Capitolo diciotto
Passiamo il resto del pomeriggio in giro per il quartiere, troppo pigri per considerare di allontanarci più di un chilometro dall'appartamento, ma comunque intenzionati a passare la giornata fuori casa.
Quindi, fino a quando non inizia a brontolarci lo stomaco dalla fame, passeggiamo mano nella mano all'ombra delle palme che costeggiano le spiagge di Venice Beach.
I marciapiedi brulicano di gente in costume da bagno e un gruppetto di ragazzi fa break dance accanto ad una pista da skateboard.
Quando ci passiamo davanti, Calum inizia a muovere il capo a ritmo di musica e io mi copro il viso imbarazzata mentre mi tira verso di sé, facendomi piroettare.
Lo colpisco su un braccio, lamentandomi a mezza voce.
"È il tuo compleanno no? Divertiti!" Mi schernisce, sollevando le nostre mani unite e iniziando a colpire l'aria con il pugno.
Io mi dimeno per liberarmi dalla sua presa e lo spintono via con una risata nervosa, sgusciando velocemente tra la folla di persone che si dirigono verso la spiaggia.
Nonostante il costante chiacchiericcio di sottofondo e la musica del gruppo di ballerini che rimbomba nell'aria, sento comunque la risata fragorosa di Calum seguirmi, quasi come fosse un ombra.
E poi, la mia fuga viene interrotta bruscamente da un paio di ragazze in pantaloncini di jeans e top fluorescenti che ridacchiano e civettano tra loro, dirette verso la Muscle Beach.
"Allora, dove si va?" Mi chiede Calum, di nuovo al mio fianco.
Gli rivolgo un'occhiata e gli permetto di far scivolare la sua mano nella mia. Gliela stringo forte e "Mh" mugugno, attendendo che la comitiva di adolescenti liberi il passaggio.
"A vedere dei bei fusti che si allenano in spiaggia, magari?" propongo, sorridendo maliziosamente alla sua espressione, improvvisamente cupa.
Le sue labbra carnose, infatti, sono piegate in una smorfia di dissenso e le sopracciglia folte quasi si sfiorano al centro della fronte.
"Non ti piace come idea?".
Lui è velocissimo a scuotere il capo e a trascinarmi nella direzione opposta alla sopracitata Muscle Beach, tempio di body builders e fanatici del fitness.
"Ma è il mio compleanno no? Non puoi realizzare questo desiderio per me?" Lo stuzzico, punzecchiandolo nelle costole con un dito.
Calum me lo afferra, chiudendolo nel palmo della sua mano, per poi portarselo alla bocca.
Lo guardo con gli occhi spalancati mentre se lo incastra tra i denti e mi mordicchia giocosamente il polpastrello.
"Tutto questo tempo ho sempre pensato che fosse Duke quello ad essere influenzato da te. E adesso, invece, scopro che è il contrario. Stai diventando un cagnolino" lo prendo in giro, rimuovendo il mio povero dito dalla sua morsa.
Calum si passa la lingua sui denti e fa spallucce.
"Ci influenziamo a vicenda" scherza di rimando, lasciando che la conversazione si dissolva lentamente, in un silenzio confortevole.
Passa un'altra mezzora prima che decidiamo, di comune accordo, di tornare a casa. Prima però, Calum insiste per passare al supermercato e comprare un paio di quelle decorazioni che vendono in occasione delle feste di compleanno.
Lui dice "Lo so che non compi davvero gli anni oggi, ma festeggiare senza decorazioni e con una torta spiaccicata a terra, è davvero triste" e mi spinge oltre le porte scorrevoli del negozio.
Peccato che avessero terminato i festoni monocolore quindi, rientrati nel suo appartamento, mi tocca appendere ghirlande di Ben 10 e dei Transformers mentre lui cucina.
"Fanno un po' schifo, ma almeno sono verdi e blu "mi consola.
Io borbotto qualcosa sotto voce e mi arrampico su uno sgabello, così da poter legare una fila di nastrini al lampadario.
Il faccione distorto di Ben mi sorride a distanza ravvicinata, accompagnato dal suo immancabile orologio verde vomito. Non mi è mai piaciuto il concept di quel cartone.
Assottiglio lo sguardo per rivolgergli un'occhiataccia e sbuffo ad alta voce, senza dire nulla.
Calum alza gli occhi al cielo, ma lo fa col sorriso sulle labbra, quindi intuisco che trovi l'intera faccenda quantomeno divertente.
"Però il mio colore preferito è il rosa. Se non sai questo, è come se non sapessi praticamente nulla di me!" aggiungo dopo un po', scendendo a terra con un saltello.
Calum mi ricorda di fare attenzione per la centesima volta e mi fa cenno di raggiungerlo.
Quando entro in cucina, lui sta fingendo di spargere dei pezzi di mozzarella su una pizza pre-cotta, che poi infila nel microonde senza troppe cerimonie.
"Sembra proprio invitante" commento ironicamente, schivando un suo pizzicotto vendicativo.
"Al contrario, so cose molto più utili su di te" risponde, attirandomi a sé e circondandomi con le sue braccia.
"Ah, tipo?" Ribatto immediatamente, alzandomi sulle punte per guardarlo dritto negli occhi scuri.
Lui li spalanca, come se volesse farmi vedere meglio la sua iride e "Tipo che ti piace dormire sul mio divano" sorride furbescamente.
Sbuffo e lo spintono, poggiandogli una mano sul torso. Non so se è un dettaglio di fondamentale importanza o meno, ma è di nuovo senza maglia.
Premo le labbra tra di loro e sollevo il mento, cercando di non guardargli il petto. I miei occhi sono perfettamente allineati con i suoi capezzoli.
Mi sento le guance andare a fuoco.
"Allora, questa volta dormo io sul letto! Il tuo divano potrà anche essere comodo in un primo momento, ma dopo qualche ora iniziano a sentirsi gli effetti collaterali" dico, cercando di divagare sull'argomento.
"Non che non ti voglia qui, ma non avevi detto che saresti tornata a casa tua stasera?" Inizia lui, ignorando il modo in cui la mia espressione si incupisce.
"E infatti ci sono tornata, stamattina. Ho persino fatto colazione con mia madre" gli dico.
E poi, tanto per distrarmi dal peso che mi sento addosso, lo anticipo nell'andare a controllare la nostra cena sintetica, che gira nel forno a microonde.
Blocco il timer prima che inizi a squillare all'impazzata ed estraggo il piatto stracolmo di pizza.
Calum si siede su uno sgabello e ne afferra un pezzo. Dopo averne ingoiato il primo boccone mi guarda e si batte le cosce con i palmi, per invitarmi a sedere sulle sue ginocchia.
Io mi mordo un labbro e soddisfo la sua tacita richiesta, amando silenziosamente la naturalezza con cui il mio corpo si incastra con il suo.
"Ma perché avete litigato?" chiede poi, murandosi la bocca di mozzarella filante e passata di pomodoro grumosa.
Sospiro profondamente e lascio la mia fetta di margherita sul vassoio, improvvisamente senza appetito.
"È una lunghissima storia, ma per farla breve ti dirò solo un paio di cose. Non so se lo sai, ma sono stata bocciata l'ultimo anno di superiori, quindi mi sono diplomata solo il mese scorso. E per riassumere il motivo della bocciatura, beh ... posso dirti che ho dovuto saltare scuola per qualche settimana a causa di un episodio".
Mi interrompo per prendere un morso di pizza e scacciare così il magone che mi sento in gola.
Calum annuisce comprensivo e non dice nulla, aspettando che prosegua da sola.
"Poi i miei genitori hanno iniziato a mettermi pressione, perché nonostante le assenze frequenti, prima dell'incidente avevo comunque una media molto alta. Francamente, studiare mi riesce particolarmente bene. Quindi il piano era di diplomarmi in tempo ed andare in qualche università all'esterno, poi laurearmi e trovare un lavoro di successo, o quantomeno soddisfacente".
"Avevano già scelto il tuo futuro, in pratica" commenta lui, a voce bassa.
Faccio un cenno affermativo con il capo e imbocco un altro pezzo di margherita.
"Però non è quello che mi dava fastidio, perché alla fine la mia idea di futuro coincideva con la loro. A me andava bene studiare all'estero e anche fare tutto il resto. È che dopo l'incidente ho capito che c'è molto di più della scuola e che ho passato cinque anni a non godermi a pieno la mia adolescenza".
Calum mi stringe le braccia attorno alla vita e "Ma che incidente? Era grave? Non dirmi che hai rischiato di morire!" esclama, allarmato.
Mi viene da ridere alla sua reazione, esagerata quanto tenera, e gli poso la testa sulla sua spalla.
"No, però sono stata in ospedale per un po'. Ed è proprio essere stata rinchiusa che mi ha aperto gli occhi".
Lui annuisce. "Quindi avete litigato perché tu non vuoi più studiare?" chiede, svelto abbastanza da afferrare la situazione.
"Già, e non penso di voler andare all'università. Non più. Tanto la mia occasione l'ho bruciata e comunque ho un lavoro" sorrido, guardando Duke che si è seduto ai nostri piedi, probabilmente attendendo che condividessimo con lui il nostro cibo.
Sento il petto di Calum gonfiarsi contro la mia schiena e poi un leggero sibilo provenire dalle sue labbra schiuse. Sembra voglia dire qualcosa, ma non sappia come farlo.
"Vuoi dirmi di non mollare? O che ho ancora una possibilità?" Gli chiedo, sorridendo al suo goffo tentativo di consolarmi.
Lui annuisce lentamente e fa sussultare le spalle con una risata nervosa. "Non sono molto bravo, però".
"Non importa, non mi serve" sospiro, voltandomi il tanto che basta per avvicinare le mie labbra alle sue.
"Tanto, in questo momento, sono felice lo stesso".
MY SPACE:
In realtà questo capitolo doveva essere lungo il doppio (3000 parole), ma pensando fosse troppo pesante l'ho tagliato in due parti.
Comunque, questi sono i capitoli che mi piacciono di più di tutta la storia, soprattutto il prossimo!
Spero che la lettura non vi abbia fatto troppo schifo e di rivederci anche al prossimo capitolo!
-Sara
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