ᴄαᴘɪᴛᴏƖᴏ 14
C A P I T O L O 14
Michael era davanti a me, con la bocca coperta da una mascherina nera e il suo cappello a nascondergli la capigliatura scura.
Mi stava osservando con occhi leggermente sgranati, come a essere terrorizzato, ma quella ad avere paura ero io.
Mi era praticamente saltato addosso, reprimendo con una sua grande mano, l'urlo ormai soffocato.
Cosa ci faceva a quell'ora in camera mia?
Il suo viso era a pochi centimetri di distanza dal mio e i suoi occhi vagavano da una parte all'altra sul mio volto, osservando ogni piccolo e singolo dettaglio che esso rappresentava.
Sembrava stesse studiando una parte di me e ciò mi rendeva alquanto vulnerabile.
L'altra sua mano era intenta a tenere il mio esile corpo che, dall'improvvisa apparizione, aveva barcollato all'indietro, rischiando di perdere l'equilibrio, se non fosse stato per lui che mi afferrò saldamente, cingendo i miei fianchi finiti.
I suoi occhi erano contornati dalla matita nera, ciò stava a dire che Karen, la sua truccatrice, si era preoccupata di fare il suo dovere, prima di lasciarlo libero.
L'unica cosa che non riuscii a notare furono le sue candide labbra, nascoste da quel tessuto fastidioso.
E solo allora mi domandai dal perché lo indossasse.
Mi guardò per altri brevi e interminabili secondi, mentre il mio cuore aveva preso a correre insistentemente come un matto, spiazzandomi di ogni barriera che avrebbe potuto reprimere quella sensazione di beatitudine.
Ero tra le sue braccia e i nostri corpi si sfioravano come due foglie sottili.
« Scusami » mormorò imbarazzato e mortificato, aiutandomi a ricompormi. Allontanò le sue mani dal mio corpo.
Lo guardai ancora sorpresa e leggermente turbata dall'accaduto, ma non potevo mentire che la sua presenza e il suo ritorno a casa, non avessero scaturato nessuna emozione dentro di me.
Mi raddrizzai, stirando il mio abito da notte lungo i fianchi, poi, dopo averlo osservato attentamente, gli sorrisi impacciata, arrossendo al solo pensiero di quelle mani che poco prima avevano toccato una parte del mio corpo.
« Non c'è... Non c'è nessun problema » dissi, grattandomi un braccio, com'ero solita fare quando ero nervosa.
« Perdonami averti svegliata. Non era di mia intenzione... Io tolgo il disturbo » balbettò, guardandomi con occhi leggermente lucidi.
Lo trovai alquanto fragile e indifeso.
Sapevo benissimo il motivo per cui si era presentato davanti alla mia stanza, ma volevo che fosse lui a dirmelo.
Si grattò la nuca, visibilmente imbarazzato dall'episodio, pronto a voltarsi, ma lo bloccai prima che potesse uscire.
« Non stavo dormendo » mi affrettai a dire, guardandolo con una punta di speranza, affinché restasse.
Lui si fermò e mi guardò con una strana luce negli occhi.
Sembrava quasi felice, e notai subito il rialzo delle sue goti, segno che stesse sorridendo.
Se solo quel tessuto mi avesse permesso di guardarlo per bene.
« Non... Non stai dormendo? Non sei stanca? » chiese, avvicinandosi di un passo.
Stanca? Lo ero fino a poco prima.
Ma, averlo visto, era come se tutta la mia stanchezza fosse stata messa fuori causa.
Il mio pensiero era solo lui.
Non potevo lasciarmi sfuggire quel momento 'prezioso' che mai riuscivo ad ottenere.
Stare per un po' al suo fianco.
Scossi la testa e gli accennai un dolce sorriso.
« Tu non dormi? » domandai a mia volta, guardandolo intenerita.
Era strano e raro per me, ritrovare davanti alla porta di camera mia un uomo in cerca di semplice compagnia, sopratutto se questo era una persona famosa.
Di fama mondiale.
Egli m'imitò e scosse la testa.
« No. Non sono nemmeno stanco a dire la verità » replicò, emanando un lungo respiro.
Lo osservai in silenzio, poi, gli sfoggiai un largo e simpatico sorriso, portando entrambe le mani davanti al busto, congiungendole.
Restare tra quelle quattro mura pareva abbastanza soffocante. Dopotutto avevo bisogno di un po' d'aria fresca, in quel momento.
« Vogliamo farci un giro? » chiesi, mantenendo quel largo sorriso.
Lui mi guardò sorpreso e con gli occhi leggermente spalancati.
Lanciò una veloce occhiata all'orologio da parati, ripuntando poi la sua attenzione sulla mia figura bassa.
« Sono le mezzanotte. È tardi e fuori c'è abbastanza freddo. Non credo sia una buona idea per te » mormorò, accennandomi un blando sorriso.
Guardai fuori dalla finestra e mi accorsi che alcune luci, provenienti dai giochi e dalle fonti di intrattenimento, erano accese.
« È un momento perfetto per prendersi una boccata d'aria. Non credi? » replicai, spostando nuovamente la mia attenzione su di lui. .
Egli ricambiò lo sguardo e annuì.
Afferrai la mia lunga veste pesante, la indossai, infilai le mie morbide pantofole calde e infine indossai la mia lunga giacca marrone, chiudendomela fino al collo.
Non avevo voglia di prendermi un raffreddore, ma non potevo di certo restare in quel posto divenuto ormai opprimente per due corpi un po' troppi vicini.
Michael mi attendeva davanti al grande portone d'ingresso, camminando da una parte all'altra, quasi impaziente di uscire e poter constatare la libertà di movimento e l'occasione di farsi una lunga e rilassante passeggiata notturna.
Lo raggiunsi quasi di corsa, fermandomi davanti alla sua alta figura, poi, lui, dopo avermi aperto la porta e lasciata uscire per prima, mi seguì. Chiuse il portone dietro alle nostre spalle con massima prudenza, attento a non svegliare nessuno dei presenti.
Potevo finalmente respirare.
Michael si tolse la mascherina, poi chiuse per brevi secondi gli occhi. Un sorriso aleggiava sulle sue tenere labbra.
Intascando le mani nelle tasche del suo giaccone, respirò a pieni polmoni la brezza invernale.
Io mi ero soffermata a guardarlo, studiando ogni suo movimento, ogni lineamento di quel viso perfetto e finito.
Era tutto così reale e surreale al contempo.
Un misto tra realtà e sogno.
Aprì nuovamente gli occhi e, dopo essersi dato un'occhiata veloce attorno, scese le scale, avvicinandosi a me, per poi cominciare a camminare insieme, una di fianco all'altro.
Era una bellissima nottata.
Il cielo era ricoperto di piccole stelle e la luna era scoperta; solo poche nubi oscuravano quel scenario spettacolare.
« È così bello stare qui » sussurrò all'improvviso, alzando lo sguardo al cielo.
Lo guardai, sorridendo dolcemente.
« Sei solito uscire a quest'ora? » domandai, stringendo il mio corpo minuto contro al cappotto.
Lui annuì, e restò a fissare quel panorama magnifico.
« Riesco a sentirmi più... Umano. Un uomo libero, dove i giornalisti e quei flash accecanti, non esistono. Ci sono solo io, sai. Michael Jackson. Non il re del pop. Ma, tutto questo spazio non mi basta » mormorò malinconico, respirando a pieni polmoni.
Sapevo quanto la vita da cantante e persona famosa fosse bieco, orrendo.
Non potevo immaginare una vita dove la notte, la libertà di passeggiare per le spiagge fosse ostacolata.
Oppure dove i giornali sono il diario della tua vita quotidiana; sotto controllo, sempre.
E Michael era una persona di quelle.
Una vittima.
« Tu cosa desideri? » chiesi, con una voce sottile, bassa.
Lui mi guardò con un sorriso malinconico aleggiano sulle labbra rosee.
« La libertà. L'amore. Ma sopratutto una famiglia e la felicità degli altri » replicò.
L'amore.
Era alla ricerca dell'amore. Voleva costruirsi una famiglia, sposando la persona che amava, ma l'aveva trovata?
Ricambiai lo sguardo, comprensiva.
« E tu, Kara? Tu cosa desideri? » sussurrò, avvicinandosi leggermente al mio corpo.
La sua vicinanza aveva scosso il mio corpo di brividi pertinaci, e il mio cuore aveva fatto un sobbalzo alla vista delle sue iridi scure brillare sotto al chiarore della luna.
Io? Cosa volevo veramente? La felicità dei miei genitori? Mia sorella? L'amore?
« Una donna desidera tante cose nella vita. Ma poche sono quelle che riesce ad ottenere » dissi, sorridendogli debolmente.
Lui si passò l'indice sul labbro inferiore, inumidendosi le labbra con la lingua.
« Ad esempio? » domandò con voce profonda.
I nostri corpi erano vicini, e quella strana contiguità, lasciava scoperto il mio corpo leggermente tremante.
Mi sentivo vulnerabile, spogliata.
Abbassai leggermente il volto, sentendo le mie guance riscaldarsi.
Stavo arrossendo, un'altra volta.
Poi, con uno sguardo accorato, lo guardai nuovamente negli occhi.
« La felicità dei miei genitori » risposi.
« Soltanto quello? » chiese dolcemente.
Scossi la testa, prendendo un bel respiro.
"Parlare ti aiuterà a non restar male", mi aveva detto sempre Angie.
Ma come riuscivo ad aprire un capitolo del mio passato angosciato?
Eppure sapevo di potermi fidare di lui, di Michael.
Lui aveva appena condiviso il suo momento di solitudine con me, raccontandomi di come si sentiva, ma perché io no?
Chiusi per brevi secondi i miei occhi e mi inumidii le labbra ormai screpolate dal freddo con la lingua.
Poi, dopo aver preso un bel respiro, parlai, guardandolo con sguardo abbattuto.
« Mia sorella » sussurrai.
{Revisionato il 25.07.22}
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