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CAPITOLO 22: Angriffsplan

La violentissima esplosione, udita in tutto il complesso, aveva formato un'onda d'urto che aveva spazzato via gli arredi, disintegrato i vetri e gli specchi, scardinato la porta, distrutto i sanitari del bagno, che ora spruzzavano acqua, come la Neptunbrunnen del palazzo reale, fatto franare un muro e infine, creato una voragine nella parete e nel pavimento, che era crollato sotto i piedi di Adalia, Alexander e Leyna, trascinandoli nel vuoto, fino al piano inferiore, in un ufficio. La libreria e gli scaffali, colmi di tomi, erano caduti contro la porta, che dava sul corridoio esterno, travolti da un blocco di cemento armato, che si era staccato dalla volta, che colava ardente di lava di metallo da costruzione, che si era fuso come burro in padella, bloccandola rovinosamente. Era impossibile rimuoverne il peso, senza l'uso di esplosivi, che avrebbero danneggiato ulteriormente l'ala est della base, rendendola inagibile e pericolante. I ragazzi, per il momento, erano bloccati e abbandonati al loro destino, nonostante il brusio di voci, che si udiva dall'esterno, al piano superiore, e il rumore di attrezzi, come il martello pneumatico, che creava scosse, come quelle di un terremoto, ma regolari e ripetute,
usato per creare un varco tra le macerie, cadute a tappo, col tentativo di salvarli il più in fretta possibile. Con una micro camera, usata per disinnescare le bombe e fatta passare con un cavo sottile, in una fenditura di un muro adiacente alla camera da letto del giovane Re, avevano valutato i danni strutturali della stanza e le condizioni di salute dei giovani occupanti.
Nell'aria, cenere ardente, danzante, avvolta da fiamme rosso intenso e arancio, come foglie autunnali, si trasformava, con una veloce combustione, in nera e opaca fuliggine. Colonne di fumo scintillanti, polvere di calcestruzzo, densa e spessa, fluttuavano a mezz'aria, come una coltre di nebbia autunnale e impenetrabile come un'eruzione vulcanica, che, allo stesso modo, bruciava i polmoni e rendeva difficoltosa la respirazione, complice la puzza di combustibile e di plastica fusa generata dall'incendiarsi del razzo a contatto con gli oggetti, la carta, gli schedari, i soprammobili, le tende e i vestiti, presenti nelle due stanze.
Vetri e frammenti disintegrati, calcinacci e legno, grandinavano sui ragazzi, scaglie affilate come rasoi, ferendo la loro pelle. Adalia, sentiva le guance tagliuzzate, come andare a fuoco, bruciare come carne viva a contatto col sale, a causa delle micro lesioni sul viso e le orecchie fischiare di appuntite, acute e fastidiose vibrazioni da esplosione.
Il pavimento superiore, ormai pericolante, gocciolava acqua torbida e frammenti di piastrelle nere. L'aria bollente dell'ambiente superiore, ancora costellato da piccole zone incendiate, si scontrava con le correnti fredde provenienti dall'esterno, da quel rigido inverno nordico, che tardava a passare. Adalia sentiva contemporaneamente i brividi e vampate di calore percorrerle lo strato epidermico.
La fanciulla, distesa di schiena, sul pavimento di un colore indistinto, perché ormai ricoperto di polverosa bigia cenere e pallido ossido di calcio umido, che mescolandosi, avevano formato una patina grigia, simile al cemento fresco e con la consistenza viscida, di un impasto di acqua e farina, faceva fatica a mettere a fuoco la stanza attorno a lei, a causa dei residui e del pulviscolo, che le incatramavano gli occhi, al pari delle lacrime di terrore e di dolore, che scendevano, senza alcun controllo. La testa vorticava leggera e spesso sentiva di perderne la padronanza. Gli occhi erano pesanti come macigni e la luce sempre più fioca e a intermittenza. Sentiva le tenebre come risucchiarla e desiderava solo lasciarsi andare in un sonno ristoratore, in un inganno momentaneo fatto di nulla, che si nutriva della sua infinita sofferenza, ma restava a galla, combattendo contro quel pungente e intenso dolore fisico, che voleva fuoriuscire in un grido, ma indugiava trattenuto e intrappolato, afono, tra le sue corde vocali spezzate. La schiena doleva tantissimo e il male sempre più acuto e penetrante, era esteso anche alle gambe, in modo particolare a quella destra, che non riusciva assolutamente a muovere e che probabilmente si era fratturata durante la caduta. Tuttavia, il fatto che provasse tutto quell'insopportabile dolore, le sembrava un buon segno. Era la prima volta che subiva un infortunio serio. Aveva paura delle conseguenze e non se ne vergognava.
Non avrebbe tollerato di vivere il resto della sua vita paralizzata e di non poter mai più guidare una motocicletta. Sulla sua pancia, Leyna urlava singhiozzando, schiacciata dalla spalla sinistra di Alexander, che le aveva protette, col suo corpo. O almeno ci aveva provato.
Il ragazzo giaceva prono, con la parte destra del corpo come spalmata sul pavimento e ancora le abbracciava, anche se la presa si era addolcita così tanto, da sembrare inesistente.
I capelli biondi, gli ricadevano disordinati e pieni di cenere sulla fronte insanguinata. Le mani avevano assunto una colorazione violacea e quella sinistra, si posava delicata, quasi estinta, accanto al viso della ragazza, che poteva percepirne il rassicurante e familiare calore disperdersi. Adler, era immobile, privo di sensi, ma per grazia divina, respirava ancora, anche se affannosamente, rantolando ed emettendo uno strano e anomalo fischio sibilante, come se i suoi polmoni fossero perforati da micro fori, che ricordavano il rumore dei Luftballons quando si sgonfiavano.
Quelle alitate difficoltose e tiepide, che fuoriuscivano insieme a rivoli di sangue dalle labbra socchiuse, le solleticavano piacevolmente il collo e il petto, che si sollevava sempre più velocemente, a ogni singhiozzo disperato della piccola e che la portava sempre di più in uno stato di ansia. Non avrebbe mai immaginato di ritrovarsi a fare la mamma chioccia o addirittura a preoccuparsi per qualcuno che non fosse lei. Non aveva mai avuto alcun istinto o desiderio materno prima di incontrare Alex e prima di stringere quella neonata perfetta tra le sue insicure braccia. Doveva ancora farne di strada, per potersi spacciare per una madre, visti i suoi modi impacciati di cambiare il pannolino, di sorreggerle la testa o di nutrirla, eppure, quell'esserino indifeso, che elargiva sorrisetti sghembi e smorfiette adorabili, si era presa una parte importante di lei. La amava. Ne era certa. Forse perché la amava Alexander o forse perché guardare gli occhi del ragazzo che si illuminavano in sua presenza, la facevano emozionare e innamorare sempre di più di loro e di quell'idea, prima astratta, di famiglia. Ne era stata gelosa. È vero. Ma gli occhi di Adler, quando si trattava della sua Fräulein, la guardavano sempre con quella scintilla d'amore, quella luce, quel desiderio e quella passione, che esprimevano una forma di amore diverso da tutti gli altri. Quei sentimenti erano esclusivamente suoi. Per nessun altro, benchè Alex fosse un insieme di personaggi indistinti. Lui, un figlio, un padre, un amico, un compagno, un'amante, un caparbio eroe, un fastidioso, spocchioso narcisista ed egocentrico ragazzo, col sorriso da copyright più bello del regno, e un Re responsabile, era semplicemente suo. Il suo unico, grande amore. Alexander Adler, coi suoi difetti, coi suoi pregi, con la sua forza, la sua determinazione, col suo caratteraccio forte e indipendente, mascherato da odiosa superiorità per nascondere quel suo lato dolce, romantico e altruista, era stato l'unico a riuscire dove le masse di maschi idioti e superficiali avevano fallito: le aveva donato il suo cuore e la sua anima, senza remore. Per sempre. Aveva abbattuto ogni barriera. L'aveva irrimediabilmente fatta cadere ai suoi piedi, come un tassello del domino, trascinata dagli eventi e da quei sentimenti sconosciuti che l'avevano sommersa e si erano presi tutto di lei. Irrimediabilmente sua. Per l'eternità. Ma ora, accasciato, tremolante per la febbre e ferito, gli sembrava così vulberabile e lontano anni luce dai loro progetti di vita, da farle pensare alla fine del loro percorso. Questa volta, senza di lui, non ce l'avrebbe fatta e non ci avrebbe nemmeno provato.
Erano immobili, nello stesso punto, da un tempo indefinito. Ore probabilmente. Faceva freddo con gli abiti madidi di acqua e zuppi di rassegnazione. Brividi le attraversano la pelle, come scosse. Ma non erano quelle scariche piene di adrenalina, eccitazione e piacere che solo il suo tocco era in grado di scatenarle. No. Queste erano presagio di tragedia imminente. Adalia farfugliava ininterrottamente, come un disco rotto, il suo nome, "Alexander". Inutilmente. Il silenzio regnava padrone, su quelle labbra laconiche, ormai sfumate pervinca, per il freddo, così screpolate e livide, da ezzere truccate e percorse da solchi di rosso sangue, che parevano tralci inanimati sulle sue guance ceree e che urlavano prepotenti il loro stato di muta incomunicabilitá e sempre più flebili sibili, come sonagli d'argento. Luchs era riuscita a trascinare la piccola, lontano quanto bastava, dal corpo del ragazzo e ora dormiva serena accanto al suo fianco. Aveva impiegato parecchio tempo e svariati tentativi, ovviamente senza riuscirci, prima di scostare l'arto che schiacciava, a peso morto, Leyna e che ora giaceva accanto a lei, smorto e appena appena tiepido, come una balena spiaggiata, che attendeva la sua triste fine su una spiaggia deserta.
Alexander Adler, col suo fisico imponente, la sovrastava già normalmente e ora, che il suo corpo era inerte, pesante come un macigno, compresso dal peso e dalla forza della gravità, sembrava impossibile contrastarlo o anche solo scostarlo. Adalia stava lentamente perdendo sensibilità agli arti inferiori e sentiva un peso localizzato allo sterno, dove il viso immobile e tumefatto del ragazzo, pareva immerso in incubi, fatti di tenebre e morte.
"Alex... ti prego! Apri gli occhi... Non arrenderti. L'hai detto tu che combattiamo per garantire un futuro di pace, dignità, progresso, benessere e spensieratezza ai nostri figli. Combattiamo perché non debbano mai provare l'atrocità e il dolore della guerra. Combattiamo insieme per liberare il regno dalla tirannia. Per riportare il sole dell'alba e sconfiggere le tenebre del crepuscolo. Questa è solo una difficoltà. Non la fine. Ci attende un roseo futuro. Insieme."
Una figura ombreggiata, nel frattempo, si era sporta verso la voragine. Adalia non riusciva a capire chi fosse, ma riconobbe immediatamente la voce del suo gemello.
"Ad!? Tutto bene?"
La fanciulla scoppiò a piangere annuendo.
"Ehi! Ci sono io ok? Scendo subito. Non c'è nulla che i gemelli Luchs non possano superare. Insieme. Ok?"
Leon parlava in quel modo dolce, accondiscendente, rassicurante e calmo, che si propagava come una melodia, anche nei momenti più bui, con le sue note armoniche, intrise di quiete, fiducia e della tranquillità di cui Adalia aveva bisogno. La sua però era una maschera perché, tutto dentro di lui, urlava ed era totalmente terrorizzato. Le condizioni della sorella, del Re e di quella minuscola bambina, che si era presa un pezzo del suo cuore, solo come una nipotina poteva fare, lo preoccupavano molto. Sospirò per riacquistare la lucidità e la forza di cui aveva assolutamente bisogno, stampandosi un bel sorriso in volto. Sarebbe stato roccia. Per Adalia. Solo per Adalia.
I soldati attorno a lui, lo calarono con una robusta fune. Wolfgang, l'equipe medica, i genitori dei gemelli e quelli di Alexander, attendevano, con trepidazione, di sapere di più sulle condizioni di salute di entrambi. La visibilità della stanza, ridotta dai fumi e dalle polveri, e la posizione a pancia in giù in cui si trovava Alexander, non rendevano chiaro il movimento tipico della respirazione, con il sollevamento toracico e pertanto, Leon, temeva il peggio.
Ci avevano impiegato ore, rimuginava il ragazzo, durante quella lenta discesa, per aprirsi un varco sicuro e poteva tranquillamente essere troppo tardi per Alexander. La morte del Re, sarebbe stata un dramma per tutto il Königreich, certo, ma lo sarebbe stata di più per il cuore della sua gemellina. Questa volta, Adalia, non avrebbe retto. E nemmeno lui.
Leon scosse la testa, infastidito dai suoi stessi, inquietanti pensieri.
Adalia aveva bisogno di Alexander e Adler aveva bisogno della sua Fräulein. Avevano dimostrato di non poter proseguire il cammino della loro vita lontani l'uno dall'altra perciò, il Re doveva assolutamente essere in vita. La loro storia non poteva finire così, con un lutto, con le esequie di Alexander che fluttuavano sull'acqua, in una bara galleggiante, in un suggestivo funerale norreno, che gli avrebbe aperto le porte del Valhalla, come si conveniva agli eroi, ma solo con il lieto fine che entrambi si meritavano.
Nonostante non sapesse esattamente nei dettagli, ciò che era realmente accaduto, dopo quell'esplosione, che aveva rimbombato come un eco di morte, squarciando il cemento come carta straccia e logora e che gli aveva fatto andare di traverso il boccone di Zebra Kuchen, che stava mangiando scherzando con Felix, Leon, aveva percepito immediatamente, che la sua sorellina potesse essere in pericolo e non perché la sapeva in compagnia del bersaglio più odiato da Reiniger, ma per quel legame profondo e inspiegabile, che li aveva sempre uniti. Ricordava perfettamente quel brivido alla spina dorsale, quella fitta al petto e quel senso di vuoto allo stomaco, che faceva male come un pugno e che percepiva ogni qualvolta fosse coinvolta o in pericolo Adalia.
Ora che la vedeva, coi suoi occhi, vigile, con quelle meravigliose lacrime, pure come un diamante e colme della sua essenza e che le solcavano, irresolute, le gote, arrossate dal freddo che entrava dalla finestra aperta, per la felicità di vederlo e con un abbozzo di sorriso, forzato, per ricambiare il suo, sentiva un dolce tepore all'altezza del muscolo cardiaco e poteva finalmente tirare un sospiro di sollievo.
"Eccomi Ad." le sussurrò dolcemente.
Alexander sibilava, dalle labbra porpora, rigate di sangue, come quelle di un vampiro, un lento ed estenuante respiro, mentre la piccolina dormiva serena come un angioletto, accoccolata nella sua tutina a strisce, che la faceva sembrare una dolcissima Biene, accanto a quella che in tutto e per tutto, a prescindere dal legame di sangue, era diventata la sua mamma.

Un prodigio, per sua sorella, che solo l'amore di quel ragazzo ineffabile, era stato in grado di generare. Alzando il pollice verso la voragine, per indicare che andava tutto secondo i piani, non poteva che essere grato del fatto che le mani del Signore si fossero protratte, come ali, per accoglierli da quel salto di almeno due metri e salvarli da morte certa. Non c'erano altre spiegazioni per chiarire ciò che aveva giá del miracoloso e per parafrasare il motivo per cui, tutti e tre, erano sopravvissuti, a parte la fede e l'intervento del Divino. Non che fosse un fanatico religioso, ma il mistero della creazione, del piano divino e di un destino preciso e predeterminato, lo avevano sempre affascinato e incuriosito.
Doveva esserci per forza un responsabile, da qualche parte, che aveva originato un inizio di tutto e che aveva donato loro la vita e il libero arbitrio. E ora, non poteva che esserne riconoscente. Non era mai stato bravo a pregare, ma più tardi, sarebbe andato nella cappella a esprimere tutta la sua gratitudine.
"Alex..." sussurrò preoccupata sua sorella.
Leon, per scrupolo, posò due dita sulla carotide del ragazzo, che vibrò, come le corde vocali di un leone, quando ruggisce, sotto i suoi polpastrelli, e grugnì uno sbuffo misto di sollievo e preoccupazione. Non era un medico, ovviamente, ma il battito pareva irregolare perfino a un inesperto come lui e il ragazzo, inoltre, emetteva suoni polmonari poco rassicuranti perdendo sangue dalla bocca. Forse non era nulla. Forse si trattava di qualcosa di serio come una emorragia interna. Non poteva saperlo. La diagnosi, non era di sua competenza, ma rassicurare Adalia, sì.
"A lui ci pensano i dottori. Ora si calano con una barella e lo portano in infermeria. È vivo, Ad. Questa è l'unica cosa importante e che ci da speranza. Ha la pellaccia dura e non teme la morte perché l'ha già vista in faccia e combattuta. Tu, come stai?"
"Ora che ci sei tu, bene. So che non te lo dico abbastanza, ma ti voglio bene. Sei la mia unica certezza, in questo mondo caotico e corrotto."
"Ehi! Non fare la sentimentale adesso. Non è da te." sorrise Leon, asciugandole, col pollice, le lacrime sulle guance. "Ti voglio bene anche io. Questo non cambierà mai. Sei e sarai sempre la metà più bella e forte della mia anima."
"È qui che ti sbagli. Tu sei quello forte. Tu sei il collante che tiene unita la nostra famiglia e ora capisco che la famiglia è tutto. Tu, sei tutto. Sei un ragazzo speciale, il mio migliore amico, un figlio di cui essere fieri e un meraviglioso e premuroso fratello. Sarai, in futuro, anche uno splendido marito e padre. Ne sono sicura."
"Se fai la sdolcinata, mi fai preoccupare. Puoi alzarti? Qui c'è una principessa, che ha bisogno della sua mamma."
Adalia, a quella semplice constatazione, tremò. Di una emozione amplificata e poi scosse la testa.
"Credo si siano rotte le gambe."
"Ora ti porto fuori da qui, Ad e mi prendo cura della mia nipotina, ma non ti aspettare che non la vizi, perché gli zii, servono a questo."
Leon guardò preoccupato la volta che si sgretolava lentamente e le fece comunque un rassicurante occhiolino.
"Tu pensa solo a guarire. Al resto, penso io."
Con un senso di leggerezza al cuore e un bagliore di speranza ad alimentare la sua anima, nonostante il dolore straziante, ormai fuori pericolo, adagiata sulla barella, Adalia si lasciò sopraffare dalle emozioni che la cullarono in un mondo fatto di sogni felici. La realtà, fatta di spire rosse sangue e oscurità innaturale, paura e morte, l'avrebbe attesa al suo risveglio. E forse anche il suo Alexander.
Adalia si era fratturata, durante la caduta, il femore della gamba destra, che appariva gonfia, livida e più corta della gamba sinistra. Il medico chirurgo della base, aveva provveduto immediatamente ad applicare un tutore per imobilizzare l'arto fratturato e si apprestava a operare per riallineare l'osso. La gamba sinistra e la schiena, dolevano solo per l'impatto, ma fortunatamente non vi erano lesioni, lussazioni o fratture. Dopo l'intervento, con l'ausilio delle stampelle e con un periodo di fisioterapia riabilitativa mirata, Adalia, avrebbe riacquistato la normale mobilità motoria.

Le condizioni di salute di Adler, invece, dopo un'approfondita radiografia, erano chiare: pneumotorace ed emorragia interna causate della caduta e dello schianto violento del petto sul pavimento. La radiografia evidenziava un esteso trauma toracico con fratture costali che avevano perforato il polmone destro portando a una significativa compromissione della respirazione e della circolazione del sangue, cianosi agli arti, con tachicardia e tachipnea. Oltre all'accumulo di gas nella cavità pleurica, Wolfgang aveva subito notato la presenza di sangue. Adler necessitava di un urgente drenaggio toracico, perciò, nonostante fosse ancora privo di sensi, lo sedò con un sedativo blando e gli iniettò, nella soluzione salina della flebo, come da suggerimento della Regina Viveka, a conoscenza della resistenza agli antibiotici del figlio, dell'estratto di echinacea purpurea, come antibiotico naturale.
Finalmente, il laboratorio, era riuscito a isolare il batterio presente nel sangue del Principe che provocava la solita e persistente febbre debilitante, il sanguinamento del naso, il rasch cutaneo, l'abbassamento della pressione arteriosa e i momenti di confusione. Avevano sottoposto il ragazzo a una miriade di esami approfonditi e finalmente avevano isolato la causa: infezione da Streptococco di tipo A.
Alexander conosceva bene quella sensazione di oblio e di leggerezza generata dai farmaci. Si lasciò accarezzare dal calore che essi sprigionavano e cullare da quell'abbraccio invisibile che lo portava in un altro mondo, fatto di relax e di un sonno fatto di visioni.
La testa di Adler era tempestata di ricordi, che riaffioravano sottoforma di nitidi sogni, come se quel salto nel vuoto, quella caduta, che gli aveva sconquassato violentemente lo sterno, rendendogli difficoltosa la respirazione facendo diminuire l'afflusso di Sauerstoff al cervello, gli avesse riparato la mente e ricordato chi era davvero, ridonandogli la vita, prima dell'attentato, che pensava persa per sempre. E forse, per certi aspetti, avrebbe preferito dimenticare la persona che era prima, gli eterni conflitti col padre, la sua arroganza, il suo voler mettere sempre sé stesso al di sopra di ogni altra cosa e la sua spiccata abilità a mettersi di proposito nei guai, cosa che effettivamente continuava ad accomunare il vecchio Principe Adler, con il nuovo Re Adler, perché sembrava attirare su di sè, come una calamita, ogni tipo di catastrofe. In questo anno, era cambiato tutto. Lui non era più lo stesso Principe capriccioso, menefreghista ed egoista. Era maturato. Aveva tirato fuori il meglio di sé stesso e l'aveva messo al servizio del suo popolo e non per semplice gratificazione personale o per dovere, ma per scelta. Quella scelta che suo padre si aspettava da tempo e che non doveva essere altro che la sua strada, per diritto di nascita, che lo avrebbe guidato verso un futuro glorioso come monarca. Il merito di quella metamorfosi da bruco, nascosto nel suo bozzolo fatto di paure, insicurezze e di "Ich Selber", a farfalla, non era certo il suo, ma di quella Fräulein dagli occhi illusori e ipnotici che gli aveva perforato l'anima alla ricerca del vero Alexander, quella parte che nemmeno lui conosceva o sapeva esistesse e che aveva imparato ad amare ogni sua sfumatura caratteriale, ogni sua imperfezione e la sua oscurità, perché ogni essere umano è più di quello che fa vedere agli altri. Ognuno di noi è un complicato e intricato puzzle fatto di maschere e di personalità che escono fuori e si indossano in base ai momenti e alla necessità e non quell'unico soggetto che si crede di conoscere. Spesso non basta una vita intera per conoscersi e farsi conoscere davvero a fondo. Ma lei... Lei era riuscita ad abbattere ogni corazza e ogni personaggio costruito ad arte per nascondere la sua vera essenza. Lei aveva il potere di fare emergere ogni lato del suo vero essere. In amore, come nella vita, non ci sono solo momenti belli e felici, anzi, quelli sono rari, ma anche e soprattutto, quelli che allontanano e fanno soffrire, quelli per cui è difficile perdonare o andare avanti, eppure, con Adalia al suo fianco, sapeva di poter affrontare tutto. Anche la morte.
Mentre si beava del ricordo della Enduro Motorrad Rally e dell'istante esatto in cui aveva capito di essere fregato, perché si era perdutamente innamorato di quella Fräulein tosta, che si era sostituita al fratello, del loro primo bacio, di quelle notti passate sotto le stelle a fumare e a parlare, il cuore gli tuonò prepotentemente nel petto, ruggendo con i suoi bip assordanti nel macchinario che monitorava il suo muscolo cardiaco, facendogli spalancare gli occhi.

《Und dann war ich nicht mehr ich selber.》

E improvvisamente non era solo più sé stesso, ma qualcuno di migliore.

"Fräulein..." sussurrò cercando di mettere a fuoco l'ambiente circostante.

"Alexander" la voce incerta e mesta di sua madre, gli occhi gonfi di rugiada, mentre stringeva amorevolmente la sua mano, come quando era bambino e aveva paura del buio e dei mostri sotto il letto, gli provocò un brivido di esitazione.
Era messo davvero così male? Perché lui non si sentiva così bene e in sintonia con sé stesso da tantissimo tempo ormai.
"Mutti" cercò di raggiungere il viso scavato della donna con la mano, ma non ci riuscì perché lei glielo impedì.
"Non affaticarti. Sei ancora debole."
"Sto bene." Le regalò un sincero ma sghembo sorriso. "Sul serio. Non angosciarti."
"Angosciarsi e preoccuparsi costantemente, è una prerogativa quando si diventa genitori, ma anche gioire per i successi della propria prole e sostenerla sempre."
"Ma io vi ho sempre delusa, Mutter."
"Non dire sciocchezze! Già ti adoravo prima, ma ora sono davvero fiera di te, dell'uomo e del Re che sei diventato. Per questo devi promettermi che prenderai la tua famiglia e lascerai il Königreich."
A quelle parole, Alexander, aveva dato per scontato che Adalia e Leyna fossero al sicuro. Si sentiva felice di averle protette, ma inquieto per i deliri della sua genitrice.
"Cosa?"
"Consideralo un esilio temporaneo. Io e tuo padre abbiamo deciso che tutelare la tua vita e quella della nostra discendenza, è più importante di ogni cosa. Anche del Regno stesso. Andrai a Herzogtumhohenstaufen, dai tuoi zii."
"Ma... La guerra... Reiniger... Con tutto il rispetto, madre, ma non voglio andare dallo zio Louis. Nemmeno lo conosco a fondo, tuo fratello. Gli avrò parlato sì e no tre volte. Io sono utile qui."
"Invece no. Ci occuperemo di tutto tuo padre e io. Voi andate. Promettimelo Alex."
"Non posso. Un anno fa, sarei andato via madre, proprio come mi stai pregando. Ma non sono più lo stesso ragazzino spaventato ed egoista. Ora sono un uomo. Con delle responsabilità. La guerra, il regno distrutto, la sofferenza e le morti, non saranno il mio retaggio. Non lo tollero. Combatterò a costo della mia vita, se è necessario, affinché la pace e la serenità del mio popolo tornino a essere delle certezze. Papà mi ha detto che devo riprendermi il mio regno e anche se pare aver cambiato idea in proposito, ho intenzione di farlo."
"Tesoro..." la Regina Viveka lo guardava con una scintilla negli occhi e una vena di preoccupazione.
"Il tuo impegno e la tua dedizione sono ammirevoli, ma non sono disposta a perderti. Non di nuovo. Non puoi combattere in prima linea" sospirò infine frustrata, perdendosi in quegli occhi grigio azzurri, che la fissavano risoluti, caparbi, forti e decisi, come non li aveva mai visti prima, consapevole del fatto che il figlio non avrebbe mai cambiato idea.
"Che razza di Leader non combatterebbe accanto al suo popolo? Non me ne starò fermo nelle retrovie a guardare la mia vita, la mia casa e il mio futuro cadere. Non aspetterò nemmeno più le mosse di Reiniger. Tutto questo deve finire. Oggi. E a modo mio."
Alexander sfilò la flebo dal braccio sotto gli occhi increduli della madre.
"Alexander Adler, rimettiti subito a letto." ordinò perentoria la donna.
"No. Non lo farò. Ora andrò dalla donna che amo, che desidero sposare e con cui voglio avere figli e dopo andrò in sala controllo dai generali e da papà per spiegare loro la mia strategia d'attacco. Nessuno potrà fermarmi, Mutti, nemmeno tu, solo... fidati di me."
La donna annuì conscia del fatto che Alexander era sempre stato uno zuccone che preferiva sbatterci la testa e affrontare i problemi di petto, piuttosto che farsi comandare a bacchetta. Suo figlio era sempre stato genuinamente impetuoso e sprovveduto, doti che solo König Ludwig capiva e apprezzava. Per tutti, persino per lei, era sempre stata un'impresa impossibile, fargli cambiare idea.
"Almeno prendi questo. Per una donna speciale, ci vuole un anello altrettanto speciale." sorrise dolcemente.
La donna sfilò dall'anulare il bellissimo anello, che da quando Alexander aveva memoria, la madre aveva sempre indossato, in ogni occasione ufficiale e nella quotidianità, caratterizzato da una pietra verde a taglio smeraldo, che aveva la particolarità di cambiare tonalità sotto le luci artificiali, diventando infatti rossa, montato su un gioiello di preziosissimo iridio, estratto dalla miniera sorta dopo la caduta del meteorite che aveva provocato l'estinzione dei dinosauri.

Adler ne era sempre stato affascinato e quando era bambino pensava fosse magico. Tuttavia il cambio di colore della pietra, una rarissima Alessandrite, aveva un fondamento scientifico e non mistico. L'effetto cangiante, era dovuto alla sostituzione, anche se in piccolissima parte, dell'alluminio col cromo, impurità presente anche negli smeraldi e nei rubini, che lo rendevano un gioiello unico e inestimabile.
"Mutti... Non posso..."
"Viene tramandato da generazioni, per chiedere in sposa la propria Regina, Alexander. Appartiene più a te che a me. Fu König Wilhelm, nel 19° secolo, in visita in una miniera di smeraldi, a notare la luce particolare di questa pietra e a volerla come dono per la sua promessa sposa: Königin Alexandra von Lichtenstein."
"Grazie. Lei... dov'è?"
Alexander rigirava nervoso il gioiello tra le sue dita.
"Credo a fare fisioterapia."
"Fisioterapia?"
"Oh, che sciocca. Hai dormito per una settimana imbottito di antidolorifici, per saperlo. Adalia ha subito una operazione in seguito alla rottura del femore. Sta bene. Cammina già con le stampelle e ogni giorno viene a farti visita. Prima che tu lo chieda, la dolce Leyna gode di perfetta salute. È accudita con amore da Leon e dall'infermiera pediatrica Veronika. Sbaglierò, ma si respira amore nell'aria, tra quei due."
Alexander aveva percorso, velocemente, il lungo corridoio, diretto verso la palestra.
Quando aprì la porta e la vide, intenta a fare esercizi di fisioterapia, fu come se il tempo si fosse fermato in una bolla. Adalia gli faceva sempre tremare il cuore e con la sua disarmante bellezza, era la distrazione da contemplare come un capolavoro artistico, più piacevole dell'intero Königreich.
"Posso rubarvela un istante?"
Nell'udire la voce del Re, tutti si prostrarono in segno di rispetto. Luchs, alzando improvvisamente lo sguardo, aveva gli occhi che sorridevano.
Il ragazzo la raggiunse con ampie falcate, le prese le mani, stringendole affettuosamente e le sorrise pronunciando a fior di labbra un "ti amo" carico di emozioni, prima di far combaciare le loro labbra in un bisognoso e infinito contatto.
"Alex..." bofonchiò a corto d'aria.
"Vieni con me, Fräulein." affermò roco, prendendola in braccio. La ragazza a quel contatto, rilassò le spalle e si perse col viso, nell'incavo del collo del ragazzo, inebriando i suoi sensi del suo profumo misto ai disinfettanti ospedalieri.
Alexander aprì la porta, sotto la vetrata colorata di mosaici, della cappella, e percorrendo la navata con Adalia tra le sue braccia come una sposa, la adagiò sul primo banco di legno scuro, di fronte all'altare e al crocifisso. Poi si inginocchiò ai suoi piedi.
"Cosa ci facciamo qui, Adler?" chiese la fanciulla curiosa.
"Dio mi è testimone, Adalia, che con questo anello, mi impegno a unire il resto della mia vita alla tua, nel bene e nel male, in salute e in malattia. Ti amerò sempre e ti sarò fedele. Ti voglio come moglie, amica, amante e come colei che porterá nel suo grembo i nostri figli. Ti voglio al mio fianco come Regina e consigliera e non dovrai mai stare tre passi indietro a me, perché io ti voglio al mio fianco. Sempre. Affronteremo il cammino mano nella mano." parlò serio facendo scivolare il gioiello nell'anulare della ragazza che lo fissava pallida e sorpresa.
"Con questo anello, io ti sposo, Fräulein Adalia Luchs e ti prometto che ti darò tutto di me e che alla fine di questo periodo buio, celebreremo questo matrimonio nel modo che meglio si addice alla regina del mio cuore. Ti amo."
Lacrime di gioia, solcavano le gote della ragazza.
"Ti amo anche io. Per sempre tua, Alex."
"Non odiarmi. Ma devo mettere fine a tutta questa storia e devo farlo ora. Prima di perdere altre vite innocenti. Prima di perdere... te." sospirò preoccupato.
"Alex... No..."
Alexander la baciò di sorpresa.
"Ti prometto che non commetterò errori e non metterò a rischio la mia vita. Tornerò da te e cominceremo la nostra vita insieme, come una famiglia."
"Non puoi saperlo. Non... lasciarmi."
"Vieni qui..."
Alexander la abbracciò forte.
"Per dare inizio a una nuova era, bisogna prima porre fine a quella precedente."
"Non..."
"Comprendo il tuo timore, ma non ho intenzione di permettere a Reiniger di rovinare tutto e di privarmi di te. Sono il Re di questo regno..."
"Tecnicamente non sei ancora stato incoronato."
"Dettagli Ad. Solo dettagli. Mio nonno diceva sempre che non è il serto che giace sul capo a fare di te un buon re, ma quello che si possiede nel cuore e nella testa. E se sono diventato un uomo migliore, che non ha a più a cuore soltanto stesso, lo devo a te, Adalia. Mi hai cambiato già durante la Enduro Motorrad Rally e sempre di più col tempo, perciò grazie. Grazie di esserti imbucata a quella gara e di esserti presa il mio cuore, di aver fatto uscire la parte migliore di me e di..."
"Smettila di farneticare..."
La fanciulla si avventò famelica sulle labbra del ragazzo.
"Se non torni, giuro che ti uccido."
Alexander scoppiò a ridere.
"Esercitati. Vorrei vederti percorrere la navata di Engel, in un abito da sposa esageratamente elegante, senza zoppicare e con la stessa meraviglia negli occhi che ti aveva colta quella notte durante la competizione, ma questa volta destinata esclusivamente a me che ti aspetto accanto all'altare."
"La cattedrale è diroccata e... aspetta... tu ricordi?"
"Ogni cosa e non mi interessa se è diroccata. La possiamo far riparare o anche no. L'unica cosa che voglio, sei tu. Per il resto dei miei giorni."
"Anche se sopportarti, per il resto dei miei giorni, sarà impegnativo..." scoppiò a ridere Luchs, "ti voglio anche io, Alex. Con ogni fibra del mio corpo. Ti amo, Dummkopf."
"Io di più Fräulein."

Alexander aveva raggiunto silenziosamente e pensieroso, il Comando generale. Appoggiato allo stipite della porta, osservava generali, ammiragli, capitani, comandanti, soldati e tecnici, escogitare piani d'azione che venivano sempre scartati da Re Otis.
"Ci vuole un approccio deciso e di forza, pertanto suggerisco di marciare con tutto l'esercito e con i Panzer corazzati fino al Vostro Schloss, mein König, e di fare irruzione con la tecnica delle forze speciali e usando gli scudi a testuggine per avanzare compatti e protetti."
"Fare irruzione nel palazzo più blindato del regno? Troppo pericoloso e sono sicuro che Steffan abbia intensificato la sicurezza e cambiato i protocolli. Bombardare il palazzo reale? Sarebbe un'imprudenza. Parliamo di un patrimonio storico nazionale e la residenza di centinaia di innocenti costretti a lavorare come servitori per il nuovo Re. Rapire la moglie? Non siamo dei mercenari. Anche in guerra ci vogliono regole di condotta morale. Possibile che è tutto qui quello che sapete concepire?"
"Mio padre ha ragione." si intromise risoluto Alexander.
"In battaglia, per vincere, non bastano la forza bruta e i numeri, ma la tattica e l'intelligenza. Dobbiamo pensare fuori dagli schemi. Fare qualcosa di imprevedibile, ma ovviamente ponderato e analizzato nei minimi dettagli. Qualcosa che sorprenda Reiniger e lo indebolisca."
"Mio padre non ha a cuore niente e nessuno, a parte sé stesso, Eure Majestät. Inoltre è diffidente e paranoico. È difficile sorprenderlo."
"Ne sono consapevole. Per questo motivo gli daremo quello che vuole."
"E cosa vuole Alexander?"
"Me."
"Non ti lascerò assolutamente fare da esca, figlio mio. Tua madre non ti ha parlato?"
"Certo che l'ha fatto, Padre, ma ti dirò esattamente quello che ho detto a lei: io non scapperò mai. Poi, se mi permetti, Felix, c'è una cosa che tuo padre desidera più di ogni altra cosa e non ha mai ottenuto perché io sono troppo orgoglioso per cedere: la mia resa. Quando mi addestrava non faceva che ripetermi quanto detestava e trovava patetici i codardi che si arrendevano. L'occhiata di ammonimento che mi aveva lanciato a 7 anni, quando mi sono arreso durante una lotta corpo a corpo, non la dimenticherò mai. Da allora, nonostante il dolore e la paura che provavo, non ho mai più abbassato la testa o permesso a me stesso di essere debole... fino a oggi." Alexander sorrideva subdolamente.
"Spiegati." chiese particolarmente interessato il giovane Reiniger.
"Busserò alla sua porta. Ferito nel corpo e nello spirito, sventolando bandiera bianca. Reiniger, non perderebbe mai l'occasione di vedermi strisciare e supplicare."

NOTA AUTRICE:
Scusate la lunga assenza. In questo periodo ho molte questioni familiari da seguire e poco tempo per dedicarmi alla scrittura e alla lettura.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Nel prossimo Alexander e Reiniger si troveranno faccia a faccia. Chi avrà la meglio?
Votate e commentate come sempre. Mi fa sempre piacere leggervi.
Buona giornata.
Barbara 💙

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