CAPITOLO 6: Binsenwahrheit
Felix si sentiva sopraffatto da mille emozioni, perlopiù negative e la tensione gli faceva sudare e vibrare le mani col desiderio di riversare quei sentimenti oscuri e pieni di rancore contro un sacco da box o sulla faccia del primo energumeno in giro, con cui cominciare una insensata rissa, con l'unico scopo di sfogarsi. Era stato un codardo. Come sempre, non aveva affrontato l'unico responsabile del suo strazio: suo padre, il Generale Reiniger.
La sera volgeva al termine, mentre camminava in direzione della panetteria, per raggiungere gli altri, a cena nel Bunker, e il sole occiduo si preparava a scomparire all'orizzonte, dopo aver colorato il cielo di colori caldi, per risvegliarsi nell'altra parte dell'emisfero, lasciando posto nel firmamento, dopo la dissolvenza della sua luce, alla notte più buia, illuminata appena dall'ultimo quarto di luna, dalle deboli stelle e dai lampioni sfarfallanti di Mondstraße. Una pluralità di sentimenti ed emozioni contrastanti come malinconia, paura e angoscia emersero travolgendolo. In quello stato d'animo, non sarebbe stato per niente di compagnia. Avrebbe voluto spegnersi in un angolino piuttosto che affrontare il discorso "Sei mio fratello" con Fuchs. Probabilmente, se avesse potuto rientrare nel suo squallido appartamento alla base, avrebbe affogato ogni dolore con una Eisbier, sdraiato sul divano di alcantara verde, che tanto odiava perchè corto e sfondato, non prestando attenzione all'ennesima trasmissione politica, trasmessa in Fernseher, su suo padre, mangiando giusto un boccone e finendo per fissare lo schermo nero, in totale silenzio, soffocando i tormenti che gli facevano rivoltavare lo stomaco e girare la testa. Poi si sarebbe convinto ad andare a letto ma, come ormai accadeva da tempo, avrebbe passato la notte in bianco, a fissare le crepe del soffitto e a riflettere sulla sua patetica vita.
Sospirò frustrato scostando il ciuffo di capelli, madidi di sudore, dalla fronte. Aveva deciso di passeggiare per scaricare la tensione eppure, il timore di dire o fare la cosa sbagliata, che avrebbe fatto infuriare una certa Fräulein, lo preoccupava. Lei era una empfindliches Mädchen con cui non si poteva ragionare, motivo per cui sarebbero finiti a litigare furiosamente per una sciocchezza, come sempre. Una scazzottata gli sarebbe pure piaciuta, magari un gancio destro ben piazzato, in pieno viso, che spegnesse la sua voce interiore per un po' procurandogli il sonno, ma non di certo contro una ragazza. Non contro quella ragazza che aveva il cuore in mille brandelli per colpa di suo padre e del segreto che Felix custodiva nel cuore. Quando i tempi sarebbero stati maturi, glielo avrebbe confidato e lei l'avrebbe odiato ancora di più, ma vederla ogni giorno al capezzale di Al, a disperarsi, pregando per la sua guarigione, sarebbe stata una tortura. Una distrazione e un problema aggiuntivo di cui adesso non aveva bisogno e che non avrebbe tollerato.
Ma non era Eifersucht, cioè un sentimento tormentoso provocato dal timore di perdere l'affetto e l'amicizia di Fräulein Luchs, no, era più invidia, perché a lui, non teneva nessuno. O forse era semplicemente la verità e lui era geloso. Ma come poteva esserlo di un moribondo che già possedeva il cuore di quella fanciulla?
Eppure, continuare a mentire a sé stesso anche su cosa provava per Adalia, non era onesto e salutare. Non sapeva dire con certezza quando era successo, ma, si era affezionato a quella Hurrikan Mädel e non poteva farci niente se non curare il suo cuore riportandole il suo amore perduto. Il cuore del ragazzo era già abbastanza danneggiato da poter sopportare l'ennesimo rifiuto e dolore. Non gli interessava farle sapere cosa sentiva quando era con lei: furia e fuoco, affetto e pena, dedizione e annientamento e necessità di proteggerla da ogni male, a ogni costo. Felix avrebbe voluto spegnere per sempre questo groviglio di sensazioni piuttosto che buttarsi nel vuoto, verso quel funesto destino, in cui si sarebbe imbattuto confessandole tutto. Lei lo avrebbe respinto, per ovvie ragioni, e il loro rapporto sarebbe cambiato per sempre. Non puoi aggiustare ciò che si frantuma e poi cosa te ne fai dei cocci che non combaciano più?
Inoltre non portava buone notizie, dopo che aveva appreso il piano del padre e perciò avrebbe rovinato la serata a tutti. Ma la cosa che lo tormentava maggiormente era non sapere come fermare il genitore senza gettare sospetti su di lui, che a quanto pare, era l'unico a cui aveva confidato la sua prossima mossa. Per ogni piccola vittoria ottenuta, c'era sempre una nuova mossa di contrattacco da sventare. Non ne poteva più. Inoltre questa volta sembrava un test, una prova di fiducia incondizionata. Se avesse interferito, il padre, l'avrebbe tirato fuori dai giochi e la Resistenza avrebbe perso il suo vantaggio e la sua spia all'interno, ma la sua coscienza, non gli avrebbe permesso di guardare trucidare altra povera gente innocente, senza fare niente.
Quando era rincasato, per far visita alla madre Simone, con un mazzo di Herbst Anemonen, dopo una giornata infernale in caserma, il solito controllo ad Alan e l'approvigionamento di medicinali in scadenza, non aveva trovato la sua genitrice, bensì il padre, che l'aspettava al varco.
Erano finiti a litigare animosamente, come ogni volta.
"Mi nascondi qualcosa figlio?"
"No Signore."
Cercò di rispondere con convinzione.
"Menti."
La guancia gli bruciava ancora a causa di quello schiaffo violento.
"Come posso fidarmi di te se mi menti sempre?"
"Non mento."
"In ogni caso scoprirò qual'è il tuo segreto. Sai che se me lo dici con le buone, ti risparmierai le maniere forti, vero? Odio dover usare le mie doti in materia di tortura, punizioni corporali e di sevizia, per estorcerti informazioni come coi traditori."
Felix deglutì nervoso. Sapeva esattamente cosa gli avrebbe fatto il padre e non era nulla di così spiacevole, in confronto alle torture a cui l'avrebbe sottoposto quando avrebbe scoperto il suo tradimento.
"Non ho segreti padre. Sono solo esausto. Saluta la mamma da parte mia. Ho da fare."
La voce tentennò insicura.
"Non sei stato congedato Soldato!"
"La vuoi mettere così? Adesso mi comandi a bacchetta anche a casa?"
"Lo faccio per te. Per temprare il tuo fisico e il tuo spirito. Dovresti essere il mio braccio destro e non un semplice sottoposto, di cui vergognarsi."
Felix spalancò gli occhi chiudendo il pugno nervoso.
"Vergognati pure di me come io mi vergogno di te. Non mi interessa. Essere tuo figlio era già difficile prima del tuo colpo di stato. Ora ci odiano tutti."
"Come ti permetti sciagurato ingrato che non sei altro? Ci temono ma non ci odiano. Ci rispettano perché noi siamo fuoco e roccia mentre loro solo degli stupidi pecoroni."
"Siamo assassini che hanno usurpato il trono a delle brave persone."
"Rimangiatelo!"
"Mai."
La mano strinse il collo del figlio con forza per bloccare le sue parole al vetriolo. Felix cominciò a boccheggiare avendo a disposizione sempre meno aria.
"Raccogli cos'hai seminato, padre." il ragazzo mugugnò con la voce roca e strozzata cominciando a diventare cianotico.
"Fallo! Uccidimi! Ti prego!"
A quelle parole, quasi di supplica, il padre allentò la presa.
"Non uccido il sangue del mio sangue. Inoltre con te morirebbero tutti i tuoi segreti e io voglio sapere cosa macina quel tuo cervellino. Ultima possibilità: cosa trami alle mie spalle?"
《La tua rovina.》
"Niente. Nonostante tutto sei mio padre."
"Diamine parla!" il Generale Reiniger strattonò violentemente il figlio, che, dopo aver distrutto il tavolino in cristallo della madre, cadendoci di schiena e tagliandosi, perse il controllo. Non avrebbe permesso più a nessuno di alzare le mani su di lui e di sentirsi dire cosa fare, ma avrebbe avuto il pieno controllo di sé stesso e della sua vita.
Con un movimento svelto, imparato in addestramento, fece cadere il padre a terra e gli appoggiò il gomito alla giugulare facendo illuminare lo sguardo dell'uomo.
"Allora non sei un senza palle."
Felix digrignò i denti.
"Ora che mi hai umiliato e disarmato, parliamo da padre e figlio. Che cos'hai figlio mio? So che qualcosa ti turba... che conservi un segreto che ti logora."
Felix liberò il padre dalla sua presa e si mise a sedere con la schiena contro il muro.
"Vuoi davvero sapere il mio segreto, padre?" sbuffò esasperato.
"Lo sapevo. Me lo sentivo qui." l'uomo indicò lo stomaco. "Ti ho sempre letto dentro."
Felix sospirò teso. Perché aveva parlato? Ora come sarebbe uscito incolume da questo impiccio? I suoi segreti l'avrebbero rovinato perché Felix era pieno di informazioni confidenziali che lo logoravano nel profondo togliendogli il sonno. Erano stati mesi difficili da affrontare, perché al di fuori della Resistenza, era solo e il peso della sua conoscenza e della vita degli altri, pesava tutta sulle sue spalle.
Non avrebbe mai parlato intenzionalmente, ovvio, ma come chiunque, non avrebbe sopportato a lungo le torture che usava il padre per estorcere informazioni utili dai traditori e lui era sicuramente più infame di Giuda e aveva le soluzioni a tutti i problemi del padre, con i Ribelli che tentavano di ostacolarlo, racchiusi nella sua testa: dal covo della Resistenza, ai piani di attacco, fino ad arrivare a un certo morto che non era poi così morto e che avrebbe ribaltato le sorti del Regno, non appena avesse riacquistato i ricordi. Inoltre ora sapeva di suo fratello o almeno si stava avvicinando alla verità. Peso su peso, massi su massi, che minacciavano la sua sanità mentale.
"Mi dispiace di essere una delusione per te. Forse avresti potuto evitare di mettere al mondo me, dopo che tuo figlio maschio perfetto, è morto dopo il parto. Ma sai una cosa papà? Io sono ancora vivo e mi sono impegnato sputando sangue per renderti fiero, ma qualsiasi cosa faccia, io non sarò mai lui, non è vero?"
Steffan Reiniger sbiancò.
"Io ho smesso di provarci e di illudermi che, nonostante tutto, tu tieni a me, perché non è così. Per te sono meno di un ratto in soffitta. Cosa ti nascondo? Ormai ogni cosa perché, se tu non ti fidi di me, perché dovrei farlo io? Volevi portarti nella tomba l'esistenza di un fratello? Perché?"
"Felix..."
"No... lasciami finire..."
Il ragazzo strinse il pugno così forte che le nocche passarono dal rosso intenso al bianco.
"Un padre che si fida non farebbe pedinare continuamente il figlio, tantomeno da sua sorella, non manderebbe il suo Kommando a rivoltare la clinica di un suo amico e soprattutto non gli avrebbe tenuto segreto un fratello per 18 anni. Ma ti sei tradito su quel sottomarino e io ho indagato perché la verità é più importante di ogni cosa e perché la curiosità mi stava lentamente facendo ammattire. Ho bisogno di sapere, di capire perché mi odi così svisceratamente senza motivo."
"Non ti odio Felix. Come potrei?"
"Non mi risulta, considerando come mi tratti."
"Voglio solo che tu sia in grado di affrontare le difficoltà. È per questo che sono duro con te."
"Io voglio solo un padre."
"Comunque dirti di tuo fratello come avrebbe cambiato la tua vita? Luka è morto. Ma questo lo sai giá. Immagino che abbia preso tu il suo fascicolo."
Felix annuì.
"Ma quello che non sai, e non lo sa nessuno a parte me, è che Luka non era tuo fratello biologico. O meglio non il neonato che io e tua madre abbiamo seppellito sotto il pioppo al cimitero."
"Non..."
"Lo so che non capisci. Ma non ti abbiamo adottato Felix, piuttosto, c'è stato uno scambio di neonati 23 anni fa. L'ho scoperto da un paio di anni soltanto e tua madre e tua sorella, per ovvie ragioni, non lo sanno."
"Ma..."
"Era una notte tempestosa, la luce andava e veniva nonostante i generatori e i suoni erano smorzati dal rombo dei tuoni. Tuo fratello, dopo il parto, non piangeva. Singhiozzava quasi soffocando. L'hanno portato subito via da noi. Non l'abbiamo nemmeno visto. Ecco perché non ci siamo accorti dello scambio. A nostro figlio biologico, dopo che hanno appurato che stava bene, hanno messo il bracciale dei Fuchs perché sia la madre, sia il bambino, erano morti durante il complicato parto e l'infermiera non aveva voluto dare questo dispiacere al povero vedovo.
Tua mamma era giovane e in salute e avremmo potuto avere altri figli, secondo la mente malata di quella infermiera. Così è stato, ma per anni, abbiamo lottato col dolore della perdita di quel bambino."
"Perciò Wolfgang Fuchs è mio fratello?"
"Esatto ma fai finta di non saperlo. È un traditore e ci odia."
"Se tu gli avessi detto la verità..."
"Ho provato ad avvicinarmi a lui, ma quel ragazzo non ha niente da offrire. Ma tu, Felix, sei mio, il mio retaggio. Tutto quello che faccio è per te e sarà la tua eredità."
"Io non voglio tutto questo. Voglio solo un padre amorevole. Non me ne faccio niente di un Regno. Per favore smettila con questa pazzia."
"Non sogni abbastanza in grande, ma capirai presto, perché voglio solo il meglio per mio figlio."
"La gente muore e soffre. Questo non è il meglio che desidero io."
"È il prezzo per raggiungere la perfezione. Ora siediti. Ho molto da dirti."
Una lacrima solitaria solcò la sua guancia e precipitò a terra risucchiata dalle tenebre e si schiantò sullo stivale brillante, di pelle nera, alonandolo. Nemmeno si era accorto di aver raggiunto la sua destinazione. Il respiro si fece affannato, come se stesse percorrendo, a velocità elevata, la maratona dei soldati nel giorno del Gedenktag.
Portò le mani in tasca alla ricerca del cellulare per declinare, con una scusa o un impegno militare improvviso, l'invito. Ma non lo trovò. Il cuore si crepò. L'ansia si impossessò di lui. E se l'avesse perso a casa? In quel telefono c'era la sua vita. C'erano i suoi segreti. C'era il suo tradimento. Quell'apparecchio infernale era la sua condanna.
Un vortice di sensazioni mai provate lo investì come un treno in corsa.
"Sveglia amico."
"Cosa?"
Felix alzò gli occhi dal manto stradale e si trovò Maxim che avanzava verso di lui con un mazzo di rose rosse e un sorriso da ebete.
"A cosa pensi?"
《Ho perso il cellulare e mio padre ci giustizierà tutti.》
"Soliti problemi. Tu piuttosto? Che ci fai in alta uniforme con quelle?"
"Beh... questa sera mi butto con Ingrid."
"Buon per te."
"Tu potresti provare a baciare una certa Fräulein."
"No grazie! Ci tengo alla vita!"
Un sorriso teso gli piegò le labbra.
"Sei sicuro che è tutto ok?"
"Certo."
"Essere te non è facile. Dovresti tirartene fuori o ci lascerai la vita."
"Rischio quanto voi."
"Felix sai che ti voglio bene come a un fratello ed è per questo che ti chiedo di desistere. Ti stai facendo del male. Non dormi, non mangi e passi tutto il tempo, crucciato, a riflettere. Prendi tua mamma e tua sorella e andate via."
"E dove pensi che possiamo andare? Lui ci troverá sempre. In ogni caso io non posso andarmene. C'è troppo in ballo."
"Non puoi o non vuoi?"
"Non fa differenza. Comunque ora che mio padre ha cominciato a fidarsi di me, forse posso fare la differenza nella Resistenza. Solo che... ho paura."
"Tutti noi abbiamo paura. Ora andiamo a cena."
"Ho perso il cellulare. Se mio padre dovesse trovarlo... non vedremo una nuova alba."
Maxim sbiancò ma trattenne lo sconforto e la paura, poi digitò il numero del ragazzo.
La tasca interna di Felix vibrò e sul suo volto si ricamò una smorfia distesa.
"Visto? Va tutto bene. Sei solo stressato."
Dopo i soliti convenevoli, i commensali, si radunarono attorno a una tavola imbandita.
Nonostante fosse cominciato una sorta di embargo su molti prodotti ritenuti "immorali e malsani" tra cui super alcolici e sigarette e di prodotti alimentari di primaria importanza come frutta e verdura provenienti dalle isole a sud, che si rifiutavano di abbracciare la Neue Republik von Reiniger, il lungo tavolo riunioni, era pieno di vivande profumate, cucinate in modo semplice e di prodotti da forno, salati e dolci, appena sfornati. Felix però non aveva appetito. La cena era una tortura come a casa sua. Il silenzio faceva da padrone. Felix non aveva niente da dire ma gli altri perché non parlavano? Fräulein Luchs aveva lo sguardo perso nel piatto e rimestava col cucchiaio il purè di patate proprio come fanno i bambini. Odiava quello sguardo cupo e triste e sapeva che solo una persona gli avrebbe riportato la felicità.
Felix sospirò frustrato.
"Fräulein..."
La ragazza alzò gli occhi, ma il soldato perse il coraggio di dirle di Alan.
"Mi pa pa passi il Ketchup?"
Lei annuì e Felix lo mischiò con la sua porzione di Kartoffelbrei accanto allo Schweinebraten che giaceva ancora immacolato nel piatto azzurro.
"È disgustoso!" sorrise la fanciulla.
"In verità é molto buono."
Un pianto isterico e improvviso, li fece voltare. La Principessa Zelinda stava singhiozzando disperata.
"Sono gli ormoni della gravidanza." sorrise tenero Wolfgang. "Ora le passa."
"Alexander metteva sempre il Ketchup nel puré." farfugliava la ragazza sconvolta. "Mi manca così tanto il mio fratellino."
Eccellente.
Felix aveva fatto piangere la loro Leader, per dello stupido Ketchup nel puré di patate che probabilmente non avrebbe nemmeno mangiato.
Era il momento giusto per dirle la verità su suo fratello, ma a Felix si bloccarono le parole in gola, come se si fossero seccate a causa del caldo desertico, provocandogli una fastidiosa secchezza alle mucose e il fiato corto.
Il cuore aumentò i suoi battiti prendendogli a pugni lo sterno, le mani cominciarono a tremare allentando la presa delle stoviglie che si schiantarono rumorosamente nel piatto.
La sedia strisciò all'indietro con un suono cupo e metallico e il ragazzo si alzò di scatto con la faccia pallida e provata.
"Mi mi mi di di dispiace." farfugliò balbettando, uscendo di corsa.
Sentiva la cassa toracica contrarsi velocemente, eppure non entrava aria e aveva l'impressione di annegare.
《IL PRINCIPE ADLER NON È...》urlò nella sua mente, ma, una mano sulla spalla, lo fece sobbalzare.
"Se fossi una donna, oserei dire che hai problemi ormonali da gravidanza anche tu." scoppiò a ridere Fuchs.
"Tutto bene? Non hai quasi toccato cibo."
"Mi mi manca l'aria." sibilò il soldato prima di svenire.
Felix si risvegliò in un letto con le lenzuola candide e il profumo di cocco e fragole.
Accanto a lui, su una poltroncina di pelle bianca, si era addormentata Fräulein Luchs.
"Sei fortemente disidratato e in sottopeso. Inoltre avevi dei frammenti di vetro conficcati nella schiena. Li ho estratti e disinfettati, ti ho iniettato anche degli antibiotici ad ampio spettro e ora ti ho messo una flebo di soluzione salina. Questa notte rimani qui, ma è solo una precauzione. Domani starai meglio."
"Grazie, ma non posso rimanere. Se non rientro in caserma prima dell'appello serale alle 21.30, sono nei guai."
"Tra 20 minuti al massimo la flebo finirà e ti lascerò andare. Nel frattempo... Devi dirmi qualcosa?" Wolfgang lo guardò col sopracciglio inarcato e lo sguardo curioso passandogli il dossier su di lui, che gli aveva trovato addosso.
"Perché indaghi su di me?"
"Sei..."
"Sono cosa?"
"Mio... fratello."
"COSA?"
"Ho affrontato mio padre prima, abbiamo litigato e sono scivolato sul tavolino di cristallo e lui me l'ha confermato. Ho avuto dei dubbi fin dal sottomarino, per le parole usate da mio padre nei tuoi confronti. Ti ricordi?"
"Sì ma non gli avevo dato peso."
"Io incece sì, perciò ho indagato. Per questo motivo volevo il sequenziatore di DNA. So che è assurdo e che farai fatica a metabolizzarlo, ma è la verità. Tu sei il primogenito di Steffen Reiniger."
Fuchs prese una sedia e domandò a Felix di raccontargli ogni cosa scoperta e il ragazzo cominciò a parlare.
"Perciò io dovrei essere Luka Steffen Reiniger?"
Felix annuì.
"Santo cielo! E tu sei il mio fratellino?"
"Sì. Hai anche una sorella, Lisa."
"Ho una famiglia e voi state per diventare zii! Per fortuna sono seduto perché potrei svenire sopraffatto dallo shock."
"Mi dispiace. Non volevo turbarti."
"Turbarmi? Macché! Sono al settimo cielo. Farò il test comunque se non ti dispiace."
"Certo che no."
"Raccontami di tua... ehm... nostra madre."
"Si chiama Simone e ha 48 anni. Fa l'insegnante di letteratura in un istituto giovanile per sole ragazze, in Burgerstraße. È bellissima, giovanile, coi capelli castani e gli occhi verdi della tua stessa tonalità. Ride sempre. Nonostante... papà. Non so come faccia, ma lo ama più di qualsiasi cosa e gli è totalmente devota."
"E Lisa?"
"Lisa è una ragazza solare e un po' impicciona, ma nel senso buono, perché si preoccupa sempre degli altri. Come la mamma è sempre sorridente, intelligente e molto bella. È alta e snella, con lunghe e deliziose onde di capelli ramati, che le ricadono sulle spalle e gli occhi verdi azzurri come papà, che adora come se fosse un Dio. Purtroppo è solita idolatrare il Generale Reiniger, perciò in questo momento, non capisce la gravità delle sue azioni e perciò la tengo all'oscuro di tutto perché non sono sicuro che, anche se in buona fede, non mi tradirebbe.
"Non sto più nella pelle. Non vedo l'ora di conoscerle."
"Loro... non sanno che sei vivo. Mio padre l'ha tenuto nascosto a tutti. Ma ti prometto che, appena fermeremo il Generale, te le farò conoscere."
Wolfgang annuì con gli occhi commossi.
"Devo proprio andare."
"Maxim ti aspetta per accompagnarti in Caserma. Ma ti prego... passiamo più tempo insieme, ok?"
"Certo. Non vedo l'ora."
"Ah! Ho il sangue per Al. Volevo dirtelo prima, a cena."
"Davvero?"
"I gemelli... insomma... sono donatori universali. Gli ho già prelevato il sangue e ho ottenuto le prime quattro sacche. Sono nella cella frigorifera. Domani gli faccio la trasfusione, la febbre finalmente si è abbassata. Se Al ce la fará, è solo grazie a te."
"Ne sono lieto. Notte Wolfgang."
"Notte fratellino. Stai attento là fuori."
"Lo farò. Ma so badare a me stesso. Sei mio fratello da tipo 5 minuti e ti preoccupi già?"
"L'ho sempre fatto, ma ora è diverso. Se ti abbraccio sono patetico?"
Alan capì di essere sveglio dalla luce intensa proveniente dall'esterno e che lo abbagliava perforandogli le iridi nere, dalla mancanza di tenebre e deliri di morte, dagli uccellini che cinguettavano sul ramo del pioppo e dal profumo di erba appena tagliata che entrava dalla finestra socchiusa.
La radio bisbigliava, sul comò pieno di fotografie (fotoshoppate), di lui con la sua bella famiglia perfetta, di embargo e proibizionismo, di sommosse e uccisioni di massa, di perdite e di dolore.
Quella voce, sconosciuta, che urlava "Capitolano i traditori di fronte all'avanzata della liberazione" gli fece accapponare la pelle. Scariche di brividi, diversi da quelli di freddo, gli percorsero la spina dorsale.
Il mondo reale che aveva tanto anelato, non era meglio dell'inferno che l'aveva intrappolato così a lungo. Però, nonostante i suoi difetti, era concreto, tangibile, vero, come lo era quella stanza con le pareti carta da zucchero e i mobili bianchi. Si meravigliò di saper distinguere proprio quella tonalità di blu, che gli ricordava gli occhi di un angelo, dalle altre, ma probabilmente era normale, stava ricordando o forse aveva semplicemente colto i segnali attorno a lui giungendo alla conclusione che quella fosse la sua camera da letto e il nome, a caratteri cubitali, appeso sulla parete, lo confermava senza ombra di dubbio. Sembrava lì da molto. Non fissato in quel punto solo per ingannarlo, segno che quello che gli avevano detto su di lui e che aveva colto solo in parte, mentre era in stato di dormiveglia, doveva essere vero. Era lucido e tutto sommato, si sentiva abbastanza bene e riposato come se avesse dormito per un giorno intero, anche se lo stomaco aveva preso a brontolare come se non ricevesse nutrimento da un secolo. Alan sentì un'improvvisa voglia di Krapfen alla ciliegia e di un bicchiere di latte fresco di mucche d'alpeggio.
Sospirò cercando di rialzarsi, ma la testa subito gli vorticò procurandogli un fastidioso senso di nausea e svenimento. Con suo grande stupore, notò che le gambe erano rimaste completamente immobili, come paralizzate. Eppure le sentiva formicolare e le lenzuola gli solleticavano le dita dei piedi. Fu in quel momento, in cui provò a grattarsi, che si accorse di essere legato al letto con cinghie di cuoio alle caviglie e a un polso. Si sentiva come un animale in cattività, ma questa volta c'era un motivo valido per questa prigionia forzata, che non era più frutto di un inganno della febbre e della sua mente. Doveva solo scoprire il perché. Era certo che per ogni comportamento adottato dalle persone, per ogni azione e scelta, c'era sempre una ragione e una interpretazione valida a giustificarla. Non sapeva dire chi gli avesse inculcato questo credo, ma quelle parole gli risuonavano, come un eco, nella sua testa.
"Ricorda ragazzo, che per ogni comportamento, c'è una ragione. Non fermarti all'apparenza, come fanno tutti. Scava nella verità e capisci il motivo che guida quella scelta. Solo così sarai l'uomo e il Leader che mi aspetto sarai. Farai grandi cose."
Girò gli occhi per osservare da dove partivano, quei tubi, che si ramificavano come spoglie in inverno sul suo corpo. Lentamente, scivolavano delicate, a cadenza di 3 secondi l'una dall'altra, come gocce di pioggia primaverile, di color rubino vivo e bianche, scomparendo nel suo corpo.
Le vene del braccio sinistro erano gonfie e cianotiche, tanto che l'ago del liquido latte, era conficcato sul dorso della mano e bruciava come un'ustione. Le gocce rosse, invece puzzavano di monete arrugginite e di morte e gli procuravano una intensa sensazione di voltastomaco e di conato che lo fecero, prima impallidire e poi assumere un colore bigio, prima di svenire, proprio mentre la porta si spalancava.
Il rosso vivo che moriva oscurandosi sul pavimento, dopo quei tre bang, l'aveva accompagnato nel limbo per troppo tempo, aveva colorato il suo petto di scarlatto, l'aveva visto gocciolare e lo aveva perfino sentito in gola, dove in un secondo, gli aveva invaso le papille gustative di ruggine e ancora lo schifava. Non c'era una ragione valida per rivivere di nuovo tutto, per affogare nel suo sangue un'altra volta.
"Ehi! Sveglia bello addormentato."
Un odore intenso di ammoniaca, gli strinò le mucose nasali e gli fece riprendere i sensi a suon di colpi di tosse.
"Esagerato! Quanta scena per un po' di sali. Spesso sei peggio dei poppanti, amico."
"Chi... chi... sei?" guardò confuso il ragazzo chino verso di lui, perdendosi nell'aurora boreale di quegli occhi.
"Wolfgang Fuchs, il tuo migliore amico. Ti ricordi di me?"
"Dovrei?"
"Col tempo. Forse. Non è raro che, dopo un violento trauma, non si riacquistino i ricordi che contengono il turbamento stesso. Qual'è il tuo ultimo ricordo?"
"Io... Non ricordo niente. Prima di aprire gli occhi poco fa, so solo che pioveva, col sole e c'era quella sensazione di gioia serena e tutto splendeva coi suoi occhi, al profumo di terra riarsa umida."
"Oggi non ha piovuto Al."
"E c'era di nuovo lei."
"Chi?"
"Me lo chiedo sempre anche io. Non so chi sia. Vedo solo i suoi occhi. La sua figura è sfocata. Non la raggiungo mai. È sfuggente."
Wolfgang sospirò e prese a controllare il polso e il riflesso pupillare alla luce.
"Probabilmente era solo un sogno."
"Non voglio sembrare scortese, ma se non abbassi quel faro dai miei occhi, con il braccio sano, ti rompo il naso."
Wolfgang scoppiò in una sonora risata.
"È una visita di routine. Potresti anche sforzarti di collaborare."
"Fa male. È come se mi piantassi un punteruolo negli occhi."
"È positivo visto che per mesi non c'era quasi alcuna reazione."
"Mesi? Scusa ma da quanto sono qui?"
"Quasi sette mesi. Ma sei in cura, dal sottoscritto da poco."
"Puoi slegarmi? Non sono un Wurst."
"Tra un attimo."
"Grazie. Dov'è Dottor Ade?"
"Chi?"
"Il Dottor Morte, con gli occhialini strani, che mi teneva in quel buco oscuro che puzzava di candeggina e miagolava."
"Ti ricordi di Patrik?" indicò il ragazzo, accanto a quella che doveva essere la loro famiglia, prendendo la foto sulla scrivania.
"Lui... è... è reale?"
"Sì. È tuo... ehm... fratello. Fa il veterinario e prima di tornare a casa, eri nella sua clinica. Eri troppo debole per spostarti."
"Ho un fratello? Io non ricordo nessuno di loro."
"Veramente hai due fratelli: Patrik e Maxim." indicò il soldato. Wolfgang si grattò la testa. Per quanto ancora doveva mentire e confonderlo?
"Sembri meno sicuro di me."
"Non dire sciocchezze. Stavo solo pensando."
"A cosa?"
"Alle prossime mosse. Devi provare a rialzarti il più presto possibile e devi riprendere a nutrirti con alimenti solidi."
"Farei qualsiasi cosa per una doccia e un bicchiere di latte con un Krapfen alla ciliegia."
"Direi che posso provvedere. Ma ti avverto che per un po' dovrai usare queste e fare fisioterapia." indicò le stampelle appoggiate al muro.
"Ok."
"Appena finiscono le flebo, proviamo a farti alzare. È importante che segui le mie istruzioni e ti appoggi a me."
"Cosa mi è successo?"
《Un pazzo dispotico, ti ha sparato per ottenere tutto il potere.》
"Sei rimasto coinvolto in una rapina in banca. I criminali hanno sparato e due proiettili ti hanno ferito al petto."
"Che fortuna."
"Puoi dirlo forte. Potevi morire."
"Cosa sono quelle tre stelle argentate sulla tua giacca di pelle? Sei un dottore militare?"
"No. Non sono un militare. Le stelle rappresentano il premio per essere arrivato secondo ad una competizione motociclistica, la Enduro Motorrad Rally."
"Brillano come comete."
"Ti piacciono?"
"Sì. Vorrei essere bravo in qualcosa anche io, che non sia coltivare patate."
《Tu ne avevi tre d'oro, perché sei in assoluto il più bravo pilota del regno. Vorrei dirti tante cose, come che stai per diventare zio e che il tuo regno è sottosopra, mentre noi ci nascondiamo per sopravvivere e non sappiamo se i tuoi genitori sono ancora vivi. Vorrei guardarti negli occhi per chiedere il tuo permesso per sposare tua sorella... ma non posso. Devi ricordare da solo.》
Fuchs sospirò triste.
"Immagino che tu sia il miglior pilota di trattori dei dintorni. Ora riposa. Io torno quando finiscono le flebo, tra circa due ore."
"Non voglio riposare. Posso avere un libro piuttosto?"
Wolfgang guardò confuso la stanza alla ricerca di un libro e poi trovò "Der kleine Prinz".
Era logorato, come se avesse passato decenni tra le mani di un lettore incallito e lo passò ad Al che lo aprì sorridendo e si perse tra le pagine ingiallite.
NOTA AUTRICE:
Eccoci alla fine del nuovo capitolo.
Felix ha scoperto che Fuchs è suo fratello e anche i piani del padre.
Il capitolo termina col risveglio di Alan che pare stare decisamente meglio.
Qualcuno di voi, sta capendo di più sulla vera identità di Alan? Fatemelo sapere nei commenti.
Scusatemi. Anche questa volta sono 5.000 parole.
Quando comincio a scrivere, perdo la cognizione del tempo e di tutto ciò che mi circonda. Mi dilungo in descrizioni, stati d'animo e dialoghi che sento prendere vita sulla mia pelle. Sono perfezionista e rileggo compulsivamente correggendo gli errori e sperando di rendere l'idea e di farvi vivere le mie stesse emozioni. Non so se sono in grado, ma ci spero. I veri scrittori lo fanno.
Confido che il capitolo vi sia piaciuto. Non esitate a commentare e a scrivere consigli utili e costruttivi.
Grazie a chiunque voglia votare e consigliarlo, per permettere al mio romanzo di diventare visibile e apprezzato.
Grazie di cuore.
Vi voglio bene.
Barbara 💙
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