CAPITOLO 15: Der einsame Adler
Alexander sedeva pensieroso, sul muretto ghiacciato, fumando una sigaretta e osservando le giravolte immacolate, della neve in cielo.
Il denso fumo bianco alla menta, del tabacco, contaminava l'aria fiorente e profumata di candore.
Ammirava, in silenzio, il meraviglioso prodigio della nevicata, totalmente incapace di descriverne la bellezza. Era la prima volta, da dopo "l'infortunio", che assisteva alla magia dell'inverno. Un fiocco dopo l'altro, soffice e candido come cotone, spuntava dal nulla, dall'immensitá del cielo argenteo, ingaggiando, attraverso le correnti d'aria, un gioco divertente: rincorrere gli altri fiocchi, prima di schiantarsi, abbracciati, sul suolo arido e ricoprirlo lentamente di mantelli gelati di una bellezza e di una purezza assoluta.
I suoi passi, scomparivano avvolti da nuvole di borotalco, così come il resto del mondo, che si plasmava, come tempera su una tavolozza di un pittore, risucchiando ogni colore e lasciando posto al luminoso e iridescente bianco. Alexander non era più in grado di definire i contorni degli oggetti e i rami degli alberi, prima spogli e levati in orazione del firmamento, ora si vestivano di gelido pizzo, ma delicato, raffinato e tenero, come il merletto di un abito da sposa. Attorno, i sempreverde, ricoperti da un leggero manto innevato, si fingevano delle damigelle.
Era tutto così perfetto e irreale, rallentato e silenzioso, come un film d'altri tempi, da provocare nel ragazzo, un senso di pace e fulgore. Una lacrima solitaria, di commozione o di tormento, gli aveva solcato il viso, perdendo immediatamente il suo calore e precipitando a terra sotto forma di cristallo di ghiaccio.
In quel momento, il suo Regno, sembrava incantato, sospeso nello spazio e nel tempo, al riparo dalla cortina di fuoco e da ogni atrocità o peccato di guerra. Fissava il muto empireo risolino della volta pallida, con il terrore di disturbare e rovinarne la grazia, coi suoi pensieri.
Aveva sentito molti soldati lamentarsi, ma il Principe Adler trovava l'inverno stupendo, mentre con la purezza di un pianto di fiocchi fatati, in un volo di farfalla, stendeva un lenzuolo di candore e purezza, sulle sue umane mancanze.
Aveva la volontà di cambiare sé stesso e di fermare la guerra e ci sarebbe riuscito a tutti i costi. Il tramonto, sarebbe tornato a essere l'alba di una nuova opportunità, di un nuovo glorioso inizio, per il suo malandato Regno.
Non doveva rendere conto o dimostrare niente a nessuno, a parte a sé stesso. Per tutta la vita, aveva cercato di capire chi era davvero nel profondo, cercando di compiacere gli altri e di conformarsi, ma quella assidua ricerca della sua "perfezione", si era rivelata essere una strada a senso unico, che non voleva ripercorrere mai più. Capiva perfettamente perché si era ribellato a quel sistema fuorviante che creava adulti senza personalità e che non accettava i visionari o gli "strambi" come lui. Si era sempre sentito diverso ed emarginato, ma ora, mentre finalmente, alcuni ricordi di sé, gli affioravano nella mente, non gli interessavano più le opinioni e i giudizi degli altri, perché quella che le masse chiamavano diversità e trovano sbagliata, rappresentava la sua unicità e la sua forza.
Ci aveva pensato milioni di altre volte, ma solo in questa desolazione, sentiva il peso di quelle riflessioni. Venire sempre ignorato e contraddetto, però era frustrante, ma non perché era il Re, ma da semplice essere umano senziente. Certe reazioni, che lo alimentavano ultimamente, non pensava nemmeno che potessero appartenergli e non sapere abbastanza, di quel ragazzo, che si apprestava a diventare uomo, lo terrorizzava. L'indifferenza del resto del mondo, che continuava la sua corsa, ignorando i suoi tormenti e le sue insicurezze, faceva fluire il suo dolore represso. Si sentiva sempre più incompreso. Solo al mondo.
《Basta sembrare invincibile. Nella vulnerabilità non c'è vergogna, solo forza.》
Avrebbe scoperto e dimostrato chi era e quanto valeva, a modo suo, anche se questo significava volare in solitaria e forse avrebbe col tempo, trovato il suo posto nel mondo e anche riconquistato il cuore di quella Fräulein, che si era presa in ostaggio irrimediabilmente il suo e che attendeva il ritorno del Principe ribelle, che l'aveva fatta innamorare durante l'Enduro Motorrad Rally.
Ma ora non c'era spazio per quel ragazzo egoista e nemmeno per quello senza identità, spaventato e confuso. Era giunto il momento di riscoprirsi come un vero Adler: rigoroso e risoluto, senza macchia e senza paura, per agire con eroismo, come citava la prima pagina sbiadita, dei suoi antenati.
"Abbandona l'incertezza e la paura, armati di virtù. Abbraccia il tuo eroico destino da condottiero. Guida il tuo popolo verso l'euritmia. Più ardua e cruenta sarà la battaglia e più luminosa sarà la tua anima al cospetto dell'Onnipotente."
Alexander, fissava apatico, le gocce rubino che scivolavano, dal suo naso, pesanti, sul manto candido, privandolo della sua purezza.
La sua terra si era già ricoperta di sangue, versato per una scellerata, insensata ed egoistica guerra. Quelle gocce piangenti, sarebbero state le ultime a bagnare il suo Regno.
Nervoso, gettò il faldone ingiallito nella neve. Non gli serviva un manuale, per andare in guerra, bensì uno per farla cessare.
Avrebbe combattuto per la pace e la libertá, perché non c'era alcun onore, nel far morire né i suoi alleati, né i suoi nemici. Era abbastanza sicuro, che la migliore arte della guerra, non fosse rappresentata dalle uccisioni, bensì dalle azioni. Avrebbe agito ascoltando l'insolenza dei suoi pensieri e l'ingenuità del suo buon cuore e avrebbe fatto di tutto per cogliere il nemico alla sprovvista e sottometterlo, senza combattere. Per farlo, doveva semplicemente essere sé stesso e agire da solo.
L'ultimo sacrificio, per un futuro roseo della sua amata Patria, era sé stesso. Più del suo impegno, della sua risolutezza e della sua vita, non poteva elargire. Ma sarebbe bastato?
Aveva pianificato di andare via alle prime luci dell'alba. Senza salutare, senza le prediche di Wolfgang, senza rivedere quegli occhi stupendi e pieni di lacrime, che in questo momento lo detestavano, ma che gli avevano dato e tolto tutto e che, col loro amore, l'avrebbero sicuramente convinto a tornare sui suoi passi e a lasciare perdere il suo piano suicida. Ma non poteva sparire così. Non senza affidare la piccola Leyna, a qualcuno di fidato. Non senza informare, almeno Maxim, dei suoi folli piani.
"Fa freddo qui fuori. Non trovi?"
La voce della fanciulla lo fece sprofondare in un lago ghiacciato di lacrime e sgomento. Delle migliaia di persone, presenti in quella vecchia e inospitale base, perché aveva incontrato proprio lei?
"Io... per l'appunto, stavo rientrando." sussurrò cercando di battere in ritirata, per non doverla affrontare e per non rimanere con l'amaro in bocca e il cuore spezzato.
"Mi offri una sigaretta?"
Adler ne sfilò una dal pacchetto e la ragazza, la fermò delicatamente, tra le sue labbra.
《Ah! Le sue labbra!》 sospirò con sguardo sognante, mentre una miriade di sensazioni prima stupende e poi devastanti, lo travolsero.
Lei era assolutamente perfetta: labbra rosee, ben disegnate e piene, da baciare a oltranza, un aggraziato pallido viso, su cui il freddo aveva accentuato il rossore delle guance e del nasino corto, concavo e con una punta sottile, setosi e ondulati capelli dorati da accarezzare, annusare e stringere in un pugno, e infine, occhi fatati di un celeste illusorio e unico che lo risucchiavano, a ogni sguardo, verso un mondo magico, dove esistevano solo loro.
Adalia, aveva un fisico da Amazzone, longilineo ma formoso nei posti giusti.
I lineamenti dolci e armoniosi e un caratterino agguerrito e spigoloso, che spesso lo irritava, ma che nel complesso, amava con tutto il cuore.
La fanciulla, era di una bellezza disarmante e di una sensualità sconvolgente, che lo portava in perdizione.
Avrebbe desiderato semplicemente abbracciarla, per scaldarla, ma non poteva più farsi trascinare dai suoi capricci e dal suo modo di fare lunatico.
Le sue parole, seppur dette in un momento di rabbia, continuavano a pugnalargli lo sterno e a conficcarsi profonde nel suo cuore ormai crepato.
Fräulein Adalia Luchs, non voleva assolutamente, l'attuale Prinz Alexander Adler. Era stata piuttosto cristallina, nella sua crudele sincerità.
"Il mio Alex! Il ragazzo che mi amava! Non te!"
Alexander fu colto da un fremito.
Nulla lo feriva più profondamente della consapevolezza che la ragazza per cui aveva perso la testa, tendenzialmente, era innamorata di un altro, di un fantasma, di un ricordo sbiadito, e non di lui.
"Fräulein..." bofonchiò sbrigativo, cercando di allontanarsi.
"Mi eviterai per sempre o dividerai una sigaretta con me?"
"Ho semplicemente da fare e non credo che in questo momento, apprezzeresti la compagnia di un Alex, che non è il tuo."
Le parole che gli uscivano polemiche, affilate come lame di rasoi, gli facevano ancora troppo male.
Non era colpa sua, se quei proiettili, nel petto, che avevano spento momentaneamente il suo muscolo cardiaco, l'avevano cancellato per sempre e lei non lo amava più. Come poteva risvegliare la reminiscenza di un ragazzo di cui non sapeva praticamente nulla e che era morto tra le sue braccia? Semplicemente non poteva e nemmeno voleva farlo. Fräulein Luchs, avrebbe dovuto imparare ad amarlo, per com'era adesso, e non aggrapparsi al ricordo di un fantasma del passato. Anche se il suo rifiuto, per la sua sanità mentale e per il suo cuore, era letale, era abbastanza maturo per poterlo accettare. Se erano destinati a stare insieme, il destino o il karma o le leggi universali cosmiche, li avrebbero riuniti ancora in un amore indissolubile. Altrimenti prima o poi se ne sarebbe fatto una ragione.
《Il tempo lenisce ogni ferita.》
Ma esattamente quanto ne occorreva per stare di nuovo bene, senza quella fanciulla? Non lo sapeva ovviamente e soprattutto, non era nemmeno consapevole del tempo che gli restava su questa Terra e in ogni caso, il dolore che provava in questo momento, era più grande di lui e incontenibile come il suo desiderio di baciarla.
Adalia gli sbuffò il fumo in faccia e Alexander tossì esasperato.
"Fanno schifo anche a te?"
"Cosa?" chiese incredulo.
"Le sigarette, intendo."
Quei bastoncini col filtro arancione, pieni di tabacco alla menta, erano il suo unico toccasana e di sicuro le apprezzava, ma quella Fräulein bizzarra, che gli finiva sempre il pacchetto, ora, le trovava disgustose? Allora perché le fumava lo stesso? Involontariamente, sul suo viso, si stampò un cipiglio meravigliato, caratterizzato dalle sopracciglia inarcate, un delizioso corrugamento della fronte, seguito dallo sgranarsi di quelle pozze celesti, profonde, fosche e torbide, e lo spalancamento della bocca, in una buffa espressione, che generò in Adalia, il desiderio di depositarla per un nuovo brevetto di una maschera di carnevale.
"Sei veramente un controsenso e ho smesso di cercare di capirti, Adalia."
"Sarebbe a dire?" inalzò curiosa il sopracciglio.
Alexander sorrise teso.
"Con permesso, Fräulein." le fece un composto inchino e si allontanò.
Adalia inalò l'ultima boccata di tabacco e buttò la sigaretta ancora a metá, sul manto innevato.
"Scappi da me, Majestät?"
"Sciocchezze!" mentì prendendo l'ascensore.
Adalia si intrufolò in quello spazio ristretto, seguendolo.
Ad Alex, mancava l'aria, a causa della vicinanza della ragazza, al suo corpo. I muscoli erano più tesi di una corda di violino.
"Allora, che cosa avrai mai da fare alle 3 di notte? Pianificare nuove strategie, forse?" bisbigliò sarcastica, portando le mani alle spalle del ragazzo, in una sorta di massaggio, che lo fece irrigidire ancora di più.
Alla luce della loro litigata, perché flirtava con lui?
"Non dovresti semplicemente dormire, come fanno tutti?"
"Mi pare di non essere l'unico ad avere problemi di insonnia. Comunque devo badare a lei. È ora della poppata." rispose scocciato, spalancando la Kinderstube, dove un fagottino, nel lettino, strillava crucciato.
"A una neonata!? Ma chi è?"
"Mia figlia." gli uscì senza pensarci, con voce ovvia, sgarbata e autoritaria. Si chinò per prenderla in braccio, dopo aver preso il biberon nello scalda biberon e sul suo viso spuntò un rassicurante sorriso, quando la neonata, cessò il suo pianto isterico, nutrendosi.
"Aspetta. Cosa? Non sapevo avessi una bambina. Non mi hai mai detto che..."
"Ovviamente non è davvero mia, Luchs. È rimasta orfana e non ci sono altri parenti in vita, perciò ho fatto quello che avrebbe fatto chiunque, l'ho tenuta."
"È molto nobile da parte tua ma... non è un cagnolino randagio."
"Certo che no, sciocchina. Tienimela un secondo!" Alex la appoggiò tra le incerte e goffe braccia di Adalia, che sbiancò e lo guardò supplicante.
"Rilassati Luchs! Se non le inclini il collo e le sostieni la testa, non si romperà."
"Non ci so proprio fare con i fagottini in carne e ossa. Non ho mai nemmeno giocato con le bambole! Preferivo le motociclette." sospirò la fanciulla imbarazzata.
Alex scoppiò in una sonora risata. Doveva aspettarselo!
"Suvvia, non è poi così complicato badare alla piccola e l'istinto materno, si attiva in automatico, in voi donne. Sbaglio? Almeno farai pratica. Prima o poi dovrai pensare di accasarti, e sfornare una squadra da Basket di marmocchi, come fanno tutte, no?"
Adalia inarcò le sopracciglia torva in viso.
"Come fanno tutte? Io non sono, come tutte."
"Poverello il malcapitato che infilerà l'anello nel tuo anulare, Fräulein!" Adler, ridendo, le mandò una delle sue frecciatine.
Adalia, furente di rabbia, lo guardò con un cipiglio strano. Una saetta brillò negli occhi della fanciulla tanto che, il ragazzo, intimorito, senza nemmeno rendersene conto, si coprì il naso, come a proteggerlo dal suo gancio destro.
Adalia invece di colpirlo, come avrebbe sicuramente fatto meno di un anno fa, sorrise. In quella sciocca battuta, ci trovò il suo odioso, altezzoso, insopportabile, Alexander, il ragazzo dalle mille maschere, dei primi giorni dell'Enduro Motorrad Rally. Si limitò, a tirargli una scherzosa pacca sulla spalla.
"Sempre che io mi voglia sposare con qualcuno, Prinz Alexander."
"Volltreffer! La vuoi cambiare tu?"
"Non so come si fa."
Adler sorrise.
"È facile! Guarda attentamente."
Adalia, fissava, fin troppo interessata, il Principe intento a pulire, sistemare il pannolino della Pampers con le stelline e le giraffe e a rivestire quella graziosa bebè, dagli occhi cobalto. La cosa che l'aveva lasciata senza parole, era l'estrema naturalezza, con cui Adler si approcciava in quella situazione, ma soprattutto, adorava il suo sguardo carico d'amore, per quella bambina, in questo momento. Che Alexander Adler non fosse come gli altri ragazzi, in fondo l'aveva sempre saputo, eppure, ogni volta che ne scopriva un lato nuovo, non poteva far altro che innamorarsene di più.
Si ricordò, quando, durante la competizione, le aveva detto che non escludeva, prima o poi, di avere dei figli. Ora, lei, aveva la prova concreta, che sarebbe sicuramente stato un ottimo padre per la loro discendenza.
Arrossì violentemente per il suo sciocco pensiero.
"Fa un po' schifo, a volte, certo, ma..."
"Io penso che l'evoluzione sia straordinaria. La piccola..."
"Si chiama Leyna. Il suo nome significa purezza, luce e gentilezza."
"La piccola Leyna, in questo momento fa affidamento solo su di te, ma crescerà e acquisterà la sua indipendenza e il suo diritto al libero arbitrio."
Alexander, guardava quella bambina con gli occhi così colmi di affetto, che Adalia provò un fastidioso senso di gelosia e vergogna.
"E poi, per lei non sarò più niente. Ne sono consapevole, ma al momento non ha nessuno a parte me. Io so esattamente come ci si sente a essere completamente soli al mondo, nonostante sia circondato da straordinarie persone. Lei non dovrà mai provare la stessa mia sensazione."
"Ma tu non sei solo Adler e comunque, volevo dire, che come genitore, sarai sempre presente nella sua vita perchè tu sei la sua casa. Leyna e tutti noi, saremo la tua, se solo ce lo permetterai."
"Fräulein, ti ringrazio. Davvero. Ma il fatto è che non mi sento parte di niente. Non ancora. Devo meritarmi il mio posto nel mondo. Mi è stata concessa una seconda vita e questa volta non la sprecherò agendo in modo egoistico."
"Allora è per questo che combatti contro tutto e perfino contro la tua vera natura?"
"Non lo so, Adalia. Non ho ricordi e nessuna risposta. Solo intenzioni. Pensavo fosse d'obbligo, visto che sono l'erede al trono, farmi carico della Leadership, ma nessuno mi prende mai sul serio. Mi vedono solo come un ragazzino smarrito, viziato, che non accetta consigli e che non sa come comportarsi, ma non c'è nulla di più sbagliato perché mi è molto chiaro il mio ruolo, in questo conflitto. Inizialmente, ammetto di aver pensato, di non avere scelta e di aver desiderato di scappare, ma la verità è che non sopporto di vedere tutto questo dolore. Non posso semplicemente voltarmi e fare finta che non ci sia. Devo porne rimedio."
"L'ho sempre saputo che saresti diventato un ottimo e saggio monarca."
"Adalia..."
"Sì?"
"No... niente... Solo..."
《Ti amo. Volevo che lo sapessi prima che fosse troppo tardi.》
Alexander si mordicchiava nervoso il labbro. Esitò l'ennesima volta sui suoi sentimenti. Non era più pronto ad andare via da lei, ma doveva tenere fede ai suoi propositi. A ogni costo.
"Puoi prenderti cura di Leyna per qualche giorno?"
"Ci proverò... Ma perché?"
"Devo partire."
"Per andare dove?"
"È un segreto. Ma fidati di me. Andrà tutto bene. Tornerò prima di quanto tu creda!"
Adalia era in conflitto con sé stessa. Avrebbe davvero dovuto fidarsi delle parole del ragazzo che amava? La voce traballante, tradiva la sua ostentazione, gli occhi del ragazzo, si erano fatti cupi e tristi, lucidi e limpidi, come gocce di rugiada in una giornata di primavera, che le lasciavano l'amaro presagio, di un feroce addio.
Avrebbe voluto dirgli di non andare da nessuna parte, non senza di lei, e che non era pronta a perderlo di nuovo, ma sapeva che lui aveva già preso la sua decisione e nulla gli avrebbe fatto cambiare idea. Non lei, che non rappresentava niente per lui.
Annuì con gli occhi madidi di lacrime e il ragazzo la abbracciò, baciandole la fronte.
Non era un contatto pieno di trasporto, come entrambi probabilmente avrebbero desiderato, ma un semplice e freddo, ultimo e formale, bacio: l'eroico coraggio di un sofferto addio.
Se n'era quindi andato. Senza dirle niente. Come se tra di loro, non fosse mai stato amore.
Adler radunò le sue cose in uno zaino militare, indossò una tuta di pelle nera, antipioggia, antineve e antivento, chiuse coi lacci gli stivali, infilò nella fondina una pistola semiautomatica a percussione, modello Schmeisser SLP-9, per la protezione personale, sperando di non doverla mai usare, e prese i pochi blaster di paracetamolo rimasti, da assumere con il Talcid, per curare il suo trauma cranico.
Dopo aver, a suo modo, detto addio ad Adalia, non era più pronto a salutare nessuno, perché gli addii, facevano male, come un proiettile nel cuore.
Prese due foglietti post it e ci scrisse i suoi ultimi pensieri. Uno per Maxim.
E uno per Adalia.
《Arrivederci o forse addio. Il mio destino è nelle mani del fato e quello del Regno, nelle mie.》aveva sospirato allontanandosi con lunghe falcate.
Aveva guidato la sua moto, con estrema attenzione e lentezza, per tutto il resto della notte. L'imperversare della bufera di neve, il vento forte e il manto scivoloso, rendevano difficoltosa la guida in quanto, lo facevano spesso sbandare. La visiera si appannava continuamente e i muscoli tesi gli dolevano. Un senso di dejavu lo schiaffeggiò, come un lontano ricordo represso, di quella che doveva essere l'Enduro Motorrad Rally, in cui, era intrappolato nella neve. Scacciò via quella fastidiosa reminiscenza, che l'aveva portato a cercare gli occhi di Fräulein Luchs, nello specchietto retrovisore. Chissà poi perché? Sospirò appannando ulteriormente la visiera, ormai piena di condensa e che lo faceva proseguire al centro della carreggiata, inseguendo la sorte.
La sua meta era il porto alla foce del fiume Alb, a circa 100 km dal mare del Nord e primo posto del Regno, per il traffico di Container. E lui aveva bisogno di quei container pieni di provviste e medicinali, più di ogni altra cosa. Avrebbe certo, potuto rubare gli approvigionamenti, una volta che le navi di Reiniger avessero attraccato, ma sicuramente, oltre alla scorta, ci sarebbero stati troppi militari armati. Meglio un'azione di pirateria, come l'aveva definita Wolfgang, e il dirottamento verso la loro vecchia base. Per quanto sprovveduto, alla pellaccia, ci teneva e doveva rimanere in vita, fino allo scontro finale con Reiniger.
Poi avrebbe pensato a come riprendersi Steinadler e a come affrontare il Führer, ma le sue idee, al momento, non andavano oltre al presentarsi di persona e bussare alla porta. Diretto, sicuramente, ma estremamente pericoloso.
Diciamo che Adler contava sul suo titolo nobiliare, come lasciapassare. Ma avrebbe funzionato davvero? L'avrebbe scoperto solo in seguito.
Adler parcheggiò distante, accanto all'ormeggio di un pontile malandato, circondato da imbarcazioni logore e si stiracchiò svogliatamente.
L'alba, in quel momento, con i suoi colori ancora incerti e opachi di crepuscolo, che bloccavano l'ultima tenebrosa oscurità notturna e che andava pian piano a svanire, con le sue stelle invisibili a causa dei nuvoloni da neve, fioriva di colori intensi che andavano via via a schiarirsi in un tenue chiarore, fatto di un debole sole di dicembre, che si svegliava pigro, all'orizzonte, nel fiume.
La luce azzurra, intensa e profonda, colorava i contorni vicino al molo, e la neve, brillava, come uno specchio, vestendosi dei colori dei suoi occhi.
Fräulein Luchs, gli faceva continuamente tremare il cuore e anche a distanza di chilometri, lo distraeva.
"Straniero, ti sei perso? Il molo dove assumono i lavoratori, è a qualche km."
chiese un vechietto intento a sorseggiare un caffè corretto, o meglio un rum corretto al caffè, tanto il suo alito puzzava di alcol, con la barba bianca, la pipa e gli occhi piccoli come fessure e di un colore freddo e inespressivo come le venature del marmo.
Alexander sfilò il casco.
"A dire il vero, mi serve una nave per attraversare il fiume e arrivare in mare aperto. Può aiutarmi, buon uomo?"
L'anziano signore, che gli sembrava sempre di più l'incrocio tra Braccio di ferro e Bruto, dei fumetti, lo fissò così profondamente, da turbarlo. Se fosse stata una ragazza, quell'approfondita radiografia, non l'avrebbe disturbato ma...
"Sei uguale a tuo nonno, quando era giovane. Forza, accomodati. La mia umile barca, non è di sicuro alla tua altezza, Majestät, ma è a tua completa disposizione."
Alexander seguì l'anfitrione sotto coperta e si accomodò su una logora panca, sorseggiando il caffè più buono che avesse mai bevuto e che pareva in grado di scaldargi addirittura le ossa.
"Il mare è grosso e a largo le correnti sono pericolose e ti possono scaraventare contro gli Iceberg. Non è una buona giornata per navigare."
"Ma io devo fare questo viaggio, proprio oggi. Ne va della sopravvivenza di migliaia di persone."
"E della tua vita non ti importa, ragazzo?"
Alexander lo guardò pensieroso. Certo che ci pensava alla sua vita, ma arrivato a quel punto, non poteva semplicemente tirarsi indietro per paura.
"Devo assolutamente uscire in mare. Non ho alternative."
"Lascia che ti porti a destinazione."
Alexander accettò di buon grado.
Il Capitano, gli ordinò di levare le cime di ormeggio e partì a velocità di croiera, attraverso il letto del fiume.
Le luci dentro il porto, sembravano lontane e sfocate, mentre nevicava col sole. Alexander sognava a occhi aperti, sul ponte della nave e credeva di vedere dentro il letto del fiume, il suo riflesso.
Quella fanciulla, ormai, era il suo unico pensiero fisso e si era presa anche l'ultima parvenza di stabilità mentale, dal momento che la vedeva ovunque e desiderava solo tornare indietro per baciarla e sussurrarle il suo profondo amore. Poi si ricordò di quanto era stato vigliacco.
Le aveva davvero confessato il suo amore attraverso un insulso e impersonale post it?
Man mano che avanzava verso il mare, la nave, si inclinava sempre di più, cavalcando le furiose onde e imbarcando gelida acqua che lo bagnava dalla testa ai piedi nonostante l'impermeabile. Faceva freddo. Terribilmente freddo. Ma non era la situazione peggiore da sopportare.
Nei film delle spie e per come aveva immaginato nella sua mente, quella avventura, raggiungere una nave a largo, con una barchetta, affiancarsi e salire senza farsi vedere, sembrava una passeggiata sotto le stelle, ma la verità era differente e dolorosa: lui non era la sexy spia di un film, ma un semplice idiota che, volendo dimostrare di essere un figo, non aveva ascoltato nessuno. A sua discolpa, il piano originale, prevedeva una nave militare e non una bagnarola arrugginita e fetida, pilotata, da un nonnino pescatore, del porto.
L'odore pungente di pesce marcio e l'ondeggiare del mare in tempesta, gli provocava conati sempre più ravvicinati e fastidiose vertigini. Questa volta era sicuro che il trauma alla testa, non fosse la causa principale del suo malessere, o almeno non il solo. Dell'esploratore di mare, lui, non aveva niente, se non i geni di generazioni di grandi e potenti Re, che avevano anche solcato i mari, per estendere e proteggere i propri confini. Alexander, tuttalpiù, era allergico all'acqua come un gatto, con la differenza, che il felino, probabilmente, quel fetore di pesce, lo avrebbe trovato appetitoso.
Adler sentiva un rimestamento di stomaco fastidioso che a breve gli avrebbe indotto una vomitata, degna di quel film splatter, che aveva visto con Patrik.
Il vecchio lupo di mare, con la sua disinvoltura da Capitano, che ha navigato e domato i mari in tempesta, da tutta la vita, lo fissava con una fastidiosa smorfia sul viso e la sua immancabile pipa, in una sorta di risata di scherno, agli occhi del povero Principe, ma che in verità era piuttosto divertita e leggermente preoccupata considerando il colore pallido e bigio del ragazzo.
Alexander si trovò a domandarsi: "Cosa ci fa un'aquila solitaria, come me, amante della montagna e della motocicletta, in mezzo al mare? L'acqua non è proprio il mio elemento ma l'aria, invece sì." Col senno di poi, a ogni miglio nautico percorso, e a ogni conato provato, il suo piano, non gli sembrava poi così intelligente. Anzi.
Le voci nella sua mente, si silenziarono, alla vista della nave Container su cui, rosso e fiammeggiante, ululava il lupo della Neue Republik von Reiniger.
Il Capitano si affiancò, sperando di apparire invisibile, attraverso la fitta foschia creata dalla nevicata e dalla nebbiolina d'acqua, che si sollevava in seguito allo sciabordio del mare in tempesta sullo scafo, ma in un attimo, le due navi militari di supporto, mimetizzate in quella bruma, accesero tutti i fari, illuminando a giorno quell'angolo di mare e puntarono le armi contro di loro, intimandogli di allontanarsi.
Ovviamente quella bagnarola, non sarebbe rimasta a galla a lungo, in caso di attacco peciò il Principe Adler, acconsentì all'allontanamento. Tuttavia, il vecchio motore, ringhiò uno stanco sbuffo, seguito da un nuvolone nero di carburante e semplicemente si arrestò in alto mare.
"In nome della Neue Republik von Reiniger, equipaggio della Degen, vi invitiamo ad allontanarvi."
"Qui è il Capitano Fisch, i motori sono in avaria. Purtroppo io e il mio mozzo, che ci troviamo in acque internazionali solo per la pesca del salmone, ovviamente, non possiamo allontanarci."
"Attendete. Verrete abbordati da una squadra, per una ispezione. Se vi rifiutate, verrete affondati."
Dietro la loro bagnarola, a protezione, spuntò un'altra nave militare, che avanzava velocissima, creando onde anomale, che parevano travolgere il piccolo peschereccio.
"A nome della Marina militare reale di Heimat e per conto del nostro sovrano, König Alexander Adler der Erste, vi intimo di abbassare le armi e di arrendervi."
Ovviamente gli altri aprirono il fuoco e il povero Principe, si ritrovò presto, tra il fuoco incrociato.
Successe tutto troppo in fretta, per reagire in qualche modo o per fermare la Seekrig. In ogni caso, Adler, faticava a rimanere in piedi, su quella lamiera ondeggiante e pensare di raggiungere il ponte di comando era impensabile.
Le sue gambe però, si mossero istintivamente, verso il fascio di luce dei fari. Probabilmente, i soldati, non l'avrebbero nemmeno riconosciuto, ma doveva tentare. Sollevò le mani, in segno di arresa e rimase fermo accanto al corrimano, sulla prora dell'imbarcazione. La testa vorticava, gli occhi si incrociavano offuscati e la nausea aumentava esponenzialmente. Poi... sentì la sua voce, e tutto rallentò.
"Sono la Campionessa Luchs, cessate il fuoco sul peschereccio dove viaggia il Principe Adler. Vi prego! Non vedete che il vostro Re è vivo? Non fategli del male. Per proteggere la sua vita, sono disposta a consegnarmi a Reiniger."
"Fräulein... No!" sussurrò incredulo, prima di perdere l'equilibrio, cadere in mare aperto e venire trascinato via dalle gelide correnti.
NOTA AUTRICE:
Rieccomi ad aggiornare, dopo la pausa estiva.
Purtroppo le mie vacanze sono già finite.
In questo capitolo il Principe Adler, si sente solo al mondo e incompreso, pertanto decide di agire da solo anche se questo significa sacrificare la sua stessa vita.
La missione non va esattamente come pianificato e ora è disperso in mare.
Che ansia!😱😱
Scopriremo il suo destino solo nel prossimo capitolo.
Votate e commentate se vi va.
Buona Domenica.
Vi voglio bene
Barbara 💙
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