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53. Addio, Jungwon.

Jungwon dormiva beatamente tra le braccia di Jay, che faticava a tenere gli occhi aperti, ma promise a se stesso che avrebbe vegliato su di lui, come per evitare che la sua anima volasse via di nascosto, appena avesse abbassato la guardia.

Entrambi stavano accoccolati su una panchina, davanti alla Torre Eiffel. L'atmosfera intorno a loro era sognante, romantica, come in un dolce ricordo d'infanzia.

Le prime luci dell'alba rischiararono il cielo e pian piano i lampioni si spensero, smettendo di illuminare la piccola zona verde dove si trovavano. Intanto poca gente passava, ma qualche ora più avanti i bambini avrebbero preso a correre e a giocare.

"È tutta colpa mia... Guarda te come ti ho ridotto." Mormorò Jay.

"No invece." Fece Jungwon con un filino di voce, riaprì gli occhi.

"Ma non stavi dormendo?"

"Non proprio. Riposavo."

Lo osservò attentamente, cercando tutte le sfumature della sua bellezza, che, malgrado tutto, era rimasta invariata e brillava vivida come il sole di primavera.

"Sei pallido... Vuoi che torniamo all'appartamento?"

"Non ci arriverei."

"Ti porto in braccio."

Il ragazzo esitò per qualche istante, poi annuì e si rimise in piedi a fatica.

Jay si alzò e gli girò la schiena.

"Sali."

Obbedì.

"Sono pesante?" Chiese Jungwon scherzoso.

"Quanto una piuma."

Successivamente si incamminarono verso l'appartamento, distante solo pochi minuti da lì.

"Mi sono veramente divertito questi ultimi giorni con te."

"Anch'io, Wonie."

Entrambi tornarono coi pensieri alla notte in cui si erano ritrovati.

"A te non è piaciuto, si' sincero." Disse Jungwon, appoggiandosi con la testa sulla spalla.

"Perché dici questo?" Rispose Jay. Il fiato caldo sul suo collo lo rassicurava, i respiri costanti e lenti.

"Sono ormai un sacchetto di ossa... Se tu lo avessi fatto con uno scheletro, sarebbe stato più emozionante."

"Non dire così. È stato fantastico invece, te lo giuro... E per te?"

"Adrenalinico, come l'ho sempre immaginato... Grazie, Jay." Gli diede un bacino affettuoso sul collo.

Era da molto tempo che non si sentiva così vivo. Tutte le forze gli scorrevano nel corpo come il fiume in piena di sangue nelle sue vene, alimentato dall'adrenalina, che diede al corpo una vitalità tutta nuova.

Non ci misero molto ad arrivare.

L'edificio era molto grande e sembrava decorato in stile gotico, come la maggior parte della città e pieno di finestre.

Vi entrarono. Una grande scalinata si ergeva davanti a loro, con la ringhiera in legno scuro, levigato e decorata da altorilievi di foglie e tal volta fiori. Accanto a questa un ascensore che stonava col resto dell'ambiente.

Lo presero. Intanto Jungwon si sentiva sempre più debole, ma lottava per rimanere cosciente, quanto avrebbe voluto chiudere gli occhi solo per un momento! Ma chi gli assicurava che si sarebbe risvegliato?

Non devo cedere adesso, non posso.

Entrarono. Era un monolocale molto semplice, non aveva nemmeno un vero e proprio tavolo da pranzo; Jay non ne aveva bisogno, era solito a mangiare o sul bancone della cucina o sulla grande scrivania sempre in disordine. Le pareti erano tappezzate da suoi poster, la maggior parte degli Stray Kids, infine un grande divano letto si estendeva lungo gran parte della parete a sinistra dell'entrata.

Jay si accorse della situazione di Jungwon, lo sentiva sempre più pesante sulla schiena e non si muoveva.

"Wonie, sei sicuro che non vuoi andare all'ospedale? Magari sanno che fare."

"È tutto inutile."

Il ragazzo lo appoggiò delicatamente sul divano.

"Vuoi qualcosa? Magari dell'acqua..."

"No, grazie."

Jongsong allora si mise vicino a lui, lo avvolse tra le sue braccia. Jungwon si appoggiò al suo petto, sentiva l'aria sempre più pesante, ogni respiro faceva male come un ago nei polmoni. Sapeva che non mancava molto, ma il dolce tepore delle braccia di Jay lo confortava.

"Tu credi nella salvezza dell'anima?" Chiese con voce calma e lenta.

"Certo."

"Non puoi esserne sicuro, come fai a crederci? Magari non c'è nessuna al di là, nessun Ade, reincarnazione, inferno o paradiso, può esserci tutto o niente." Disse, per poi riprendere fiato dallo sforzo che quelle parole hanno comportato.

Non disse niente, effettivamente non sapeva come ribattere.

"Vedi? Non sai se staremo insieme dopo."

"Non so. Fatto sta che io senza di te non vivo, quindi preferisco morire con te."

"Forse era meglio se non mi avessi incontrato."

Jay gli toccò il mento delicatamente, in modo che si voltasse verso di lui. Il suo volto era pallido, gli occhi lucidi. Gli diede un breve ma dolcissimo bacio, consapevole che sarebbe stato l'ultimo, e il momento in cui le loro labbra si attaccarono, il suo cuore si riempì di tristezza e amarezza. Che destino crudele!

L'amore è proprio la più potente delle droghe: se ne assumi, vieni completamente soggiogato da un senso di estasi e di piacere, quando te ne privi, però, soffri peggio di prima, vuoi dosi sempre maggiori che purtroppo non puoi più usufruire e questo senso di vuoto si propaga in te, consumandoti come una matita. Una sorta di febbre si impossessa della tua mente, trascinandoti in un abisso di infinito dolore.

"Wonie, te hai reso ogni singolo giorno della mia vita più bello di quanto potessi immaginare e per questo sono grato di aver avuto questa grande fortuna." Mormorò, ormai anche lui con le lacrime agli occhi.

Dopo queste parole così dolci e sincere, Jungwon scoppiò a piangere. Ogni singhiozzo faceva male come una sassata e respirava sempre più a fatica.

Amor c'ha nullo amato amar perdona, mi prese costui piacer si forte che, come vedi, ancor non mi abbandona. Gli tornò in mente questo drammatico, ma altrettanto poetico, passo della Divina Commedia, che gli piacque tantissimo. Chissà se l'inferno aveva riservato un posto riservato a loro due! E si chiese come avesse fatto Dante a vivere dopo che la sua amatissima Beatrice morì, evidentemente aveva più carattere e forza d'animo di loro due messi insieme.

Jay strinse la presa per consolarlo, le sue labbra entrarono in contatto con i suoi morbidissimi capelli.

"Wonie, ti prego non fare così. Ci rivedremo."

"Non lo sappiamo, non possiamo e ho paura, paura che ci sia il nulla, la fine di tutto." Fece Jungwon con voce spezzata e il fiato corto.

"Ti capisco, ma ora ti prego di calmarti. Andrà tutto bene. Lo affronterò con te tutto questo."

Il ragazzo smise di singhiozzare e cercò di tirare qualche respiro profondo, si appoggiò al morbido petto di Jongsong, che continuava ad accarezzargli le guance e ad abbracciarlo.

Non lasciare la presa.

Lentamente il tepore, le carezze e i respiri regolari di Jay gli fecero chiudere gli occhi, senza che nemmeno se ne rendesse conto.

Sono tanto stanco, mi riposo un attimo.

La sua mente vagò nei ricordi di tutta una vita... Lui che giocava spensieratamente per strada con i suoi amichetti delle elementari... I pomeriggi passati a leggere sotto il suo ciliegio preferito... I compagni di classe delle medie che lo bullizzavano... Il suo incontro con Heeseung, quanto non lo sopportava! Poi sono diventati amici inseparabili... Le serate con Ni-ki a bere saké e a portarlo a casa in braccio... Le lezioni di Taekwondo... Le gare di ballo e canto... Le prime delusioni in amore... I pianti... I suoi tormenti quando scoprì di essere bisessuale... L'incontro con Jay che segnò il suo destino per sempre per il meglio e per il peggio...

Le immagini sfumarono via, mentre le forze lasciavano lentamente il corpo.

Addio, Jay.

E si spense come una splendida stella, troppo giovane e bella per durare. La sua vita fu spezzata nel fiore degli anni come un tenero ramoscello.

Ci sposeremo. Disse Jay qualche anno prima, già pensando a un futuro insieme. E in quel momento tutti i sogni si frantumarono come fragili cristalli.

La sua pelle divenne sempre più fredda, sotto le dita di Jay.

"Wonie..."

Niente.

Gli prese il polso... Niente.

Le lacrime scesero a fiotti come cascate e fu in quel momento che gli venne una voglia irrefrenabile di gridare e piangere a dirotto, rimanere senza voce.

Gli prese il volto pallido tra le mani, di una bellezza non ancora appassita, ma che non apparteneva più a nessuno ormai, gli diede un bacio sulla fronte e a voce rotta mormorò:

"Addio, Jungwon."

Si staccò, si alzò e avanzò verso la cucina. Trovò solo un coltello.

"Volevo fare una cosa pulita, ma mi accontento." Pensò.

Dopodiché tornò da Jungwon. Si sedette, gli afferrò la mano fredda.

"Addio, mondo." Disse, prima di conficcarsi violentemente il coltello nel petto, facendo zampillare il sangue copiosamente.

Che dolce e altrettanto crudele destino morire per amore! Jay ha dato letteralmente la vita per Jungwon, che fece altrettanto per lui. Di sicuro il legame indissolubile dei loro destini resterà intatto per sempre, come il filo rosso che collega le loro anime, che, speriamo, possano incrociarsi nella vita ultraterrena.

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