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CAPITOLO 10: Wilde Dschungel

La nebbiolina perenne in questo luogo, verdeggiante, umido e paludoso, che si sollevava qua e là, come colonne di fumo, in una pentola con la zuppa, nascondeva ulteriormente, le insidie, già mimetizzate nella folta vegetazione e nascoste tra la boscaglia, che cresceva incontrollata lungo il percorso, segnato con uno scarabocchio di macchie di un verde spento, sulle mappe, in dotazione. La puzza di decomposizione si sollevava dagli acquitrini infestati dai caimani, nel periodo delle grandi alluvioni e le zanzare fameliche, banchettavano indisturbate infilandosi negli spazi delle tute da competizione. Avanzavano lenti, seguendo il sentiero impervio pieno di muschio e ciottoli, in quella foresta vergine incontaminata e lontana anni luce dalla civiltà, facendo un continuo zig zag, per evitare le lunghe liane, che scendevano come spesse corde dagli imponenti alberi secolari, ricoperti da muschi brillanti e che osservavano con mille occhi attenti e minacciosi di scimmie urlanti, che li seguivano lungo il loro viaggio, saltando da un ramo all'altro, guardandoli dall'alto verso il basso, ma senza timore. Il cielo perennemente grigio gli regalava continue piogge e strade piene di fango che si sollevava come cioccolato fuso e si incollava sulle visiere rendendo difficoltosa la vista e obbligandoli a proseguire senza. Un caos di suoni di uccelli tropicali e il gracidare stridulo di rane, accompagnavano, come un disco rotto, il basso borbottio dei motori che annaspavano sprofondando nei fanghi puzzolenti e non termali. Numerosi serpenti, strisciavano e penzolavano dai rami sopra le loro teste, mentre cercavano il ponte che gli avrebbe permesso di attraversare la gola, e raggiungere, una dopo l'altra, le x rosse, che rappresentavano i Pit Stop più vicini, dove li attendevano i commissari di gara con i rifornimenti, prima di concludere l'esperienza giungla, arrivando al checkpoint di Kobalthimmel, ad appena, 10 giorni dalla loro attuale posizione, ammesso che fosse giusta. Alexander si sentiva perso da molto, ormai. Le cartine erano inesatte e il groviglio di flora rendeva l'orientamento o la ricerca di punti di riferimento alquanto difficoltosa. Avevano perso un sacco di tempo prezioso.
"Stiamo girando in tondo Adler."
"Eppure deve essere qui, quel maledetto ponte!"
"Ma non c'è."
"Deve averlo spazzato via la piena."
"Fantastico! E ora come andiamo dall'altra parte?"
"Temo che dovremo guadare il fiume o improvvisare."
"Guadare il fiume nel periodo delle grandi alluvioni? Sei pazzo? E' un suicidio."
"Ne sono consapevole, ma non è che abbiamo molte alternative. In più il carburante e l'acqua scarseggiano."
"Mai che mi porti buone notizie tu. Per fortuna qui c'è un ruscello."
"Non ti consiglio di bere quell'acqua verde contaminata, Fräulein, se non vuoi stare male o addirittura prenderti il colera!"
"Grrr..." grugnì raschiando i denti.
Alexander si limitò a guardarla negli occhi. Il cipiglio con cui Adalia l'aveva incenerito con un solo sguardo, lo divertì. Dopo il suo svenimento nel bel mezzo dell'Autobahn, non avevano chiarito, lui non era pronto a condividere i suoi tormenti e lei gli aveva lasciato i suoi spazi, tuttavia l'intesa, la chimica e quello che provava per la ragazza si intensificavano giorno per giorno. Aveva provato a cacciare via quelle sensazioni, quei sentimenti confusi che gli annebbiavano la testa e gli facevano maledettamente male e bene contemporaneamente e lo terrorizzavano, ma ogni volta, i suoi occhi sinceri ed illusori, lo riportavano tra le sue braccia. Lei aveva sostenuto il suo sguardo, col broncio, incatenando quelle meraviglie oltremare, alle sue iridi disorientate. Il cuore, la testa, la vena del collo e pure le mani, pulsano di desiderio alla vista del suo labbro contratto in una smorfia severa, che si rilassò, quando il ragazzo avvicinò cauto, le sue labbra, a sfiorare quelle della fanciulla: arrabbiata com'era in quel momento, la probabilità di ricevere un pugno sul naso non era nemmeno così inimmaginabile. Era un bacio strano, ma non perchè sapeva di fango, ma perchè per la prima volta, gli sembrò che i veti cervellotici, che si era imposta Fräulein, fossero sprofondati nel terreno marcio. Erano le palpitazioni del suo cuore contro il suo petto, il rossore delle sue guance, il trasporto con cui ricambiava quel tocco, a ribadirlo. Un gioco casto di labbra, accompagnato da un gentile sfiorarsi di lingue che si accarezzavano lente ma con desiderio e trasporto, con innocenza e dolcezza, con quel qualcosa che era sempre mancato prima: l'amore.

"Sarà notte presto, troviamo un riparo." Delicato le aveva sfiorato la guancia morbida come il velluto, prima di rimettersi in viaggio e lei stranamente non si era scostata fredda e infastidita, come suo solito, ma aveva copiato quel gesto seguendo con l'indice i tratti del viso di Alexander, che avrebbe desiderato solo continuare a vivere di baci rubati, discorsi impegnativi, languide carezze e perdersi nello sguardo della ragazza per sempre.
Lo scroscio assordante di una cascata, li aveva condotti ai resti di un tempio di un'antica civiltà.
Montarono la tenda accanto alle rovine in pietra, che li riparava dalla pioggia scrosciante e dal vento che si era alzato e consumarono un pasto caldo, dopo aver acceso un fuoco. Rimasero svegli a sentire il rumore della pioggia e delle goccioline che cadevano dalle foglie enormi che li circondavano, parlando di tutto e di niente. Lei era sdraiata sul petto del ragazzo che passava le mani nei suoi capelli setosi, facendoli annodare.
"Lo senti?"
"Il silenzio della giungla che dorme, spezzato dalla pioggia?"
"No."
"Cosa allora?"
"E' un suono molto più profondo. Il suono più bello che abbia mai udito, in verità."
Alexander chiuse gli occhi per concentrarsi, ma riusciva ad isolare sempre e solo gli stessi suoni: la pioggia, lo scricchiolio delle fronde mosse dal vento, il rumore dei loro respiri leggeri e il crepitio del fuoco.
"Io non sento niente Adalia."
"E' il battito del tuo cuore."
Appoggiò la mano fredda sul suo petto e lui sentì un sollevarsi di battiti impazziti che risuonavano per lei, come la Filarmonica di Heilige Adler in concerto, in ogni terminazione nervosa.
"Sei incomparabile Fräulein." mormorò a fior di labbra, prima di perdersi con un bacio, in quel paradiso armonioso e vellutato. "Ti bacerei per tutta la notte e ancora." farfugliò.
"Nessuno ti impedisce di non farlo, siamo soli dopotutto, Alex." sospirò scandendo il suo nome con una sensualità che mandò il ragazzo in tilt, trasformando quei baci, in un bisogno primordiale, di lei.
Infine, si addormentarono sereni, stretti tra le braccia l'uno dell'altra.

Intanto Fuchs, intenzionato a vincere la competizione a tutti i costi, aveva messo in atto un piano diabolico per imbrogliare e successivamente eliminare Adler e Luchs.
Innanzi tutto doveva recuperare quei due giorni di svantaggio. Per farlo non poteva permettersi di fermarsi a riposare e doveva guidare senza interruzioni, a parte i Pit Stop obbligatori per il carburante, giorno e notte. Ovviamente era impensabile per qualsiasi pilota, anche per quel pazzo di Adler, passare 48 ore sveglio alla guida di una motocicletta, ma non impossibile. Non era mai stato fatto, ma in fondo c'era sempre una prima volta per tutto e sarebbe passato alla storia anche per questo, senza tra l'altro compiere davvero quella pazzia, che gli sarebbe costata la vita. Mentre era ancora a Wüstensand, era incappato, su suggerimento di un vecchio amico anarchico che odiava la monarchia e Adler, almeno quanto lui, in una losca organizzazione che, in cambio di un lauto compenso, era disposta a tutto. Così l'idea di ingaggiarli e di dividerli in due Team. Il primo Team "Abbruch", aveva il compito di far saltare il ponte che collegava le due gole ripide e che rappresentava l'unica via d'accesso per il primo Pit Stop nella giungla, con lo scopo di rallentare Adler e Luchs e spingerli verso la sua trappola. Il Team 2,"Motorradrennen", invece doveva percorrere, a turno, il tratto con la sua moto, mentre lui raggiungeva, comodamente seduto su una Jeep Limousine super accessoriata, dove radunava le forze, le zone buie alle telecamere, per poi guidare fino al rifornimento e al prossimo scambio, mentre il suo team macinava km alternandosi regolarmente, guidando giorno e notte. Nessuno avrebbe sospettato niente, visto che era sempre lui in persona, a presenziare davanti alla commissione di gara. Infine, bello riposato e rilassato, poteva raggiungere la posizione degli altri due concorrenti, hackerando il segnale dei loro GPS e riprendere in mano le redini del gioco, dopo essersi sbarazzato degli unici due ostacoli, che impedivano la sua vittoria. Un piano semplice, ben congegnato, letale e che avrebbe sancito finalmente la fine della monarchia.
Sorrideva pungente, aspettandoli al varco. Li aveva condotti esattamente dove voleva.

Ignari, del destino beffardo che li avrebbe colpiti, da lì a poco, Alexander e Adalia cercavano un modo per oltrepassare la gola, senza guadare il fiume in piena.
Non fu di sicuro la fortuna, ad indirizzarli verso un ponte sospeso.

"Sembra malconcio." convenne la ragazza guardando il vuoto sotto di loro. "E' un bel salto da quassù."
"Non vedo altre opzioni. O lo attraversiamo o ci ritiriamo."
"Ritirarci? Mai."
Una voce dall'altra parte del ponte attirò la loro attenzione.
"Addio perdenti!" urlò Fuchs a squarciagola, partendo a razzo. I ragazzi si guardarono meravigliati. Com'era possibile, con l'enorme distacco che aveva accumulato, che li avesse addirittura superati?
In verità lui non aveva attraversato il ponte, ma era arrivato dall'altro lato della gola, usando un percorso alternativo e non regolamentare che in pochi conoscevano.
"Ma quanto tempo abbiamo perso ieri, a girare a vuoto Fräulein?"
"Io... non ne ho idea."
Alexander sospirò.
"Nulla è ancora perduto, Adalia. Attraversiamo, esattamente come ha fatto Fuchs, e poi, dopo aver recuperato terreno, gli facciamo mangiare la nostra polvere ok?"
Dolcemente le scoccò un bacio veloce sulla bocca, per tranquillizzarla.
"Ci sono io. Non ti lascio. Andrà tutto bene ok? Tu fai come me."
La ragazza nonostante la tensione, annuì. Con Alex accanto a lei, si sentiva sicura, protetta e amata. Nessuno, a parte Leon, l'aveva mai fatta sentire così.
Un passo dietro l'altro, col cuore in gola, il ragazzo, aveva cominciato a spingere la moto su quel pezzo di legno traballante, cigolante e scricchiolante, sospeso ad almeno 30 metri da terra. Spesso, colto da uno stato di vertigine e di instabilità, si dimenticava perfino di respirare. Adalia lo seguiva attenta e inorridita, mentre le assi si piegavano al peso delle due moto e dei due ragazzi, probabilmente troppo carico, per quel cumulo di assi marce che stava insieme a stento. Ad ogni rumore, la ragazza, sobbalzava facendoli dondolare di più.
"Guardami Schatz, va tutto bene. Stai tranquilla. Non guardare giù, considerando che puoi guardare me!" finse un sorrisino teso facendole l'occhiolino e lei si mise a ridere. Come faceva a farla sorridere anche in situazioni assurde come questa? Alexander era indubbiamente un ragazzo speciale e, per quanto cercasse di fingere e di convincersi che non provava niente per lui, visto che lo stava usando solo per vincere, doveva ammettere, che non gli era affatto indifferente. Non lo era mai stato. Non lo erano nemmeno i suoi baci carichi di passione, desiderio e travolgente sentimento, che le facevano battere il cuore all'impazzata, senza un motivo valido, che le procuravano brividi ustionanti e la facevano sentire bella, desiderata e completa. Adalia pensava di non avere paura di niente, a parte i pozzi riarsi e bui, ma su quella passerella oscillante, aveva appena scoperto di avere il mal di mare e la fobia per il vuoto, ma non era la paura più grande a paralizzarla, no, quella era la possibilità di essersi innamorata di Alexander Adler. Si trovavano a metà ponte, quando, una delle tre funi, sul lato sinistro e che Fuchs aveva scrupolosamente lacerato in vari punti con un coltello, si strappò, destabilizzando il ponte. Alexander notò che si stavano consumando velocemente, strappandosi in vari punti e realizzò che presto sarebbero precipitati nel vuoto.
"Molla la moto e corri."
"Cosa?"
"Corri."
"Così il mio sogno precipiterà a picco con la mia moto."
Alexander scrollò la testa. Cosa se ne faceva della moto e della vittoria, senza la sua Adalia?
"Ok. Abbiamo poco tempo. Accendi e dai gas. Vai più forte che puoi!"
I ragazzi salirono sulle moto, mentre la corda di destra, sanciva la sua fine, sciogliendosi come neve al sole e facendo ondeggiare pericolosamente, quel vecchio passaggio sorretto, ormai, solo da 4 corde malandate.
Accelerarono percorrendo a tutta velocità, quel mortale ponte sospeso degli orrori. Alexander toccò terra per primo e quando si girò verso la ragazza, il ponte sulla parte sinistra implose su se stesso, provocando un effetto domino sulle assi, che precipitavano nel vuoto, ad un soffio dalla ruota posteriore di Adalia. La ragazza accelerò a tavoletta proprio quando il ponte si staccò anche sul lato destro, dove si trovava il Principe. Alexander urlò la sua disperazione portando le mani in direzione del vuoto, come a cercare di prenderla al volo. Ma era troppo lontano. La mano torturava inquieto, quasi a strapparlo, il suo ciuffo biondo, mentre fissava la moto fluttuare in aria, come sospesa in una bolla del tempo, in un lasso di tempo che gli sembrò lo scorrere di un'era. Un dolore insopportabile al cuore, paragonabile a un infarto, lo investì impossessandosi di lui, pezzo dopo pezzo come una pestilenza. Portò la mano al petto mentre le tenebre gli oscurarono la vista. Non poteva perderla, non adesso che finalmente aveva trovato la ragazza perfetta per lui, non ora che aveva scoperto l'amore. Il respiro si bloccò facendolo scivolare con le ginocchia sull'erba umida, mentre Adalia atterrava incolume, fermando la sua folle corsa, poco distante dalla motocicletta di Adler.
Alexander la raggiunse correndo e la abbracciò così forte, che sentì le ossa scricchiolare. Era ancora scossa, bianca in viso, col pallore di chi aveva appena visto la morte in faccia, ma era viva.
"Pensavo di averti persa per sempre. Hai rischiato la vita per una stupida gara, te ne rendi conto? Stupido io che ti ho assecondata!"
"Ne è valsa la pena."
"Io non credo proprio!"
"Invece sì." dolcemente appoggiò il naso nell'incavo del collo del ragazzo e inalò il suo profumo, si alzò sulle punte dei piedi per raggiungere le sue labbra ancora tremolanti, prima di racchiudere ogni sua emozione in un bacio che sapeva di amore.

I giorni successivi li passarono a guadagnare terreno e ad accorciare le distanze che li separavano da Fuchs. Ancora si chiedevano come avevano fatto a credere, che quel nefando individuo, avesse davvero potuto attraversare quel ponte. Onestamente, nessuno sano di mente si sarebbe avventurato là sopra, nemmeno a piedi. Il fatto che erano vivi e potevano ancora raccontarlo, faceva di loro, agli occhi del pubblico, dei sopravvissuti incoscienti, che erano disposti a tutto per la vittoria. In verità Alexander, dopo questa esperienza, tutto voleva tranne trovarsi ancora in una situazione del genere. Qualcosa si era spezzato per sempre dentro di lui. Qualcosa, che lo legava a lei e che lo avrebbe portato a fare di tutto per proteggerla, anche da se stessa. Tuttavia doveva proseguire e vincere, ma senza di lei. Era troppo folle, orgogliosa e testarda, per rendersi conto di quanto aveva rischiato. Probabilmente l'avrebbe odiato, ma era meglio una Fräulein arrabbiata, che una Fräulein morta. Poteva gestire le sue scenate, il broncio, la sua ira, i suoi sfoghi, i suoi pugni, ma non poteva gestire, quello che aveva provato il suo cuore quando aveva creduto di dover passare il resto della sua esistenza senza il suo sorriso, i suoi occhi illusori, le sue labbra, i suoi pensieri profondi, senza di LEI. Inoltre non avrebbe potuto vivere col senso di colpa di aver contribuito alla sua dipartita. No. La sua famiglia non meritava di piangere la sua morte. Lui non meritava una vita grigia, senza colori, fatta di solitudine e di dolore, senza la metà più bella, della sua anima.
Al checkpoint, glielo avrebbe detto, gli avrebbe confidato il suo amore, gli avrebbe fatto capire che loro due erano perfetti l'uno per l'altra e che lei non era mai stata nel suo radar per una squallida "conquista sessuale", ma perchè c'erano molti sentimenti in ballo che gli facevano desiderare un piano di vita insieme. Se questo era l'amore, se lei era l'amore, non voleva più farne a meno.

Erano arrivati di notte, dopo 10 giorni di traversata nella giungla, al checkpoint di Kobalthimmel.
Avevano tirato le loro moto fino al limite e avevano guadagnato, in quell'ultimo rettilineo, la vittoria, superando Fuchs, che convinto di averli eliminati per sempre, avanzava spensierato, a velocità di crociera.
Ad attenderli, davanti al cortile del Museo di storia dell'Arte, milioni di lanterne fluttuanti lanciate dai cordiali cittadini, che acclamavano col sorriso, il loro Principe e il suo "Verschroben Gevatter", con cui, con intrepido coraggio, aveva affrontato la morte, sfidando la gravità e la natura, che aveva deteriorato le corde e le assi.
Il fatto increscioso, che aveva visto protagonista il Principe, e che aveva rischiato di lasciare il Regno senza un erede al Trono e senza un'ottantunesima edizione della gara, aveva subito fatto aprire un'indagine.
Alexander era stato convocato per una deposizione ma soprattutto per essere informato sulle condizioni di salute del padre, dopo il delicato intervento di trapianto. Il dottore di corte, gli aveva spiegato per filo e per segno tutto ciò che aveva comportato questo tipo di operazione e quali sfide, si apprestava ad affrontare il Re, durante il suo lungo periodo di convalescenza. Dal momento in cui gli avevano impiantato un nuovo cuore nel petto, avrebbe dovuto, evitare lo stress e le forti emozioni, motivo per cui, doveva esserci il passaggio di potere al figlio, nominato, fino all'incoronazione ufficiale, il "Reggente in carica."
Alexander ovviamente non faceva i salti di gioia e nonostante lo avessero addestrato tutta la vita a questo, o almeno ci avessero provato, non si sentiva pronto. Tuttavia quello era il suo destino perciò, fingendo gratitudine e finta sicurezza, accettò di buon grado il suo nuovo "ruolo." Almeno questo, al padre, per garantirgli una tranquilla ripresa e una lunga vita, lo doveva.
Prima di tornare in camera sua, decise di fare la famosa telefonata, che avrebbe fatto infuriare Luchs.
Adler sedeva sulla ringhiera del balcone, con le gambe a penzoloni nel vuoto, a fumare una sigaretta, quando la brezza serale, portò nel vento il profumo di Adalia. Si affacciò curioso sul balcone della ragazza e quando vide la sua ombra, volteggiare dietro alle tende, con un balzo si fiondò sul terrazzino adiacente.
"Fräulein, sei presentabile?"
"Shhh razza di Dumkopf! Abbassa la voce!" era sbucata, con la fronte corrugata e il labbro teso in una smorfia divertita, vestita solo di una maglietta non molto lunga sul sedere e con un asciugamano arrotolato nei capelli. Gli occhi del ragazzo saettavano famelici sul suo corpo.
"Mi sei mancata."
"Ma se ci siamo visti meno di mezz'ora fa."
"Una mezz'ora di troppo."
"Scemo! Fammi rivestire o rischiamo di..."
"Di!?" chiese alzando un sopracciglio incuriosito, facendo scorrere le dita sulla schiena della ragazza.
"Farci scoprire! Sei un depravato! Che cosa avevi capito?"
"Sei bella da morire, Adalia..." le scostò, con un lambire lento e delicato, il ciuffo di capelli bagnato che le ricadeva sulla fronte irrequieto e selvaggio come lei, "Ho bisogno di parlarti, dopo..." le labbra di Adler, si incollavano incaute, su quelle umide della ragazza, colto da un bisogno inspiegabile di sentirle ancora sue.
Un forte bussare li fece trasalire. "Lo sapevo! Ci hanno beccati!" mormorò irata la ragazza, ancora avvolta da quell'abbraccio e quel bacio che le aveva fermato i battiti nel petto. "Hai fatto la spia non è vero? Sapevo che non potevo fidarmi di te."
"Certo che no." la fulminò con gli occhi.
"Concorrente Luchs, una chiamata per lei." la voce del giudice di gara del checkpoint latrò nel corridoio muto. "E' suo padre."
"Eccomi." rispose ad alta voce e poi si rivolse ad Alexander: "Devo andare." sussurrò allontanandosi da quell'abbraccio che profumava di protezione e casa.
"Vai. Basta che torni sempre da me." la guardò il ragazzo con un cipiglio arcano.
"Presuntuoso." lo provocò con un sorrisetto malizioso.
"Dico sul serio." la tirò a sé prendendola dal polso e le fece sparire quel sorrisetto compiaciuto con un bacio, accorciando le distanze dei loro corpi. "A presto Fräulein".

Poi si staccò e scavalcò il balcone della terrazza e scomparve così com'era entrato.

I pugni battevano violenti contro la porta, che tremava al fragore di quei colpi.
Alexander sospirò. Sapeva esattamente chi era e il motivo di tanto rancoroso odio nei suoi confronti, ma non si sentiva in torto perchè aveva fatto la cosa giusta. Forse prima o poi anche lei l'avrebbe capito.
La porta, appena appoggiò la mano sulla maniglia, si spalancò. Due occhi azzurri illeggibili gli si pararono davanti carichi come bombe ad orologeria. Alexander sorrise. Quanto adorava il fuoco di quella ragazza.

"Sei un bastardo! Usi questi mezzucci infidi, per farmi fuori dalla gara? Che bisogno c'era di chiamare Leon?"
"Sei quasi morta, su quel maledetto ponte! Per la miseria, ragiona Adalia!"
"Io sono più che lucida e ragiono perfettamente. Qui, quello che non ragiona, sei tu! Come ti sei permesso? Che ne sai tu di cosa è giusto per me?"
"Non lo so? So perfettamente quanto ci tieni a vincere questa competizione, ma non lo puoi fare se diventa la tua unica priorità, anche a scapito della tua stessa vita. Non posso vederti buttare via la vita in imprese suicide."
"Perché spreco tempo con te? Perchè mi fido? Ne avevamo già parlato e tu mi hai pugnalata alle spalle. Non rinuncerò ai miei sogni per farti vivere momenti di gloria, mi dispiace Alex, ma non ne vali la pena!"
"Perchè mi chiedi? Mi sembra abbastanza ovvio! Perchè ti voglio bene! Cosa devo fare per dimostrartelo? Per favore dimmelo."
"Ritirati dalla competizione."
"Tutto ma non questo. Non posso." Alexander abbassò gli occhi cupo.
"Certo che no." i suoi occhi lo trafissero come lame affilate di ghiaccio.
"Non è per me. Te l'assicuro Fräulein." le accarezzò la guancia. "La gara non mi interessa più, ma devo vincerla a tutti i costi."
"Perchè?"
"Per mio padre. Potrebbe essere la sua ultima possibilità di vedermi gareggiare." gli occhi grigi si riempivano di foschia umida. "Sai, è stato operato, ma non è ancora fuori pericolo e la ripresa sarà lunga e difficile e c'è sempre una piccola possibilità, che stia morendo. E questa probabilmente sarà anche la mia ultima corsa. Un Re non può lasciare il Regno "sguarnito" per due mesi."
Adalia sentì qualcosa dentro di sé rompersi. Ecco cosa aveva indotto il ragazzo a piangere in bagno. La mente le fece riaffiorare le prime impressioni che aveva avuto di lui e che ora vacillavano.
Alexander Adler: nato a Heilige Adler il 14 febbraio 2003, principe di Heimat. Strafottente, egocentrico, presuntuoso, maschilista, testardo, insopportabile e bastardo di prima categoria. Ma Adler era più di un certificato di nascita, di un'impressione a pelle, di un trono, era un complesso agglomerato di versioni caratteriali differenti, che si nascondevano sotto a quel primo muro spesso e impenetrabile che indossava come una maschera. C'era il ragazzo superficiale e odioso è vero, ma sotto quella scorza, grattando, c'era un ragazzo di buon cuore che aveva rischiato più volte la vita per gli altri, c'era un figlio e un fratello devoto e poi c'era l'Alexander dolce che l'aveva baciata e che le stava confessando di volerle bene. Quel qualcosa di più, di speciale, che si cominciava a vedere, che lui le permetteva di vedere, come un quadro che si colorava, pennellata dopo pennellata trasformandosi in un capolavoro da ammirare.
"Mi dispiace, sono stato egoista, lo so, ma perderti è peggio che affrontare la morte."
"Non devi, io sono qui Dummkopf."
Alexander appoggiò il mento sulla testa della ragazza.
"In verità non è una stupida vittoria a ricucire il mio rapporto con mio padre ma forse... almeno per una volta, sarà fiero di me."
"Io scommetto che lo è già."
Il ragazzo le baciò la tempia.
"Se solo potessi essere semplicemente io, non un Principe, non un futuro Re, non un casino e una delusione costante..."
"A me piace il tuo casino." lo guardò in quegli occhi azzurri che parevano una tempesta in cui smarrirsi e che non ti lasciavano via di scampo.
"A me piaci tu Fräulein, sei l'unica per me e basta."
A quelle parole Adalia si pietrificò. Il cuore della ragazza ruggí come un leone in gabbia. La ragione svanì col desiderio delle sue labbra. Un bacio rubato al ragazzo si trasformò in turbine di emozioni e sensazioni meravigliose e nuove, di intenso e buono, di menta e ferro, di grazia e di passione, di poli opposti che si attiravano e si respingevano in continuo in una danza che si chiamava amore.

NOTA AUTRICE: Alexander e Adalia se la sono vista davvero brutta, ma per fortuna sono sopravvissuti e sono ancora in gara.

Deutsche Wörter:
Kobalthimmel: cielo cobalto
Autobahn: autostrada
Abbruch: demolizione
Motorradrennen: gara motociclistica
Schatz: Tesoro
Verschroben Gevatter: strambo/bislacco compare

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