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Capitolo diciannove- Daniel

Il modo in cui Luke continuava a fissarla anche dopo essere tornata dalle sue compagne mi diede fastidio.

La mangiava con lo sguardo, la spogliava e la consumava. Odiavo il suo modo di fare. Odiavo il fatto che conoscesse Sophia e che lei si fidasse di lui.

Odiavo il fatto che probabilmente tra i due lei sarebbe potuta correre più da lui che da me. E come biasimarla. Non riuscivo ad essere più il Daniel di una volta. Quello che le piaceva. Perché avevo sempre saputo cosa sarebbe potuto accadere quel giorno nello sgabuzzino e perché non avessi fatto nulla.

Lei era diversa da qualsiasi altra, toccarla, baciarla, l'avrebbe resa come le altre. Non volevo contaminarla. Eppure non riuscivo a starle alla larga.

Anche quando mi sfidava davanti a Luke il mio corpo la chiamava, come una calamita. Cosa avrei dovuto fare? Non poteva entrare nella mia vita, ci avrebbe trovato solo il marcio. Non volevo ferirla, non di nuovo.

Raccomandai Luke di tenere alla larga Sophia da quella situazione, lo feci più per me che per lui.

E quando se ne andò finalmente potei essere io l'unico a guardarla. A godere della sua vista.

Il suono della sua risata con le sue amiche mi calmava, mi faceva sentire a casa anche quando una casa vera non ce l'avevo mai avuta. Sophia era un di più che non potevo permettermi e nonostante il nostro legame continuava a stringerci forte, alla fine ci avrebbe soffocato.

Quando Emily mi chiamò non persi un momento a raggiungerla. Avevo guardato Sophia per tutto quel tempo che non avevo toccato nemmeno un attrezzo.

Ora avevo la possibilità di starle più vicino, di respirare la stessa aria, di restare nel  stesso spazio vitale.

Avevo ancora l'ombra del suo corpo scolpita addosso e volevo averla per tanto tempo ancora.

«Mi stai provocando di proposito?» sussurrai quando le sue mani iniziarono a scorrere lungo il mio petto e a strusciarsi lentamente su di me. Il suo tatto riusciva ad accendere ogni piccola cellula della mia pelle. Il mio sguardo provò a cercare il suo, ma mi concentrai troppo sul movimento delle sue dita.

Quella leggera pressione si spostò dal mio petto ai miei fianchi e poi lentamente all'altezza dell'ombelico. Lei era lì, sotto di me e io non potevo assolutamente toccarla.

Dio santo.

Strinsi i denti provando a trattenermi il più possibile. Se fossimo stati soli, avrei rotto quella promessa che avevo creato nella mia testa in un nano secondo.

«Allora rimani lì imbambolato o mi dai veramente una mano?»

Mh, Cosa?

Ebbi finalmente il coraggio di guardarla negli occhi.

Non si capiva chi dei due fremeva dalla voglia di fare tutt'altro.

Poi mi balenò il pensiero fisso e costante di chi avevo davanti agli occhi.

Quella era Sophia.

Una specie di sorella. Come la definiva Ned.

Mi ripresi dal mio stato di trance e feci un passo indietro.

«Penso tu sia perfettamente in grado. Puoi farlo da sola» le diedi le spalle e poi a passo felpato corsi verso l'altro lato della palestra.

Dovevo. Assolutamente. Starle. Alla. Larga.

***

Ore dopo, mi arrivò un messaggio da parte di Luke Hamilton. Ero con Ned.

«Che ti dice?» mi chiese, ciondolando a pancia in su sulla panchina degli spogliatoi della palestra.

Lessi la notifica sul mio iPhone.

« "Ci vediamo fra un'ora alla distilleria".»
«Ci andrai?» probabilmente avremmo parlato di come affrontare Rori in campo nel weekend. Non sapevamo assolutamente cosa ci avrebbe portato.

Sicuramente nulla di buono.

«Non posso non andarci. Dobbiamo farlo.» avevo fottutamente paura questa volta e non riuscivo a nasconderlo. Avevo i muscoli tesi, la testa pesante, anche Luke ce l'aveva.

Avevamo bisogno di parlarci, a entrambi faceva male. L'ultima volta che avevamo affrontato Rori avevamo perso una parte di noi, in realtà avevamo vinto la gara ma avevamo perso Ginevra.

Con lui era sempre stato così. Vincere o perdere non faceva differenza, ti toglieva comunque qualcosa e ora c'era Sophia e la posta in gioco era ancora più alta.

«Vuoi che venga con te?» Ned era un bravo amico, forse il migliore che avessi mai conosciuto, ma non volevo che fosse coinvolto, lo era già abbastanza con le gare. E poi ora c'era anche Felice con lui, l'amica di Sophia.

Non potevamo coinvolgere così tante persone.

Meno Rori conosceva delle nostre vite, meno ci poteva togliere.

Mi buttai sotto l'acqua calda e ci rimasi per un quarto d'ora abbondante. Avevo bisogno di far scivolare via tutti i miei pensieri: casa mia, mio padre, Luke, Sophia, ora anche Rori.

La testa mi scoppiava.

Più avevo la testa pesante meno avrei reso sulla moto e questo mi spaventava. Non volevo farmi vedere così vulnerabile, così debole.

«Perché non ammetti che Sophia ti piace da sempre?» ad un certo punto Ned riuscì a interrompere il flusso dei miei pensieri. Spensi l'acqua calda e mi avvolsi l'asciugamano attorno alla mia vita.

Deglutii.

Quella domanda mi aveva tolto ogni risposta.

«Daniel, sei il mio migliore amico e so cosa ti passa per la testa. Ma per una volta smettila di autosabotarti. Permettiti un po' di felicità.»

«Non sai di che parli Ned.» replicai mentre con una mano cercavo di asciugare i miei capelli ricci.

«So come la guardi. So come la desideri. So come soffri. Hai tenuto per anni quello strano fiocco rosso sulla moto. Hai la vostra fotografia nell'ultimo cassetto della scrivania. Non ti sei mai innamorato veramente di nessuno. È arrivata lei e tu sei più tu. Ho visto come l'hai soccorsa quel giorno durante la gara. Il terrore nei tuoi occhi quando hai pensato si fosse fatta male.» poi continuò sparando ancora altre lame nel petto.

«La tua gelosia quando si avvicina a Luke, Dio mio fai diventare geloso anche me a tratti. A tredici anni eravate migliori amici ma ora siete in grado di amarvi più di così.»

Cosa mi stava dicendo? Che ero un pappamolle? Che per tutta la mia intera esistenza dopo Sophia non avevo pensato a nessuno altra? Che ogni molecola del mio corpo non aveva fatto altro che attirarla fino a portarla alla Columbia? Forse si. Forse aveva ragione. Non avevo mai creduto nel destino, ma quello che diceva Ned, era tutto quello che non avevo il coraggio di ammettere.

«Io-io non posso, l'ho lasciata andare una volta. Io non sono più quello di prima. Pensi che Sophia meriti il casino che sono? Le gare? Rori? La mia testa incasinata? Mio padre? No, lei ha già perso troppo.» buttai tutta la roba nel borsone dopo essermi cambiato. Quella conversazione con Ned doveva finire e io dovevo metterci un punto.

Dovevo risolvere una cosa alla volta.

Luke.

Rori.

E poi Sophia, non potevo affrontare tutto insieme.

«Come vuoi Daniel, a dopo.» concluse Ned. Ormai mi conosceva benissimo, parlare d'amore non era il mio forte. Era il suo.

Io preferivo le moto, qualcosa di più concreto, che potevo toccare, potevo sentire, qualcosa di reale.

Presi il borsone e lo caricai in spalla. Mi sarei diretto verso la distilleria. Non sapevo cosa avesse in mente Luke ma speravo che avesse un buon piano.

Era questo che pensai lungo tutto il tragitto. Il mio casco aveva ancora il suo odore.

Dio, ma era ovunque?

Quando arrivai alla distilleria vidi all'entrata la moto di Luke, ma di lui nemmeno l'ombra. Poggiai il borsone per terra e poi provai a chiamarlo.

«Luke??» non mi rispose nessuno, il posto sembrava deserto.

Mi girai ancora, e poi un'altra volta ma non c'era assolutamente nessuno. Mi aveva forse preso per il culo?

Provai a chiamarlo ancora ma all'ennesimo silenzio volli andar via. Feci per prendere il borsone ma una voce troppo famigliare mi bloccò.

Mi voltai.

Erano Luke e Sophia.

«No.» dissi avanzando verso di loro. Strinsi le mani in due pugni stretti e poi guardai Luke.

«Perché lei è qui? Ti avevo detto di no Luke.»

Sophia mi afferrò il braccio prima che Luke potesse parlare. Odiavo quando faceva così. Aveva il controllo su di me soltanto toccandomi.

«Daniel. Ascoltami. Io e Luke abbiamo un piano.»

Scossi il capo. Lei non doveva essere coinvolta. Non doveva farsi male.

«Sophia tu devo andartene da qui, non voglio sentire il tuo stupido piano. È pericoloso. Non è un gioco questo.»

«Daniel ascoltala almeno.» mi interruppe Luke. Se non ci fosse stata Sophia lo avrei riempito di botte.

Ma cosa non era stato chiaro del "non coinvolgiamo Sophia?"

«Dovete lavora insieme, provate per un attimo a trovare qualcosa che avete in comune. Dovete fidarvi l'uno dell'altro.» feci un respiro profondo. Guardai Luke e poi guardai Sophia. Avevo forse scelta?

Mi avevano appena messo con le spalle al muro.

Sophia lo aveva fatto.

Sbuffai.

Feci un passo indietro perché la loro vicinanza mi soffocava, poi mi morsi il labbro inferiore.

Avevo bisogno di pensare ma non avevo minimamente idea di cosa fare.

«Sophia. Rori vorrà molto di più di una gara. Ci prende sempre ciò a cui teniamo di più. Non ci conosce ma lo sa, lo sa sempre. E se dovesse capitarti qualcosa. Io non me lo perdonerei mai.» strinsi i denti. Avevo detto quelle parole anche davanti a Luke, ma in quel momento non mi interessava.

Avevo bisogno di dirglielo. Dovevo dirle quanto ci tenevo. Quanto avessi paura.

«Non mi succederà niente se fate i buoni. Io vi farò da coach! La coach delle amicizie!»

«Perché ho l'impressione che finiremo a farci le treccine? Daniel forse a te vengono meglio!» scherzò Luke dandomi una pacca sulla spalla.

Quelle sarebbero state davvero delle lunghe, lunghissime giornate.

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