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Capitolo 55

C A P I T O L O 55

Era ormai da minuti che percorrevo il grande giardino di Neverland in compagnia dei bambini e Michael.
Dopo a quella triste conversazione avvenuta in cucina, Glenda si era rifiutata di uscire di casa e i miei genitori avevano deciso di restare in sua compagnia.
Angie invece, aveva detto di aver dimenticato qualcosa di importante in camera e senza darci spiegazioni, si era ritirata dal nostro gruppetto, correndo su per le scale che conducevano alla porta principale.
Così, in quel momento, c'eravamo soltanto io, Michael e i bambini.

« Michael, dove stiamo
andando? » domandò ad un tratto Jason, il maggiore di essi.

Michael, sentendosi chiamare si voltò nella sua direzione, sfoggiandogli un sorriso allegro.

« Come? Non lo sai? » domandò.

Egli scosse la testa, negando.

« Andiamo allo zoo, Jas! Non hai sentito? » esclamò Lily, osservandolo con le sue grandi iridi chiare.

Il bambino socchiuse leggermente gli occhi, accennandole una smorfia che era solito fare per stuzzicarla e lei, a quel gesto, arricciò le labbra all'interno, strizzando subito dopo le sue piccole palpebre.
Ridacchiai divertita a quel gesto.

« Smettetela, bambini » dissi.

« Ha iniziato lui! » si difese subito ella.

« Jason, chiedi scusa » parlai, sospirando lievemente.

Il bambino scosse la testa e come risposta tirò fuori la lingua, cominciando subito dopo a muovere la testa verso destra e poi verso sinistra.
Si stava prendendo gioco di Lily in quel momento e sapevo benissimo quanto questo le desse fastidio.

« Jason! » lo rimproverai.

Non volevo che litigassero proprio in quel momento e non volevo neanche che uno di loro si mettesse a piangere.
Dopotutto era una bella giornata.
Michael, all'udire i bambini discutere, si fermò, voltandosi verso di loro per poterli guardare meglio.

« Bambini, basta litigare. Farlo non serve a nulla » mormorò.

Ma essi sembravano non dargli retta.
Mi portai una mano sul fianco sinistro, osservandomi attorno con sguardo quasi penoso, mentre il ragazzo dalla folta chioma, si abbassò alla loro altezza, aggiustandosi per bene la fedora scura che portava in testa.

« Jason, Lily? » li chiamò dolcemente.

I due bambini lo guardarono, Lily con le mani lungo i fianchi e il viso corrucciato, mentre Jason a braccia conserte e la lingua ancora leggermente sporgente.

« Jason, chiedile scusa e tu Lily, fai lo stesso » parlò.

« Le femmine non fanno mai il primo passo! » esclamò ella, voltando lo sguardo altrove.

Sorrisi leggermente a quell'affermazione e Michael mi rivolse un'occhiata del tutto furba.

« Credo che tu abbia ragione, tesoro. Ma quando si litiga, penso che in questo caso anche la femmina può fare il primo passo. Sai, per diventare nuovamente amici. Litigare porta solo tristezza; noi vogliamo l'amore, giusto? » parlò a bassa voce, allungando una mano per accarezzare dolcemente la manina paffuta di Lily che al suo tocco lene, sembrò rilassarsi.

Avevo da sempre amato vederlo interagire con i bambini, perché ciò lo rendeva più genuino di quanto lo fosse già.
Riusciva sempre a riscaldarti il cuore, anche in situazioni alquanto repellenti.
Lui riusciva a fare molte cose, in realtà.

Lily e Jason si guardarono per brevi secondi negli occhi, poi, senza esitare, la bambina gli tese una mano chiusa, ma con solo il mignolo aperto.

« Scusami, Jas... Diventiamo di nuovo amici? » chiese.

Jason scosse la testa, sbuffando subito dopo e Michael, a quel gesto, sospirò leggermente, allungando una mano per poggiarlo sulla sua piccola e minuta schiena, spingendolo così di poco in avanti.

« Tocca a te, campione » gli mormorò.

Il bambino farfugliò qualcosa a bassa voce, poi, quasi scocciato allungò la manina per stringere il mignolo di Lily con quello suo.
Aveva mantenuto un'espressione del tutto divertente, tipico dei bambini.

« Scusami Lily. Siamo di nuovo amici » sussurrò.

Michael sorrise allegro e soddisfatto, poi, alzandosi all'improvviso, sì aggiustò per bene il cappello sulla testa, voltandosi verso alla mia direzione.

« Credo che dovremo farlo anche noi, non credi? » mi domandò.

Alzai istintivamente un sopracciglio, non capendo del tutto la sua richiesta.

« Di cosa stai parlando? » chiesi, con voce flebile.

Si avvicinò maggiormente a me, stirandosi la camicia lungo i fianchi.
Le sue iridi scure catturarono le mie chiare e subito intravidi il lucicchio familiare che spesso ero solita notare.

« Sai benissimo di cosa sto parlando » replicò.

Sì, lo sapevo eccome.
La proposta di matrimonio.
La sua proposta di matrimonio.
Mi aveva domandato di diventare sua moglie, di congiungermi con lui e diventare per sempre sua.
Mi aveva dichiarato realmente ciò che provava ed io ero stata così egoista e spaventata da non poter rispondere.
Non gli avevo dato una spiegazione credibile ed ero scappata da lui senza nemmeno chiedergli perdono.
Mi ero comportata da codarda e lo sapevo benissimo.

« Michael... » sussurrai.

« Cosa? Vorresti rifiutare anche adesso? » chiese.

« Ci sono i bambini. Perché non proseguiamo? » parlai, trattenendo per brevi secondi il respiro.

Egli si inumidì le labbra con la lingua, mantenendo la sua attenzione su di me, poi, girandosi verso ai bambini spalancò le braccia e con il suo solito sorriso allegro li invitò a continuare il cammino.

« Siamo quasi arrivati! » esclamò.





Neverland mi aveva da sempre affascinata, catturata e anche resa partecipe di un gioco che molte persone non riuscivano a vedere.
Ma non mi sarei mai aspettata di ritrovarmi un giorno in uno zoo del tutto personalizzato, con decorazioni e animali di specie diverse.
Sembrava davvero un parco giochi; un pezzo di mondo costruito apposta per racchiudere le cose più belle e genuine della terra.
E lui ne era il padrone.
Alla vista del piccolo e colorato cartellone che riportava il nome del posto, i bambini cominciarono ad esultare allegri.
Non era di certo la prima volta che visitavano uno zoo, ma quel giorno i loro teneri visi erano colorati di una luce diversa.
Allegria. Ecco cos'era.
Erano felici ed io non potevo fare altro se non partecipare al loro momento di gioia.

« Bambini, mi raccomando, fate i bravi e non fate nemmeno confusione, d'accordo? Come sempre, i più grandi si prendano cura dei più piccoli. »

Angie era ritornata da noi circa qualche minuto dopo alla piccola discussione fra Lily e Jason e, quando la notammo con il fiatone, realizzai che aveva corso.
Ed ora, accanto alla mia figura minuta, parlava con il suo stesso tono di voce pacata.
Ma essi come al solito non ascoltavano.

« Michael, devono tenersi per mano? È sicuro lì dentro? »

Sorrisi divertita, roteando di poco gli occhi.
Aveva da sempre avuto paura che qualcosa potesse andare storto e che i bambini si potessero fare del male, e anche se continuavo a ripeterle che la maggior parte dei zoo era sicuro, lei non smetteva di preoccuparsi.
Dopotutto erano i nostri bambini.

« Non ti preoccupare, Angie. I bambini lì dentro saranno più al sicuro che qui fuori » si limitò a rispondere, accennandole un sorriso rassicurante.

Ella annuì, guardandomi infine e dopo aver dato il via libero ai bambini, essi cominciarono a correre da una parte all'altra, soffermandosi di tanto in tanto ad osservare qualche creatura che loro ritenevano lodevole.
Anche se tutti lo erano.
Michael afferrò il suo cellulare dalla tasca dei suoi pantaloni, accendendolo per controllare qualcosa; poi lo spense nuovamente, intascandolo.
Sospirò piano, voltando lo sguardo altrove per osservare il cielo azzurro sovrastare le nostre teste con maestosa grazia.
Era una bella giornata.

« Tutto apposto? »

Angie lo affiancò, poggiando delicatamente la sua mano sulle sue larghe spalle.
A quel contatto, il ragazzo dalla folta capigliatura scura sussultò leggermente, voltandosi per guardarla con un semplice sorriso dipinto sulle labbra.

« Mai stato meglio » rispose.

Ella ricambiò il sorriso, dandogli una vacua pacca sulla schiena, prima di oltrepassarlo ed immergersi in mezzo ai bambini urlanti.
Quanto amavo quella scena.
Avevo da sempre ammirato il modo in cui Angie si prendeva cura degli altri ed ero rimasta alquanto emozionata quando ella aveva cominciato a rivolgermi le stesse attenzioni che dedicava ai piccoli.
Mi aveva aiutata a crescere moralmente e fisicamente come una figlia, mostrandomi il lato positivo e negativo della vita.
Ma una cosa non era riuscita ad insegnarmi. L'amore.
Mi aveva da sempre detto che essa sarebbe arrivata anche per me e quando sarà stato il momento giusto, avrei imparato da sola cosa essa significasse.
Avrei imparato ad amare anche la persona sbagliata, ma avrei avuto anche l'opportunità di assorbire l'idea di lasciarla andare.
Avrei imparato molte cose, in realtà.
Spostai la mia attenzione sui bambini, studiando attentamente ogni loro movimento; le loro piccole urla strozzate da versi emozionati e i loro passi spediti e futili calpestare l'asfalto ciottolato.
Ma ciò che maggiormente catturò il mio sguardo furono i loro visi spensierati.
Quanto sarebbe stato bello poterli vedere ancora per molto!

« Kara! Il pappagallo! » esclamò Lily, alzando una manina per indicarlo.

Battei le ciglia velocemente, come a risvegliarmi da quel stato di trance in cui ero caduta.
Mi avvicinai velocemente alla sua piccola figura, prendendola subito dopo in braccio per avvicinarmi maggiormente alla gabbia decorata con fiori colorati ed erbe a me sconosciute.

« Guardalo! È bellissimo » esclamai.

La piccolina sorrise divertita, stringendosi infine nelle spalle.

« Io sono Lily! Dillo! » disse.

Ma esso continuava a guardare da tutt'altra parte, ignorando del tutto la richiesta della bambina che rimase leggermente abbacchiata.

« Beh, forse oggi non ha voglia di parlare » dissi, sorridendole dolcemente.

Ella scosse la testa, corrucciando la fronte e in quel momento Michael ci affiancò con un'altro bambino fra le braccia.

« Allora perché non mi hanno scelto? » domandò.

La guardai con sguardo interrogativo e Michael, a quell'affermazione si voltò verso di lei, osservandola con le sopracciglia aggrottate.

« Di cosa stai parlando, tesoro? » le chiesi dolcemente, portando una ciocca dei suoi capelli dietro al suo orecchio.

« Perché non hanno scelto me, ma Jason e Amber? » domandò nuovamente.

Le sue grande iridi vispi si fecero lucidi ed io istintivamente la strinsi contro al mio petto, come a consolarla.
Cosa stava succedendo? Angie mi aveva nascosto qualcosa?
Michael fece un passo in avanti, allungando una mano per stringere quella della piccola che, al tocco si voltò verso alla sua direzione.
Non riuscii a rispondere in quel momento.
Lily mi aveva porso un'altra domanda di cui non sapevo la risposta.
Per la sua tenera età, era una bimba davvero sveglia.
Chiusi per brevi secondi gli occhi, sentendomi frustata e addolorata.
Non ero riuscita a rendere felice una dei miei bambini e ciò mi fece sentire alquanto debole.
Cosa potevo fare per farle tornare il sorriso?
Come potevo spiegarle che non tutti i bambini sono così fortunati da entrare velocemente a far parte di una famiglia?
Dopotutto era una bambina.
Ma a volte i bambini sanno cose che noi adulti non riusciamo a comprendere.
Io avevo una famiglia, lei non aveva nessuno.
Cosa ne sarebbe stato di lei e di tutti i piccoli, quando Angie vorrà voltare pagina?
Perché non hanno scelto me?
Perché non tutti sono destinati subito alla felicità, piccola Lily.
E noi eravamo una di quelle.

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