#6
Quel pomeriggio avevo due ore di Aritmanzia, lezione che per fortuna non condividevo con quell'idiota di Fred Weasley. Mi risuonavano ancora in testa le sue parole, forti come fosse di fianco a me e me le stesse urlando.
"Non vuoi metterti in cattiva luce neanche davanti alla Umbridge" aveva avuto il coraggio di dirmi. E se anche fosse stato così? Che problemi c'erano? Perché sembrava come se avessi fatto qualcosa di male?
La Umbridge era una nostra professoressa, fino a prova contraria, e ci avrebbe valutato ai MAGO. Era ovvio che volessi uscire con il voto più alto possibile, era mio dovere da studentessa. Ma evidentemente Fred non sembrava capirlo. Lui preferiva fare confusione, essere sempre quello alternativo, quello menefreghista. Dei voti non gli era mai importato.
«Signorina Callaghan?» mi sentii richiamare dalla professoressa Vector. Mi risvegliai di soprassalto.
«Sì?» risposi, mettendomi seduta composta e facendo finta di aver seguito la lezione fino a quel momento.
«Stavamo parlando delle Trappole Temporali, uno degli argomenti studiati l'anno scorso. Ci sa ricordare che cosa sono e a che cosa servono?»
«Assolutamente» dichiarai, tirando un sospiro di sollievo. Le Trappole Temporali sono state uno dei miei argomenti preferiti di tutto il sesto anno. «Le Trappole Temporali sono quelle più comuni ed utilizzate perché esse si rifanno alle condizioni quotidiane ed abitudinarie di chi vi si trova coinvolto. La durata media di una Trappola Temporale prima che il suo effetto svanisca è di un'ora, lasso di tempo in cui il mago si ritrova immerso in una forma di realtà che si ripopone ciclicamente senza possibilità di conclusione o risoluzione visto che, generalmente, la situazione si interrompe sul più bello».
«Molto bene, signorina Callaghan. Dieci punti per Grifondoro».
Be', per lo meno avevo recuperato i punti che Fred ci aveva fatto perdere. E mi era anche venuto in mente uno scherzo che avrebbe proprio fatto a caso mio, anche se voleva dire qualche giorno di preparazione.
Quella sera ero pacificamente seduta in sala Grande, portando a termine il riassunto del primo capitolo del libro di Difesa Contro le Arti Oscure. Per lo meno, il libro era leggermente più interessante della professoressa che lo spiegava. Vicino a me si era seduta Angelina, che faceva finta di studiare ma palesemente stava pensando a nuove tattiche da poter utilizzare nelle partite di Quidditch
Fred, George e Lee, invece, erano seduti al centro di un gruppo di bambini del primo anno dall'aria innocente, tutti intenti a masticare qualcosa che sembrava essere uscito da un grosso sacchetto di carta in mano a Fred. Io li tenevo sott'occhio, aspettando di vedere se i bambini fossero in serio pericolo prima di dire loro qualcosa, ma evidentemente qualcuno era di un'altra idea. Hermione, dall'angolo più lontano della sala Comune, si stava avvicinando a passo di carica. E io sapevo che questa non me la potevo proprio perdere, soprattutto quando, uno dopo l'altro, come se fossero stati colpiti sulla testa da un martello invisibile, i bambini del primo anno si afflosciarono svenuti sulle poltrone; alcuni scivolarono per terra, altri si limitarono a ciondolare dai braccioli, le lingue penzoloni.
«Basta così!» gridò Hermione a Fred e George; entrambi alzarono lo sguardo, un po' sorpresi.
«Sì, hai ragione» disse George e annuì, segnando qualcosa sulla cartelletta, «questo dosaggio sembra abbastanza forte, vero?»
«Ve l'ho detto stamattina, non potete sperimentare le vostre schifezze sugli studenti!»
«Li paghiamo!» obiettò Fred indignato.
Io mi avvicinai, inginocchiandomi vicino ad una bambina che, sdraiata per terra, sembrava essere caduta in un sonno profondo.
«Avete l'antidoto?» chiesi, alzando lo sguardo per guardare Fred. Quello sbuffò, prese un dolcetto viola da un sacchetto che Lee aveva in mano e si abbassò davanti a me, appoggiando la caramella sulla lingua della bimba, che si riprese nell'arco di cinque secondi.
«Che c'è, adesso neanche tu ti fidi di me?» mi domandò a mo' di sfida.
«Non ho mai smesso di farlo» replicai, alzandomi in piedi. «Ma dovete andarci piano».
«Si stanno riprendendo» disse Lee.
Alcuni bambini in effetti si muovevano, dopo aver mangiato la caramella. Parecchi sembravano così spaventati di ritrovarsi distesi a terra o penzoloni dalle poltrone, che fui certa che Fred e George non li avevano avvertiti dell'effetto dei dolciumi.
«Ti senti bene?» chiese Fred gentilmente alla bambina che poco prima era ai nostri piedi.
«Io..credo di sì» rispose lei, tremante.
«Ottimo!» esclamò Fred allegro.
«Non è ottimo!» insistette Hermione, «qualcuno potrebbe davvero sentirsi male se non la smettete!»
«E che cosa ci puoi fare, ci metterai in castigo?» chiese Fred in tono da voglio-proprio-vedere-se-ci-provi.
«Ci farai scrivere cento volte la stessa frase?» incalzò George con un sorrisetto.
Gli altri studenti ridevano. Avrei voluto tanto aiutare Hermione, avrei avuto anche gli argomenti giusti per ribattere, ma sapevo che quella non era la mia battaglia, e che se lo avessi fatto, nessuno l'avrebbe più presa sul serio.
«No...ma scriverò a vostra madre!» se ne uscì all'improvviso. Io sorrisi soddisfatta per la sua ottima trovata.
«Non dici sul serio» boccheggiò George orripilato, facendo un passo indietro.
«Oh, sì» rispose Hermione.
«Non possiamo impedirvi di mangiare quelle stupide cose, ma non dovete darle a quelli del primo anno» mi inserii io, guardandoli un ultimo secondo. «E' davvero pericoloso».
«Maeve!» mi chiamò una voce dall'ingresso della sala Comune, una voce che riconducevo senza ombra di dubbio a mia sorella. Be' mia sorella che mi chiama e ha bisogno di qualcosa da me è sicuramente una novità. Mi girai verso di lei, come fece praticamente anche metà della sala Comune. «C'è il tuo fidanzato fuori che ti aspetta».
«Il mio fidanzato?» domandai ad alta voce. Cosa stupida, visto che l'altra metà della sala Comune che non era attenta da quel momento aveva le orecchie drizzate. Tutti volevano farsi gli affari della Caposcuola che non era mai stata con un ragazzo perché troppo impegnata a studiare.
«Sarà lo stalker» ipotizzò Fred dietro di me, beccandosi un'occhiataccia da parte mia.
«Non è uno stalker» dichiarai, dirigendomi verso mia sorella. «E non è neanche il mio fidanzato».
«E lui lo sa?» chiese lei, sorridendo maliziosa, io feci in tempo a guardarla male prima di passare attraverso il passaggio della Signora Grassa e trovarmi davanti Theo, che sicuramente non era ne il mio fidanzato ne uno stalker.
«Ehy, tutto bene?» mi salutò, ridacchiando.
«Sì, sì, certo, non sembra?» dissi, sistemandomi leggermente i capelli spettinati.
«Sembra che tu sia appena uscita da una fossa di chimere affamate»
«Sì, più o meno è andata così» risposi, ridendo.
Ridere era una delle cose che mi piaceva di più fare con lui. O meglio, vederlo ridere. Gli si illuminava il viso, ogni pressione sembrava scomparire. Rimaneva solo Theo, un ragazzo di diciassette anni con il mondo davanti.
«Avevi bisogno di me?» chiesi, ricordandomi perché fossi lì fuori con lui e non in sala Comune a finire i miei compiti.
«Io ho sempre bisogno di te, May» rispose Theo, appoggiandomi un braccio sulle spalle e attirandomi a sé. Mi sarei spostata, se solo lui non fosse stato così caldo. «Ma stasera particolarmente. Dovevo fare la ronda con un prefetto di Tassorosso ma mi ha dato buca. Hai voglia di venire con me?».
Come si faceva a dire di no a quegli occhi?
Dieci minuti dopo, giusto il tempo di andare in dormitorio a prendere una felpa, ci trovavamo fuori dalla scuola, e stavamo passeggiando per i giardini di Hogwarts, diretti verso le serre. Di solito le ronde in esterna non erano particolarmente emozionanti, perché non succedeva mai niente. Occasionalmente si poteva incontrare una coppietta che stava pomiciando, ma di solito non appena ci sentivano arrivare scappavano via.
«Ho sentito che tu e Weasley avete litigato, fuori da lezione» affermò Theo dopo qualche minuto di silenzio. «Stai bene?».
Mi girai un attimo a guardarlo, sorpresa. Era la prima persona che me lo aveva chiesto. Neanche Angelina o George lo avevano fatto, forse perché non lasciavo mai che le mie emozioni trapelassero all'esterno. Per lo meno quando c'erano altri. Sono sempre sembrata molto equilibrata, non ho mai avuto particolari scatti di ira o di disperazione. Neanche di gioia.
Eppure dentro di me sentivo un vulcano pronto ad esplodere in qualsiasi momento. Un fuoco perenne che ardeva e ardeva, cercando la strada migliore per poter uscire fuori.
«Sto bene» risposi, scrollando le spalle. «Tra me e Fred è sempre una lotta continua, ormai sono abituata».
«Be', non dovrebbe essere così» intervenne lui, «non dovresti esserne abituata. Non funziona così un'amicizia»
«Ne sai tanto di amicizia, vedo»
«So che se fossi al posto suo non mi comporterei di certo in questo modo».
Ci fu di nuovo un minuto di silenzio, nel quale mi persi nei miei pensieri. Forse Theo aveva ragione. Forse non era giusto che mi "abituassi" ai comportamenti di Fred Weasley. Forse dovevo cercare persone che mi piacessero davvero, e a cui non dovevo per forza abituarmi ma che sapessero cambiare.
Finito il nostro giro tornammo all'interno del castello. Nonostante le mie proteste, Theo si impuntò sul volermi accompagnare fino all'ingresso della sala Comune del Grifondoro. Ed era impossibile fargli cambiare idea quando faceva così il testardo.
«Allora ci vediamo domani» lo salutai, sorridendo lievemente. Theo si avvicinò improvvisamente, invadendo del tutto il mio spazio personale. Troppo vicino. Mi allontanai il più possibile, fino a toccare la fredda parete con la schiena. Senza avere altre vie di scampo.
Il sorriso di Theo era illuminato dalle torce.
Si abbassò, appoggiando lievemente le labbra sulla mia guancia sinistra. Io mi misi a tremare. Avevo già ricevuto altri baci, ovviamente, ma non così...intimi. Anche se era solo un bacio sulla guancia, mi aveva fatto venire dei brividi che non avevo mai provato prima. Da una parte mi faceva strano, come se fosse sbagliato. Dall'altra però provavo una sensazione molto simile al piacere. Piacere di avere qualcuno così vicino. Piacere di poter condividere il mio spazio personale con un ragazzo come Theo.
«Mi spiace disturbarvi, ma credo che dovrete trovare un altro posto per fare i piccioncini».
Imprecai sottovoce, spingendo un pochino indietro Theo per poter guardare il ragazzo che ci aveva interrotti. Anche se avevo capito benissimo chi fosse solo dalla voce.
Fred ci stava guardando appoggiato con una spalla alla parete. Teneva le mani nelle tasche, e sembrava sorprendentemente calmo.
«Sei tornato dalla punizione con la Umbridge?» chiesi, cercando in lui qualcosa che mi indicasse che cosa avesse fatto.
«Evidentemente» rispose lui, estremamente sarcastico. «Vi spostate? Vorrei andare a letto».
Theo mi appoggiò una mano sul fianco, tirandomi verso di sé. Qualsiasi voglia avessi prima, però, Fred Weasley era stato in grado di farmela passare.
«Sì, dovrei andare anche io» borbottai, staccandomi. «Scusami, Theo. Buonanotte».
Passai dal buco nel ritratto subito dopo Fred, lasciando il Corvonero in un corridoio buio, senza la possibilità di ribattere.
«Perchè non sei rimasta con lui?» mi chiese il rosso, «pensavo ti stesse piacendo»
«Tu non sai niente di me, Weasley» sbuffai, salendo le scale verso il mio dormitorio. Era solo il primo giorno di scuola, ma se tutti sarebbero stati come quello, allora ero sicura che da quell'anno non ne sarei uscita viva.
Il giorno dopo si annunciò plumbeo e piovoso come quello precedente.
Nell'ora di Trasfigurazione, la professoressa McGranitt passò la lezione a fare una predica alla classe sull'importanza dei M.A.G.O.
«Non potete superare un M.A.G.O.» disse minacciosa, «senza una seria applicazione, esercizio e studio. Non vedo ragione per cui qualcuno in questa classe non dovrebbe ottenere un M.A.G.O. in Trasfigurazione, a patto che lavori sodo. Ne va del vostro futuro».
Ecco, non mi piaceva particolarmente parlare del mio futuro. Perché, sostanzialmente, non sapevo che cosa volessi fare. Con i G.U.F.O che avevo conquistato, avevo le strade aperte per la maggiorparte delle mansioni più importanti in tutto il mondo dei maghi, prima di tutto una scrivania comoda comoda di fianco a quella di mio padre. Ma io non volevo lavorare al Ministero, solo il pensiero di starmene seduta per ore in un ufficio buio mi faceva venire la claustrofobia. Avrei potuto fare di tutto, ma cos'è che io volevo veramente fare? Cosa mi appassionava così tanto da dire: "se guardo al futuro io mi vedo qui"?.
Mentre la professoressa McGranitt iniziava a spiegare le Trasfigurazioni Sensoriali, gli incantesimi che servono per trasfigurare uno dei cinque sensi di una persona nel senso di un animale, io mi persi nel pensare al futuro dei miei amici.
Angelina, di fianco a me, faceva finta di prendere appunti ma in realtà disegnava una lunga serie di Boccini d'oro, l'uno il più brutto dell'altro. Il suo destino era già segnato, tutti sapevano che sarebbe andata a giocare a Quidditch, al costo di girare come riserva tutte le squadre del Regno Unito. Fred e George era da mesi che parlavano del loro negozio di scherzi, e nonostante fossi arrabbiata con uno di loro, li conoscevo abbastanza bene da sapere che quando si mettevano in testa qualcosa l'avrebbero portata fino in fondo. Lee, invece, sarebbe andato a lavorare alla Gazzetta del Profeta, nella sezione sportiva.
Tutti conoscevano il proprio futuro, tranne me.
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