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🩵✨

tw: (ovviamente) smut.


Se c'è qualcosa di Manuel Ferro che fa particolarmente infuriare Simone, quella è la sua capacità di attirare l'attenzione di chiunque gli stia attorno senza nemmeno provarci.

E lo sa che dovrebbe pensare ad altro, soprattutto durante la serata alla quale Giulio e Monica lo hanno convinto a presenziare quantomeno per distrarsi dalle ansie che la vita gli rovescia addosso.

Per una volta quindi ci ha provato a dar loro ascolto, si è acconciato come meglio ha potuto, con i ricci più curati del solito, una camicia forse troppo elegante per l'evento, ma che comunque fa la sua porca figura – stando alle occhiate che continua a ricevere da altri invitati – e persino l'accenno inedito di barba a destabilizzare anche se stesso allo specchio.

Tutto questo, e annessi complimenti del bel biondino arrivato dal secondo anno di lettere, avevano contribuito ad aumentarne la poca autostima, a mettergli insomma in testa l'idea che la festa di inizio anno accademico sarebbe potuta davvero essere una svolta per la sua altrimenti inesistente vita sentimentale.

Non è che si aspettasse uno stuolo di uomini a corteggiarlo Simone, sia chiaro, non si è mai visto bello né non sarà questo il giorno in cui comincerà a farlo, ma nemmeno poteva prevedere la situazione nella quale si ritrova: lui che tenta di avere un minimo di dialogo con lo studente di lettere e subito Manuel, e il suo maledetto modo di conquistare tutti a colpi di lezioni politiche non richieste, che arriva a togliergli spazio e voglia di provarci.

Mentirebbe se dicesse che non ci siano dei trascorsi simili con l'altro.

E' anzi, gli viene da credere, quasi un'abitudine la sua, sviluppata dalla prima volta che l'ha visto varcare le porte della facoltà di filosofia, senza sapere che lì si era trovato solo per un errore, diretto com'era al plesso di matematica pochi metri più giù.

Manuel ne aveva rincorso la figura schiva per tutto il corridoio, tentato di rifilargli qualche volantino di Studenti di sinistra o simili e già farneticava di rette troppo alte e diritti da garantire nelle orecchie di un Simone che stava solo cercando di non fare tardi il suo primo giorno di corsi.

"Ao ma me stai a senti'? Guarda che so' importanti pure per te ste cose!"
E lui non era solito lanciarsi in battibecchi con sconosciuti – la tendenza a stare nel proprio era piuttosto il meccanismo di autodifesa preferito – ma davanti ad un comunistello da strapazzo senza nessun interesse per il suo attacco d'ansia incipiente si era scoperto netto e deciso mentre gli spostava malamente il braccio e "che mi frega delle chiacchiere tue!" sbottava scappando finalmente verso la proprio facoltà.

Da allora su tale Manuel Ferro, tanto brillante quanto scapestrato iscritto a filosofia all'ultimo anno, aveva scoperto molte più informazioni di quelle che gli servisse sapere, ritrovandoselo sui manifesti elettorali dell'Università prima e rappresentante degli studenti poi.

A ciò si aggiungeva la sensazione, anche tracimante in paranoia, che fosse spesso di passaggio negli ambienti universitari da lui frequentati, dalla biblioteca di scienze alle stesse feste di amici di amici, sempre con qualche polemica da sottoporgli a prescindere dal contesto, accompagnata da un sorriso sghembo sul viso, a volte anche qualche occhiolino, che a Simone facevano nell'ordine, mandare a quel paese il bastardo in questione, inciampare subito dopo su ostacoli invisibili e maledire a bassa voce la goffaggine che lo caratterizza.

Per evitare scenate del genere anche sul momento, decide di spostarsi in un angolo tranquillo della sala e, rievocando a mente la top ten dei momenti in cui ha detestato di più Manuel, aggiunge a pieni meriti pure la serata attuale dove quello conversa tranquillo con lo stesso ragazzo che poco prima stava dando a lui tutte le sue attenzioni.

Ha un broncio cupo e un bicchiere ancora pieno fra le mani quando Giulio lo raggiunge e gli posa un confortante braccio sulle spalle.
"Che stai a fa' da solo?" domanda "non ti piace la festa?"
E Simone vorrebbe tanto dirgli no, Giulio, non mi piace e lo sapevo pure da casa che sarebbe finita così, ma voi con le vostre idee del cazzo mi avete costretto a venire e ora mi ritrovo come uno scemo in un angolo, invece guarda negli occhi l'amico, ci legge la solita sincera preoccupazione e un po' si sente una merda a sapere che le tenta tutte pur di coinvolgerlo.

"Certo che mi diverto Giù" attesta allora con il tono più credibile che riesce "mi ero solo appartato un attimo per prendere aria."
"Troppa folla attorno, mh? L'abbiamo viste co' Monichina quante teste hai fatto gira' stasera!"

Simone sbarra gli occhi, avvampa leggermente e "ma chi mi deve guardare a me?" replica "poi proprio stasera che stanno tutti appresso al nostro caro rappresentante!"
"Ahh, il nostro caro rappresentante" ripete Giulio alzando il tono e facendo voltare mezza stanza.
"Ma sei scemo?! Non gridare!" è la reazione impanicata dell'altro "quello già si crede chissà chi... ci manca solo che pensi che stiamo parlando di lui!"

"Simo' forse non te ne sei accorto, ma noi stiamo parlando di lui, o meglio tu lo stai facendo... come al solito!"
"In che senso come al solito?"
"Nel senso che nomini più lui che tu' madre certi giorni e la cosa bella è che fai pure finta de odiarlo!"
"Io non lo odio! Semmai il contrario! Lui mi odia!, anzi nemmeno- per odiarmi dovrebbe sapermi... ma non mi vede proprio! Quello non ci pensa neanche a me!"

Giulio di rimando lo fissa come se gli fossero cresciute tre teste sul collo all'improvviso.
"Ma te sei rincoglionito tutt'una volta o cosa?" ribatte poi "Simo' quello tra poco se cambia di corso per sta' 5 minuti in più in tua presenza, altro che non vederti proprio!"
"Ma smettila..."
"Smettila tu! Te lo devo ricorda' io come li ha combinati l'altra volta a quei bastardi della festa erasmus?"

L'altro a malincuore dissente subito, le immagini dell'evento ancora troppo fresche nella mente per rimuoverle: lui che per una volta dà ascolto alla sua voce interiore e con mano tremante poggia una striscia di ombretto chiaro sulle palpebre prima di uscire, un'ora dopo un gruppo di ragazzi che iniziano a fare battute di dubbio gusto, ancora lui che non è lì per farsi offendere e quindi vuole affrontarli, ma non ha nemmeno modo di sentire il dolore di un pugno in faccia che già c'è silenzio, poi tanto trambusto e, senza capire come, si ritrova a guardare Manuel sopra uno di loro intento ad incavarne la faccia a suon di mazzate.

Non era finita benissimo quella festa, con gli stronzi buttati fuori a calci e Simone al centro di un'attenzione che mai come in quel momento lo infastidiva, tranne per i due occhi profondi e premurosi che, non lo avevano più perso di vista, né in sala e né dallo specchietto della moto su cui in seguito veniva accompagnato a casa.

"Me dispiace..." mormorava Manuel dopo un po' davanti l'ingresso.
"E di che ti dispiace? Mica me lo hai dato tu il pugno..." replicava il più piccolo cercando di alleggerire la situazione.
"Me dispiace per quello che t'hanno detto... me dispiace che ce stanno ancora tutti sti stronzi in giro– che per colpa de un gruppo de bigotti ignoranti qualcuno non se deve senti' tranquillo a truccarse il viso o a vestirse come je pare... di questo mi dispiace"

Ne rimaneva travolto Simone dall'impeto delle parole, non voleva analizzarle troppo, né sentiva di averne la forza lì per lì, ma un po' gli pareva che ci fosse anche qualcosa di personale celato dietro di esse.
Quindi nel pensiero dell'altro così simile – magari anche lui chiuso in camera davanti allo specchio a decidere se ne vale la pena pittarsi gli occhi o la bocca per sentirsi più se stessi – si distraeva per un attimo perdendo l'ultima parte del discorso.

"Uh?" chiedeva stralunato "che hai detto?"
E il calore della mano inaspettatamente gentile che ne sfiorava lo zigomo gonfio è così nitido da portarlo a toccarsi la guancia anche in quel momento.
"Ho detto" sospirava Manuel prima di allontanarsi per andare via "che te sta bene sto colore sull'occhi"

Si riporta al presente Simone, alla festa cui sta partecipando e alla vicinanza con Giulio che ancora aspetta una replica, ma in realtà neppure tanto mentre lo guarda e sorride.
"Non c'è niente da ridere Giu'!" trasale portandosi drammaticamente le mani nei capelli "io ho appena capito di avere una cotta per uno che ci sta provando con un altro sotto i miei occhi e questo ride!"

"Tu non hai capito un cazzo come al solito" è la risposta rassegnata "ma possibile che te dobbiamo fa' il disegnino per ogni cosa?"
E lui vorrebbe rispondergli male ancora una volta, far notare che, in realtà, secondo un test fatto su Internet non troppo tempo addietro, il suo QI è persino superiore alla media, grazie tante.

Eppure non si sente più così certo delle qualità sopracitate mentre vede Giulio ampliare ancora il sorriso e "guarda come sta divorato" dirgli, procedendo poi ad indicare con la testa il punto da cui Manuel, bicchiere mezzo vuoto e conversazione con altra gente completamente dimenticata, avanza verso di loro.

"Ecco vedi!" afferma Simone ad occhi spalancati "quello sai che fa? Mo pensa che ci sto provando con te e viene a parlarti! E' proprio stupido!"
"Ah, lui è stupido!" borbotta l'amico "senti Simo' io non ne vojo sape' niente... tu però datte na svegliata, mh?" e detto questo si allontana a grandi falcate senza attendere risposta.

Non ha comunque molto tempo per ragionare sul rimprovero appena subìto, non fosse altro perché, come previsto, Manuel è già lì al suo fianco, la solita faccia da schiaffi – con l'aggravante di un baffo che era nato come scommessa persa, ma è finito per diventare una letale arma di seduzione – e una discutibile t-shirt che al più piccolo ricorda i tempi delle rock band dei primi anni duemila.

Finge indifferenza Simone nel sentirselo vicino, addirittura si spinge a dire "hai perso Giulio per un soffio, ma se provi a raggiungerlo forse lo becchi", sempre senza guardarlo in viso.
Il "che cazzo me frega a me di Palmieri" arriva talmente veloce da confonderlo per un attimo, non abbastanza però da impedirgli di alzare la testa "mh e allora che ci fai qua Manuel? Non mi dire che cercavi me perché non ti credo!"

Ci mette un attimo poi Simone, complice il cortocircuito provocato dall'immagine inattesa, ma alla fine realizza che, sotto gli occhi del ragazzo, oltre a delle ciglia chilometriche, c'è un'evidente traccia di matita nera a renderli se possibile ancora più profondi.

Deglutisce piano e poggia un palmo tremante contro il muro alla sua sinistra nel terrore che invece un pensiero intrusivo prevalga e lo porti a toccare il viso dell'altro il quale ancora lo fissa e, osservandolo ammutolirsi di colpo, gli sorride pure.

"E se vuoi non t'o dico allora" attesta poi "se vuoi non te lo dico che è tutta la sera che cerco d'ave' un secondo dell'attenzione tua..."
"Bel modo di cercarla! Hai parlato con chiunque tranne che con me!"
"Io c'ho provato ad avvicinarmi, ma tu m'hai lasciato con quel biondino, che dovevo fare?"

"Oh immagino il sacrificio!" ironizza Simone con tono acido "il povero Manuel Ferro che fa un'altra delle sue conquiste, come sopravviverà?! Ma fammi il piacere! Mi dispiace solo non averlo saputo prima che ti piacevano biondi..."

Fa anche per allontanarsi verso la folla di invitati – consapevole di aver parlato troppo e aver reso ciò che doveva essere uno scatto di orgoglio, al massimo un'involontaria quanto goffa scenata di gelosia – ma Manuel lo segue a ruota, scansa persone e risponde con flemmatici ora nun c'ho tempo, oppure poi ne parliamo a chiunque provi a fermarlo, fino a raggiungere l'ingresso del bagno nel quale Simone tenta di infilarsi da solo.

"Ao aspetta! Che ne sai te che me piacciono biondi?" gli chiede bloccando la porta con il piede prima che si chiuda "chi t'ha detta sta cazzata?"
"E chi me la deve dire? Pensi che non t'abbia visto stasera?"
"E me sa che hai visto male allora"
"Si va bene Manuel ho sbagliato io, come sempre tu sei nel giusto... adesso posso andare al cesso? Hai mai sentito parlare di privacy? O nel tuo mondo utopico in cui si condivide tutto, questo concetto non esiste?"

L'altro non perde tempo a rispondere, piuttosto dà uno slancio in avanti e spinge indietro l'anta per entrare nella stanza col più piccolo.
"T'assicuro Simo'" gli dice mentre gira la chiave nella serratura e torna a guardarlo fisso "che nel mio mondo utopico certe cose non le potrebbe tocca' nessuno, altro che condivide"

A dirla tutta, non è la prima volta che Simone si trova a così poco spazio dall'altro – ha anzi ben in mente discussioni nelle quali le loro facce sono state ad una distanza ancora più ravvicinata – ma in un ambiente chiuso, solo loro due e con Manuel che lo fissa in quel modo che pare voglia nello stesso tempo rompergli il naso e saltargli addosso, non crede gli sia mai capitato.

Si ritrova ad indietreggiare per un passo appena, subito il muro alle spalle ne frena l'ulteriore tentativo di fuga, e sulle spine come sta non ci pensa due volte a schivare col braccio alzato la mano che si stava sporgendo verso il suo viso.

Anche quella di colpo gli pare una scena inedita, perché di Manuel ha scoperto poco alla volta mille espressioni, ma una tanto devastata, dagli occhi spalancati alla bocca che pare tremare, non l'aveva ancora vista.
"Ma tu che pensavi volessi–" tenta anche di dire incespicando nelle parole "era una carezza- volevo darti una carezza... io non ti farei mai del male."

E il fatto è che Simone, se ci pensa, lo sa.

Seppure non conosca nel profondo il ragazzo che ha davanti, in cuor suo sente che è come se l'avesse sempre saputo, come se in quel non trovarsi mai insieme nella stessa direzione e nello stesso momento, ci fosse stato comunque un modo tutto personale di costruire qualcosa, anche solo nel loro inconsapevole cercarsi da lontano, in mezzo agli altri.

"Manuel tu non mi fai capire nulla" confessa allora "certi giorni penso che mi odi e altri– Dio non lo so..."
"Altri? Altri cosa?"
"Altri mi guardi così, come stai facendo adesso" e ne indica il viso che avvampa leggermente "o mi difendi da un gruppo di stronzi senza un minimo di esitazione, o ancora mi distrai tutto il pomeriggio in biblioteca e non mi fai studiare e io ti dico che ti odio, ma non è vero perché il giorno dopo fra i libri trovo gli origami a forma di cuore che hai fatto con i tuoi maledetti volantini del partito che mi riprometto sempre di buttare..."

"E poi lo fai?" chiede Manuel come se ne andasse della propria vita "poi li butti?"
"Li conservo dal primo giorno... ma non è questo il punto."
"E qual è?"
"Il punto è che non so cosa vogliano dire tutte queste cose! Che quando penso di averti finalmente decifrato tu arrivi e ne combini una delle tue e siamo di nuovo punto e a capo... e io sono stanco Manuel, capisci? Stanco di non sapere che vuoi da me!"

La faccia dell'altro diventa una maschera di emozioni, passando dall'apprensivo allo stupito in pochi secondi, per assestarsi poi nella sua posa classica, quella che da quando Simone ha memoria finisce sempre per farlo capitolare, mascalzona nei lineamenti, ma dolce nello sguardo con cui lo inchioda sul posto.

Ripropone allora il gesto di prima, la mano che si alza leggera verso di lui e un posso? sotto voce al quale il più piccolo risponde con un assenso silenzioso e il viso che cerca il contatto.
Chiude le palpebre quando ne sente il pollice carezzarlo piano fino alle ciglia e teme di non avere più una consistenza reale intanto che Manuel "te l'avevo detto" gli sussurra vicinissimo "sto colore te sta bene su l'occhi"

Nemmeno lo attende l'ennesimo permesso richiesto per sfiorarlo ancora, ma coraggioso come mai si è sentito prima, è lui stesso a cercare la bocca difronte la sua, a stringere i pugni sulla stupida maglietta di Manuel per tirarselo addosso.

"Non me ne far pentire" mugola tra uno schiocco e l'altro "Dio Manuel ti giuro se fai lo stronzo–"
"Mh- non fa' la parte Simo'" lo interrompe raccogliendone il viso fra entrambi i palmi per prendere finalmente il controllo del bacio "che un po' stronzo te piace pure..."

Vorrebbe replicare il piccolo, più di tutto vorrebbe staccarsi e rifilargli una sonora sberla in pieno viso, cafone!, sei solo un cafone!, dirgli anche e invece tutto cioè che riesce a fare è muovere i fianchi e "Manu, ti prego, Manu" invocare come un disperato.

Manu, dal canto suo, pare non aspettasse altro.

Ne ferma i movimenti con un gesto secco che in un secondo fa piombare Simone nell'angoscia di aver frainteso tutto, salvo restituirgli la pace appena carezza ancora il volto, morde piano le labbra già gonfie e "mo arriva Manuel tuo, stai bono su" sussurra.

"Non pensa' manco per un secondo che non te scoperei pure qua Simo'" lo informa poi "che non je farei senti' a quel biondino del cazzo quanto sei bravo... a tutti quanto sei mio" ringhia sulla sua bocca "ma io con te le cose le voglio fare bene, mh? Te voglio porta' a cena, poi a fare un giro in moto e poi ancora a vede' le stelle, e mentre tu guardi il cielo, io guardo te e ti dico che sei stupendo Simo'– quanto sei bello, non c'hai n'idea."

Avvampa il piccolo e abbassa la testa per sfuggire ad uno sguardo che sembra scavargli nell'anima.
"Non mi credi? Non ci credi che sei stupendo?" e nemmeno attende il diniego silenzioso dell'altro, ma in un attimo sparisce dalla sua visuale per battere le ginocchia al pavimento in un rumoroso tumpf.

Simone spalanca gli occhi e solo così nota lo specchio posto sul muro difronte e la sua figura replicata sopra.
"Non t'azzarda' a richiuderli" ringhia Manuel "te devi vede' che meraviglia sei mentre me soffochi col cazzo tuo"

C'è una foga quasi animale nel modo in cui lo fissa dal basso, una mano intenta a slacciarne ed abbassarne i pantaloni mentre si sputa sull'altra solo per portargliela sul membro già turgido.
"Cristo- sei perfetto" annaspa prima di accoglierlo fra le labbra e Simone, nel delirio dal quale è colto, si chiede se quello stia parlando ancora con lui o col suo pene.

Prova a trattenersi, a non scendere con i fianchi fino in fondo, ma Manuel sembra non essere d'accordo e, con suoni osceni, mostra le reali intenzioni.
Si lascia allora andare in un ritmo erratico che lo porta a sentire la gola del compagno toccargli la punta e a tenerne i capelli in una morsa micidiale.

"Manu- Dio Manuel... non vedo l'ora che mi scopi" vaneggia sconvolgendosi da solo per tanta sfacciataggine.
L'altro da tale confessione non sembra invece turbato.
Si stacca quel che gli serve per parlare, con la mano libera ne raggiunge le natiche e "e io non vedo l'ora di scoparti" dice carezzando giù fino all'anello di muscoli che spasma al contatto, prima di tornare alla posizione precedente.

Strabuzza ancora gli occhi il piccolo, dà un altro paio di spinte quasi involontarie, poi fa per tirarsi indietro senza riuscirci e "devo- devo venire" soffia.
Manuel si sposta di nuovo, il volto meno disteso di prima e una maggiore urgenza nella voce.
"Sto qua apposta, Simo" spiega come fosse ovvio e tanto basta a Simone, l'immagine oscena tra le gambe e il suo stesso riflesso stravolto allo specchio, per liberarsi con lunghi fiotti nella gola sotto di sé.

E' un attimo che si accascia addosso a Manuel il quale subito ne bacia le labbra morbide e da lì scende al collo su cui lascia un segnaccio evidente.
"Mio" ripete più volte "sei mio tu" e intanto lo tira su per aiutarlo a ricomporsi.

"Sono tuo però non mi prendi" farfuglia l'altro chiaramente intontito "l'ho detto io che non mi volevi davvero..."
Non risponde Manuel, piuttosto con estrema cura lo aiuta ad aggiustarsi, facendo l'identica cosa anche con stesso.

Sulla soglia della porta che poco dopo apre per uscire, anziché seguirlo, vede Simone fermarsi e aspettare.
"Che stai a fa' Simo'?"
"A te che sembra?" e gli pare non ci sia più nulla della dolcezza di prima "aspetto che esci e poi vado"
"...Perché?"

Guarda ovunque tranne lui mentre risponde.
"Che ne so... meglio che mi sposto io da solo e no che fuori da qua sei tu a spingermi via"
Manuel boccheggia per un paio di secondi, poi si ricompone e "ma allora non hai capito un cazzo de quello che se semo detti" sbotta "secondo te mo dov'è che stiamo andando?"

E la vede a rallentatore Simone la scena del compagno che allunga la mano per afferrare la sua e così percorrere la sala ancora gremita di gente.
Nemmeno per un attimo la lascia, ma saluta tutti in fretta specificando che io e Simo andiamo... s'è fatta na certa, come a fugare qualsiasi dubbio potesse semmai esserci su loro due insieme.





E' steso su un letto a due piazze in una casa ormai familiare quando il tempo torna a scorrere a giusta velocità e lo riporta da Manuel il quale con la premura di sempre gli sfiora piano le guance.
"Sei con me Simo?" domanda pure "me lo fai vedere come sei con me, amore mio?"

Lui annuisce, l'assenso dimostrato con i fianchi che impenna per sentire il proprio inguine scontrarsi con quello dell'altro e la bocca aperta a ricevere un bacio tutto lingua e denti.
Si acquietano poi in un unico sospiro, i battiti in sincronia perfetta assieme alle mani che si cercano e stringono.

Una fascia dorata colora entrambe nel medesimo punto, Manuel posa le labbra sulla sua e lo fissa negli occhi.
"Da quella sera non te l'ho più chiesto..." esordisce "ma adesso ci credi che ti voglio? Ci credi che ti amo da impazzire?"
Simone ricambia il gesto con uguale dolcezza, le dita del compagno legate alle sue e uno sguardo innamorato mentre "non ne ho mai più dubitato" sorride.








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nota dell'autrice:

Damiano Gavino baffuto esiste e noi dobbiamo fare i conti con questa consapevolezza tutti i giorni: ad alcunə riesce meglio, ad altrə – come me evidentemente – no.

Grazie come sempre a voi per l'attenzione e alle paffute per la pazienza.

P.s: titolo preso da un brano dei miei amatissimi Tears For Fears.

Ciao!🧚‍♀️

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