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ᴄαᴘɪᴛᴏƖᴏ 2

C A P I T O L O 2

Seduta sui piccoli gradini delle scale, osservavo in silenzio i bambini rincorrersi da una parte all'altra del grande giardino.

Lily mi aveva posto una domanda che non avrei saputo risponderle e così mi ero limitata soltanto a confortarla, mentendole.
Stava crescendo e con il tempo avrebbe cominciato a porsi domande che quando si è bambini non si è soliti farlo.
Avrebbe cominciato a vedere il mondo con occhi diversi, la vita e tutto il resto, ma lei lo stava già facendo.
Sospirai malinconica, mordicchiandomi il labbro inferiore.
Ci tenevo tanto a Lily e a tutti i bambini presenti, ma lei mi aveva catturata sin dal primo momento in cui la vidi.
Era cresciuta in un modo diverso dagli altri, proprio come me e spesso mi maledivo a non averla aiutata ad aprirsi con i bambini della sua stessa età.
Jacob, un bambino dalla pelle leggermente abbronzata, mi si avvicinò, guardandomi con un largo sorriso stampato sul volto.
I suoi grandi occhi vispi si incatenarono nei miei quasi spenti.

« Kara, tu ti senti pronta per oggi? » mi chiese.

Inclinai di poco la testa di lato, aggrottando leggermente la fronte.
Pronta? Per cosa?

« Di cosa stai parlando? » domandai a mia volta con tono di voce pacato, rivolgendogli un dolce sorriso.

« Non lo sai? Michael Jackson viene a trovarci! » esclamò pimpante, saltellando sul posto.

Lo guardai per brevi secondi confusa, ma solo dopo aver realizzato ciò che disse, spalancai gli occhi, sporgendomi violentemente in avanti con il busto.
Vacillai lievemente, rischiandogli di cadere addosso.
Lui non aveva smesso di sorridere.
Michael Jackson? Il Re del pop? La persona più conosciuta al mondo stava per farci visita?
E come mai io non lo sapevo?
Scattai in piedi e aggiustando il mio lungo abito invernale, corsi dentro all'edificio, in cerca di Angie.
Se n'era dimenticata oppure non voleva dirmelo?

« Madre? »

La chiamai ma non ottenni nessuna risposta, così andai nella sala da pranzo, notando la sua esile figura in piedi, dinanzi ai ripiani.
Mi affrettai a raggiungerla, prendendo da sopra la superficie del tavolo in legno scuro, alcune posate in porcellana per poi cominciare a sistemarle in perfetto ordine come faceva lei.

« Madre? Il signor Jackson verrà a farci visita? » domandai, guardandola per brevi secondi prima di spostare lo sguardo e ripuntarlo sui piatti puliti che tenevo fra le mani.

« Volevo dirtelo proprio adesso, dopo aver finito di sistemare qui, ma a quanto pare qualcuno non ha
resistito » si limitò a rispondere.

Il motivo delle tante risate.
Lily stava tutto il tempo davanti alla finestra.
Lo aspettavano.
Mi guardò, accennandomi un largo sorriso emozionato.
Come faceva ad essere così calma?

« A che ora viene? » chiesi, chiudendo la vetrina del mobile.

« Tra tre ore. Ha detto che voleva stare un po' con i
bambini » replicò.

Stare con i bambini.
Avevo sentito parlare di lui, dell'artista più famoso e conosciuto del mondo e sapevo quanto lui ci tenesse a rendere felice un bambino e nonostante l'infanzia che ebbe, mi meravigliavo di quanto coraggio avesse a continuare per quella strada.
Io al posto suo avrei mollato tutto.

Mi scrutaii dal petto in giù, domandandomi se il mio abito fosse in condizione presentabile e mi sentii sollevata quando mi accorsi che era abbastanza nuovo da fare bella figura, ma i bambini non lo erano.
Indossavano dei vestiti leggermente sporchi a causa della terra in cui si rotolavano per gran parte della giornata.
Avevano le mani sporche e il viso macchiato di terriccio e polvere.
Guardai Angie per l'ultima volta, sorridendole infine.

Uscii fuori, mi osservai attorno, scrutando ogni bambino o bambina che mi passava davanti.
Non appena la solita massa di bambini si presentò davanti a me, con il fiato corto, la fronte impregnata dal sudore e le labbra piegate in un largo sorriso, capii che aspettavano un mio accenno.
Di solito facevano così quando avevano voglia di giocare con me e sempre li accontentavo, ma quel giorno sarebbe stato diverso.

« Bambini miei, oggi non si
gioca » esclamai, per farmi sentire pure in lontananza.

Tutto quello che ricevetti in risposta, furono espressioni di delusione, bronci e sguardi seri.

« Perché Kara? » domandò Timmy, il bambino dai capelli rossi e il viso coperto di lentiggini.

Portai entrambe le mani sui fianchi, sorridendo a trentadue denti.

« Volete presentarvi così sporchi di terra al signor Jackson? » domandai.

Mi guardarono, scuotendo la testa.

« Allora che ne dite di andare a farvi un bel bagnetto e presentarvi puliti? Credo che lo apprezzerà di più » dissi, continuando a sorridere.

I bambini, dopo aver esitato per un paio di secondi alla fine urlarono di gioia, cominciando a correre su per i piccoli gradini, entrando dentro al grande edificio.
Ridacchiai e scossi la testa, mentre li osservavo divertita.
Ora dovevo soltanto convincere Lily.
Con lei non sarà tutto così facile.


**

Erano passate circa due ore e mezza prima che tutti i bambini fossero puliti e profumati.
Avevano preso così tanto tempo, per via del piccolo incidente in bagno.
Avevano aperto tutti i rubinetti, dimenticando di chiuderli e avevano cominciato a correre per tutta la stanza, lanciandosi pure spugne colorate impregnate di acqua e sapone.
Era stato uno spettacolo divertente, ma Angie si era arrabbiata per il poco tempo a disposizione per sistemare tutto prima dell'arrivo di Jackson.
E così, tutti i bambini, comprese noi, abbiamo pulito il bagno intero insieme.
Fu divertente se non stancante.

Si erano messi tutti in fila, dal più grande al più piccolo, dal più alto al più basso.
Li contai tutti, per assicurarmi che nessuno di loro si fosse inoltrato nuovamente nel giardino.
Dopotutto erano bambini vivaci.
Quando arrivai a Lily, l'ultima bambina in fila, mi accorsi che in mano teneva la bambola che le regalai e quando incrociò i miei occhi, mi sorrise debolmente, stringendosela contro al petto.

Ricambiai il sorriso e com'ero solita fare, le passai una mano nella folta capigliatura riccia, ricevendo da lei, una smorfia divertita.
Sapeva quanto amassi farlo.
Ero sempre stata attratta da persone dalla capigliatura riccia.
Erano rare ma buffe allo stesso tempo.

« Bambini, il signor Jackson sarà qui a momenti. Vi prego, comportatevi bene e non dimenticate di dargli del Lei, d'accordo? »

Le raccomandazioni di Angie mi riportarono indietro nel tempo quando era mia sorella a dirmi la stessa cosa, ogni volta che il datore di lavoro dei nostri genitori, venivano a cena da noi.
Le stesse ed identiche parole.
Era come ritornare in un mondo, un tempo che ora non esisteva più.
Dove i momenti belli erano le serate passate in famiglia, tra chiacchiere e scherzi, per poi finire di addormentarsi nel grande divano di casa nostra.
Era una sensazione strana e malinconica allo stesso tempo.
Un tempo che ormai non esiste più.

« D'accordo Kara? »

Quando Angie pronunciò il mio nome, fu come essermi svegliata da un trauma che spesso veniva a galla in momenti in cui ci radunavamo insieme.
Scossi la testa, come a cacciare quei ricordi dalla mia mente e subito la guardai, imbarazzata.
Ella lesse la mia espressione e capì al volo che non prestai attenzione, infatti, dopo avermi rivolto un mezzo sorriso, distolse lo sguardo, guardando di nuovo i bambini di fronte a noi.

« Angie, ci saranno tante telecamere, per noi? » domandò Timmy, con la sua vocina stridula.

Ella lo guardò, sorridendogli com'era solita fare.
Scosse la testa e s'inchinò leggermente con il busto in avanti, guardandolo negli occhi.

« Il signor Jackson ha richiesto la massima privacy. Vuole che questo giorno sia diverso dagli altri, sai cosa intendo? » rispose.

Egli scosse la testa e gonfiò le guance paffute.
Questa volta fui io a sorridere, inginocchiandomi di fronte a lui per aggiustargli il colletto della sua camicia blu scura.

« Il signor Jackson verrà da solo, senza nessuno. Passerete una giornata indimenticabile insieme. Sarà speciale per tutti noi » dissi.

Timmy sorrise e, dopo aver annuito due volte con il capo, portò entrambe le mani dietro alla schiena, osservandomi mentre mi alzavo, posizionandomi di fianco ad Angie che mi sorrise.

« Allora, siete pronti? » domandò.

Per i primi secondi, ci fu un silenzio in cui nessuno parlò, poi, in un urlo di felicità, tutti i bambini urlarono in coro un 'sì' che fece sussultare la piccola Lily.
Risi, abbracciando Angie che mi strinse forte a sé, coccolandomi.

**

Il grande cancello battuto in ferro, si aprì, quando qualcuno citofonò, e tutti i bambini corsero fuori, urlando dalla gioia.
Mi affacciai velocemente alla finestra e subito scorsi la figura di un uomo alto e slanciato.
Non riuscii a scorgere i tratti del suo viso, a causa dei raggi del sole che battevano sul vetro dinanzi a me, ma, quando mi scostai leggermente a sinistra, per evitare quella luce accecante, solo allora mi accorsi della sua bellezza.

Indossava una semplice camicia di cotone rossa, mentre nella parte inferiore, a stringergli quelle gambe formose e che a me parvero perfette, erano dei jeans neri e stretti.
Indossava uno dei suoi soliti cappelli, che notai in una delle tante riviste e giornali, e che sempre portava, nascondendo quella capigliatura scura e riccia.
Era un uomo davvero bello, a dire la verità.
Non potevo di certo stare tutto il tempo in quello stato di trance. Sarei dovuta scollarmi da quel pavimento che sembrava trattenermi davanti a quella grande finestra che dava sul giardino, ma che in quel momento, la figura principale era lui, circondato da bambini che gli saltavano addosso, abbracciandolo ed esprimendo tutta la loro felicità nell'averlo incontrato.

Mi aggiustai velocemente l'abito, camminando a passi affrettati verso alla figura di Angie, immobile sotto alla soglia della porta principale.
In realtà osservava quanto i bambini fossero felici e non appena seguii il suo sguardo, mi accorsi che anche Lily gli sorrideva.
Ne rimasi sorpresa.
Era la prima volta che la vedevo felice in quel modo e non potevo negare che ciò fece sbalordire pure Angie.
La sua espressione allegra diceva tutto.
Riportando lo sguardo dinanzi a me, scrutaii attentamente l'uomo che rideva divertito, accarezzando i lunghi capelli di Lily.
Il suo sorriso. Fu la cosa più bella che avessi mai visto.

Solo dopo che si ebbe sistemato per bene il cappello in testa, alzò lo sguardo, incrociando quello di Angie e poi il mio.
Ci rivolse un largo sorriso e io ne fui totalmente ammaliata.
Pronunciò ai bambini, parole che non riuscii ad udire, dato la distanza che ci separava, e, quando essi si allontanarono leggermente da lui, per concedergli un po' di spazio, egli cominciò a camminare nella nostra direzione.
Il suo modo di camminare, il modo in cui si tolse gli occhiali, lasciando allo scoperto le sue iridi scure, furono come dei campanelli d'allarme per me.
Ero rimasta a fissarlo per un lasso di tempo che non ricordai nemmeno e, solo quando egli si ebbe fermato di fronte a noi, mi svegliai del tutto, osservandolo da più vicino.

Il suo viso finito era privo di imperfezioni, bianco come il latte, se non fosse stato per il trucco che gli donava un po' di colore, mentre le sue labbra rosee, erano piegate sempre in quella curva dolce ma divertita allo stesso tempo.
Tese una mano ad Angie, sorridendole e subito scorsi una fila di denti bianchi.

« Buongiorno signora Lewiels. La ringrazio per l'ospitalità » disse.

La sua voce era fine e delicata.
S'inchinò leggermente con il busto, baciandole le nocche ed ella arrossì, sorridendo.

« Sono io a doverla ringraziare per essere venuto. Sono da anni che attendiamo un suo
incontro » rispose.

Egli si raddrizzò e, toccandosi la punta del naso, le sorrise impacciato.
Ora era lui ad essere imbarazzato.

« Mi scuso per la tanta attesa. Cercherò di rimediare passando una giornata in compagnia con i bambini, se me lo permette » disse.

Angie allargò il suo sorriso ed esclamò: « Ma certo, signor Jackson. Credo che la vostra compagnia li possa rendere
felici. »

Felice. Era la parola che udivo troppo spesso, ma che realmente non ero riuscita mai a scorgere nel viso di quei bambini.

« Lasci che le presenti la signorina Kara Jones » disse Angie, portando una sua mano sulla mia spalla.

Michael spostò lo sguardo dalla sua figura alla mia.
Mi osservò attentamente da capo a piedi, sfoggiandomi infine un sorriso ammaliante.
Mi tese la mano e quando gliela strinsi, mi baciò le nocche, il tutto senza staccare gli occhi dai miei.
Il contatto delle sue labbra contro alla mia pelle mi percosse di brividi che solleticarono la mia schiena in un modo persistente.

« È un piacere conoscerla, signorina » mormorò, raddrizzandosi.

Mollò lentamente la presa e il mio braccio cadde flemmante lungo i fianchi.

« Il piacere è tutto mio, signor Jackson. Spero che si possa sentire a suo agio, qui » replicai, congiungendo le mani di fronte alle mie gambe divenute ormai molle.

Egli mi fissò per interminabili secondi e fu lì che mi sentii a disagio.
Era la prima volta che qualcuno mi guardava in quel modo e ciò non faceva altro se non quella di esercitare una pressione su di me.
Mi sentivo a corto di parole e non sapevo cosa avrei potuto dire per rompere quel momento imbarazzante.
Ma poi, come sempre, i bambini gli corsero nuovamente incontro, afferrandolo per le mani.

« Signor Jackson! Vorrebbe vedere la nostra camera?! Possiamo mostrargliela,
Angie? » domandarono.

La donna di fianco a me sorrise emozionata, annuendo subito dopo.

« Certo, ma fate attenzione! » rispose, esclamando.

La risata cristallina di Michael riempì subito le mie orecchie.
Li guardava divertito, ma quel velo di dolcezza negli occhi e in ogni sua mossa che faceva, lasciava traspirare quel suo sentimento malinconico.

« Chiamatemi pure Michael. Amo essere Michael, non signor Jackson. Mi farete sentire
vecchio » enfatizzò, lasciandosi trascinare su per le scale.

Li guardai mentre si allontanavo e quando notai che Michael si fermò a metà scala per prendere in braccio Lily, sorrisi.
Era un miracolo che ella si facesse prendere in braccio così facilmente.
Di solito era una lotta, quando si parlava di estranei.
Ma era come se, all'arrivo di Michael, tutti i problemi e le paura che custodivamo in una parte di noi, fossero venuti a galla, allontanandosi per quel breve tempo che sembrava durare un'eternità.
E riguardo a me, mi bastò un suo semplice sorriso per rendermi felice.


{Revisionato il 01.05.21}

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