CAPITOLO 8: Der Mordanschlag
Le vibrazioni sonore, prodotte dagli spari, di Adalia e Reiniger, sembravano aver percorso parecchi chilometri, muovendosi alla velocità della luce e andando sempre più lontano, invadendo ogni abitazione del Königreich, superando le cime innevate, i deserti di sabbia, le impervie giungle, fino agli oceani, arrivando in tutto il mondo conosciuto, da ogni persona, da ogni classe sociale, religione e colore, perfino nei Lager, abbattendosi infine, come un Boomerang, nelle spesse mura del Bunker, dove si erano infilate, affilate come lame, nel cuore di Leon e di Zelinda, che fissavano lo schermo, ormai disturbato e pieno di pallini neri che sfarfallavano, senza nemmeno fiatare. Come onde elastiche, che si propagano durante un terremoto, avevano causato un sisma emotivo, silenzio da bocche spalancate e incredule, circondato da paura e incertezza sul domani. Il crollo del mondo, non era previsto. Non così. Non adesso. Tutto cadeva ancora più a pezzi, schiacciato dalle rappresaglie militari e dell'esercito al completo, che marciava sulla Capitale, armato come se dovesse spianare tutto e tutti. Silenzio e meraviglia, speranza, perfino, erano durati solo pochi secondi. Ora, si erano trasformati, nelle urla terrorizzate della brava gente e in singhiozzi affranti. L'azione scriteriata dell'anello debole del gruppo, li aveva lasciati senza la possibilità di contrattaccare, usando l'attentato a loro favore e un piano B che garantisse la ripresa del controllo dell'intero Königreich. Per un colpo di stato, ci vogliono disciplina, l'occasione, i mezzi, la perseveranza e soprattutto la pianificazione. Loro, avevano solo l'elemento sorpresa, che però, li aveva inghiottiti per primi, perché nessuno di loro se lo aspettava. La diretta era stata interrotta in malo modo, senza rendere pubblica la sorte di Reiniger e il loro quartier generale, brontolava di trasmissioni, in attesa di ordini e notizie sulla dipartita del Führer. L'attentato, in un certo senso, era il segnale che aspettava il resto della Resistenza, per agire. Ma come si poteva procedere alla cieca, senza rischiare di venire spazzati via? Dov'era Adalia adesso? L'avevano catturata? Era morta? Milioni di domande, senza risposta, si insinuarono nella testa del nuovo Leader. Milioni di dubbi sul da farsi e di idee sciocche, che vagavano come vento, senza logica, nella sua testa. Come si poteva anche solo immaginare un attacco, senza aver pianificato e pensato a ogni imprevisto? Come potevano riprendere il controllo del regno, se non avevano neanche preparato le risorse per conquistarlo? Chi avrebbe mai agito senza un piano d'azione, improvvisando una rivolta? Nessuno. Nemmeno quello stolto impulsivo di Alexander Adler.
"Scheiße, Fräulein!" si era lasciato scappare Wolfgang, portando la mano ai capelli, per torturarli.
"Gli alleati chiedono cosa devono fare." bisbigliò Simon, alle comunicazioni.
"Non lo so." affermò Fuchs titubante.
Il Bunker era il cuore pulsante della Resistenza. Da lì si dipartivano le comunicazioni tra le cellule e gli agenti, si impartivano missioni e ordini, si testava l'efficienza e il livello di prontezza di ciascun territorio, si pianificavano strategie. Già. Ma adesso, di predisposto, non avevano assolutamente niente. Erano così scioccati, da sembrare dei bradipi a rallentatore. Pure le loro reazioni emotive, erano totalmente prive di slancio, piatte, atoniche, silenziose, quando invece, vista la situazione, avrebbero dovuto reagire urlando e spaccando tutto.
Wolfgang, non aveva assolutamente idea di cosa fare e cosa comunicare agli agenti, in attesa, ma soprattutto era preoccupato per quella Fräulein, il cui dolore, era così immenso, da accettare il rischio della morte, in modo avventato. Un po' invidiava la sua determinazione e la sua forza. Premere il grilletto, per togliere una vita, a parole poteva sembrare facile, ma sicuramente, emotivamente, non lo era. Lei, Fräulein Luchs, era l'unica di loro, che aveva approfittato della presenza di "suo padre" in quella piazza e aveva fatto ciò che era giusto: sparare. Perché, un uomo così, si ferma solo con la morte. Tuttavia Wolfgang non poteva non pensare a come avrebbe potuto, invece, cercare di creare un rapporto padre-figlio, con quel mostro sanguinario, che gli aveva donato la vita e che ora, probabilmente, rosolava, come uno spiedo sui ceppi, nelle fiamme dell'inferno. Zelinda era rimasta in stato catatonico, davanti al monitor, ormai nero, su cui lampeggiava la scritta "Fuori onda. Ci scusiamo per il disagio" e sussurrava "L'ha fatto davvero?"
La vibrazione roca del cellulare di Leon, li fece sobbalzare tutti.
"Avanti guarda! Magari è quella pazza di tua sorella." lo aveva incitato Wolfgang.
Con le mani che tremavano, Leon, aprì il messaggio, che però era di Maxim e lo lesse ad alta voce.
"Ma che cazzo vi dice la testa? Perché non ci avete informati del piano? Avete quasi ammazzato Felix, con questa bravata, che non è servita a niente, perché il Generale R, non ha nemmeno un graffio. In compenso, é furibondo e ha dato l'ordine di catturarvi vivi o morti. Preparatevi al peggio e se Felix dovesse morire, giuro che vi denuncio, personalmente io. Coglioni!"
"Eccellente! Un applauso a tua sorella." sorrise sarcastico Fuchs.
Leon si sentì svenire, per il nodo alla gola, che gli faceva mancare l'aria.
Aveva fallito miseramente come fratello. Non era riuscito a farle affrontare il lutto, forse non aveva mai davvero capito cosa provava. In fondo come avrebbe potuto? Ad sviava sempre l'argomento e lui, in amore, non era afferrato. Aveva avuto storie, certo, ma erano state più impulso e attrazione sessuale, che sentimenti. Non l'aveva protetta e ora, era lá fuori, ad affrontare tutto da sola. O almeno, sperava che fosse sopravvissuta e che si fosse data alla macchia.
Adalia, aveva rovinato tutto, solo perchè, la sua sete di vendetta, aveva prevalso sulla ragione, spinta unicamente dall'istinto e dal cuore in pezzi, eppure non poteva fare a meno, di giustificarla e amarla incondizionatamente. Il sacrificio, ingiusto e senza senso, del Principe, l'aveva cambiata per sempre. Vedere morire l'amore della tua vita, in fondo, avrebbe segnato chiunque, anche una roccia, come la sua gemella. Quella macchia indelebile, che cresceva nera e fitta, sulla sua anima, l'aveva notata, da tempo e aveva cercato di contrastarla, senza però riuscirci. Adalia non accettava l'idea, di catturare e processare Reiniger, per i suoi crimini. In fondo la capiva perfettamente, ma le sue azioni di oggi, a cosa erano servite, se non a peggiorare la situazione? Nonostante lo sparo a bruciapelo, non aveva fermato Steffen Reiniger, che ora, era ancora più arrabbiato e violento, visto che a prendersi un proiettile, era stato il figlio innocente e non lui. Ad, aveva perso per sempre se stessa e si era macchiata di un crimine indicibile, senza dare loro, un vero vantaggio tattico, anzi, mai come adesso erano stati così disorganizzati e divisi. Chissà, se i loro genitori, l'avevano vista, come il resto del popolo, premere il grilletto, in diretta tv. Chissà se anche loro, avevano il cuore che sanguinava, proprio come lui. Leon, non riusciva a perdonarsi, di essere rimasto, imbambolato come un idiota e sconcertato, davanti al televisore, invece di uscire allo scoperto e andare da sua sorella.
"Proteggi tua sorella. Sempre. Sai quanto può essere impulsiva e testarda." era l'unico favore, che, i suoi genitori, gli avevano chiesto e lui aveva miserabilmente fallito.
Di nuovo.
Dov'era adesso? Come stava? I suoi "sensi" da gemello, parevano disconnessi. Non provava altro, se non sgomento. Cosa ne sarebbe stato di lei? Di loro? Della sua famiglia? Della Resistenza? Leon aveva paura perfino a pensare a delle ipotesi.
Al, aveva sentito solo un frammento, della voce della Fräulein, con la voce da Meerjungfrau e gli occhi stupendi, che solo poco prima, gli era caduta addosso. Solo un nome in verità, detto tra centinaia di altri, anonimi, quello di un ragazzo, lo stesso ragazzo, a cui era dedicata la piazza, in cui si trovavano adesso: Alexander Adler.
Un nome importante, regale, dal suono soave, fervido di passione, che si disperdeva nell'aria, come la musica di un'orchestra o petali di ciliegio, mossi dal vento primaverile. Un nome di battesimo, seguito da un cognome importante, come tanti altri, ma che urlato, da quella armonia di corde vocali vibranti, femminili, aveva un suono tutto diverso, unico, speciale e non "da uno qualunque." No. Non se a pronunciarlo, erano quelle labbra, le sue labbra, pensò.
Quello stesso nome, che gli aveva provocato quella fastidiosa fitta al petto, proprio accanto alla ferita, che gli aveva leso, quel muscolo, chiamato da tutti, cuore. La fanciulla, che aveva liberato la sua folta chioma di neve, da un cappuccio nero, ora fluttuante e selvaggia nel vento, stava immobile e rigida, con le labbra tese, di fronte a quell'uomo, elegante e impeccabile, nella sua divisa verde pallida e che la fissava con disprezzo, stampato in un sorrisino, che procurò al ragazzo, sparsi brividi alla schiena .
Poi un Bum strozzato, era risuonato pigro, seguito da un Buuum, netto, assordante e letale, che scatenò il panico, facendo fuggire tutti, ma non lui, che era rimasto come pietrificato, in mezzo alla piazza, a sfiorarsi il petto, come se un proiettile invisibile, si fosse conficcato nella sua carne. Di nuovo.
Alan e la sua famiglia adottiva, erano spariti, come le nubi nere, dopo una tempesta. L'avevano dimenticato o semplicemente era colpa sua, visto che non aveva reagito come gli altri, scappando?
Al, alzò gli occhi, in direzione del podio e vide il Führer e quella Fräulein, impugnare, nelle mani protese, due armi fumanti. Rivoli di sangue, si sollevarono come petali di rosa, prima di scivolare estinti. Era tutto troppo veloce, per coglierne le sfumature. Tutto così surreale e doloroso, da procurargli un dolore fantasma, al petto.
Il suo traghettatore infernale, il giovane soldato che l'aveva liberato dal telo nero della morte, scivolava a terra, sussurrando alla ragazza, dai capelli biondi, di scappare, o almeno è quello che Al dedusse, perché, nonostante la riluttanza iniziale, lei, in panico, aveva preso a correre.
Perché, quella ragazza, aveva appena sparato al Leader di quel mondo strano e imperfetto, in cui si era risvegliato? Per quanto pessimo, almeno era tangibile, reale, vivo.
Al, seguiva con gli occhi, quella creatura fragile e barcollante, tra la folla, intenta a scappare, finché non lo sorpassò, poco dopo, correndo via.
Un lampo, rivestito di pelle nera, capelli dorati, profumo di vaniglia e menta, seguito da urla, colonia scadente, ticchettio di stivali militari e spari imperfetti, soffocati, come se fossero a salve, in lontananza.
Lasciava, come Däumling, sull'asfalto, tracce del suo passaggio. Non erano però briciole di pane, come nella fiaba, ma gocce di sangue. Tante macchie rosse, piccoli cerchi sfumati, lacrimati a rosario. Correva come se avesse alle calcagna un branco di cani dell'inferno, ma chi la inseguiva, era molto più spaventoso e letale delle bestie degli inferi. Lui lo sapeva bene. Aveva lottato con loro, gli era sfuggito per mesi e aveva avuto modo di sperimentare anche i loro denti aguzzi, prima di sconfiggerli, tornando tra i vivi. Il Kommando, brancolava tra la folla impaurita, alla sua ricerca e rispondeva ai comandi impartiti da quel Generale, il Führer, che stava fin troppo bene, per essere uno, che aveva appena ricevuto uno sparo al petto, in un attentato alla sua vita. Aveva il volto provato, preoccupato, triste e le mani insanguinate, davvero troppo rosse, per non avere nemmeno riportato un graffio. Pioveva, ma Al ebbe come l'impressione, di avergli visto le lacrime, solcargli il viso, nel classico pianto angosciato, che può avere solo una persona, che prova dei sentimenti profondi, per un altro essere umano. Ma per chi piangeva? Esclusivamente in quel momento, notò, che stringeva il ragazzo soldato, a terra, sul bitume insanguinato. Sembrava avere il petto rivoltato da dentro a fuori. La camicia era un cimitero di emoglobine. Che fosse morto? Al sentì una fitta allo stomaco. Il biondino respirava appena. Forse avrebbe dovuto ripagare il suo debito e salvargli la vita, proprio come il soldato aveva fatto con lui, ma che cosa mai poteva fare un contadino con doti da meccanico? Di medicina non aveva alcuna competenza, ma, per lui, chiunque esso fosse e per qualsiasi strano motivo fossero legati, ci sarebbe stato comunque. Fece dei passi nella sua direzione, ma gli sembrò di non essere particolarmente gradito, visto che dei militari lo bloccarono malamente.
"Sei forse un dottore, pezzente?" gli aveva chiesto uno di loro. "No. Ma posso aiutare."
"Non ci serve il tuo aiuto." brontolò l'altro ancora più scocciato e severo. "Fai spazio!" urlò, un terzo, non appena arrivarono altri soldati con la barella e due dottori, che indossavano, sulla divisa, una fascia col caduceo.
"Circolare! Circolare! Non c'è niente da guardare cittadino!"
A questo punto Al, sospirò sentendosi inutile. Decise di concentrarsi su quella Fräulein, anche lei ferita, che stava fuggendo. Cercarla in quel caos era impossibile, perciò seguì le tracce che lasciava sull'asfalto e una volta raggiunta, la vide scomparire dietro l'angolo, in direzione dei cipressi del cimitero. Aveva ancora qualche minuto di vantaggio, ma quanto ci avrebbero messo, quei Kommando armati, che si radunavano come cavallette, a seguire le tracce di sangue, come aveva fatto lui? Fece quattro o cinque lunghi passi, prima di scavalcare la ringhiera in ferro battuto, che delimitava il cimitero monumentale, attorno alla cattedrale e la vide appoggiarsi, barcollando, a una lapide bianca a forma di angelo, per poi proseguire. Al notò il segno della piccola mano insanguinata, sulla veste dell'angelo e si affrettò a ripulirla, per sviare le milizie, che la cercavano, facendole guadagnare, altri preziosi minuti. Non sapeva nemmeno perché la stesse inseguendo anche lui o perché la volesse aiutare. Mettersi nei guai, era assolutamente l'unica cosa, che non avrebbe dovuto fare. Non dopo quello, che il signor Ackerbau, gli aveva detto. Eppure, se lui era davvero la soluzione, la salvezza di quel Regno, perché non cominciare da quella fanciulla? Il cimitero, nella parte aperta al pubblico, era curato, con le lapidi lucide e brillanti, pieno di fiori autunnali e lanterne accese. Alan, rimanendo in disparte, camminava sulla ghiaietta pallida, seguendo la fanciulla, in direzione dei sepolcri. Qui, nella parte chiusa al pubblico con la scritta: "überquere nicht", in quel luogo abitato solo da spettri e pipistrelli, sembrava di immergersi nel territorio di caccia di Jack lo squartatore. Alan deglutì nervosamente. La cripta, davanti a lui, era desolata di figure inquietanti disegnate dalle ombre dei lampioni, da lapidi ricoperte di edera e muschio, da fogliame convulso e disordinato. La nebbiolina a mezz'aria, sembrava un artifizio, un effetto speciale, creato da qualche regista, per un film di paura. L'aria puzzava di umidità, cane bagnato, di funghi e foglie putrefatte. La ragazza era china, nascosta, dietro un cespuglio di Bosso sempreverde, che cresceva alla rinfusa e che non veniva potato da decenni, con la mano stretta sul fianco, a stringere la ferita.
Al, trattenne il fiato, avvicinandosi lentamente. Secondo i suoi calcoli, l'arma era ancora carica di proiettili e anche se non c'era motivo di farsi sparare, perché lei avrebbe tranquillamente potuto piantargliene uno nel cervello, non poteva certo lasciarla lì, alla mercé dei suoi aguzzini, che non avevano l'aria accondiscendente, di chi era intenzionato a processarla e incarcerarla per il suo tentato crimine. No. Erano più mercenari vendicativi, che andavano a caccia di una preda fragile e già ferita, con l'intento di abbatterla. Il cuore gli urlava, che non poteva semplicemente andarsene. A maggior ragione, adesso, che aveva udito i soldati avvicinarsi. Le milizie disseminavano uomini armati, in ogni antro, pur di trovarla. E da lì a poco, l'avrebbero sicuramente rinvenuta. Vibranti ordini in tedesco, si levarono a soli pochi metri dalla loro posizione.
"Erobere sie, lebendig. Schnell! Schnell!"
Che cosa avrebbe dovuto fare esattamente, a quel punto? Farsi trovare con lei, anche solo nelle vicinanze della fuggitiva, lo avrebbe reso suo complice. Correo di tentato omicidio. Non suonava bene. Qualsiasi cosa avesse detto, a quel punto, se l'avessero catturato, non sarebbe stata la verità che volevano ascoltare e nessuno avrebbe nemmeno provato a credere alla sua storia delirante, senza cercare di strappargliene, una più plausibile, con le torture, probabilmente. Ma poi quale era la verità, che lo aveva spinto a seguire quella ragazza? Poteva dire che l'aveva rincorsa per catturarla, da bravo buon samaritano, ma non ci credeva nemmeno lui. La testa gli urlava di andare via, ma il cuore lo bloccava su quel terreno benedetto e pieno di anime oneste. Sospirò frustrato. A volte, non sempre la cosa giusta, era anche la più saggia da fare. Se doveva agire, doveva farlo adesso. Ma come avrebbe reagito quella ragazza, di fronte a un perfetto estraneo? Non rimaneva che scoprirlo. Senza staccare gli occhi da quella creatura raggomitolata, cominciò a correre nella sua direzione.
Adalia, non stava più correndo, ma lo sconcertante pensiero che Reiniger non fosse morto, la inseguiva e la perseguitava. Ancora. Ancora. E ancora.
La sua fuga si era fermata, in quel vecchio e tetro cimitero, sotto la pioggia scrosciante, che la bagnava e si mischiava al caldo e rosso liquido che fuoriusciva dal suo fianco e bruciava come una caldarrosta.
《Non è morto. Non è morto. Non è morto.》 ripeteva come un disco rotto e delirando.
La testa vorticava e le forze le mancavano sempre di più, mentre si appoggiava con la schiena a una fredda lapide di marmo, in attesa di essere catturata o al peggio, della morte. Era pronta a trapassare, a raggiungere Alexander, sempre se avesse meritato il Paradiso con lui, dopo il suo gesto avventato. Era disposta anche alle pene dell'Inferno, a macchiare per sempre la sua anima, prima pura, purché, si fosse portata Reiniger, con lei. Ma per ora non c'erano ne luce ne tenebre ad attenderla. Perdeva sempre più sangue, al contrario del suo nemico giurato, che invece, non aveva nemmeno un graffio. Il fucile, che aveva rubato a uno delle guardie armate sul podio, aveva sparato a salve. La pistola del Generale, invece, aveva centrato perfettamente il bersaglio. O meglio l'avrebbe fatto se Felix, non si fosse piazzato davanti a lei, per farle da scudo umano, col suo corpo. Nonostante, la sua, fosse una ferita di striscio, faceva davvero molto male. Probabilmente il proiettile non era fuoriuscito. Adalia si sentiva una codarda. Era scappata via lasciandolo lì. A morire. Tra le braccia, di quell'uomo incapace di amare, perfino il proprio figlio. Chi era adesso, se non un'assassina con le mani macchiate del sangue dell'uomo sbagliato? Come aveva potuto permettere al suo amico di sacrificarsi per lei? L'unica cosa positiva è che avrebbe avuto le cure migliori. Ma se invece Felix, fosse già morto?
Non se lo sarebbe mai perdonata. Reiniger non l'avrebbe mai perdonata.
Il cuore le balbettò inquieto nel petto. Era esausta.
Avrebbe voluto lasciarsi andare, sfinita, su quel blocco di marmo con la scritta "Herta Schwarz - gebliebte Tochter - 05.05.1847 - 06.10.1849", ma, qualcosa, alle sue spalle, la attrasse. Un movimento rapido, accompagnato dalla sagoma di qualcuno che correva ricurva, tra una lapide e l'altra. Tutti gli istinti urlavano la stessa cosa: "Ti hanno seguita e trovata. Sei spacciata!" perché, di una cosa era sicura: da sola e ferita, non avrebbe MAI, potuto affrontare un plotone. Era chiaro che la fuga non era andata poi così liscia. Aveva indugiato. Era stata lenta. Aveva perso tracce ematiche. Era ferita e debole, ma non si sarebbe arresa, non senza combattere. Attese con i muscoli tesi e i pugni pronti, che l'ombra, che avanzava con passi pesanti, sprofondando nel fango con gli stivali, si avvicinasse di più. Non appena il braccio del suo inseguitore entrò nel suo campo visivo, scattò, sovrastata dall'adrenalina e con uno strattone deciso, tirò quello, che dalla stazza, doveva essere un uomo, facendolo atterrare di schiena, sul fango, immobilizzandolo con un ginocchio sulla giugulare e contorcendogli in malo modo il braccio.
"Donnerwetter Fräulein! Non c'è bisogno di spezzarmi il braccio e soffocarmi. Non sei molto cortese, con chi cerca di aiutarti." bofonchiò Al, a corto di ossigeno.
Qualcosa nella voce, le provocò un tremore nella schiena, che le fece allentare la presa.
"TU?" tentennò, prima di svenire, a un soffio dalle labbra del ragazzo, che arrossì violentemente.
"Il mio salvataggio eroico, non è stato poi così eroico!" fece del sarcasmo Al, sollevandosi dal fango, con la ragazza in braccio.
Le voci attorno a loro, si avvicinavano sempre di più.
"Eccellente! E ora?" sospirò correndo in direzione della raccapricciante cripta.
Non c'erano molte opzioni di fuga in un cimitero.
Come Indiana Jones, scostò dalla porta cigolante, fronde lunghe come liane, edera urticante, rovi e ragnatele collose, sperando di non essere travolto da trappole mortali come massi, pronti a schiacciarli o lance avvelenate. Era assurdo, ne era consapevole, ma la sua mente, non era molto lucida. Non, con quel profumo dolce, che si sollevava da quella folta e setosa chioma dorata e che sapeva di "Zu Hause" e che gli annebbiava terribilmente i sensi e i pensieri.
Il corridoio, da far rabbrividire anche il più grande estimatore di film Horror, era illuminato solo da pallidi ceri, di cui ne percepiva distintamente l'odore disciolto, mischiato al fumo, la polvere e al tanfo di muffa. Non volle sapere, cosa scricchiolava scoppiando, sotto ai suoi piedi, in quanto il suono, era già una conferma che si trattasse, di disgustosi, Kakerlachen. Tutto intorno a lui, incastonati alle pareti, come pietre preziose su un gioiello, minuscoli e inquietanti teschi, come di animali, di ratti, che pareva digrignassero i denti, contro di loro, in un muto ma spaventoso, ringhio. Alla fine dell'androne, c'erano loculi a perdita d'occhio, antichissimi e scavati nella terra, che tappezzavano le pareti attorno a una grande tomba orizzontale, ricoperta da marmo ingiallito e catene arrugginite, appartenente alla famiglia "Hexe": il loro rifugio sicuro. O almeno, Al, ci sperava, nonostante sia l'aspetto, sia il cognome, Strega, per l'appunto, fossero campanelli d'allarme.
Dopo aver spostato la pesante copertura della tomba, ci posizionò delicatamente la ragazza, ancora priva di sensi e si affrettò a cancellare le tracce del loro passaggio, prima di coricarsi al suo fianco, facendo scivolare, sopra le loro teste, in quell'antro angusto, freddo e inquietante, la stessa spessa lastra di marmo, che sigillava quel letto di morte, sperando, che le guardie non avrebbero ispezionato, a uno a uno, anche i loculi funebri.
La luce traspariva fioca, dalle candele e dai lumini esterni, eppure Al, poteva tranquillamente scorgere, i deliziosi e delicati tratti della ragazza. Indugiò particolarmente, sulle labbra della fanciulla.
Adalia, riaprì gli occhi all'improvviso e si trovò avvolta nelle tenebre, in quella che sembrava la trama di un film dell'orrore, dal quale sarebbe uscito il Serial Killer, o un mostro, o un alieno, o anche tutti e tre assieme. Si divincolava tremando, ma era legata, no, avvinghiata a un caldo, ma estraneo corpo, che la avvolgeva con sicurezza e le cinceva deciso, procurandole uno spiacevole dolore diffuso, il fianco insanguinato. L'intento del ragazzo era però quello di fermare l'emorragia e non quello di farle male. Cercò di urlare, ma Al le tappò velocemente la bocca con la mano.
"Sshhh Fräulein."
sussurrò. "Non voglio farti del male, ma loro sì."
Le voci dei militari si avvicinavano. Sempre di più. Adalia tremò, stringendosi di più allo straniero. Rimasero in assoluto silenzio. Solo i loro respiri trafelati, a tenergli compagnia e lo sfiorarsi delle loro pelli. In quella tomba spaventosa, il ragazzo della piazza, le fissava le labbra, con occhi circospetti, ancora più bui delle tenebre circostanti, ma con una strana e sensuale carnalità.
Adalia, ne comprese le intenzioni cariche di erotismo e lussuria, nel momento in cui sentì qualcosa di turgido, sfiorarle la coscia.
"Depravato." sussurrò prima di piazzargli una ginocchiata nell'inguine. Nonostante il buio, Adalia, riuscì a scorgere la smorfia di dolore e gli occhi, spalancati alla sorpresa, che per la prima volta avevano mostrato la pupilla dilatata del ragazzo. Al, lacrimava e si sfiorava, senza trovare sollievo, la patta dei pantaloni, con entrambe le mani. Ma che problemi aveva "begli occhi, per colpirlo senza motivo?"
Adalia fraintese nuovamente la situazione e lo colpì una seconda volta, col ginocchio, ripetendogli "Depravato." Il dolore era immenso. Alan, questa volta, aveva sentito come se i testicoli gli fossero saliti fino alla gola, le terminazioni nervose, lì sotto, erano impazzite, come se bruciassero vive, trasportando come un cancro e amplificandolo, il dolore atroce, che provava, in tutto l'addome. Se fosse stato in piedi, si sarebbe piegato in due, accasciandosi. Aveva le lacrime agli occhi, goccioloni che uscivano, senza controllo, a dimostrazione della sua sofferenza, la tachicardia, l'inguine che gli pulsava e bruciava, fino alle punte dei capelli e infine era sopraggiunta una forte nausea, accompagnata da vertigini. Non riuscendo a trattenere un grido straziante, si morse la lingua, producendo un lamento simile a uno squittio, che fece avvicinare, a loro, i soldati, nei paraggi.
《Bella idea salvare questa pazza omicida!》rimproverò il suo cuore, che palpitò in risposta, facendolo irritare.
《Nel caso in cui non te ne fossi accorto, muscolo indisciplinato, la bambolina bionda, mi ha appena castrato. Due volte.》
Adalia, mise a tacere sia la voce interna, sia quel rantolo sofferto, del ragazzo, con un bacio che mise d'accordo testa e cuore.
Nel silenzio assordante delle loro labbra, che si cercavano fameliche e delle loro lingue che si accarezzavano, studiandosi, udirono una voce che comunicava: "Niemand, außer den Ratten, hier unten, Kapitän."
"Empfangen! Weitergehen!" fu la risposta via radio.
I passi si allontanarono, così come le labbra invitanti, di quella Fräulein, di cui, non sapeva nemmeno il nome.
"Non posso! Non posso! Non posso!" sibilava la fanciulla.
"Non puoi cosa?"
"È stato un errore."
"Anche se mi hai tirato due ginocchiate nei testicoli, e non è stato per niente piacevole, io sono felice di essere qui, anche se sei una creatura straziante e bipolare. Insomma, non puoi prima picchiarmi e poi baciarmi così intensamente. Comunque stai ferma. Devo fermare il sangue o sverrai ancora. Tra l'altro non so nemmeno il tuo nome."
"Ad..."
"Ad sta per...?"
La ragazza indugiò.
"Adele Lachs." inventò sui due piedi. "Tu?"
"Ehm... Al..." tergiversò, in risposta, il moretto.
"Al sta per...?" chiese sfacciata, come aveva fatto il ragazzo, un attimo prima.
"Non lo so."
"Non lo sai?" scoppiò a ridere Adalia.
"Alan Ackerbau."
"D'accordo Alan Ackerbau, ora dimmi... perché mi stai palpando il sedere? Vuoi forse un terzo calcio?"
"Non lo sto facendo. Come vedi le mie mani sono qui!" le sventolò in aria.
"Allora, se non sei tu... chi mi continua a molestare?"
Alan sfilò un fiammifero dal pacchetto di sigarette e lo accese, sfregandolo, contro la parete della tomba e illuminandone l'interno. Ne uscirono due occhietti rossi e uno scheletro. Adalia sussultò, precipitandosi all'esterno, dopo aver urlato.
Alan la seguì con un balzo.
"Sei un idiota! Mi hai fatta coricare in un nido di topi, dentro a una tomba occupata."
"Scusa se non ho avuto tempo di chiedere permesso, prima di entrare."
La ragazza fece per dargli uno schiaffo in pieno viso, ma Al le bloccò le mani.
"Non sono io il tuo nemico."
"Che diavolo vuoi da me?"
Bella domanda! Al non lo sapeva.
Avventatamente, avvicinò le labbra a quelle della ragazza, col desiderio di "assaggiarle" ancora e ancora, in un bacio, spontaneo e genuino, che inspiegabilmente sapeva di "porto sicuro", ma lei lo respinse.
"No. No. No. Non posso. Il mio cuore appartiene ad Alex."
Al si grattò la testa, riflessivo.
"Non sembrava così, appena pochi minuti fa."
"Era per farti stare zitto, Dummkopf. Non significava niente."
"Sì certo. Convinta tu."
Adalia lo trucidò con un solo sguardo.
"A mia discolpa, non avrei urlato, se tu non mi avessi colpito, senza ragione."
"Senza ragione? Non sai tenere a freno il tuo gingillo!"
"Sei esacerbante! Era il topo, ovviamente."
"Ovviamente!"
"Ma per chi mi hai preso? Per un maniaco?"
"Potrebbe tranquillamente essere."
"Chi me l'ha fatto fare di salvarti?"
"Salvarmi? Potevo tranquillamente mettermi in salvo da sola."
"Non sei molto brava a esprimere gratitudine. Non è vero?"
"Perché dovrei? So tranquillamente badare a me stessa e non ho bisogno di un arrogante, fastidioso e irritante peso, come te, a intralciarmi."
"In questo caso, addio Fräulein Adele Lachs, me ne torno alle mie zucche."
"A mai più rivederci Herr Alan Ackerbau."
"Ossequi al povero Alex: der Gehörnte." fece un inchino scherzoso, ma
Adalia, alla parola "cornuto", si infuriò.
"Non permetterti di parlare mai più di Alexander Adler. MAI. Intesi?"
"Ok. Ok. Stavo facendo dell'umorismo. Un bacio non fa di te una traditrice. O almeno credo. Comunque, la sfortuna mi perseguita. Avevo conosciuto una Fräulein, che non ce ne sono al mondo, e lei è già sentimentalmente impegnata. Che dire? Il tuo Alexander, è un ragazzo favorito dalla sorte, ad averti Fräulein Lachs."
"Già. Così fortunato che é morto tra le mie braccia, con tre pallottole nel petto. Ti conviene lasciarmi perdere, straniero. Io porto solo guai." la fanciulla tratteneva a stento le lacrime, segno che la perdita subita, era ancora un avvenimento recente.
Alan, maledisse la sua boccaccia.
"Mi dispiace per il tuo lutto. È per lui, quello a cui hanno dedicato addirittura una piazza, che hai sparato a quel Generale? Doveva essere un ragazzo speciale."
Adalia annuì.
"Volevo giustizia o forse vendetta. Ma non ho avuto niente. Solo altro dolore e il sangue innocente di Felix."
Felix. Certo. Così si chiamava il soldato traghettatore infernale.
"Era ancora vivo, se può consolarti. Vedrai che si riprenderà. Io sono ancora nel mondo degli esseri viventi, nonostante mi abbiano ripetutamente sparato. Ce la farà anche Felix."
"Cosa? Sparato?"
"Già. Posto sbagliato. Momento sbagliato. Tutto qui. Due proiettili si sono conficcati a pochi centimetri dal cuore deviati da uno stupido accendino di metallo, che mi ha salvato. Comunque, non parliamo più di me. Sono un semplice e noioso contadino."
《Che non sa cos'altro aggiungere sulla sua vita.》
"Tu chi sei davvero Fräulein?"
"Nessuna."
Alan la guardò profondamente. Era chiaro che Adele, non aveva nessuna voglia, di fare conversazione e di parlare di lei.
"Ora che si fa, Fräulein?"
"Devo raggiungere i miei amici al quartiere Generale della Resistenza. Devo loro delle spiegazioni. Pertanto... Addio."
"Perciò le nostre strade si dividono così?"
"Esatto."
La fanciulla sparì all'imbrunire, lasciando Al, solo, in quel desolato cimitero.
In quel preciso istante, nel Bunker, Wolfgang ricevette un messaggio sconvolgente da Patrik: "Al non è rientrato alla fattoria. L'abbiamo perso tra la folla, dopo gli spari. Ma non è finita: il vero Alan è tornato, perciò il nostro prezioso "Pacco", sa di non essere mio fratello. Dobbiamo trovarlo, prima che lo facciano le milizie di Reiniger. È inutile, ribadire, cosa succederebbe, se venisse riconosciuto."
NOTA AUTRICE: Adalia ha attentato alla vita di Reiniger, ma ha fallito. Il fato ha voluto che prendesse una delle armi difettose, rimpiazzate da Felix, che per proteggerla dal padre, è rimasto gravemente ferito. Ce la farà? Che ripercussioni avrà questo gesto sulla Resistenza? Al e Adalia, si sono incontrati per la prima volta e la fanciulla non l'ha riconosciuto, 🤔ma l'ha trovato insopportabile e antipatico. 🤣
Sa di cosa già vista, con un certo Principe.🤭
Qualcuno ha finalmente capito chi è davvero l'affascinante contadino? Scrivetelo nei commenti.
Buona lettura e grazie in anticipo per i voti.
A presto.
Barbara 💙
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