CAPITOLO 12: Flucht - zweite Teil
Alexander attendeva, col cuore in gola, che la notte calasse sul Lager. La testa gli doleva, gravida di piani di fuga alternativi, tutti irrealizzabili, perché da quando era sceso dal camion, aveva avuto un brutto presentimento. Non sapeva spiegarsi, da cosa fosse causato, visto che aveva passato al setaccio ogni eventualità e partorito ogni possibile imprevisto, eppure, aveva il sentore che qualcosa sarebbe andato storto. Era una sensazione che gli scorreva sotto la pelle come una scarica elettrica piena di brividi incontrollabili. Quel luogo era ostile, ben sorvegliato e ben difeso. Sulla carta, gli era sembrato solo un obiettivo, una stupida missione di salvataggio da toccata e fuga, con diversivo, ma ora, era maledettamente reale e spinoso. Aveva memorizzato la planimetria, che gli aveva fatto avere il soldato Faller, così bene, che dubitava che altri, architetto compreso, conoscessero ogni segreto di quel posto meglio di lui. Ma sul foglio, sembrava un minuscolo e innocuo campo di prigionia, mentre adesso, che lo guardava di persona, era fin troppo grande e armato, tanto da fargli credere che ci fosse di più in ballo, che nascondesse dei segreti e non solo detenuti. Il peso della salvezza di vite e del Königreich, stava diventando, veramente troppo pesante, per le spalle, e lo stomaco, di un piccolo uomo, come lui. Il suo sesto senso gli stava cercando di urlare di andarsene da lì eppure, ora che era vicino allo scopo della missione, liberare Herr Luchs, non poteva semplicemente farsi prendere dal panico. Perché, di panico da missione, si trattava.
《Segui alla lettera il piano e andrà tutto bene. Oggi accontentati di una piccola vittoria. Domani punta più in alto.》
Sospirò frustrato. Quanto avrebbe voluto una sigaretta.
"Che si fa
ora?" la voce della Fräulein, alle sue spalle, lo fece impallidire. Lei come ci era arrivata qui? Che il disagio che provava, fosse per colpa di quella cocciuta e insolente fanciulla, che gli era entrato fino sotto allo strato dell'epidermide? In fondo, l'idea della sua fuga, gli era balenata in testa, durante il tragitto, ma aveva preferito ignorare il pericolo Fräulein, sperando nella sua collaborazione.
Alexander si voltò di scatto e la guardò in cagnesco.
Eccola lì, in tutto il suo radioso splendore, avvolta in un giaccone militare di almeno due taglie più grosso di lei.
"Sei pazza Fräulein? Cosa diavolo ci fai qui? Ti avevo pregata di restare alla base"
"Pregata? Mi avevi obbligata, ma a quanto pare, mio caro Principe, non bastano due soldati per fermarmi."
"Cosa hai fatto a quei poveri ragazzi?"
"Li ho ammaliati col mio sguardo da fanciulla indifesa, e poi li colpiti con un bastone di allenamento Chang Kun."
Alex la fissò meravigliato e interdetto.
"Hai presente quelli che si usano nelle arti marziali?"
Adler scosse la testa trattenendo una rista di divertimento e una sfuriata di collera. Quella fanciulla, era veramente imprevedibile, come un tornado.
"Tu cosa? Ci hai provato con i miei sottoposti e poi li hai messi al tappeto con un bastone?" domandò sconsolato.
"Esatto! Mai sottovalutare una cintura nera di Wushu. Noto un abbozzo di gelosia, Alex, ma staranno bene e non ho fatto la gatta morta con loro, se è ciò che alludi. Tranquillo! Tu sei l'unico del mio cuore."
"Non sono geloso, ma preoccupato."
"Preoccupato? Ora che ci sono io, andrà tutto bene."
Alexander sbuffò come se quelle, pronunciate con leggerezza e disinvoltura da Adalia, fossero le note "ultime parole famose" e che, da lì a poco, tutto si sarebbe complicato.
"Sei una creatura snervante, Fräulein."
Adalia a quella constatazione, sentì una sorta di leggerezza al cuore. Il suo Alexander, era ancora lì, da qualche parte.
Un boato, accompagnato dalle fiamme, oscurò, completamente, il Lager, immergendo, le baracche e il perimetro, nel crepuscolo notturno e negli argentei lampi delle sue costellazioni. Le montagne, erano bagnate dalla luminescente e tenue, luce lunare, che pallida, perforava le nuvole basse, creando colate d'oro fuso, sui picchi aguzzi e innevati.
"Che panorama mozzafiato e romantico." sussurrò Adalia accanto al lobo del ragazzo, che si irrigidì, colto da una anomala vertigine.
Gli occhi taglienti del bel Principe, la rimproverarano, senza tradire le sue vere emozioni: paura, rabbia e irrefrenabile desiderio di quelle labbra.
《Resta concentrato.》
Ma come poteva resistere al fuoco di quella Fräulein?
Le voci all'interno del campo si erano fatte sempre più nervose e urlanti di ordini.
Leon, si lasciò accarezzare dal dolce abbraccio della notte. Mai come adesso, aveva apprezzato le tenebre.
Il blackout doveva essere il tanto atteso diversivo.
Tastò il terreno infestato da rovi, pungendosi ripetutamente, prima di trovare le tenaglie e con un taglio deciso, recise il suo stato di prigionia.
Ogni minuto, che passava a correre verso l'ignota libertà, rendeva più reale, la sua evasione. Una luce a intermittenza, guidava la sua fuga tra le fronde in un gioco perverso di vita e di morte, visto che i suoi aguzzini, avevano preso a inseguirlo sparando. Mancava davvero un soffio, prima che lo catturassero di nuovo. Era lento a causa delle ferite. I piedi, senza unghie, sanguinavano e pulsavano, le costole schioccavano rotte, sotto il terreno dissestato e le radici in superficie e la bocca, senza tre, molari, al freddo, doleva più del solito. Fortunatamente la limitata visibilità, faceva mancare ai soldati il bersaglio immaginario, posto sulla sua schiena. Non ci teneva affatto a proseguire alla cieca, visto che i membri della Resistenza, avevano smesso di segnalare la loro posizione, ma gli spari, che rimbalzavano sul terreno o sui tronchi accanto a lui, gli fecero aumentare il passo e l'andatura. Il dolore era insopportabile e il fiato sempre più corto, ma non era il momento di arrendersi. La salvezza era vicina. O così pensava, prima di inciampare e cadere rovinosamente a terra, con la faccia nel fango. Era spacciato. I soldati erano ormai a un respiro, dalla sua posizione.
Quando si rese conto della fine, un cigolio, un tremito e uno schiocco, fermarono i suoi aguzzini, mettendoli al tappeto.
Una mano si protese verso la sua, per aiutarlo a rialzarsi.
"Herr Luchs, immagino."
La flebile luce di una torcia, su un fucile d'assalto, illuminò il viso del suo salvatore.
Leon non riusciva a credere ai suoi occhi. Era forse morto e si era ricongiunto a quello che doveva diventare suo cognato?
Spalancò gli occhi incredulo.
"Non sono un fantasma."
Prima che Leon potesse rispondere, fu preso d'assalto dalla sua Zwillingschwester, che comparve con il sorriso da silfide. Il suo cuore fu immediatamente colmo di speranza e felicità.
"Mi dispiace interrompere la rimpatriata, Fräulein e Bruder della Fräulein, ma dobbiamo andare."
"Con tutto il rispetto, Majestät, ci sono altri prigionieri."
"Non ora. Non possiamo..."
Le parole di Alexander si persero nel nulla, visto che i gemelli Luchs, con una occhiata complice, si erano messi a correre nella direzione sbagliata.
Adler imprecò sottovoce.
Tutte le sue remote paure si erano appena materializzate.
"I suoi ordini?"
"Fuoco di copertura se necessario. Ai gemelli ci penso io."
Alexander si addentrò nella fitta boscaglia e man mano che si avvicinava, scorgeva più soldati che urlavano "Stanno scappando!"
"Prendeteli!"
Ma loro non stavano affatto scappando, ma entrando.
La luce nel Lager, era tornata, grazie ai generatori. Non era "giorno" come prima, ma abbastanza luminoso per essere visti.
《Maledizione! Se sopravviviamo, giuro che la ammazzo io!》
Adler, vide la chioma dorata della Fräulein, accanto alla prima baracca.
Un soldato, alle sue spalle, le puntò l'arma alla schiena, ma Alexander lo tramortì.
Adalia, senza nemmeno ringraziarlo, si chinò verso il soldato e frugò nelle sue tasche alla ricerca delle sigarette.
"Adesso cosa combini Fräulein? Ti sembra il momento di fare la spesa?"
"Aveva le sigarette."
"Comunque prego."
"Sapevo che non avresti resistito all'azione."
"Sapevi perfettamente che non ti avrei mandata qui da sola, con la febbre, e te ne sei approfittata."
"Sembrate una coppia di vecchi e adorabili litigiosi, innamorati." li interruppe Leon.
"Non dovremmo litigare, se tua sorella, facesse almeno una volta, quello che le chiedo."
"Io non prendo ordini da te."
"In quanto tuo sovrano dovresti."
"In quanto tua fidanzata, devo dissentire."
"Non mi risulta di essermi fidanzato con te, Fräulein."
Leon, con una spallata, scardinò la porta, mentre il ruggito di un fucile, gli mozzò il fiato.
"Siete davvero carini, ma sarebbe meglio proseguire. Nel caso l'abbiate dimenticato, ci sparano addosso."
Alexander sbuffò. Due Luchs, non li avrebbe, MAI, tollerati.
"In nome del Königreich di Heimat, siete liberi. Seguiteci verso la libertà." disse semplicemente alle persone stipate come ratti, nel primo edificio.
"Da quando il tuo ragazzo è così formale? Non era un ribelle?"
"Da quando ha perso la memoria ed è affetto dal complesso da Re."
"La smetti di rompere Fräulein? Sei insopportabile."
"Ti adoro anche io." la ragazza gli scoccò un veloce bacio sulle labbra. Tutto il resto del mondo fu assorbito da un buco nero e il tempo rimase sospeso, rallentando. C'erano solo loro, sotto a un meraviglioso cielo stellato e il rumore degli spari, che parevano fuochi artificiali. Il cuore del Principe martellò più forte di qualsiasi altro rumore. Inalò il profumo della fanciulla, dolce come lo Zuckerwatte alla fragola e deciso come il muschio bianco, che si marchiò a fuoco, nei suoi sensi. Non era né il luogo né il momento per effusioni, ne per perdere la testa, ma quella si era scollegata già da un po', nel momento preciso in cui, il torbido profluvio dei suoi occhi, si era abbattuto come la marea, spazzando via il suo cuore.
"Altolá fuggitivi."
"Eccellente. Sei contenta?"
"Qualsiasi cosa accada, sappi che ti amo." disse dolce Adalia.
"Sappi che io in questo momento invece ti detesto. Aiuta tuo fratello a liberare gli altri. Io guadagno tempo."
"Ma..."
"Puoi, almeno una volta in vita tua, fidarti?"
Adalia annuì.
"Sbrigati Ad!" la chiamò con insistenza Leon.
Una alla volta, le porte crollarono e dalle baracche, liberarono prigionieri malnutriti, vestiti di stracci e in condizioni igieniche indecenti.
Centinaia di piedi, sprofondavano nel fango, scappando.
Troppi corpi, con cui fare il tiro a segno.
Alexander, districandosi dalle pallottole volanti e mettendo fuori combattimento e disarmando, chiunque cercasse di ostacolarlo, con attacchi corpo a corpo mirati e veloci, raggiunse la ruspa parcheggiata accanto al quartiere Generale del Lager.
La mise in moto, non con poche difficoltà, strattonando, e si diresse verso i suoi amici, che guidavano i prigionieri, verso il loro esercito, impegnato a coprire la loro fuga.
Alexander alzò la pala, quanto bastava, per mitigare la pioggia di proiettili che diluviava nella loro direzione.
Dalla base, almeno una cinquantina di soldati, li rincorreva e presto li avrebbero circondati.
"Herr Luchs, sai guidare questo aggeggio infernale?"
"Sì."
"Allora prendi il mio posto." tuonò buttandosi giù.
"Dove vai?"
"Avvia il motore di quel camion, Fräulein e fai salire tutti."
"Non ci sono le chiavi."
"Inventati qualcosa. Sei o non sei la figlia di un meccanico?"
"Ma tu dove vai?"
"È diventata una missione estesa, di salvataggio, per tanto, non lasceremo nessuno indietro." urlò correndo verso un ferito.
Alexander corse verso gli spari, alle loro spalle e vide la bocca di un uomo, serrata per il dolore
Zoppicava, incerto, sprofondando nel fango.
Avvicinandosi capì il motivo. Un proiettile, si era conficcato nella coscia, e nonostante facesse fatica a muoversi, continuava a correre.
Accanto a lui, un giovane, coi vestiti sudici e strappati e il volto imbrattato da sangue secco e chiazze di terra, come un nativo indiano, sul piede di guerra, incitava l'uomo.
"Serve aiuto?"
"Mio padre è ferito."
"Ce la posso fare, ma non troviamo mia moglie e la nostra bambina."
"Proseguite verso quel camion. A loro ci penso io."
"Grazie Prinz."
Alexander sorrise, proseguendo nella direzione delle guardie che urlavano.
La terra sputava melma puzzolente, intorno a lui, mentre si avvicinava alla morte, ma Adler continuò a correre verso quella donna, che piangeva inginocchiata a terra.
La figlia, di una decina di anni, giaceva a terra, col piede storto e gonfio. Alexander, senza esitare, la prese in braccio e continuò a correre seguito dalla donna.
"Muovi il culo Adler!" urlò Adalia.
Era distante circa 10 metri, ma non avrebbero mai raggiunto il camion, con tutti quei soldati alle costole.
Si avvicinò di qualche metro e poi sorridendo, lasciò la bambina tra le braccia della madre.
"Portala in salvo. Io vi faccio guadagnare più tempo."
"Altezza, ma è un suicidio tornare indietro."
"Non si ottiene la libertà senza duro lavoro, coraggio e sacrificio. Chi rischia tutto, alla fine vince. Non ti preoccupare per me, non spareranno al loro sovrano. Quando raggiungi il mezzo, ordina loro di partire. Se non vogliono o non ti credono, devi dire la parola d'ordine ai soldati: l'unica regola del viaggio é non tornare."
Leon saltò giù dal Bagger e corse in aiuto della donna.
"Cosa fa il Principe?"
"Si sacrifica."
Un soldato si protese dal cassone del camion e li aiutò a salire. Poi fece per scendere per andare dal Principe, ma la donna ripeté la parola d'ordine e anche se sconvolto, eseguì l'ordine comunicando agli altri la ritirata.
"Guida tu Leon." disse Adalia.
Il ragazzo si mise al volante e accelerò sfondando la recinzione.
Adalia, scostò il telo e andò sul retro, pieno di fuggitivi.
"Dov'è Alexander?" domandò al soldato.
"È rimasto al Lager Fräulein, per garantire la fuga del suo popolo."
"Cosa? Dobbiamo tornare indietro."
"Per quanto lo voglia anche io, gli ordini sono chiari."
"Leon, ti prego, fai inversione."
"Ad... mi dispiace."
"Io, non posso lasciarlo lì. Non posso perderlo di nuovo. È tutta colpa nostra, perché non abbiamo seguito il suo piano. Ti ha salvato, Leon. Glielo devi."
"Non possiamo mettere a rischio la vita di centinaia di persone per una soltanto."
"La vita di Alexander è la più importante di tutte."
Adalia si sporse e urlò "Aleeeex" facendo voltare il ragazzo.
Adler aveva pensato di rallentare gli altri soldati, bucando le ruote dei loro mezzi col pugnale e poi rubare una motocicletta, ma, non appena sentì l'urlo di Adalia, ogni sua intenzione svanì, facendolo voltare in direzione di quella voce disperata, che lo chiamava. Lei. Il suo tallone di Achille.
La vide aggrappata al camion, trattenuta dal Sergente Basch, con gli occhi madidi di lacrime, allontanarsi e qualcosa dentro di lui si spezzò. Non era di sicuro il fatto che se ne stesse andando senza di lui, a ferirlo, perché si vedeva chiaramente, che lei voleva restare. Erano i suoi occhi tristi e pieni di lacrime di mare a provocargli un cratere allo stomaco e una voragine nel muscolo cardiaco. Davvero quella era l'ultima volta che vedeva il suo grazioso viso? Si sfiorò le labbra, che sapevano di tabacco alla menta e del suo burrocacao e il cuore gli tuonò nel petto. Davvero quello era un bacio di addio e lui sarebbe morto, da solo, in quel luogo squallido? Lei l'avrebbe odiato di nuovo, per essersi fatto ammazzare, ma almeno, era servito a qualcosa sacrificarsi, se lei era ancora in vita.
Aveva dato per scontato che l'esercito gli sarebbe stato fedele, ma non ne era più così sicuro.
La sua distrazione, gli costò cara. Prima di poter reagire, un manganello, lo colpì con brutalità, facendolo cadere a terra.
Adalia sbraitava dimenandosi e piangendo, supplicando il fratello di fare inversione e salvare Alexander.
"Fräulein Luchs." a parlare, era lo stesso soldato, che l'aveva imprigionata nella sua stretta presa. "Dovrebbe fidarsi di più della lealtà dell'esercito e dare più credito alle decisioni del suo Re, ma soprattutto dell'uomo che dice di amare. Nessuno, di noi, attenterà mai alla vita del Principe Adler. Abbiamo fatto un sacro giuramento."
"Che molti di voi hanno infranto per seguire Reiniger."
"Molti di noi, quando la monarchia è caduta, hanno dovuto schierarsi, per proteggere le famiglie, questo non significa che seguano la sua causa."
"Eppure, trucidano le persone, senza problemi."
"Eseguono gli ordini, per non perire. Ma dovranno fare i conti con la loro coscienza e con Dio, visto che il nostro beneamato Re, ha già perdonato tutti."
"Mi pare una sciocchezza, per scaricarsi la coscienza e spero che Alexander torni sui suoi passi. Non può perdonare Steffen Reiniger."
"Non sottovaluterei la compassione e l'amore profondo, del Principe, per il suo popolo e per voi. È la sua vera forza. Sa che cosa ci ha detto qualche giorno fa? Che è più facile seguire la strada della vendetta e impugnare un'arma e premere il grilletto, rispetto a perdonare chi ci ha fatto del male."
"Amore? Per me? Alexander non mi ama più. Lo percepisco da come mi allontana."
"Si fidi se le dico, che tutti, abbiamo notato come la guarda. Quando si tratta di lei, Fräulein, Prinz Adler, non ragiona ed è sopraffatto dalle emozioni. Campionessa Luchs, lei lo fa vacillare e probabilmente, questo lo spaventa, ma è sicuramente amore. Tornerà da lei e salverà il nostro popolo, perché Alexander Adler, non sa fallire."
Dopo la violenta botta in testa, Alex sentì un fischio, seguito dal canto delle cicale. La vista si annebbiò, invasa da una spessa coltre di tenebre. Il viso sorridente di Adalia lo accompagnò nella discesa negli Inferi, privandolo di ogni paura. Poi il silenzio calò, nonostante il riverbero degli spari. Il fango si protese, per accoglierlo nel suo viscido abbraccio. La sua corsa si era arrestata nel bel mezzo del cortile. I gemelli Luchs, avevano mandato a monte, in una frazione di secondi, il suo infallibile piano, facendolo passare per il cattivo, che non voleva salvare gli altri detenuti e aveva dovuto improvvisare. Il problema, una volta arrivati alla Base, sussisteva, perché non avevano le risorse per quei civili, ma a quanto pareva, non sarebbe più stato un suo problema.
Rimase a terra, probabilmente pochi minuti, ma gli sembrò lo scorrere della sua intera vita, che nonostante, non fosse molto lunga, 6 mesi appena, gli aveva fatto visualizzare e riaffiorare immagini sepolte e confuse, dall'amnesia.
"Cos'abbiamo qui?"
Si ridestò, con la testa che doleva, un terribile e insopportabile fischio alle orecchie, la nausea e la vista ovattata dal fango e dai capogiri, quando ormai era circondato. Provò a rialzarsi ma barcollò sotto il peso di uno stivale che lo bloccava dal torace. Gli occhi bruni, a mandorla, fieri ma assatanati, dello splendido esemplare di pastore tedesco, muscoloso e longilineo, in piedi accanto al suo viso a sbuffare alitate calde intrise di odio, che lo fissavano famelici della sua carne, lo intimorivano. Nonostante avesse sempre pensato ai cani come a splendide e docili creature, ora che era faccia faccia con il muso convesso dell'animale, mentre ringhiava mostrando i denti aguzzi e sbavando sulla sua mano, non era molto più sicuro dei suoi sentimenti per il genere canino. Il pelo splendente, semiduro, di un particolare marrone dorato e con striature nere, era erto, sotto i muscoli guizzanti e tesi, in attesa del comando di sbranarlo. Aveva le orecchie appuntite e triangolari, le rime labbiali nere come la pece e la coda folta e più scura nella zona superiore. In un altro momento probabilmente, lo avrebbe adorato e senza timore lo avrebbe accarezzato, ma ora non gli sembrava la mossa più saggia.
"Resta immobile feccia ribelle, se non vuoi diventare il croccantino di Hoffmann."
"Buooono cagnolino." bisbigliò amareggiato. "Non vorrai sfregiare il bel viso del tuo Re."
"Che cosa blateri?"
"Sono Alexander Adler e pretendo di essere liberato."
"Ci hai provato! Ma il Principe è morto. Lo sanno tutti nel Königreich."
"Sono sopravvissuto invece, e lo sanno in pochi. Rivendico il mio Regno e la mia corona." parlò con incertezza nella voce, di solito profonda e ferma. In questo momento, doveva essere orribile con le occhiaie, gli occhi gonfi e il fango a fargli da maschera facciale e balsamo per i capelli.
I soldati, lo guardavano come se avessero appena visto "Lazzaro" resuscitare dal suo sepolcro o il mostro della laguna, risalire dalle acque melmose in cui si trovava e senza, ovviamente, credere ai suoi vaneggiamenti.
Nei loro volti dubbiosi, si specchiò nelle sue insicurezze e nelle sue crepe. Che era Alexander Adler, glielo avevano detto gli altri, non l'aveva ricordato, e poteva tranquillamente essere l'ennesima bugia, per usarlo.
"Dobbiamo subito fare rapporto al Generale Reiniger."
A quel nome Adler tremò e impallidì.
BANG. BANG. BANG.
La pistola era ancora fumante davanti a lui.
Si sfiorò il petto, avvolto da un dolore fantasma, guardandosi le mani insanguinate, solo nel suo inconscio, e semplicemente si sentì precipitare tra gli artigli della morte.
Poi apparve, davanti a lui, sfocato dei suoi tratti distintivi, una figura maschile, che gli fece contorcere le budella, in una reminiscenza nebulosa, del suo io passato, probabilmente. Era reale mentre lo umiliava davanti a tutti o era frutto della botta in testa? L'amnesia retrogada, causata dall'arresto cardiaco, si era risucchiata la sua vita, le immagini dei suoi affetti e tutti i suoi ricordi, lasciando un inutile sarcofago vuoto.
<È meglio se ti fai da parte figliolo. Lo sappiamo entrambi che sei un incapace buono a nulla. Non sei nemmeno riuscito a tenere a bada una stupida femmina.>
Un soldato lo aiutò a sollevarsi e gli controllò la pelle osservando il suo tatuaggio e le cicatrici rotonde, che avevano marchiato per sempre il suo petto, rovinando la bellezza del suo fisico e della sua rosea epidermide.
<Fai un favore a tutti, cerca l'unico vero Re e poi sparati in testa.>
Alexander, continuava a sbattere le ciglia velocemente, come se fosse ipnotizzato da quell'uomo, che gli sputava in faccia la verità di cui era giá a conoscenza: era un inetto.
Pessimo come contadino e altrettanto insoddisfacente, come monarca.
In piedi non riusciva a starci. Dondolava instabile, come se stesse navigando sul mare in tempesta e la nausea si faceva sempre più potente.
<Non sai nemmeno incassare i colpi. Cosa ti ho fatto addestrare a fare?>
Una luce gli perforò le iridi.
"Ha un grave trauma cranico. Le pupille non sono reattive nel modo corretto, non è molto consapevole del mondo che lo circonda e di sé stesso e si presenta in uno stato confusionale, tuttavia non credo menta sulla sua identità. C'è solo un modo per confermarlo: interfacciarsi col suo microchip sottocutaneo. Se è davvero il Principe, lo avrà sicuramente. Dai tempi di Re Ludwig, ad ogni erede maschio, alla nascita, viene iniettato un microchip sottocutaneo, totalmente invisibile agli altri scanner e impercettibile al tatto."
"Procedi. Se questo ragazzo, è davvero il Principe Adler, allora, cambia tutto."
Il dottore, lo stava esaminando, in cerca di qualcosa di importante, probabilmente, ma non aveva prestato molta attenzione. Troppi pensieri e immagini distorte, gli affioravano contemporaneamente, per capire cosa fosse davvero reale.
《Sei ancora in tempo a rubare quella moto e a cercare la tanto agognata libertà.》
L'idea della sua coscienza, non gli sembrò poi così assurda. 200 metri appena, lo separavano dalla moto e dalla sua liberazione dalla schiavitù monarchica. Tuttavia, non riusciva a concentrarsi e a guidare il suo corpo, in direzione del mezzo, perché non reagiva minimamente, ai suoi comandi. Aveva le ali e il cuore spezzato. Eppure era consapevole che doveva andare via da lì, ma non in volo, lontano dalla realtà, alla ricerca di quella pace interiore di cui necessitava, ma per fare quello per cui era nato, anche se non ne era capace: guidare un popolo. Ma se prima non lo salvava e non salvava se stesso, non avrebbe avuto più nulla per cui combattere e non avrebbe mai capito se quello che provava per quella Fräulein, fosse amore.
Cercò di camminare, con scarsi risultati, pestando la coda del povero Hoffmann, ora seduto tranquillo, che reagì mordendo la caviglia del ragazzo, che dolorante, si schiantò nuovamente nel fango.
"Principe Adler, la accompagno in infermeria."
"Io devo andare."
"Lo escludo. Deve riposare."
"Riposerò quando non potrò più sfuggire alla morte e non prima di aver assolto la mia missione. Fino a quel giorno, in cui avrò il Regno da salvare, in cui gli innocenti vengono massacrati e rinchiusi in posti come questi, non dormirò e non cederò alle difficoltà, alla stanchezza, alla fame e soprattutto non mi arrenderò, perché nulla può piegare il mio spirito o scalfire il mio corpo."
"Non deve fare tutto da solo."
Il soldato più anziano, un Ammiraglio, dalle piastrine sulla divisa, appoggiò il pugno sul cuore e si inginocchiò ai suoi piedi.
"Ich schwöre bei Gott diesen heiligen Eid,
daß ich meinem Volk, meinem König und Königreich allzeit treu und redlich
und als tapferer und gehorsamer Soldat bereit sein will,
jederzeit für diesen Eid mein Leben einzusetzen."
Dopo di lui, tutti si inchinarono, pronunciando il loro giuramento.
"La corona, è un fardello, sempre più pesante. E nemmeno ce l'ho." bofonchiò. "Odio tutto questo. Non mi servono giuramenti e riverenze. Siamo tutti uomini, parti inscindibili di un unico e grande popolo e nessuno dovrà mai inchinarsi ne a me ne al sopruso.
Nessuno dovrà mai arrendersi, ma abbiamo più possibilità se combattiamo insieme e non su fronti opposti."
"Non è un Serto a fare di Voi un Re, ma solo il vostro coraggio e la purezza del vostro cuore. Assomigliate così tanto a Vostro nonno, Re Ludwig. Nonostante la giovane etá, siete saggio e indomito. Un diamante grezzo: indistruttibile e che possiede una rara e preziosa luce, che fa brillare la sua anima. Siete un condottiero, non per diritto di nascita, ma nello spirito. Queste doti non si imparano e non si ereditano, eure Majestät, ma fanno parte di lei e sono un dono speciale."
Alexander, non si sentiva affatto speciale. Anzi. Le responsabilità, lo schiacciavano, trascinandolo negli abissi, senza ritorno. Non aveva scelto di essere una guida o un futuro Re, ma su quel maledetto ponte, ci era andato da solo, come spinto da una forza superiore, che non sapeva nemmeno di avere.
<Perché non lo sei, Alex. Sono i tuoi sensi di colpa a guidarti. Non ci sarà mai niente, nelle tue azioni e nei tuoi comportamenti, che mi farà cambiare idea o che ti renderà diverso ai miei occhi. Sei un figlio deludente, che ha scelto la motocicletta, ai doveri e alla famiglia. Il Principe ribelle, irrispettoso e scapestrato, che mi metteva sempre in imbarazzo. Non meriti il mio trono ma soprattutto, non meriti il mio amore.>
"Esci dalla mia testa." sibilò confuso.
"Va tutto bene altezza?"
"Devo rientrare. Ma prima, devo sequestrare Felix Reiniger, dal suo giaciglio di convalescenza, prima che sia troppo tardi."
"Smantelliamo il campo, recuperiamo equipaggiamenti e provviste e vi seguiamo."
"Non è necessario. Quando avete finito, andate direttamente alla vecchia base militare di Sternbild, ma prima issate la bandiera del Königreich. Reiniger deve sapere che non vincerà mai."
Mentre Adler, guidava la motocicletta, percorrendo con dolorosa lentezza, a causa delle buche, quelle desolate strade secondarie, che portavano alla capitale, si sentì solo e vuoto, come la notte che spariva negli sterminati orizzonti desertici. Il silenzio e l'oscurità che portava con sé, lo aiutavano a mantenere la concentrazione, qualora i fantasmi della sua mente, gli giocassero altri brutti scherzi. Aveva perso il senno e non me capiva la ragione. Tuttavia poteva gestire sia le vertigini, sempre più frequenti, sia la voce di quello che, a questo punto, pensava fosse suo padre, che gli martellava come un trapano in testa, elogiando ogni suo difetto e mancanza, come Principe e figlio. L'autocontrollo aveva funzionato per un po', poi in cielo, l'azzurro illusorio degli occhi di quella certa Fräulein, avevano inghiottito tutto, col sopraggiungere dell'alba, colorando la volta del celeste più bello mai esistito in natura. Le nuvole erano rosee, piene e morbide come le labbra che bramava di assaporare in eterno e i raggi del sole, i fili dorati e setosi dei suoi capelli. Creatura più bella, snervante, dispotica, testarda, luminosa e perfetta di Adalia, non esisteva. Lei era una divintà trascendente e lui, un umile servo, che non meritava il suo interesse e il suo amore. Anche con tutti i suoi buoni propositi, di non distrarsi, ogni volta, Fräulein Luchs, entrava, con prepotenza, nei meandri più profondi e segreti, della sua anima e del suo cuore. Adalia, era l'unica a scalfire i suoi muri, la sua corazza di zaffiri, a farsi strada come un tarlo, nei suoi pensieri più intimi e profondi, sparando un caricatore di emozioni contrastanti, nel suo cuore, che bruciava a contatto con il suo incandescente ardore d'amore. Anche solo la rimembranza di lei, era impulsiva, passionale e inaspettata. Una scarica elettrica, una impetuosa brezza, che, con la forza di una tromba d'aria, lo travolgeva completamente. Resisterle era assolutamente inattuabile. Le sue azioni ponderate,
erano un bagaglio di incorruttibile incombenza, che si scontravano con quel desiderio libertino di lei, che gli faceva dimenticare perfino il suo nome. E queste sensazioni, non si placavano mai, anzi aumentavano in modo esponenziale, come il bisogno di un sorriso della fanciulla, motivo per cui, doveva allontanarle e doveva allontanarsi per sempre da lei.
Parcheggiò la motocicletta nell'ampio posteggio della Königin Auguste Viktoria Klinikum, dove era ricoverato il suo amico traghettatore e scese.
Le gambe gli tremavano, la testa vorticava e la nausea lo tormentava, tanto che si trovò a vomitare nel cestino dell'immondizia. Il dottore aveva parlato di trauma cranico e riposo. Col senno di poi, avrebbe dovuto ascoltarlo. Ma in questo, non era poi così diverso da Adalia.
La rianimazione era al sesto piano e Felix nella Suite 102.
Doveva passare inosservato, perciò si coprì col cappuccio ed entrò a testa bassa.
Sei rampe di scale, gli parvero la scalata sul Monte Everest, tanto era stanco e fuori forma. A ogni pianerottolo si fermava a riprendere fiato. Quando si appoggiava al corrimano, aveva l'impressione di precipitare nel vuoto.
Finito questo salvataggio, non pianificato, si sarebbe disteso qualche ora, sul divano. La stanza era pattugliata e blindata come il caveau di una banca. Alexander decise di improvvisare. Quando un'infermiera uscì da un magazzino, si infilò al suo interno e indossò una divisa verde col camice da dottore. Poi rubò uno stetoscopio e un badge, che si appuntò alla tasca, prese una cartella medica vuota e una sedia a rotelle, prima di entrare, senza problemi nella stanza del ragazzo.
Felix guardava il panorama dalla sua finestra, sorseggiando una bevanda calda, comodamente seduto su una poltroncina. Al braccio sinistro, aveva una flebo, che gocciolava più lenta di un bradipo stanco. Il profumo di Tee caldo, Brot und Marmelade, fecero venire un leggero languorino anche ad Alexander.
"Dobbiamo andare." disse repentino.
Quando si voltò, Felix sgranò gli occhi.
"Sei impazzito? Cosa ci fai qui? Se mio padre..."
"Basta nascondersi." sorrise facendo scivolare un foglio sul tavolino.
~La Neue Republik von Reiniger, ha i giorni contati. 🦅~ a chiudere il messaggio, come una firma, un'aquila.
"Ti sembra saggio provocarlo?"
"Siediti."
"Sono in pigiama."
"Ai vestiti penseremo dopo."
Alexander uscì dalla stanza spingendo la sedia a rotelle. Prima di essere fermato, si giustificò dicendo che dovevano fare una risonanza.
Lentamente, senza perdere la calma, si diresse verso l'ascensore.
Giunti al pronto soccorso, rubò un'ambulanza e guidò fino al loro quartier Generale.
Adalia stava facendo avanti e indietro, nervosamente, consumando il pavimento della sala controllo e facendo ammattire il suo povero gemello.
"Vedrai che arriverà Ad. I soldati hanno detto che è andato a prendere Felix."
"Non voglio ritrovarlo in un'urna, come Helga, Tobi, Simon, Karlheinz..."
"Non c'è bisogno che mi fai l'elenco dei nostri amici brutalmente assassinati. Io ero lì Ad. È stato terribile. Ma Alexander Adler, tornerà da te. Vedrai."
"Come fai a esserne così siciro? Magari è già morto!" urlò isterica con le lacrime agli occhi.
"Ammetto di non essere in splendida forma, Fräulein, ma sono vivo."
La fanciulla si voltò di scatto e vide Adler spingere la carrozzina con Felix verso di loro.
Nonostante fosse pieno di fango secco, vestito da dottore e con quel suo solito sorrisino strafottente da copyright, era assolutamente affascinante e sexy.
Senza dire una parola, si fiondò tra le sue braccia.
Alexander la prese al volo e lei si avvinghiò con le gambe al suo bacino.
"Felice di vederti anche io, Fräulein."
Leon scosse la testa divertito.
"Prendetevi una camera voi due! O anche no. È mia sorella!"
"Non farlo mai più."
"Non devo fare cosa esattamente?"
"Lo sai."
Alex sorrise, spostandole i capelli dagli occhi e facendoli passare delicatamente dietro alle orecchie. "Non so di che cosa parli, Adalia."
Lei tremò a quel gesto dolce e spontaneo.
"Smettila di fare sempre il martire."
"Hai ancora la febbre?" ignorò le preoccupazioni di Adalia, dopo averla sentita rabbrividire.
"Non so. Ma... questi brividi, sono colpa tua."
Alexander la fissò meravigliato e per la prima volta, senza alcun imbarazzo.
"Penso di meritarmi una doccia."
Adalia finse di annusarlo e poi ridendo annuì lasciando andare il Principe.
L'acqua calda scorreva sul suo corpo, lavando via la sporcizia e quelle sensazioni da batticuore, che Fräulein Luchs, gli faceva immancabilmente provare, ogni maledetta volta. Chiuse gli occhi, crociolandosi nell'immagine della ragazza.
Improvvisamente, due aggraziate mani, lo cingevano, forte, in vita.
Si voltò sorpreso. Adalia Luchs, era nuda e bellissima davanti a lui. La testa riprese a vorticare e il cuore a palpitare. Delicate gocce di acqua, scivolavano sulla sua pelle d'avorio, come petali di rose bianche. Le labbra piene di desiderio, erano rosse come il sangue e i capelli, le scendevano sulle spalle, soavi come ali di farfalla. I seni sodi e prosperosi, ballonzolavano leggiadri a ogni movimento della fanciulla. Alexander le fissò le areole sporgenti e turgide, ingoiando un fiotto di saliva, nervoso ed eccitato. Accanto al cuore, un'aquila selvaggia, la stessa che marchiava il suo fianco, librava libera in attesa di fondersi con la sua.
Percorse, con la mano, i contorni neri del tatuaggio, per poi scendere e tastare la delicatezza della sua pelle, accarezzando i suoi fianchi spigolosi, ma larghi al punto giusto per le sue mani e per una futura gravidanza, sfiorandole il sedere tondo e tonico, scendendo giù per le cosce lisce e snelle che nascondevano il suo invitante bocciolo.
Solo in quel momento si ricordò di essere nudo, vulnerabile e col soldato sull'attenti, pronto con una sola mossa, a piegare Adalia come un virgulto. Tuttavia non si sentiva imbarazzato sotto lo sguardo famelico della fanciulla, che lo spogliava di ogni suo pensiero, timore e dubbio, anzi, il desiderio di possederla, di baciarla, di averla, era incontenibile. Al solo tocco delle sue dita affusolate, con la sua pelle di marmo, mentre seguiva i contorni dei suoi pettorali, fino a scendere sul suo tatuaggio, sentì la pelle incandescente e gli sfuggì un gemito di piacere infinitamente dolce e simile all'alito di una persuasione d'amore.
Adler, fissò le labbra di Adalia, con intensità e desiderio, passando la lingua sulle sue, per poi incatenare le sue iridi in quelle stupende pozze di acqua oceanica, che ogni volta, lo estraniavano dal resto del mondo.
Nonostante gli impulsi sessuali, il ragazzo restava in attesa, immobile, aspettando il prodigio supremo del suo sorriso e l'ineffabile elemosina del suo sguardo. E quando entrambi sopraggiunsero, si sentì il ragazzo più fortunato del regno.
"Ti amo, Dummkopf."
Qualsiasi ragazzo sano di mente avrebbe risposto anche io, l'avrebbe baciata e vista la situazione hot, ci sarebbe andato subito a letto, ma Alexander non era come gli altri uomini e non avrebbe mai giocato con i sentimenti di quella innocente e pura fanciulla, a cui teneva davvero troppo, per considerarla una semplice amicizia. C'erano troppe sensazioni e troppi sentimenti contrastanti, troppi pensieri e oneri, in ballo, per lasciarsi andare, ma, in fondo, sapeva di essere troppo vigliacco per ammettere i suoi veri sentimenti d'attrazione e d'amore.
"Non so cos'è questo bisogno di te, Adalia, so solo che c'è. Ma... non so se è amore." ruppe il silenzio dei loro sospiri.
"Ssshhh..."
La ragazza avvicinò le labbra per baciarlo, ma Alexander esitò.
"Non voglio approfittare dei tuoi sentimenti, facendo qualcosa di avventato e di cui, domani, sicuramente ci pentiremmo. Non possiamo vivere ancorati nel passato. Io nemmeno lo ricordo e non sono più il ragazzo di cui ti sei innamorata Fräulein. Su questo siamo entrambi d'accordo."
"Certo che lo sei. Ti ho già fatto innamorare di me una volta, lo rifarò. Mi piacciono le sfide."
Alexander le sorrise.
"Non sai quanto ti desidero, Adalia, ma, una squallida botta e via, non sarebbe giusta per nessuno dei due."
"Goditi la vittoria Adler. Mi hai addomesticata e sei riuscito ad avermi nella doccia con te."
A quelle parole, ebbe come un breve dejavu che lo destabilizzò.
La fanciulla si avventò sulle labbra del Principe, bloccandolo contro la porta della doccia, e facendo precipitare tutti suoi buoni propositi, un bacio alla volta. Se avesse voluto, avrebbe tranquillamente potuto andare via, ma era troppo coinvolto da quella fanciulla per non ricambiare quel fuoco e quei baci.
"Ora fammi tua e non pensare più a niente che non sia il nostro reciproco piacere."
NOTA AUTRICE:
La missione di salvataggio di Leon, nonostante gli imprevisti è riuscita perfettamente.
Alexander ha anche sottratto alla morte Felix.
Adalia è entrata nella doccia, mentre Adler si stava lavando e l'atmosfera si sta surriscaldando.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Attendo commenti e le vostre stelline.
Vi voglio bene.
Barbara💙
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