiornamenti siano troppo distanti l'uno dall'altro o un capitolo a settimana vi sembra un ritmo accettabile?

-Sara

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