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Hide and Seek

1 NOVEMBRE 1990

"Dove sei?! Vieni qua, figlia di puttana, o ti ammazzo!"

La bambina correva, il suo fiato era corto, il lungo giubbotto sembrava appesantirla, ma se solo si fosse azzardata a toglierlo il freddo l'avrebbe uccisa. Erano le due di notte, la casa era sommersa nel buio, abbastanza grande per poter correre ma non abbastanza per nascondersi bene.

Il respiro era sempre più affannato, scese i gradini in fretta ma arrivata al penultimo inciampò, fermò la caduta con le mani, atterrando a gattoni.

Un liquido stava bagnando i suoi palmi, un odore pungente di ferro invadeva le sue narici. Non appena le nubi si diradarono, la luna illuminò leggermente l'atrio e ciò che conteneva.

"Oh... S..scusa mamma..." disse la piccola.

"Non posso restare qui con te, lui mi sta cercando, mi devo nascondere bene prima che faccia tana... come ha fatto con te"

"Dove credi di scappare stronza?!" disse una voce lontana, delle catene in lontananza continuavano a tintinnare e sbattere sulle pareti, mentre grossi passi sembravano avvicinarsi.

La bambina accarezzò la testa del cadavere che giaceva in una pozza di sangue, mentre la carne ormai in decomposizione attirava parecchie creature. Dopo essersi pulita le mani sul proprio giaccone, la piccola tornò a scappare; le catene erano sempre più vicine. Raggiunse il bagno e con uno scatto fulmineo aprì gli sportelli del mobiletto sotto il lavandino, chiudendosi all'interno, totalmente immobile.

"... Bene... ci metterà un po', mi raccomando non fare rumore signor Corpse, non vorrai mica che ci trovi, eh?" disse la bambina, tirando fuori dal cappotto un piccolo serpente morto.

"La mamma non è molto brava a nascondino... lui le ha fatto tana una settimana fa, e se facciamo rumore... papà ci trova e poi perdo anch'io" disse la bambina, sorridendo per rassicurare il suo Corpse, rimettendolo poi nella sua tasca.

"Vieni qua... sai che prima o poi ti trovo, avanti... stiamo giocando! Lo sai che la mamma si arrabbia se fai i capricci!" disse la voce profonda con un tono divertito e inquietante.

L'uomo si bloccò di fronte alla stanza, a terra delle gocce di sangue sporcavano le piastrelle, lui ghignò e sbatté con forza dietro di sé, la porta del bagno. La bambina sussultò piano e si tappò la bocca con le mani.

"Stella stellina... Papà si avvicina..." iniziò a canticchiare l'uomo con tono macabro mentre spostava le tende della doccia e controllava nell'armadio degli asciugamani. La bambina tratteneva il respiro, mentre il suo corpo tremava inerme, pregando che non si avvicinasse al suo nascondiglio.

"...e con i suoi coltelli, lui ti farà a brandelli...".

L'anta del mobiletto prese a cigolare.

"Tana per... AH!" iniziò il padre ma un suo grido inondò la stanza.

Poco prima, in una frazione di secondo, la bambina aveva estratto dalla tasca un piccolo coltello da cucina, conficcandolo nel ginocchio del padre.

La sua piccola mano tremava così come il suo respiro spaventato, mentre guardava l'uomo che l'aveva trovata.

"Brutta piccola bastarda! Oh sei stata davvero cattiva... e guarda, hai pure tutti i vestiti sporchi di sangue... mi hai fatto arrabbiare...quindi..."

Il padre afferrò il collo della bambina, sollevandola di peso e sbattendola contro lo specchio del bagno, questo si frantumò, lacerandole il corpo.

"...ora arriva la punizione..." disse l'uomo, iniziando a serrare con forza la presa attorno al collo della bambina che, a mezz'aria, continuava a dimenarsi cercando di fargli allentare la presa, graffiando e mordendo quella mano che da lì a poco le avrebbe tolto la vita.

"Ninna nanna... ninn...." la sua voce si bloccò, emise un colpo di tosse soffocato, mentre la mano allentava la presa, la bambina riuscì a riaprire gli occhi per vedere cosa fosse successo.

Il padre la guardava immobile, le catene caddero dall'altra mano, una grossa chiazza rossa si stava espandendo dalla sua camicia proprio al centro del petto da dove spuntava la punta di una lama, la luce se ne andò dai suoi occhi, mollò la presa dal collo della bambina che cadde rovinosamente sopra il lavandino, lui fece qualche passo per poi cadere a terra, privo di vita.

La bambina guardava suo padre, l'odore di morte invase la stanza, e una figura si stagliava su di lei, proprio dietro al cadavere. Un uomo, con indosso un camice plastificato, poteva anche sembrare buffo, se non fosse per tutto il sangue che vi scorreva, oltre ai coltelli e strumenti medici agganciati in una cinta di cuoio nero attorno alla vita. L'uomo aveva una corporatura robusta ma dalla pelle scarna si poteva intuire la sua costituzione magra al di sotto di quel camice.

Presa dal timore, la piccola afferrò il coltello conficcato sulla schiena del padre e lo tese di fronte a sé, cercando di emulare uno sguardo minaccioso, ma la paura nei suoi occhi la tradiva fin troppo.

"Stai... stai lontano!" disse con voce tremante.

"Una bambina?" disse la figura con una voce calma e profonda, dal suo tono era evidente sia confusione che perplessità.

"V...va via! Che vuoi da me?!" continuò la bambina, mentre le sue mani tremule tenevano stretto il coltello davanti a sé.

"Mhm... tu dovresti essere morta" continuò l'uomo, ignorando del tutto quella domanda. Poco dopo si accovacciò lentamente di fronte alla piccola, con sguardo perplesso e incuriosito, sembrava si trovasse di fronte ad una nuova creatura sconosciuta. Lei ebbe un sussulto e puntò con paura il coltello, a pochi centimetri dal volto dell'uomo.

"Non andrai molto lontano con quello" disse lui con tono serio e un leggero sorriso beffardo, calando lentamente con l'indice, la punta della lama. La bambina spalancò gli occhi, quell'uomo non sembrava minimamente spaventato, lei ricordava ancora fin troppo bene lo sguardo terrorizzato che aveva visto negli occhi di entrambi i genitori, proprio mentre la morte veniva a prenderli.

"...Hai continuato a scappare per due settimane?" chiese l'uomo, vagamente sorpreso e intrigato.

La bambina annuì leggermente "La mamma ha già perso da un po'... ma tu come fai a sapere che...?".

"E come hai fatto a nasconderti? A sfamarti?" chiese l'uomo, ignorandola nuovamente, mentre i suoi occhi marroni e oscuri, la scrutavano impassibili, in attesa di una spiegazione.

"Sono brava a nascondino... divento anche invisibile se ho voglia" disse la bambina con la presunzione tipica della sua età, "I primi due giorni ho rubato le ultime lattine che c'erano in casa... ma poi nient'altro" spiegò lei, mentre indietreggiava, la schiena ormai a contatto col muro.

"In effetti non sei per niente in carne, ma di certo i muscoli e l'energia non ti mancano... sopravvivere per così tanto, sembri piuttosto agile, perspicace...e a quanto ne so, hai solo 9 anni"

"Ho 10 anni... da già due ore" ribatté la bambina, quasi offesa.

"Mhm..." l'uomo la scrutò indeciso, poi si alzò lentamente "Mi potresti essere utile... ma devo creare delle prove... bambina uccisa, annegata nel fiume vicino casa... corpo disperso" disse l'uomo, pensando tra sé e sé a voce bassa mentre la piccola, lo guardava confusa ma ancora tremante.

Una mano tesa verso di lei "Vieni con me".

"C...cosa? Perché?" chiese la bambina, perplessa.

"Preferisci rimanere qui al freddo e senza cibo? Vieni, ti porto in un luogo più sicuro, vedi di muoverti, non ho pazienza, specialmente coi bambini".

La bambina si guardò attorno, indecisa. Suo padre giaceva di fronte a lei, mentre la madre ormai era preda di larve e altri animali, quella casa silenziosa sembrò osservarla mentre lei cercava di prendere una decisione, non aveva più niente, non aveva mai avuto niente.

Afferrò quella mano e venne trascinata fuori dalla stanza, dovendo correre per seguire i passi di quell'uomo. Una volta fuori, entrambi arrivarono di fronte a una grossa auto nera, quasi invisibile in quella oscurità, mentre le prime gocce di pioggia iniziavano a bagnare il telaio.

L'uomo aprì la portiera e, sollevando di peso la bambina, la mise sul sedile anteriore, gettandole sul grembo un asciugamano rosso.

"Ora rimani qui e asciugati, io torno subito... NON uscire da qui, dormi piuttosto ma vedi di non muovere un muscolo, sono stato chiaro?" disse l'uomo con severità e uno sguardo scrutatore.

La bambina annuì con assenso, mentre si asciugava i lunghi capelli.

"Come ti chiami?" esordì all'improvviso mentre l'uomo prendeva dal portabagagli un grande ombrello.

Poco prima che le chiudesse anche lo sportello anteriore, la scrutò nuovamente per qualche secondo.

"Mi chiamo Hannibal... Hannibal Lecter"

"Han...Hanba... Hann..." balbettò la bambina mentre cercava invano di pronunciare un nome fin troppo complicato per lei.

L'uomo sospirò scocciato "Puoi chiamarmi anche solo Han" disse, afferrando lo sportello della portiera per richiuderlo, ma un pensiero incuriosito sembrò bloccarlo."E il tuo nome?"

La bambina lo guardò perplessa "Io non ne ho uno, mamma e papà non me lo hanno mai dato" spiegò come se ciò fosse normale.

"Molto bene... allora da oggi ti chiamerai... Hazel, intesi?" dichiarò l'uomo con tono d'indifferenza.

"Hazel..." ripeté la bambina, poi annuì "Hazel mi piace".

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