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Che appena saputo l'hanno cacciato via dallo spogliatoio -dopo una sessione d'allenamento tanto dura d'averlo conciato tutto un livido- senza permettergli di cambiarsi, che "l'occhi de n'frocio addosso non li vogliamo", il borsone e il casco lanciati ai suoi piedi.

Ed è rimasto per un po' lì davanti, Simone, a fissare la porta chiusa e a ripensare alle botte prese, più violente del solito, e agli occhi di Riccardo, che fino a quel momento gli si erano sempre mostrato gentili.

Che non è soltanto l'insulto, né le botte prese. Ch'è più la consapevolezza d'aver perso in un momento una parte della sua vita - le partite, le risate condivise, le trasferte, il bene, che alla fine bene non era.

Si ridesta che li sente ridere, e s'affretta ad andarsene allora, che di farsi vedere in lacrime non ha né voglia né cuore, e il sudore gli si gela sulla pelle all'aria fredda sul motorino, e gli gela il petto e gli gela la gola, e ringrazia che casa sia vuota, che si tuffa in vasca e s'abbandona alle lacrime.

Salta gli allenamenti, due giorni dopo, che "vorrei ripetere, sono un po' indietro", e non chiede Manuel, ma s' è accorto che c'è qualcosa, che Simone è schivo, triste, e che saltare gli allenamenti non è da lui.

"Va tutto bene?" S'azzarda, mentre siede accanto a lui e svogliatamente sfoglia il libro.

Simone scuote la testa, che tanto basta a fare rizzare Manuel sulla sedia, "non mi va di parlarne adesso. Va bene?" E con le dita tortura un angolo di pagina. Manuel poggia la mano sulla sua, "va bene. Sto qua".

Simone gli sorride, fiacco e velato di tristezza ,e riprende a studiare.

Manuel non gli toglie gli occhi di dosso, né quella sera, né per i giorni successivi.



Simone salta un'intera settimana di allenamenti.


"So'stati loro, ve'?", glielo chiede di sera, ch'è tardi e Simone non ha dove scappare.

E forse è un po' vile, ma il consumarsi di Simone sta consumando anche lui.

"Loro chi?"

"La squadra. T'hanno fatto quarcosa."

"Ma che ne sai tu?"

"Me basta guardarti, Simo'".

E siede sul letto e Simone accanto a lui. Si tormenta le mani, e Manuel sta per dire altro, non sa bene cosa, ma non serve, che Simone gli si sbriciola sotto gli occhi, e i singhiozzi sono così forti che non riesce quasi a respirare, e Manuel è terrorizzato.

Lo tira sul grembo quasi fosse un bambino, lascia che gli si stringa contro e gli sporchi la maglia di lacrime e muco; gli accarezza la schiena, gli bacia la testa.

"Risolviamo tutto Simo'", e il piccolo scuote violento il capo, che "non c'è niente da risolvere, niente- niente da fare. Che Simone non conta un cazzo, conta solo se è frocio o no".

E racconta, Simone, e più racconta e più Manuel sente la pelle bruciare della rabbia più nera, e la soffoca e lo stringe forte, finché non s'addormenta.

"Che prima o poi te lo dico che sei chi mi fa aprire gli occhi la mattina, Simo'".





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