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Capitolo cinque - Daniel

«Dai bro, mi servono quei soldi e tu sei il migliore in campo, lo sai. Devi aiutarmi poi te li restituirò promesso.»

Ned era diventato davvero scocciante in quegli ultimi mesi. E io non ne potevo più. Gli volevo bene, amavo quello che facevo, ma sapevo benissimo dove finivano quei soldi e lo odiavo per questo.

«Bene, io rischio la vita per quei soldi di merda e tu te li giochi tutti. Dovresti usarli per pagarti gli studi visto che non hai più la borsa di studio.» sbottai prima di fiondarmi a pancia in su sul letto della mia camera.

Ned non era soltanto il mio migliore amico ma anche il mio coinquilino. Condividevamo un piccolo appartamento nei pressi della Columbia visto che entrambi non avevamo nessuna borsa di studio. Lui perché era indietro con gli esami, io perché avevo mio padre che pagava tutto. Ogni cosa, come sempre. Odiavo anche questo della mia vita, tanto per cambiare.

«Farò la gara di oggi. Ma lo faccio solo perché stracciare Luke Hamilton mi fa dormire bene la notte.»

Luke Hamilton era un vero buffone.

Non faceva altro che metterci in costante competizione e la dura verità era che a me piaceva. Ma la differenza tra me e lui era che io non dovevo impegnarmi per essere il migliore.

In tutto. Non avevo bisogno di un nome, della popolarità, della finta gentilezza, delle ragazze che mi giravano intorno. Non avevo bisogno di costruirmi una finta immagine.

Bastavo io e sapevo benissimo di esserlo.

«Tanto sappiamo benissimo che vincerai anche questa volta e magari è la volta buona che ti scopi Ruby, sono mesi che ti viene dietro e manco te ne accorgi.» disse Ned tirandomi una palla da basket convinto che riuscissi ad afferrarla.

«Ahia stronzo! Potevi darmela in testa.» presi la palla tra le mani e la poggiai sul mio busto.

«Beh non ti avrebbe fatto male.»

«Vuoi che faccia questa gara per te o no?» lo guardai male e poi roteai gli occhi.

A volte Ned sapeva essere irritante e fastidioso, ma gli volevo bene. Mi era sempre vicino e sapevo che non lo facesse soltanto per i soldi, anche se gli pagavo l'affitto.

«Bell'imbusto ti vuoi muovere? Abbiamo una gara da vincere e tu devi prepararti, io vado a preparare la tua moto, sarà la volta buona che riuscirò a levarti quel fiocchetto dallo specchietto. Da quando sei diventato hello kitty?»

Sbuffai alle sue parole.

Non avrebbe mai capito, avevo provato a spiegarglielo una volta ma Ned a volte sembrava troppo superficiale. Quel fiocchetto come lo chiamava lui, era l'unica cosa che mi ancorava alla parte migliore di me.

L'unica che mi era rimasta.

Poco dopo mi alzai dal letto su cui ero disteso.

Prima di ogni gara avevo una routine ben precisa.

Una doccia di acqua fredda era l'aspetto principale, sarebbe riuscita a farmi rilassare i muscoli, era l'unico modo per tenermi concentrato.

Alle 23.00 sarebbe cominciata la gara quindi sarei dovuto andare alla distilleria un po' prima per preparare la moto. Ned mi avrebbe aiutato come sempre.

Speravo di scansare Ruby almeno per questa volta. Non che non mi piacesse, ma non sopportavo l'idea di vederla costantemente appiccicata a me e a Luke come se fossimo i suoi pupazzi. Io non ero di nessuno e tanto meno non condividevo niente con nessuno.

Quando mi presentai alla distilleria, la folla aveva già preso il sopravvento, specialmente quando eravamo io e Luke Hamilton a gareggiare. I nostri testa a testa tenevano tutti sulle spine ed era questo che ci faceva fare i soldi.

«Ei Daniel, allora mi fai salire stasera?» mi chiese Ruby carezzandomi la coscia. Non avevo idea di come facesse a sbucare ogni volta in quel modo.

«Potresti levare la tua mano sui miei jeans e poi potrei pensarci.» dissi avvicinandomi al suo orecchio per poi farle un occhiolino.

« E il tuo pupillo oggi? Ti ha scaricato?» le chiesi riferendomi a Luke.

«Si è portato una nuova, probabilmente una delle sue puttane, non ho capito come si chiama, Sonia, Sonny, Sophi-»

«Sophia.» mentre Ruby cercava di spiegarmi chi fosse la nuova groupie che Luke aveva scelto, i miei occhi non fecero a meno di cercarlo per curiosità. Ma tra i nomi che Ruby elencava, le mie labbra pronunciarono un nome ormai fantasma.

Sophia. La mia Sophia era lì sulla moto di Luke.

La stessa Sophia, il cui ricordo avevo lasciato anni fa nella mia piccola cittadina, ora sorrideva al mio peggior nemico.

Deglutii.

Strinsi le dita attorno allo specchietto della mia moto. Avrei voluto strappare in quel momento il filo che lo legava.

«La conosci?» chiese Ruby, ma io non avevo più voglia di parlare, ne di sentire. Luke aveva Sophia e io non potevo permettergli di vincere la gara.

Mi posizionai sulla mia moto e raggiunsi la linea di partenza. Poco dopo Ruby si mise dietro di me ma io non riuscii a guardare più nessuno.

Mi sembrava di sentire il suo odore arrivare anche fin sotto al casco, il mio cuore cominciò a battere più forte.

Era l'ansia, mi ripetevo.

Ma io non avevo mai avuto nessun'ansia prima di una gara.

Quando tutti mi si affiancarono, mi voltai in direzione della moto del mio avversario. Lei lo stringeva forte, sembrava avesse paura.

Era la prima volta per lei.

Non mi riconobbe, probabilmente non si sarebbe mai aspettata di trovarmi al suo fianco in quel tipo di contesto. Il rumore dei motori segnavano i minuti in meno all'inizio della gara.

Guardai dinnanzi a me. Il percorso era sempre lo stesso. Due curve, quattro giri. Il traguardo non era mai stato difficile da raggiungere.

Allo stringere delle mie mani sul volante, sentii il rombo del motore provocare delle vibrazioni istantanee che partivano dal serbatoio.

Il casco ormai aveva isolato ogni rumore, non sentivo più nulla se non il battito del mio cuore aumentare ad ogni secondo e l'eco dei giri del motore. Era per Sophia o per la gara?

Allo sparo accelerai. Alla prima curva, i piloti che gareggiavano contro di me, mi si affiancarono. Nelle gare clandestine, non c'erano delle regole precise.

Potevi perdere o vincere anche barando. Ma ormai sapevo come scansarli. La moto di Luke era più avanti rispetto alla mia, io ero impegnato a mettere fuori gioco gli avversari.

Con una semplice mossa, superai ogni moto attorno a me: frenai di colpo lasciando che i due che mi avevano circondato si scontrassero tra loro. Poi, quando la pista si liberò, seguii la moto rossa.

Dovevo superarlo ad ogni costo. Per Ned. O forse in quel momento più per me stesso.

Non vidi più nulla, non mi curai nemmeno della groupie dietro di me che mi chiedeva di rallentare.

Stavo andando troppo veloce. Forse perché volevo soffocare il battito del mio cuore.

Sentii Luke chiamarmi ma non mi voltai. Mancava soltanto una curva e poi avrei vinto.

Mi piegai per poter restare in equilibrio e mantenere la velocità. Ero a pochissimi centimetri dal pavimento, l'odore dell'asfalto bruciato e delle gomme delle moto era piuttosto familiare. Era casa ormai. L'adrenalina fu l'unisco slancio che mi servì prima di proseguire verso il traguardo.

Luke e Sophia nella mia testa non esistevano più. Su quella pista c'ero soltanto io e la mia moto che aveva appena superato il traguardo.

Avevo vinto.

Rimasi a metà tra l'asfalto e la striscia gialla per poter riprendere il fiato. I miei muscoli erano ancora tesi, l'adrenalina e la tensione che avevo provato fino a quel momento, adesso stavano scivolando lungo il mio corpo lasciandomi soltanto un forte mal di testa.

Mi tolsi il casco. Il vento dritto contro la mia faccia mi fece rabbrividire. Il contatto dell'aria fredda con il mio volto imperlato di sudore mi costrinse a girare il volto verso Luke.

Non avevo sentito il rumore del motore della sua moto. Me ne accorsi soltanto quando Ned corse verso di me per accertarsi che non mi fossi fatto niente.

Ma la moto di Luke era andata fuori pista e si era scaraventata contro l'erba circostante.

Saltai giù dal mio veicolo.

Sophia era a terra.

Come aveva potuto?

«Sophia!» urlai, non volevo che mi sentissero, eppure lei lo fece. Sperai con tutto me stesso che non si fosse fatta male, non mi sarei mai perdonato di aver permesso a Luke di farla gareggiare.

Corsi verso di lei e mi inginocchiai davanti al suo corpo. Poggiai una mano sul suo volto per capire se fosse sveglia o no.

Al suo "sto bene"  tirai un sospiro di sollievo, poi mi rivolsi verso Luke.

«Come cazzo ti sei permesso? Non sei mai caduto e cadi ora con Sophia.» strinsi le nocche in una stretta ben precisa e poi come se il corpo non controllasse più le mie azioni, sferrai un pugno in pieno volto a Luke.

«Oh mio dio Luke!» la sentii chiamare il suo nome e poi correre verso di lui.

Avevo il sangue che mi ribolliva nelle vene.

Cosa diamine era successo?

Perché mi stavo comportando in quel modo?

ANGOLO AUTRICE
Salve a tutti miei carissimi lettori e lettrici, siamo ancora pochi (ma per fortuna buoni).
Allora come state? Sono contenta che la mia storia vi stia piacendo!
Ve lo aspettavate questo cambio di Pov?
Spero che col tempo vi affezionerete a Daniel, io e Sophia ormai ne siamo già pazze!
Ci saranno sparsi qua e là qualche pov di Daniel ogni tanto, lo capirete perché il capitolo si intitolerà sempre col suo nome. Non saranno molti visto che il pov principale è quello di Sophia ma sono necessari per capire tutta la storia.
Vi ringrazio per i vostri commenti e per inondarmi di stelline, mi fate brillare ahaha
Un bacio,
Pennadeidesideri.

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