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Capitolo 01- Dalle profondità

Tutto attorno a loro era silenzio e lei lo osservava, le sue mani sembravano quelle di una bambina strette tra le sue.
Nei suoi occhi neri rivedeva la stessa tenebra che lo aveva forgiato nei secoli.

«Starò al tuo fianco per sempre!»
Lui si soprese a provare sollievo, felicità ma si sforzò di restare impassibile.
Lei lo guardava in quel modo unico, come se comprendesse i suoi pensieri prima ancora che desse loro un senso.

«Solo per sempre?»
Le parole gli erano scappate beffarde, se lei fosse rimasta anche l'eterna notte sarebbe stata ben accetta.

Lei sorrise «Per sempre e anche oltre...»

Per sempre, ma quella visione si stava già dissolvendo la fredda realtà stava già reclamando il suo corpo e la sua mente.

La sua gamba stretta da quella catena di acciaio stregato, lo trascinava giù.
Non voleva affogare nell'eternità, affondare in quel mare senza stelle.
Stava annegando, trascinato giù nel cuore delle profondità assieme al suo vascello.
E se non fosse morto neanche allora? Nemmeno in fondo a quell'oceano velenoso.
Eternamente imprigionato, solo... Dimenticato.

Sua madre lo osservava altezzosa dall'alto.
«Dimmi ragazzo, hai ancora paura del buio che ti trascini giù?»
I suoi occhi scuri erano vitrei e privi di luce. Non l0 aveva mai guardato con affetto, non era mai stata davvero una madre.
Distruttore di mondi, ti odieranno sempre pere questo...
Sei stato uno sciocco...Eternamente insoddisfatto, mai sazio...»

Chiuse gli occhi e nella sua mente emerse nuovamente il delicato volto pallido di quella ragazza minuta, con quei grandi occhi di tenebra così simili ai suoi.
Una visione impossibile, qualcosa che non avrebbe mai neanche sognato di desiderare in quella lunga vita solitaria. Ricordi che affioravano mentre le sue mani cercavano di rubare il sole stesso artigliando il cielo.
Si era ustionato cercando di rubare la luce, avevano trafitto il suo cuore, era morto ed era rinato tra le ombre in solitudine finché da quel mortifero dolore era sbocciata Lei, avvolgendolo in quella soave oscurità.
Non era più solo, non avrebbe più ricercato la luce perché in lei aveva ritrovato il cuore delle tenebre.

«Hai ancora paura del buio?"»

Voleva scuotere la testa, ergersi al di sopra di sua madre, dei tre soli e di tutti loro.

«Vivi El! Solo questo ti chiedo! Sorridendo, scopando, uccidendo, lacerando questo mondo fino alle ossa! Ti chiedo di vivere con ogni fibra del tuo essere! Coltiva ogni emozione, assapora ogni morso ogni bacio fino al tuo ultimo respiro, promettilo! Non arrenderti mai, non a loro...»

Sentiva delle braccia avvolgerlo mentre le onde lo sospingevano verso fondali più bassi, verso la sua fine?

Eleksantre, è quello il nome che sua madre gli aveva dato.
Confinandolo dentro se stesso, comprimendolo per poterlo possedere e usare.
Un'arma nelle sue mani, no strumento per piegare i soli e spaccare il cielo.

Urlò, si dimenò a quell'inesorabile discesa, ma alla fine dovette cedere.

Avvertì due mani stringerlo e liberarlo dalle catene, qualcuno lo trascinava oltre il cuore delle tenebre.
Lontano da quella eterna prigione e anche dalle visioni del futuro.
Anche da Lei e questo lo riempì di tristezza, ripensava alla voce gracchiante di lei.

«Per sempre e anche oltre...»

Poi la vita penetrò con forza dentro di lui.



...




Tossì sputando fuori quello che gli parve un intero oceano, ansimò e poi si afflosciò sfinito. Una sottile sabbia scura si attaccava al suo corpo zuppo.

I raggi del sole lo carezzarono, la prima delle tre sfere, la più calda affondava nell'oscuro oceano, mentre le sue sorelle continuavano a spendere più pallide e tiepide.
Le onde lo carezzavano, come mille mani cullandolo verso la vita con dolcezza.
La tempesta era ormai lontana e El, naufrago, si abbandonava a quella silenziosa pace, arenandosi in una spiaggia oscura, il suolo di casa, di un paese che così tante volte aveva cercato di ucciderlo bramando il suo sangue nero.

Nonostante tutto carezzare quelle sabbie era comunque dolce.
Rimase ad occhi chiusi con respiro esitante e poi il tocco di una mano fredda e delicata. Un tocco delicato, fresche mani gli scostarono ciocche di capelli dal volto.

Il Naufrago finalmente aprì i suoi profondi occhi scuri.
Una creatura lo osservava incuriosita.
I mortali erano sempre stati fonte di grande interesse, ma quel ragazzo, no... Quell'uomo, non era un mortale, per questo lo aveva strappato all'oceano.

Aveva osservato la battaglia che era avvenuta tra le due navi, quando lo avevano colpito e il suo corpo sanguinate era precipitato oltre il baratro.
Poteva vedere oltre nel profondo di quegli occhi, la lunga battaglia, le perdite e infine il dolore che lo aveva spaccato in due vomitandone fuori tutto quel potere.

Aveva creato la frattura, lacerato il cielo e spezzato l'equilibrio.
Lo aveva ripescato dal profondo di quell'oceano velenoso, lui non poteva saperlo, ma la sua guerra era iniziata moltissimo tempo prima che lui nascesse.

Lo aveva osservato finché non si era risvegliato.
Le ombre ricoprirlo come un'armatura.
Davvero tutto dipendeva da quell'essere?
Folti capelli d'ebano, una pelle bianca, baciata dalla luce della luna. Un corpo longilineo e forte.


El si svegliò del tutto, ritrovandosi su quella spiaggia bruciata, marchiata dal suo potere. Sollevandosi vide una sagoma sinuosa rituffarsi nell'oceano e scomparire all'orizzonte e della ragazza dai lunghi capelli di smeraldo che lo aveva trascinato a riva non vi era più traccia.

Era ancora solo, il cielo illuminato dalla pallida luce del terzo e ultimo sole.



Il suono delle campane rimbombava per il vicolo affollato.

Il grido delle guardie ancora gli riecheggiava nella mente.

«Omicidio! L'imperatore è morto! Il suo assassino, la sua erede è in fuga!»

Vel inciampò e non cadde solo perché la sua ombra l'aveva incollata a terra.
Arrancò strusciando la mano contro la parete graffiandosi la pelle pallida.
Si soffermò a rimirare la strisciata purpurea lasciata sul muro.
Il sangue del traditore imbrattava ogni cosa, non solo le sue mani, ne era ricoperta.

«Non puoi fermarti, ora sanno cosa sei e non si fermeranno finché non ti avranno ucciso!»

Una piccola sagoma felina fatta di ombre si conformò ai suoi piedi, il non gatto le si avvicinò tendando invano di spronare la ragazza ad avanzare.
«Ho fallito Behemoth, quel gran bastardo ha ucciso mio padre e io non sono riuscita a vendicarlo E adesso...»

«Adesso loro incolperanno te per tutto! Affermeranno che in quanto unica erede hai cercato un colpo di stato...»

Vel sentì le gambe tremargli, non avrebbe più avuto alcuna possibilità di ottenere la sua vendetta, si era tradita si era rivelata nella sua natura di Tenebris e adesso I Luminii gli avrebbero dato la caccia... Non c'era un solo posto al mondo dove sarebbe potuta andare.

«Devi cercare Lui, il Re delle Ombre...»

Il non gatto prevenne i suoi pensieri.
La ragazza deglutì, sapevano entrambi cosa questo comportasse, salpare oltre il Mare velenoso, raggiungere la Terra Spezzata, là dove partiva l'oscuro veleno che si diffondeva dalla Breccia.
Un luogo deserto, da cui partiva l'oscuro avvelenamento, un retaggio dell'antica guerra, ciò che i due gemelli, i Luminii vegliavano, il terreno dell'unico altro Tenebris che Vel conosceva. A parte lei non credeva ce ne fossero altri, viventi legati al potere delle ombre.
A parte colui che aveva spaccato il cielo e la Terra, affondato continenti e sancito la fine dell'antica guerra.

Annuì all'ombra a forma di gatto ai suoi piedi.
«Fa strada Behemoth...»
Sussurrò afferrando le ombre attorno a loro per calarsela addosso come un mantello.

Avvolgersi nelle tenebre non la rendeva invisibile, solo inosservabile.
Ciò le consentiva di muoversi furtiva come uno spettro. Di contraltare questo piccolo trucco la rendeva terribilmente cieca.
Ma non aveva scelta se voleva fuggire da quella città all'erta e piena di legionari.
Senza contare che tutti la conoscevano e la accusavano.
Forse non l'avrebbero nemmeno arrestata, il traditore gli aveva messo alle calcagna i migliori soldati del suo esercito, forse aveva detto loro di giustiziarla.

In condizioni normali avrebbe potuto usare le ombre per difendersi, ma dopo quanto successo era troppo debole.
L'amarezza le riempiva la gola, aveva perso la sua occasione...

Riuscì ad avanzare fino al porto, rimosse il manto d'ombra e trasse un profondo respiro.
Il cielo grigio gravava sulla sua testa, avvertiva l'odore della tempesta imminente.
Una goccia cadde sulla sua fronte e in breve un muro di pioggia precipitò sulle sue spalle, solo allora Vel si lasciò andare al pianto.

Aveva fallito...

«Vel...»

La ragazza chiuse gli occhi, nella sua mente un uomo avvolto dalle ombre la osservava. Grandi occhi scuri, capelli voluminosi, uno sguardo antico.
Quando riaprì gli occhi un guizzo oltre l'orizzonte attirò la sua attenzione.

Una spira smeraldina, una coda fin troppo scintillante in quelle acque cupe, Sirenide.

A nulla servì il richiamo del non gatto, in un attimo la ragazza si era gettata in acqua.
Raggiunse il punto dove aveva intravisto la creatura.

Era una follia, quegli esseri provenivano ai tempi antichi, dal mare velenoso.
Attiravano i viandanti alla follia e poi alla morte eppure Vel sentiva di doverla raggiungere.
In fondo anche lei era figlia di quello stesso veleno, anche lei si era originata nella guerra delle ombre.

Avvertì le unghie ben piantate nel proprio cuore mentre Behemoth beveva la sua paura, mentre avanzava senza esitare in quel mare sempre più mosso.
Alla fine allungò la mano e afferrò delle vesti.
Si immerse e nelle fredde profondità la vide, la Sirenide la osservava, la pelle perlacea, i capelli smeraldini la avvolgevano.
Le stava porgendo il corpo di un uomo privo di sensi, un naufrago probabilmente.

Aveva cortissimi capelli scuri come la notte, il volto solcato da profonde e vecchie cicatrici.
Nel tempo che Vel osservò l'umano la Sirenide scomparve obbligandola ad afferrarlo prima che scivolasse giù in profondità, verso l'oblio.

Lo trascinò a riva a fatica, ma Behemoth nel suo cuore la rendeva spavalda, il demone d'ombra continuava a bene la sua paura. Le braccia urlavano ma la ragazza non si fermò finché non si sentì al sicuro a riva, all'ombra delle grandi imbarcazioni ancorate al sicuro dalla tempesta nel porto.

«Perché lo hai fatto?»
Gli chiese l'ombra del non gatto.
La ragazza comprendeva la sua perplessità, aveva poco tempo, doveva trovare una nave quella sera stessa per andar via e non perdere tempo a salvare dei naufraghi.
Non era certa di cosa avrebbe risposto, osservò quel corpo, pallido e immobile come un morto. Allungò la mano e sfiorò le profonde cicatrici sulla fronte, sulle guance, sulle labbra.

Poi l'uomo si contrasse, si piegò di lato e sembrò vomitare un nuovo oceano.

Vel lo osservò disgustata.

Perché lo aveva fatto? Perché si era gettata e aveva strappato alla tempesta quella vita? Da dove veniva? La sua barca si era forse naufragata vicino alla loro isola?
Faceva parte di una delle tante corti invitate al funerale di suo padre?

Le domande di Vel morirono nella sua mente quando l'uomo sollevò lo sguardo smarrito su due lei. Due pozzi di tenebra, gli stessi della sua visione, gli stessi che sapeva appartenere al Re delle Ombre.
Simili eppure diversi come la vita e la morte.


[Riscritto il 09 marzao 2023 ]

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