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Capitolo otto

"Ricapitolando: hai rovesciato il succo a terra, allagato il bagno d'acqua, ti sei spogliata davanti a lui e quando il suo amico ti ha invitata al loro concerto hai preso il cane e sei scappata via con la scusa di portarlo a far pipì?"

Merion non prova nemmeno a soffocare la risata che gli scuote il petto e invece mi sghignazza direttamente in un orecchio.

"Sta zitto, se lo dici così sembra mille volte peggio" metto la chiamata in viva voce e butto il telefono sul materasso, affondando la faccia nel cuscino. Il caldo però è troppo intenso e sono costretta a sedermi di nuovo.

"In casi come questo mi ritengo fortunato di essere il tuo migliore amico, non mi annoio mai. La tua vita è meglio di una sit-com!".

Mi astengo dal commentare e mi limito a grugnire uno "Sta zitto", che ovviamente viene ignorato.

"Però sul serio, è talmente assurdo che quasi stento a crederci".

"Ti ho raccontato tutta la verità! Neanche con la mia fervida immaginazione riuscirei ad inventarmi una bugia simile" Mi lamento, scalciando le lenzuola alla fine del letto.

"Okay, va bene. Dico solo che la successione degli eventi è a dir poco bizzarra".

"Già. Ricordando soprattutto che la settimana scorsa, al supermercato, gli ho praticamente urlato che leggevo storie erotiche su di lui" mormoro, pentendomi subito dopo di aver menzionato l'accaduto. Le guance mi vanno a fuoco al solo pensiero. Me le stringo fra i palmi delle mani e piagnucolo sommessamente "Ma perché tutto a me?".

"Però non ha più parlato di quell'episodio, giusto?" Dice Merion e la sua considerazione mi solleva il morale. Ha ragione, Calum non ne ha più fatto parola. "Sì" confermo.

"Però ho una strana sensazione" continuo, "Cioè, non è che voglio tirarmela o cose del genere, però da quella volta al supermercato non la finisce di provarci con me. E sarebbe anche normale, se non fossi stata un totale disastro tutto il tempo".

"Vanilla?" Merion schiocca la lingua sul palato e aggiunge "Te la stai tirando".

"Ma non è vero! Per lui ogni occasione sembra buona per fissarmi o dire cose che mi mettono in imbarazzo. Mi ha persino detto che il rossore sulle guance mi dona! Lo so che suona improbabile, però non sono stupida. Lo capisco quando un ragazzo mi fa il filo".

Mi alzo dal letto e infilo le ciabatte, iniziando a passeggiare nervosamente su e giù per la stanza. Merion però si lamenta perché sono troppo distante dal cellulare e non capisce niente, quindi mi siedo di nuovo a gambe incrociate sul materasso.

"Okay, però cosa hai intenzione di fare riguardo l'invito?".

"Niente?" Rispondo, stringendomi nelle spalle quando lui urla un "Che cosa?" Acutissimo.

"Alla fine la mia risposta l'ho data. Penso che nulla sia tanto eloquente come una fuga, per rifiutare una proposta".

Merion sbuffa animatamente "Penso che l'unica cosa che tu abbia fatto sia stata peggiorare la situazione. Sono sicuro che Calum ti ritenga completamente fuori di testa".

"O assurdamente carina. Ad alcuni ragazzi piacciono certe cose" controbatto, ridacchiando.

"Le calamità naturali dici? Vabbè che ti sei spogliata davanti a lui senza che nemmeno te lo chiedesse. A certi ragazzi basta questo per innamorarsi".

Grugnisco di nuovo e lui prosegue a prendermi in giro, questa volta paragonandomi ad un maiale. "Diventi ogni giorno più antipatico" lo rimprovero, non potendo però sopprimere un sorriso.

"Comunque, io ti ho già ripetuto fino allo sfinimento come dovresti comportarti. Ma se proprio vuoi renderti la vita difficile, assicurati che lui ci stia davvero provando con te, prima di fare l'ennesima figuraccia".

"Credimi Merion, ci sta provando alla grande! È tutta la settimana che cerca di parlarmi".

"Forse perché appena lo vedi sgommi via come se fossi Saetta McQueen?" ride lui, in modo piuttosto spudorato.

"Ma che ti chiamo a fare? Spari solo cavolate" borbotto, afferrando il telefono e premendomelo di nuovo contro un orecchio.

"Come ti pare, tanto lo sai che ho ragione" ribatte con il tono gocciolante d'orgoglio.

"Su cosa esattamente?" Gli chiedo, pentendomi già della domanda.

"Su tutto" risponde lui, appena prima che gli richiuda il telefono in faccia. La sua risata è l'ultimo suono che sento, prima che la linea si interrompa e il silenzio sommerga la stanza.

Quando torno a lavoro, dopo qualche giorno libero, l'appartamento è vuoto ma in disordine. Ci sono bottiglie di alcolici dappertutto e torri di bicchieri impilati accanto ai soprammobili.

L'aria stagnante e l'odore di sudore mi colpiscono con la forza di uno schiaffo non appena mi chiudo la porta alle spalle. Il viso mi si piega in una smorfia disgustata e mi copro velocemente il naso con un avambraccio.

Duke mi saltella attorno alle caviglie con insistenza, chiedendo di essere accarezzato, però lo ignoro e punto diretta verso le finestre, che spalanco completamente.

La brezza calda di Los Angeles entra pigramente all'interno del locale, tentando di combattere l'odore nauseante proveniente principalmente dall'isola della cucina, sommersa da un'alta marea di snack dolci e salati.

Nonostante mi prudano le mani per dare una pulita al posto, penso che non vengo pagata per questo e lascio stare, limitandomi a risistemare una zolla del divano, dove poi mi stendo.

Sul frigo, visibile dal punto in cui sono stravaccata con Duke ora felicemente appollaiato tra le mie gambe, noto un post-it giallo canarino mezzo staccato.

Il vento ne muove gli angoli, minacciando di farlo cadere a terra. Io resto a fissarlo, come incantata, mentre scalcio pigramente le scarpe a terra. Il cagnolino alza le orecchie al tonfo sordo che producono quando cadono sul pavimento e salta giù dal sofà, addentando uno dei suoi giocattoli e strattonandolo a destra e manca.

"Oggi sono fuori fino all'ora di cena, quindi sentiti libera di ordinare qualcosa d'asporto".

Forzo via lo sguardo dalla calligrafia disordinata di Calum e mi infilo il foglietto piegato in tasca. Dovrei buttarlo, ma mi trovo a volerlo tenere per qualche ragione, che per una volta non interrogo nemmeno.

Apro invece l'armadietto sopra il lavabo, per cercare un bicchiere pulito. Ovviamente sono tutti sporchi e disseminati per casa, quindi mi limito a bere dalla bottiglia.

Ne ingollo più della metà e mentre bevo, sorseggiando freneticamente dal beccuccio, Duke si siede sulla coda e mi guarda con gli occhi spalancati. Come se volesse ricordarmi dell'incidente avvenuto l'ultima volta che avevo fatto una cosa del genere.

"Questa volta è solo acqua, tutto sotto controllo" gli dico, agitando una mano per mandarlo via. Lui guaisce e fa uno scatto verso il salotto, sparendo in corridoio.

Quando mi metto di nuovo comoda tra i cuscini, accendendo la televisione e il ventilatore nelle vicinanze, suona il campanello. Spalanco gli occhi e scatto a sedere. "Sono fuori fino a cena, 'sto cazzo" borbotto volgarmente, mordendomi un labbro mentre mi avvicino alla porta.

"Tu non sei Calum" dice il ragazzo, puntandomi un indice contro in modo accusatorio. Io improvviso un passo indietro e accosto la porta allo stipite, pronta a chiudere.

"Nemmeno tu" rispondo stupidamente, strizzando gli occhi quando lui socchiude i suoi e alza un sopracciglio, con aria confusa.

Mi squadra dalla testa ai piedi un paio di volte, fermandosi poi sulla mia faccia accaldata. "Devo chiamare la polizia?" Dice poi, sfiorando la tasca anteriore dei suoi pantaloni di velluto viola con le dita di una mano.

L'altra, noto solo ora, è impegnata a reggere un guinzaglio di pelle nera. Agganciato ad esso e completamente sdraiato sul tappetino d'ingresso, c'è un pitbull maculato bianco e marroncino chiaro.

"Petunia" mormoro, sbarrando ancor di più gli occhi.

"Che?" Chiede Luke, trafficando col telefono. "Niente" mi affretto a rispondere e "Chi stai chiamando?" Aggiungo.

"Calum" dice, battendo insistentemente la punta del suo stivaletto nero a terra. Sembra essere più alto dell'androne, però la sua testa non sfiora nemmeno la traversa della porta. Saranno le spalle larghe che danno l'impressione che sia troppo grande per passarci, ragiono stupidamente, mentre il suono della linea telefonica aperta spezza il silenzio.

"C'è una ragazza che non ho mai visto prima dentro casa tua" inizia Luke, senza nemmeno salutare il suo amico.

Lo osservo con una mezza smorfia mentre continua a parlare. "Sì, è mora" conferma, rivolgendomi un'occhiata velocissima.

"Ah, quindi le posso lasciare Petunia" mormora, carezzando amorevolmente la testa dell'animale con le nocche di una mano.

"Cosa?!" sbotto, tappandomi subito dopo la bocca.

Luke attacca e si infila il cellulare in tasca, chinandosi per sganciare il collare a Petunia, che si alza e inizia lentamente a venirmi incontro. "Calum mi ha detto che posso lasciarti il mio cane per questo pomeriggio. Ti pagherà la giornata il doppio".

"Fermati un attimo e scusa se ti sembro un tantino invadente, ma cosa sei venuto a fare qui?" Gli chiedo e "Calum non è in casa" aggiungo, chiarendo il senso della domanda.

"Ovviamente pensavo che ci fosse. Volevo affidargli Petunia per un paio d'ore. Ho da fare e non posso portarla con me".

"Falla restare a casa. Basta lasciarle cibo e acqua, dovrebbe cavarsela". Luke ridacchia, ma è la sua espressione è priva di umorismo. Io resto in silenzio.

"Non conosci Petunia".

"Evidentemente no" gli rispondo. Bè, in realtà l'avevo vista in qualche suo post di Instagram. E ad essere sinceri, era esattamente come me l'aspettavo.

"Però mi sembra ... docile".

"Volevi dire pigra, forse?" Rimbecca immediatamente, alzando un sopracciglio.

"In realtà sì, glielo vedo negli occhi" commento, osservando il cane che si è già appollaiato ai piedi del divano. Ha il muso infilato tra le zampe anteriori, incrociate davanti al corpo disteso, e un solo occhio aperto.

"Le piace rilassarsi" difende Luke, facendosi strada nell'appartamento e sedendosi sul divano.

Si sistema contro i cuscini e piazza una delle sue mani inanellate sul dorso di Petunia, che al contatto sussulta e volta il capo. Una volta asserito che si tratta del suo padrone, apre la bocca in uno sbadiglio e riprende a sonnecchiare.

"Non vorrei essere scortese" inizio, raggiungendolo e adocchiando nervosamente la porta d'ingresso, ancora socchiusa. Luke sposta lo sguardo su di me con una certa anticipazione e poi dice "Prima non volevi essere invadente, però lo sei stata. E anche abbastanza antipatica".

Io sospiro e un fiotto d'aria mi esce dalle narici, producendo un rumore leggero ma comunque udibile. Luke alza gli occhi al cielo, ma non dice nulla.

"Dicevo che non vorrei essere rude, però cosa ci fai ancora qui se Calum non c'è?".

"Che lui non ci sia l'ho capito e me ne sarei già andato, ma mi ha detto che tu fai la dog-sitter" inizia.

Strizzo gli occhi e mi strofino una tempia con due dita, lasciando andare Duke, che intanto mi era salito di nuovo sulle gambe. Lo guardo saltellare fin troppo energicamente verso una Petunia più che assonnata e reprimo un sorriso. In questa situazione dovrei voler solo piangere.

Avrei preferito che fosse Calum ad essere tornato a casa. Gli avrei persino permesso di stuzzicarlo tutto il giorno, piuttosto che dover risolvere questa situazione a dir poco spinosa.

"Ma lui mi paga" ribatto.

"Anche io posso".

"Ma con lui sono sotto contratto".

"E in questo contratto per caso c'è scritto che non puoi fare favori?" Inquisisce con un tono piuttosto insistente.

"No, però due cani io non li so tenere insieme. Già fatico con Duke, che è un terzo di Petunia!"

"Cosa c'entra la larghezza di Petunia adesso? È solo grande, non è grassa!" urla, passandosi una mano tra i capelli lunghi.

"Ma cosa c'entra? Non l'ho mai detto!" esclamo, battendo una mano sul divano per enfasi.

"Vabbè, puoi dire quello che ti pare, basta che la tieni d'occhio per me".

Commetto l'errore di guardarlo dritto negli occhi blu e anche se molto lentamente, mi trovo ad annuire.

"Grazie!" Esplode d'improvviso, allungandosi verso di me per stringermi una mano nelle sue. Le sue labbra sottili scompaiono per far spazio ad un sorriso più che ampio e io mi sorprendo a guardarlo, come incantata. Passano gli anni, ma il fascino di Luke Hemmings non passa mai.

"Lo faccio solo per i soldi, quindi ti conviene lasciarmi una mancia generosa" lo avverto, piegando la bocca in un sorriso di cortesia.

"Va bene" ride lui, cambiando completamente umore. Questa è una versione di lui con la quale sono particolarmente famigliare. Combatto il rossore alle guance ripensando a tutte le volte in cui avevo fantasticato su come sarebbe stato incontrarlo.

Sicuramente non avrei mai pensato che sarebbe accaduto a casa di Calum, né che avremmo discusso così animatamente senza nemmeno presentarci. Però l'universo ha strani modi di far incontrare le persone e chissà perché io finisco sempre per dare delle prime impressioni orribili.

Quando mi lascia andare le mani afferra il suo telefono e mi dice di fare lo stesso, per scambiarci il numero di telefono. "Per qualsiasi evenienza" dice poi, porgendomi il suo iPhone.

Mi sento il cuore inciampare nel petto, però faccio finta di nulla e annuisco, ignorando anche il nodo che mi si forma in gola. Se racconto questa a Merion, penso, non mi darà pace per i prossimi duecento anni. "Ti fai condizionare con la facilità di una ragazzina delle medie" mi direbbe o se ne uscirebbe con un suo classico: "Sei proprio senza speranza".

Mi affretto a registrare il mio numero e nel nome del contatto scrivo semplicemente "Vanilla". Lui lo legge ad alta voce e sorride, mugugnando qualcosa come "Bel nome", il ché mi fa quasi strozzare.

"Tu come ti chiami?" Gli chiedo, prendendomi a schiaffi in faccia per il tono inusualmente acuto ed intimidito con cui me ne sono uscita. E io che pensavo di essere brava a mentire.

Luke mi guarda con la coda dell'occhio mentre scrive un messaggio e mormora il suo nome.

"Fatto, ti ho mandato l'emoji di una torta. Registra il mio adesso". Ha una strana espressione sul viso, quasi maliziosa, ma non mi ci soffermo più di tanto e mi scrollo semplicemente di dosso l'inquietudine.

"Però dovresti conoscerlo il mio nome" aggiunge dopo qualche istante di silenzio, che passiamo a coccolare i cani stesi ai nostri piedi. I due sembrano aver trovato una sorta di accordo comune, nel quale Petunia lascia Duke giocare con le sue zampe finché non tenta di leccarle il muso.

Io deglutisco, nervosissima e "Perché?" Balbetto.

"Calum mi ha detto che conosci la band".

"Ah, sì" sbotto, battendomi una mano sulla coscia. "Cioè, più o meno. Ho ascoltato qualche canzone, però non conosco tutti i nomi".

"Okay" si limita a dire, alzandosi poi dal divano.

Io mi graffio i palmi delle mani dal nervosismo e lo accompagno fino alla porta, riconsegnandogli il collare di Petunia che aveva lasciato sul tavolo della cucina.

"Comunque, sai cos'è successo qui dentro?" Gli chiedo, tentando di eludere la tensione. Luke fa spallucce e si guarda intorno, approssimando una risatina "Festa tra amici diventata selvaggia".

"Comunque, è stato un piacere Vanilla. Ora però devo andare. Passerò a prendere Petunia prima di cena" aggiunge subito, uscendo già in corridoio.

Quando sto per trarre un respiro di sollievo, chiudendo finalmente la porta, si volta in mia direzione e alza un indice, tenendomi sulle spine.

Poi sorride fino a far comparire una traccia di fossette sulle guance e si sfila un pezzo di carta dalla tasca. Me lo porge e spiega "Ashton mi ha chiesto di lasciarlo sul tavolo, ma penso intendesse darlo a te".

Lo stringo tra le dita mentre guardo Luke allontanarsi verso l'ascensore. Tastando la consistenza plastica del biglietto e la sua grandezza, capisco immediatamente di cosa si tratta.

"Ma io gli ho praticamente detto che non ci voglio andare!" frigno, sbattendo i piedi e buttandomi sul divano a pancia in giù.


MY SPACE:

Come al solito, non so esattamente se questo capitolo mi piaccia o meno. Non mi soddisfa, ma neanche mi fa schifo. Non ho molto più da dire, quindi ... bye!

Ah! Sul mio profilo ho pubblicato l'introduzione della fanfiction su Jaebum (GOT7) di cui parlavo nel capitolo precedente.

Ripeto che anche se non sapete chi sia, la trama è ambientata in un universo parallelo quindi potete semplicemente trattarlo come un personaggio originale. Se vi va dategli un'occhiata, perché è una delle mie trame preferite! 

La storia è intitolata "Parallel" e questo ben di Dio è Jaebum.

Spero che la lettura non vi abbia fatto troppo schifo e speriamo di rivederci anche al prossimo capitolo.

-Sara

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