Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

#15

La mattina della gita ad Hogsmeade era limpida ma ventosa. Dopo colazione ci mettemmo in fila davanti a Gazza, che controllava i nostri nomi sulla lunga lista degli studenti che avevano il permesso di andare al villaggio.

«Weasley» disse, picchiettando con la piuma sulla pergamena, come se stesse cercando una scusa qualsiasi per impedire ai gemelli di andare ad Hogsmeade. «Lo sapete che dall'Emporio degli scherzi di Zonko non...»

«Possiamo portare niente di pericoloso» lo interruppe Fred come se ormai avesse imparato quelle parole a memoria.

«Come Caccabombe, Tazze Mordicchianti o Frisbee Zannuti» concluse George alzando le mani a mo' di resa. «Ce lo ripeti ogni volta da quattro anni a questa parte».

«Li terrò d'occhio io» mi proposi, «non si preoccupi, signor Gazza»

«Bene, andate» disse con voce gracchiante, come se non vedesse l'ora di toglierseli di torno.

Oltrepassammo le due alte colonne di pietra sormontate dai cinghiali alati e svoltammo a sinistra verso il villaggio, con i capelli negli occhi per il vento.

«Odio come tu debba sempre essere gentile con tutti» dichiarò Fred dopo qualche minuto, guardandomi di sottecchi. «A te non viene mai voglia di insultare qualcuno, ogni tanto?»

«Non sai quante volte ho avuto voglia di insultare te, Weasley» risposi io, beandomi poi della sua espressione particolarmente colpita. «Ma essere gentile con chi non mi tratta come dovrebbe assume un sapore totalmente diverso».

Era vero, spesso e volentieri mi dimostravo gentile e disponibile anche con chi non se lo sarebbe meritato, ma lo facevo esattamente per quel motivo. Perché mi rendevo conto che rispondere alla cattiveria con altra cattiveria non avrebbe reso migliore né me né nessun altro. C'era già abbastanza ingiustizia in giro, non mi andava di alimentare con il mio rancore e le mie piccole vendette un calderone già strabordante. Perciò tentavo di compensare con un po' di sano buon senso e amore verso il prossimo.

«Sei proprio strana» concluse lui, avvolgendomi le spalle con un braccio e tirandomi verso di sé. Io mi misi a ridere, lasciando correre. Alla fine, un po' strana lo ero veramente.

George e Angelina camminavano qualche metro davanti a noi, e sembravano particolarmente assorti in una conversazione della quale non riuscivamo a carpire se non poche parole. Non si toccavano, quei due. Però i loro corpi si muovevano come se ci fosse stata una sorta di forza di attrazione che li attirava l'uno verso l'altra. Come se per George, Angelina fosse il suo sole e lui un minuscolo pianetino del Sistema Solare. Come se per Angelina, George forse un immenso buco nero nel quale buttarsi nella speranza di un futuro migliore. Mi chiedevo quando mai si sarebbero resi conto che erano fatti per stare insieme.

Lee, dal canto suo, ci camminava a fianco, con le mani nelle tasche. Ogni tanto calciava qualche ciottolo che ostacolava il suo passaggio, e borbottava tra sé qualcosa di sconclusionato. Nel mentre, imboccammo la strada principale, che era piena sia di studenti di Hogwarts che di abitanti del piccolo villaggio.

«Ho sentito dire da Alicia che oggi sarebbe dovuta andare a spedire un pacco all'Ufficio Postale» dissi a nessuno in particolare. «Un regalo per la madre che compie gli anni».

Fred, che aveva il dono di capire sempre le mie intenzioni al volo, mi diede man forte affermando che: «Sì, mi sembra di averlo sentito anche io. Un pacco grosso, doveva essere. Forse ha bisogno di una mano».

Il nostro caro amico, che aveva drizzato le orecchie nella nostra direzione non appena avevo pronunciato il nome della mia compagna di dormitorio, sembrava essersi illuminato.

«Io...mi sono appena ricordato che devo andare a comprare delle pergamene, non c'è bisogno che mi accompagnate, ci vediamo alla Testa di Porco» ci informò concitato, salutandoci poi con un veloce gesto della mano e avviandosi di gran carriera verso quello che chiaramente era l'Ufficio Postale.

«Sei diventata una piccola Cupido?» mi chiese Fred ridendo non appena Lee fu abbastanza lontano.

«Non sai neanche quanto» gli rivelai io, lasciando che il calore del suo abbraccio mi scaldasse il cuore.

Stavamo ridendo. Io e Fred stavamo ridendo, insieme. Mi soffermai per qualche istante su quella sensazione estremamente piacevole. Io conoscevo molto bene il Fred Weasley nel gruppo. Il Fred Weasley che faceva casino. Il Fred Weasley che sapeva come divertirsi e non aveva paura di farlo.

Ma il Fred che avevo al mio fianco in quel momento, che mi circondava con un braccio e aveva i limpidi occhi illuminati da una risata spontanea, era un'altra persona. Una persona che mi faceva battere il cuore. Battere come non mi era mai successo prima. Battere come se fosse stato per lungo tempo assopito e si stesse di colpo risvegliando.

Abbassai lo sguardo, concentrandomi sulle sue mani. Erano sempre state così belle? Con le vene in risalto, le unghie tagliate corte e in qualche modo curate. Ne presi una. Era calda. Non esattamente morbida, ma di quella ruvidezza che mi faceva venire i brividi ad ogni suo piccolo tocco. Fred alzò lo sguardo su di me, guardandomi negli occhi. Aggrottò le sopracciglia in una muta domanda. E io gli diedi la mia risposta.

«Ragazzi?» gridai, chiamando George e Angelina che ormai erano a qualche metro di distanza. Entrambi si girarono, guardandoci perplessi. «Andate a fare i vostri giri, io devo fermarmi a prendere una cosa. Ci vediamo per le dieci alla Testa di Porco». Sentii Fred dietro di me prendere fiato. Un respiro tremolante, come se non credesse alle mie parole. La presa sulla mia mano si fece ancora più salda.

George e Angelina annuirono complici, si affrettarono ad avviarsi per High Street e ben presto furono inglobati tra la folla di studenti. Io, invece, fui trascinata da Fred direttamente dalla parte opposta, verso la Stamberga Strillante. La strada era un sentierino in salita, che portava proprio in cima ad una collina. Lì, vi si trovava un edificio abbandonato dall'aspetto diroccato, con finestre chiuse e tegole mancanti sul tetto. Nel giardino, l'erba cresceva incolta e qualche albero incolto si faceva largo qua e là. Veniva considerata la "casa più infestata di tutta la Gran Bretagna", e di solito gli studenti più sbruffoni facevano a gara a chi vi si avvicinava di più. Ma io e Fred non eravamo andati fino a lì per vincere una scommessa.

Era un posto isolato, parecchio tranquillo in quella fredda mattinata in cui tutti avrebbero preferito rifugiarsi nei negozi e nei locali. Un posto solo per noi.

«Sbaglio, o miss "Prefetta Perfetta" voleva stare un po' da sola con me?» sussurrò Fred ad un mio orecchio, prendendomi per i fianchi e lasciando che i nostri corpi si scontrassero nel primo di una lunga serie di abbracci. Un abbraccio vero, uno di quegli abbracci che si danno solo quando si è lontani da occhi indiscreti.

«Non darti tante arie» sussurrai, occhi negli occhi, le mie mani che si allacciavano dietro il suo collo come se fosse stato il loro posto preferito, «l'ho fatto solo per lasciare George e Angie da soli».

Lui mi guardò con un sopracciglio alzato. Chi volevo prendere in giro? Non ci credevo neanche io.

«Allora perché non riesci a smettere di toccarmi?» sussurrò contro il mio collo.

E, dannazione, tutto quello che successe dopo successe troppo in fretta perché io riuscissi a capirci qualcosa. Dovevo aver emesso un gemito, o fatto un qualsiasi altro gesto che potesse essere stato inteso come un consenso, perché Fred si impossessò del mio collo e non lo lasciò più andare.

Gemetti, questa volta davvero, e mi lasciai trasportare dalla marea di sensazioni che le sue labbra sulla mia pelle mi stavano facendo provare. C'era del piacere, da qualche parte lì in mezzo. C'era anche la paura di essere visti da qualche professore. C'era la gioia di essere insieme, e un senso di serenità, come quando dopo una scarpinata parecchio lunga si arriva alla cima della montagna e si gode della vista dall'alto.

Le mie mani guizzarono tra i suoi capelli, e li stringevano ogni volta che Fred mi dava un morso, o raggiungeva un punto particolarmente sensibile. Era una sorta di codice Morse con il quale comunicavamo, grazie al quale il ragazzo capiva cosa mi piaceva e cosa no, dove soffermarsi e dove invece cambiare strada.

Avevo la bocca particolarmente secca. Per un attimo mi balenò l'idea di andare a prendere qualcosa da bere, qualcosa di forte, ma le mani di Fred che mi percorrevano la schiena mi distrassero dal pensiero. Le sue labbra mi stavano assaporando. Era avido, era desideroso di qualcosa. Forse aveva sete anche lui e stava cercando di dissetarsi con la mia pelle.

«Fred» mormorai dopo qualche minuto che quel tempo di melassa aveva trasformato in ore. Lo sentii irrigidirsi sotto le mie mani, e stringersi ancora di più a me.

«Sì?» sussurrò sul mio collo. Il suo fiato caldo mi aveva fatto venire la pelle d'oca.

«P-piano...per favore» balbettai, nascondendo il viso nel suo petto perché sapevo di essere terribilmente arrossita.

Volevo fare le cose fatte bene, questa volta. Non volevo baciarlo e poi rimpiangere di averlo fatto il giorno dopo. Volevo imparare a conoscerlo, a conoscere quel Fred che si poteva scorgere solo quando lo si prendeva da solo. Volevo passare tanto tempo con lui solo a parlare a bassa voce, e a scambiarci carezze davanti ad un fuoco. Volevo la dolcezza, il corteggiamento. Volevo sentirmi amata e desiderata, per una volta. Ero stanca di correre sempre dietro a tutti, volevo qualcuno che ci tenesse a me e che lottasse per me.

Fred, con mia somma sorpresa, annuì leggermente, e si staccò piano da me. Ritornai d'improvviso ad avere freddo, ma mi convinsi allo stesso tempo che fosse per il bene di entrambi. Non sarebbe servito a niente farsi prendere dalla passione e scottarsi nel fuoco, quando si poteva benissimo godere del calore delle fiamme da una rispettosa distanza.

«Vorrei...vorrei che questa cosa rimanesse tra noi due, per il momento» ammisi, giocando con un bottone della sua giacca. «Per te va bene?». Lui mi guardò confuso.

«Per caso ti vergogni a farti vedere in giro con me?»

«No!» esclamai, appoggiandogli immediatamente una mano sulla guancia. «Ma certo che no, che stai dicendo? Voglio solo che sia una cosa...nostra, capito? Non ho mai avuto niente che fosse solo mio, e adesso che ci sei, voglio solo godermi il momento prima di andare a dirlo in giro a tutti».

Sentii i muscoli tesi di Fred rilassarsi abbondantemente. Il viso corrucciato si aprì in uno dei sorrisi più belli che mi abbia mai fatto. Uno dei suoi sorrisi maliziosi, proprio alla Weasley.

«Mi vuoi tutto per te per un po', eh?».

Io scoppiai a ridere, appoggiandogli la testa al petto e sfregando leggermente la guancia contro di lui. Una risata liberatoria, una risata che aveva il sapore di chi era tornato a casa dopo tanto tanto tempo.

«Ti voglio tutto per me, per sempre».

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro