Capitolo due
Durante il fine settimana cerco disperatamente di evitare qualsiasi pensiero che coinvolga Duke, l'appartamento di Calum o la mega figura di merda fatta in sua presenza quel venerdì pomeriggio.
Mi concentro invece su qualsiasi cosa che mi costringa a ragionare a lungo, tanto per distrarmi e farmi venire un bel mal di testa. Quindi per la prima volta da sempre, di sabato sera, apro il libro di matematica e inizio a scegliere un paio degli esercizi più semplici. Ci passo su mezz'ora e quando arrivo alla conclusione della prima di dodici richieste, mi tuffo sul letto e scalcio via il quaderno con uno sbuffo.
Passo il resto della giornata a guardare video divertenti sugli Idols coreani e interviste in lingua senza sottotitoli, di cui non capisco assolutamente nulla. Però mi beo delle fantastiche espressioni dei miei membri preferiti e alterno YouTube ad altri social, per tenermi aggiornata su tutto e in fin fine su niente.
La domenica va avanti più o meno con lo stesso ritmo e per la fine del pomeriggio riesco a malapena a terminare i compiti per il lunedì. Così mi congratulo con me stessa per l'impegno e riprendo la maratona di video divertenti sui BTS, che avevo lasciato in sospeso qualche ora prima.
Va tutto a meraviglia fin quando un post di Luke Hemmings e il suo enorme cane Petunia, irrompe nella mia home di Twitter.
A quel punto i pensieri prendono a vorticarmi in testa alla velocità della luce e finisco irrimediabilmente per pensare a come Calum mi aveva sicuramente vista, stravaccata comodamente sul suo divano, mentre il suo cane (che mi pagava per tenere d'occhio) gli maciullava una scarpa.
Solo mia madre che mi urla di andare a mangiare mi salva dall'oblio e a cena mi ingozzo di polpette di carne per riempire il buco che la vergogna mi scava nello stomaco. Il risultato è un leggero mal di pancia e una sensazione di gonfiore che non mi lascia dormire.
Però il lunedì mattina arriva comunque e di scuola preferirei non parlare, anche perché è praticamente finita, quindi mentre mi trascino a casa per l'ora di pranzo telefono a Merion per lamentarmi sulle ingiustizie della vita.
Merion mi dice che sono sempre la solita piagnucolona e mi consiglia di lasciare il lavoro da dogsitter e fare la mantenuta a spese dei miei genitori. Lo ascolto solo perché, visto che l'ho chiamato io, dovrei almeno avere la decenza di starlo a sentire, ma lo mando all'altro paese ogni due minuti perché non fa altro che dire cavolate.
"Zitta, è per questo che mi ami" risponde e me lo immagino che tira su un solo angolo della bocca in quel modo snervante in cui fa sempre. Mi limito a ridere forzatamente e lo riempio di parolacce.
Merion mi ignora come al solito e inizia a raccontarmi della sua giornata. Mi accorgo subito che si impegna per renderla più schifosa di quello che è per consolarmi. Quando attacco il telefono ho un mezzo sorriso in faccia e realizzo che Merion è il mio migliore amico proprio perché è la persona meno seria che io conosca.
Dopo pranzo, però, mi trovo punto a capo. Guardo il tavolo apparecchiato e il piatto di pasta che mi guarda in lontananza con una smorfia. Mi costringo a buttarne giù qualche forchettata, tanto per dimostrare a mamma che ci ho provato.
Lascio tutto così com'è e mi lascio cadere sul divano, controllando Instagram. A forza di guardare video perdo la concezione del tempo e quando mi riprendo sono le tre.
Straluno gli occhi e mi scapicollo lungo il corridoio per afferrare lo zaino e una bottiglietta d'acqua dalla scrivania in camera.
Quando arrivo alla porta d'ingresso, con i capelli neri scarmigliati e il laccetto del reggiseno mezzo sciolto, realizzo che nonostante sia lunedì non devo andare a lavoro.
Quindi, ovviamente, ripenso a Calum Hood, alle Vans senza lacci che gli avevo detto di star allacciando comodamente seduta sul suo divano e alle sue mani tatuate che accarezzano Duke.
Non mi serve guardarmi allo specchio, appeso sopra il mobile d'ingresso, per intuire che le mie guance siano super accaldate. Però il caldo estivo mi fornisce una scusa per nascondere l'imbarazzo ed è che così mi trattengo dall'urlare a causa della frustrazione.
Lancio a terra lo zaino e mi copro metà viso con un palmo, respirando affannosamente contro le dita sudate. Non ho mai avuto così tanti problemi a dimenticare una brutta figura in tutta la mia vita. E di figuracce ne ho fatte un bel po'.
Sarà perché si tratta del mio ex-musicista preferito o perché nonostante non segua più gli sviluppi della sua band, resta comunque un ragazzo carismatico e di bell'aspetto.
Di ragioni ne ho a bizzeffe, però capisco immediatamente, quando sento il petto stringersi di colpo, che il problema sta tutto lì: io ero una fan.
E non è un dettaglio su cui si può passare sopra. Per nulla.
La Vanilla Riche di quattro anni fa, una quindicenne con un orribile principio di acne e insicurezze più grandi degli occhiali che portava in bilico sul ponte del naso, era una fangirl con i controfiocchi.
Se ci ripenso adesso, alla soglia dei miei vent'anni, riesco ancora a ricordare perfettamente la quantità di foto dei 5 Seconds Of Summer che mi intasavano il telefono o la mole di ore che passavo a guardare fan-edit su Calum Hood, in particolare.
Crescendo è stato naturale lasciarmi alle spalle questa ossessione, ma ogni tanto non riesco a tenere a bada i pensieri e guardando da vicino il viso del bassista o le sue braccia toniche mi dico "Se l'avessi visto così qualche anno fa, sarei probabilmente caduta a terra come un sacco di patate".
Il ché non è il massimo per l'autocontrollo, quando ti senti talmente tanto in imbarazzo da voler essere risucchiata in un buco nero. Nel senso, io leggevo quantità imbarazzanti di storie a rating rosso su di lui.
Un brivido mi corre su per le braccia al solo pensiero e strizzo gli occhi per scacciare certe immagini dalla mente.
Quando li apro, molto lentamente, lancio un'occhiata all'orologio sulla parete e mi mordo un labbro. Non ho affatto voglia di stare a casa, soprattutto perché so che finirei per passare l'intera giornata su internet, però non so dove andare.
In realtà è una gran cavolata, perché conosco il posto perfetto per passare un pomeriggio in compagnia. Ci rifletto per qualche istante e poi mi decido, dicendomi che "tanto a quest'ora non sarà nemmeno in casa".
Apro la porta d'ingresso e mentre marcio verso la fermata dell'autobus, ripenso alle parole di Calum. "Visto che ti piace passare molto tempo qui, puoi venire comunque a tenere compagnia a Duke se ti va" aveva detto.
Non so cosa intendesse lui, però a me suona molto come un invito.
MY SPACE.
Ero leggermente preoccupata per questo capitolo, visto che non è esattamente nel mio stile, però stranamente mi piace.
Spero che la lettura non vi abbia fatto troppo schifo e speriamo di rivederci anche al prossimo capitolo.
-Sara
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